PREVARICAZIONE
. Diritto penale comune. - Sotto il nome di prevaricazione s'intendono i delitti di cui agli articoli 380-381-382 cod. pen. (titolo III, dei delitti contro l'amministrazione della giustizia; cap. 1, dei delitti contro l'attività giudiziaria), vale a dire il delitto di patrocinio o consulenza infedele, le infedeltà del patrocinatore o del consulente tecnico, il millantato credito del patrocinatore. La parte deve normalmente in giudizio essere rappresentata, assistita, difesa da persone che hanno ottenuto una speciale abilitazione dallo stato: le norme penali di cui agli articoli citati si indirizzano al patrocinatore e al consulente tecnico perché essi non esercitino fraudolentemente il loro ufficio a danno delle parti difese, rappresentate o assistite. Con queste norme, però, non viene tutelato direttamente l'interesse privato delle parti, ma in primo luogo l'interesse pubblico alla retta amministrazione della giustizia la quale può essere compromessa dall'opera fraudolenta dei patrocinatori. Soggetti attivi di questi delitti sono il patrocinatore e il consulente tecnico. È patrocinatore colui che per legge è autorizzato a difendere, assistere o rappresentare un imputato o una parte in un procedimento penale, civile o amministrativo; consulente tecnico è colui che nell'interesse di una parte esamina i pareri e le relazioni dei periti. Si tratta, quindi, di delitti propri, di delitti cioè che possono venir perpetrati solo da quei soggetti che rivestono la qualità di patrocinatore o di consulente tecnico. Chi è privo di tale qualità non può realizzare a titolo di autore ma solo a titolo di partecipe le fattispecie delittuose in discorso.
Il primo delitto che entra in considerazione è quello del patrocinio o consulenza infedele, previsto dall'art. 380 cod. pen. Il patrocinatore o il consulente tecnico, per consumare questo delitto, deve rendersi infedele ai suoi doveri professionali arrecando nocumento agl'interessi della parte difesa, assistita o rappresentata dinnanzi all'autorità giudiziaria. Non basta, quindi, la pura e semplice infedeltà ai doveri professionali, ma occorre che questa infedeltà abbia procurato un effettivo danno alla parte difesa, rappresentata o assistita. L'elemento subiettivo del delitto consiste nella volontarietà di compiere il fatto con la coscienza di rendersi infedele ai doveri professionali. La pena è della reclusione da uno a tre anni e della multa non inferiore a lire cinquemila. La pena è aumentata, se il colpevole ha commesso il fatto colludendo con la parte avversaria o se il fatto è stato commesso a danno di un imputato. Se il fatto è stato commesso a danno di persona imputata di un delitto, per il quale la legge commina la pena di morte o l'ergastolo ovvero la reclusione superiore a cinque anni, si applica la reclusione da tre a dieci anni e la multa non inferiore a lire diecimila.
Altre forme d'infedeltà del patrocinatore o del consulente tecnico sono quelle ipotizzate come delitti dall'art. 381 cod. pen. che prevede l'applicazione della pena indipendentemente dal danno che l'infedeltà può arrecare alla parte assistita, rappresentata o difesa: se il danno si verifica, si applica la disposizione dell'art. 380 cod. pen. Una prima infedeltà consiste nel prestare in un procedimento dinnanzi all'autorità giudiziaria contemporaneamente, anche per interposta persona, il patrocinio o la consulenza a favore di parti contrarie. La pena è della reclusione da sei mesi a tre anni e della multa non inferiore a lire mille. Una seconda forma d'infedeltà consiste nell'assumere nello stesso procedimento, dopo aver difeso, assistito o rappresentato una parte, e senza il consenso di questa, il patrocinio o la consulenza della parte avversaria. La pena è della reclusione fino a un anno e della multa da lire cinquecento a lire cinquemila.
La prevaricazione può anche consistere in un millantato credito del patrocinatore. Questa ipotesi delittuosa è prevista all'art. 382 cod. pen. Soggetto attivo di questo delitto è il solo patrocinatore, non il consulente tecnico il quale, se commette un millantato credito, può venir punito in base all'art. 346 che prevede il reato comune di millantato credito.
Il fatto del millantato credito del patrocinatore consiste nel millantare credito presso il giudice o il pubblico ministero che deve concludere, ovvero presso il testimone, il perito o l'interprete, ricevendo o facendosi dare o promettere dal cliente, a sé o a un terzo, denaro o altra utilità, col pretesto di doversi procurare il favore del giudice o del pubblico ministero, perito o interprete, ovvero di doverli remunerare. La pena è della reclusione da due a otto anni congiuntamente alla multa non inferiore a lire diecimila.
La condanna per il delitto di patrocinio o consulenza infedele, per l'infedeltà del contemporaneo patrocinio a favore di parti contrarie, per il millantato credito importa interdizione dai pubblici uffici.
Diritto penale militare. - Sotto il nome di prevaricazione nel diritto penale militare s'intende quel delitto che comunemente viene chiamato di peculato. Per aversi il delitto di prevaricazione occorre che un militare investito di funzioni amministrative trafughi o sottragga cose a lui affidate per ragione delle sue funzioni e poste sotto la sua immediata sorveglianza.
Il codice penale per l'esercito all'art. 188 specifica che si deve trattare di somme di denaro o titoli di credito, documenti, titoli o atti, generi o qualunque altra cosa esistente nei magazzini dei corpi o dell'esercito. Occorre che si verifichi il danno dell'amministrazione militare, del corpo o degl'individui che lo compongono. Se il danno arrecato all'amministrazione militare ascende a cinquemila lire la pena è dei lavori forzati a tempo; se invece è minore di tale somma, la pena è della reclusione, la quale non potrà mai essere minore degli anni cinque se il danno eccede le lire cinquecento. Le stesse disposizioni si applicano anche al militare incaricato delle funzioni di portalettere, che si appropri l'importo di vaglia postali a pregiudizio di militari.
Bibl.: P. Vico, Diritto penale militare, Milano 1917; V. Manzini, Diritto penale militare, Padova 1927; C. Saltelli-R. Di Falco, Commento teorico-pratico del nuovo codice penale, II, i, Roma 1931.