Prestazione sportiva
Nell'attività sportiva il livello della prestazione è determinato in parte dalle caratteristiche fisiche, come la struttura corporea, che possono rappresentare un fattore predisponente per una data disciplina, in parte dall'allenamento, attraverso il quale si possono indurre adattamenti specifici nell'organismo dell'atleta al fine di sviluppare al massimo le sue potenzialità.
sommario. 1. Parametri fisiologici della prestazione atletica. 2. Fabbisogno calorico dell'atleta. □ Bibliografia.
I fattori fondamentali che determinano la possibilità di acquisire capacità al di sopra della media in una data disciplina sportiva sono: la struttura corporea in termini di altezza, peso, proporzioni; la morfologia, la struttura e la costituzione chimico-fisica degli organi; il controllo nervoso e umorale. In alcuni sport devono essere soddisfatti requisiti particolari della struttura corporea: per es., nel salto in alto, nella pallacanestro e nella pallamano sono necessarie gambe di lunghezza superiore alla media; nella ginnastica un peso corporeo molto ridotto; infine, nel sollevamento pesi arti corti. Un allenamento specifico induce poi processi di adattamento dell'organismo di natura sia funzionale sia morfologica (v. allenamento). La morfologia e la struttura degli organi, pur determinate geneticamente, possono essere modificate con un allenamento adeguato: per es., il volume del cuore può aumentare di parecchie centinaia di millilitri in risposta a un allenamento di resistenza, così come i muscoli e le ossa possono modificarsi qualitativamente e quantitativamente, in risposta a un carico di lavoro non fisiologico. Le stesse considerazioni valgono per le caratteristiche chimico-fisiche dei singoli organi: per es., il fegato di un individuo che ha svolto uno specifico allenamento di resistenza presenta una maggiore quantità di glicogeno. Il controllo nervoso di un singolo muscolo, o di un gruppo di muscoli, è di importanza decisiva in numerosi sport, e anche quello umorale necessita di condizioni specifiche per raggiungere prestazioni al di sopra della media. Le caratteristiche determinanti ai fini della prestazione sportiva sono cinque: coordinazione, flessibilità, forza, velocità e resistenza. Tra queste, fondamentali sono la forza e la resistenza, pur rappresentando caratteristiche opposte in numerose discipline sportive, oltre che nella medicina preventiva e nel campo della riabilitazione. La resistenza è determinata in modo decisivo dal comportamento e dall'efficienza del cuore, della circolazione, della respirazione e del metabolismo. La forza muscolare invece dipende fondamentalmente dalle dimensioni della massa muscolare. Mentre un esercizio fisico intenso provoca cambiamenti soltanto nei sistemi scheletrico e locomotore (muscoli, tendini, legamenti, ossa e articolazioni), l'allenamento aerobico alla resistenza influenza gli organi interni e soprattutto la circolazione, la respirazione e il metabolismo. Per coordinazione si intende l'integrazione del sistema nervoso centrale e della muscolatura scheletrica nell'ambito di un movimento volontario. Essa assume un'importanza tanto maggiore quanto più complessa è la sequenza necessaria per eseguire un movimento: una buona coordinazione infatti trasforma un'azione cosciente, dipendente dal cervello, in una sequenza che procede inconsciamente e nella quale le operazioni automatiche sono affidate a centri cerebrali subordinati, in modo che da un lato la corteccia cerebrale si trova a essere più libera di dedicarsi al pensiero e alla pianificazione, dall'altro l'esecuzione del movimento risulta più sicura e precisa. Nel determinare la qualità della coordinazione si rivelano fattori fondamentali le principali leggi fisiche implicate nel movimento, il grado di allenamento dei muscoli agonisti e antagonisti coinvolti in un dato movimento, le condizioni dell'apparato vestibolare (organo dell'equilibrio). Di norma la coordinazione ottimale, sia per gli uomini sia per le donne, viene raggiunta intorno al trentesimo anno di età, ma può essere ottenuta più rapidamente se vengono iniziati precocemente esercizi intensivi per specifiche discipline sportive. Attualmente le migliori ginnaste del mondo raggiungono prestazioni di livello mondiale già all'età di 12 o 13 anni, proprio perché iniziano un allenamento specifico a un'età compresa tra i 4 e i 6 anni, praticandolo quotidianamente, dapprima per 2 ore per poi passare a 4 e a 6. Ciò comporta, però, pericoli per la salute, soprattutto per i sistemi scheletrico e locomotore, in ragione dei quali, e anche per l'eccessiva importanza data alle abilità fisiche, è stata richiesta da parte della FIMS (Federazione internazionale di medicina sportiva), e recentemente approvata, l'introduzione di un limite di età, 16 anni, per la partecipazione a competizioni internazionali. La capacità di coordinazione decresce con gli anni, nelle donne a partire dai 50 e negli uomini dai 40. La pratica di esercizi specifici consente, tuttavia, di migliorarne la qualità in modo significativo, anche in soggetti adulti e anziani in buona salute. L'esercizio motorio può essere coadiuvato dal cosiddetto allenamento mentale, ossia dalla capacità di immaginare intensamente, o percepire, la sequenza di un movimento senza eseguirla realmente. Quando un individuo risolve mentalmente un problema motorio, si sviluppano correnti elettriche a livello dei muscoli interessati, anche senza che il movimento venga effettivamente compiuto. Queste tecniche possono contribuire a migliorare la coordinazione e sono anche consigliabili prima dell'esecuzione di attività che presentano problemi legati a coordinazione complessa (per es., la discesa libera e lo slalom).
