prete (presto)
Il sostantivo è di uso molto limitato nell'opera dantesca. In Fiore CI 3 Falsembiante enumera con spavalda ironia le figure di cui assume le sembianze: un'or divento prete, un'altra frate, / or prinze, or cavaliere..., e p. è evidentemente in relazione con frate: sacerdote " secolare " il primo, " regolare " il secondo. In CXXIV 5 prete è invece contrapposto a chericello (" giovane chierico ") e quindi piuttosto nel significato di " ecclesiastico ", " prelato ". In Cv III IV 8 (due volte) il p, che risponde tanto argutamente all'imperatore Enrico II, che ridea e schernia la laidezza del suo corpo, è un " presbyter ", fatto poi vescovo di Colonia in premio della sua prontezza di spirito (cfr. Vincenzo di Beauvais Spec. histor. XXV 12).
Con vigore icastico, in If XXVII 70, dove Bonifacio è definito il gran prete, il " sommo sacerdote ", ma detto sarcasticamente; e infatti l'Anonimo: " gl'Infedeli … scrivono in questo modo: ‛ Magno Sacerdoti Romanorum ' ‛ al gran Prete de' Romani ' ".
E il Cesari: " gran prete in vece di ‛ Sommo Pontefice ', sente assai dello strazio e dello sdegno che già comincia in costui a levar il bollore ". Infine il Sapegno: " nella formula solenne della designazione serpeggia la violenza del rancore, che poi esplode nell'imprecazione " (cfr. il v. 85 lo principe d'i novi Farisei; e v. anche E. Bonora, Il canto XXVII dell'Inf., in Lect. Scaligera I 978).
Egualmente espressivo, anche se non così drammatico, l'uso di p. in Pd IX 58, questa volta in unione con l'aggettivo ‛ cortese ': il sangue ferrarese... / che donerà questo prete cortese / per mostrarsi di parte; l'accostamento dei due termini è pieno di sarcasmo: l'empio pastor (v. 53), Alessandro Novello, vescovo di Feltre, fu " generoso " solo di sangue, per compiacere al vicario angioino. La forma Presto compare in Detto 262 e in Fiore II 11, sempre a indicare il p. Gianni: v. PRESTO.