presuntoso
. Riferito a persona vale " orgoglioso ", " arrogante " (v. PRESUNZIONE); spesso allude a un'arroganza di ordine intellettuale, manifestata nella presunzione di stabilire il proprio intelletto a norma di verità assoluta: così in Cv IV XIV 12 chi sarà oso di dire che Gherardo da Cammino fosse vile uomo? e chi non parlerà mero, dicendo quello essere stato nobile? Certo nullo, quanto vuole sia presuntuoso, però che egli fu, e fia sempre la sua memoria [nobile]; così in XV 12 sono molti tanto presuntuosi, che si credono tutto sapere, e per questo le non certe cose affermano per certe; lo qual vizio Tullio massimamente abomina nel primo de li Offici e Tommaso nel suo Contra-li-Gentili dicendo: " Sono molti tanto di suo ingegno presuntuosi, che credono col suo intelletto poter misurare tutte le cose, estimando tutto vero quello che a loro pare, falso quello che a loro non pare " (cfr. Cic. Off. I VI 18; Tomm. Contr. Gent. I 5).
Sempre riferito a persona, ma con la denotazione di una superbia e di un ardimento tradotti in atti e comportamenti individuali che rivelano vanagloria e arroganza, in Cv III X 9 l'uomo non dee essere presuntuoso a lodare altrui, non ponendo bene prima mente s'elli è piacere de la persona laudata. Tale presunzione " innititur propriae virtuti, attentans scilicet aliquid ut sibi possibile quod propriam virtutem excedit. Et talis praesumptio manifeste ex inani gloria procedit " (Tomm. Sum. theol. II II 21 4c); così in Pg XI 122 Provenzan Salvani / ... è qui perché fu presuntüoso / a recar Siena tutta a le sue mani; commenta Benvenuto: " Fu presuntuoso, temeritas est una de filiabus superbiae. A recar Siena, idest, ad reducendum totam patriam suam in suam potestatem: fuit enim senensis gloriosus et vanus ". È qui da notare la costruzione di p. con la preposizione ‛ a ' seguita dall'infinito; a parte la diversa preposizione, lo stesso significato si riscontra nell'Ottimo, alla chiosa di If II 17: " Ora inchiede, per modo di dire, sé essere presuntuoso di tale impresa ".
Analogamente p., quando si riferisce a cosa, ad atteggiamento pratico o mentale, a tendenza della volontà, a pretesa dell'intelletto, denota nel fatto, nell'azione e nel comportamento degli uomini superbia, arroganza e tracotanza, fondate sulla vanagloria. Pertanto, con valore di aggettivo neutro, significa " cosa che rivela presunzione ", nel luogo di Cv II V 17, relativo alla rivoluzione diurna: tutto questo cielo [il terzo]... rivolgesi con lo epiciclo da oriente in occidente... lo qual movimento, se esso è da intelletto alcuno, o se esso è da la rapina del Primo Mobile, Dio lo sa; che a me pare presuntuoso a giudicare: " Osserva l'Angelitti, in Bull., XVIII, 42, che qui Dante non vuole indagare donde derivi il moto diurno, ma che in Par., XXVIII, 70 afferma risolutamente che il primo mobile tutto quanto rape l'altro universo seco, traducendo letteralmente, tra questo passo e quello del Convivio, due frasi del Sacrobosco, il quale parlando del primo mobile dice: Primus (cioè il moto del primo mobile) omnes alias spaeras impetu suo rapii intra diem et noctem circa terram semel (Sphaera, c. I) ' " (Busnelli-Vandelli). Cfr. anche III IV 10 Iddio... volse in questa vita privare noi da questa luce [dal vedere direttamente e perfettamente le sostanze immateriali]; che, perché elli lo si facesse, presuntuoso sarebbe a ragionare; e infine II XI 6 Ma però che molte fiate avviene che l'ammonire pare presuntuoso, per certe condizioni suole lo rettorico indirettamente parlare altrui, dirizzando le sue parole non a quello per cui dice, ma verso un altro; D. teorizza così questa figura della dissimulazione: E questa cotale figura in rettorica è molto laudabile, e anco necessaria, cioè quando le parole sono a una persona e la 'ntenzione è a un'altra (III X 6).