La flessibilità, che riveste un ruolo essenziale in numerose discipline sportive, quali per es. la ginnastica e i tuffi, viene definita come la possibile gamma di movimenti volontari che coinvolgono una o più articolazioni. La flessibilità massima viene normalmente raggiunta nel periodo puberale e già a partire dal venticinquesimo anno di età si verifica una sua riduzione, a meno che per conservarla o aumentarla non vengano eseguiti esercizi mirati di stretching (allungamento), che sono in grado di migliorare l'elasticità di un muscolo in poche settimane.
Gli specialisti del lancio del giavellotto eseguono esercizi per aumentare la lordosi e la rotazione della colonna vertebrale, mentre i saltatori in alto si esercitano in una posizione arcuata della schiena allo scopo di migliorare il controllo della tecnica di ricaduta. I contorsionisti, i cosiddetti uomini serpente che si esibiscono come artisti nei circhi, possiedono una iperflessibilità dovuta a ipermobilità delle articolazioni, il cui raggio è stato aumentato attraverso esercizi di overstretching sin dall'infanzia, e a iperallungamento dei legamenti longitudinali della colonna vertebrale. L'overstretching, tuttavia, può causare rischi per la salute in età avanzata. Coerentemente con la sua corretta definizione fisica, il concetto di forza è in stretta correlazione con gli effetti che essa stessa produce: nel caso in cui una forza venga applicata a un sistema, questo subisce un'accelerazione, cambia cioè il proprio stato di moto, oppure può subire una deformazione, quando alla forza applicata se ne contrappongano altre a risultante nulla. Nel primo caso, la forza compie un lavoro in quanto sposta il proprio punto di applicazione, nel secondo caso, viceversa, compie lavoro nullo. Questo contrasta visibilmente con l'esperienza comune, per cui, per es., ci si affatica anche nel sostenere da fermi un peso sollevato da terra.
Pertanto, pur nel mantenimento delle definizioni di principio, nella produzione della forza da parte dell'organismo umano si suole distinguere una forza statica e una forza dinamica. Entrambe sono necessariamente prodotte dai muscoli, la cui contrazione sviluppa tensione. Si parla di forza statica, se durante la contrazione la tensione muscolare in una data posizione è sviluppata contro una resistenza senza produrre movimento; la forza dinamica, invece, implica il movimento di una massa nel corso di una sequenza motoria (v. forza). Il guadagno di velocità è il risultato dell'influenza di una forza su una massa. La velocità è data dal rapporto tra la distanza coperta e il tempo impiegato. In relazione alla velocità, possono essere considerati attributi motori dell'uomo quattro fattori: il tempo di reazione, la velocità dei singoli movimenti, la frequenza dei movimenti, la velocità di propulsione. Per tempo di reazione si intende l'intervallo compreso tra il momento in cui viene dato un segnale e l'inizio di una reazione volontaria; i tempi di reazione minimi variano tra 0,15 e 0,27 s nel caso il segnale sia di tipo acustico, tra 0,09 e 0,18 s se lo stimolo è rappresentato da un contatto; questi dati sono validi per l'individuo medio e possono essere accorciati con l'allenamento; reazioni di tipo semplice possono avvenire in tempi inferiori del 10-15%, mentre per reazioni complesse il miglioramento può arrivare fino al 30%. Tra gli atleti, i tempi di reazione più lunghi si riscontrano tra i maratoneti, i più brevi tra i velocisti e gli schermidori. Nel corso della vita la massima prontezza di riflessi viene raggiunta intorno ai 20 anni e già a 30 comincia a declinare. L'elemento più interessante per la velocità dal punto di vista sportivo è la velocità di propulsione. Essa può essere scomposta in velocità di base e durata della velocità: con la prima si intende la massima velocità raggiungibile nell'ambito di un movimento; con la seconda ci si riferisce al tempo in cui è possibile mantenere una data velocità submassimale. La velocità di base è influenzata dalla forza dinamica della muscolatura utilizzata, dalla coordinazione, dalla velocità di contrazione, dalla viscosità del muscolo, dalle caratteristiche antropometriche, dalla flessibilità. In parte, alcuni di questi fattori si sovrappongono.
La capacità di prestazione degli organi interni, quale il cuore, e dei sistemi circolatorio e respiratorio, in individui sani giovani o adulti non ha alcun ruolo nel raggiungimento della velocità di base. Non è dunque possibile migliorarne l'efficienza grazie a un allenamento specifico. Per es., anche i migliori velocisti del mondo mostrano un'efficienza degli organi interni che non si discosta dalla media. Nella corsa dei 100 m si distinguono quattro fasi principali: lo scatto di partenza, l'accelerazione, la velocità di base e la decelerazione. L'accelerazione e la velocità di base sono gli elementi più rilevanti per un velocista, mentre il tempo di reazione e la resistenza rivestono una minore importanza: infatti, maggiori sono l'accelerazione e la sua durata, migliore sarà la corsa. I velocisti di livello mondiale sono in grado di mantenere l'accelerazione per più di 50 m, mentre i fondisti terminano la fase di accelerazione già dopo 25 m. L'accelerazione, così come la velocità di base, dipende sostanzialmente dalla forza dinamica sprigionata dalla muscolatura in attività e dalla sua coordinazione. Le dimensioni del corpo e la lunghezza delle gambe sono direttamente proporzionali alla lunghezza del passo e inversamente al numero di passi al secondo. I velocisti più qualificati si distinguono sia per la notevole lunghezza delle gambe sia per l'elevato numero di passi al secondo.
La velocità di base nelle donne rispetto agli uomini è inferiore in media del 10-15% e per singoli movimenti (per es. quelli del braccio) del 17%. Se in quest'ultimo confronto non si tiene in considerazione la lunghezza del braccio, la differenza scende al 5%. Ciò è dovuto probabilmente al fatto che le donne possiedono una forza dinamica inferiore rispetto agli uomini. Il livello di prestazione nella corsa veloce dipende soprattutto dalla percentuale di fibre muscolari veloci: la componente genetica è dunque percentualmente elevata negli scattisti di alto valore. Di contro i saltatori, i lanciatori di peso e i mezzofondisti si contraddistinguono per un'ampia variabilità della composizione delle fibre muscolari. La resistenza, intesa come capacità di protrarre il più a lungo possibile un particolare esercizio, è di fatto una resistenza dell'organismo, oppure di una sua specifica struttura muscolare, alla fatica: essa può essere presa in considerazione sulla base degli aspetti morfologici, chimici nonché fisici (v. resistenza).
Il fabbisogno calorico per un individuo di sesso maschile di circa 30 anni non allenato che svolga un lavoro sedentario e non pratichi nessuna attività sportiva è in media di 2200-2300 kcal al giorno; a una donna con le medesime caratteristiche sono necessarie 1900 kcal. Il fabbisogno calorico di un atleta è naturalmente più elevato e raggiunge valori massimi negli atleti che praticano il ciclismo su strada, durante competizioni come il Giro d'Italia. In questo caso il fabbisogno medio giornaliero per ciascuna tappa è di 8000-9000 kcal e, in casi estremi, può arrivare anche a 10.000 kcal. Valori simili si riscontrano nel sollevamento pesi categoria supermassimi, in atleti che si sottopongono ogni giorno a 6 ore di allenamento, con ritmi che sono peraltro mantenibili soltanto per poche settimane. Per analizzare il fabbisogno energetico nella pratica dello sport è utile riferirsi al canottaggio, disciplina sportiva che combina la massima resistenza sia aerobica sia anaerobica con un'elevata prestazione di forza muscolare. Alla partenza, l'energia viene prodotta per via anaerobica alattacida, cioè mediante la scissione di adenosintrifosfato (ATP) e fosfocreatina (CP, creatinphosphate). Il 70-80% circa del CP rimanente, che corrisponde a 18-25 mmol per kg di muscolatura, può essere quindi mobilizzato e fornisce l'energia necessaria per i primi secondi dello sforzo; con l'energia prodotta da 1 mmol di CP può essere svolto un lavoro meccanico pari a 16,3-19,5 J. Con un peso corporeo di 84-95 kg e una muscolatura scheletrica pari al 42% (±2) della massa corporea, che può costituire oltre l'80% della muscolatura in attività in un canottiere ai più alti livelli, la massima energia mobilizzata può arrivare fino a circa 10.000 J o 2,4 kcal. Il limite superiore della produzione di energia per via anaerobica alattacida per un individuo del peso di 95 kg è di 12.000 J circa, che rappresenta il 4-5% del fabbisogno energetico in una gara di canottaggio della durata di 6 min.
Questo limite si collega con la produzione di energia per via anaerobica lattacida; la quantità media di acido lattico che può essere tollerata nel sangue tuttavia è di 20 mmol/l. Ogni mmol/l di acido lattico prodotto corrisponde all'esecuzione di un lavoro meccanico di circa 15 J per chilogrammo di peso corporeo, oppure alla copertura di un debito di ossigeno di circa 30 ml/kg (1 mmol/l di acido lattico = 3,3 mmol/l di ossigeno). Quindi la massima capacità di lavoro ottenuta per via anaerobica in un individuo di 84 kg è di circa 23.000 J, con la formazione di 18,5 (± 2,5) mmol/l di acido lattico, mentre per un peso corporeo pari a 95 kg essa aumenta fino a 25.000 J. Questa quantità di lavoro è sufficiente a coprire il fabbisogno energetico di 1 min durante una gara di 6 min, cioè il 15-18% del fabbisogno energetico totale. Nella terza fase subentra il metabolismo aerobico, che fornisce la maggior parte dell'energia durante una gara di canottaggio.
Per mantenere livelli di prestazione elevati, la quantità di ossigeno consumato durante la gara deve rimanenere, dal secondo minuto in poi, tra 5800 e 6500 ml/min. Un'efficienza media di remata del 21% equivale, secondo un calcolo empirico, a una potenza sviluppata di 430-480 watt. Quindi, in 1 min, canottieri di livello mondiale sono in grado di sviluppare per via aerobica una potenza meccanica pari all'incirca al totale della potenza sviluppata per via anaerobica lattacida. Un aumento della produzione di energia per via anaerobica alattacida, in prossimità dei valori limite dell'efficienza corporea, è raggiungibile soltanto attraverso un aumento della massa muscolare. Il limite della capacità della via anaerobica lattacida si evidenzia per valori di pH compresi tra 6,8 e 6,9 nel sangue arterioso e pari a 6,3 nella muscolatura in attività. Un'ulteriore caduta di questi valori stimolerebbe l'attività dei lisosomi delle cellule muscolari con conseguente autodistruzione. Se il lavoro dinamico sostenuto da una notevole porzione della muscolatura si protrae per parecchi minuti, le prestazioni oltre il secondo minuto sono determinate dalla quantità di ossigeno disponibile per la cellula muscolare in attività nell'unità di tempo: la resistenza dinamica generale aerobica rappresenta dunque il fattore decisivo per la prestazioni. Il consumo di un l di O₂ equivale a 5 kcal, quindi un turnover di ossigeno di 6 l/min implica un consumo calorico di 30 kcal/min.
Per raggiungere tali risultati è essenziale lo sviluppo armonico delle strutture e delle funzioni che possono svolgere un'azione limitante delle prestazioni. Sono necessari, per es., una gettata sistolica di 200-220 ml per battito, una portata cardiaca di 35-40 l/min, un volume respiratorio compreso tra 150 e 230 l/min, una capacità massima di diffusione di O₂ nei polmoni maggiore di 120 ml/min/mmHg, oltre a un aumento della capillarizzazione a livello muscolare di almeno il 60% al di sopra dei valori normali. Inoltre, il volume mitocondriale deve risultare aumentato del 100% contemporaneamente a un aumento del contenuto in mioglobina.
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