PREVIDENZA e SICUREZZA SOCIALE (XXVIII, p. 228; App. I, p. 952; II, 11, p. 608; III, 11, p. 483)
SOCIALE Nel periodo dal 1960 al 1975 gli studi intorno alla s. sociale hanno chiarito molti aspetti e tanti elementi di essa, sia come espressione di carattere generale sia come nozione particolare del nostro ordinamento giuridico.
Sul piano generale, attraverso l'interpretazione di importanti fatti storici e lo studio di fondamentali documenti ad essi connessi, è stato possibile accertare che il significato dell'espressione s. sociale, ricorrente nelle raccomandazioni e dichiarazioni di qualificati consessi internazionali - Dichiarazione di Santiago del 1942; Carta di Filadelfia del 1944; Conferenza interamericana di Bogotà del 1948 - e molto autorevolmente enunciata anche nella "Dichiarazione universale dei diritti dell'Uomo", approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dic. 1948 - nel cui art. 22 è sancito che "toute personne, en tant que membre de la société, a droit à la sécurité sociale" - è ricollegabile a un sistema che garantisca i mezzi necessari per l'esistenza in vita, in condizioni umane dignitose, in favore di ogni individuo, in quanto membro della società. E, in sostanza, la conferma di un antico concetto, sia pure senza alcun espresso riferimento ad esso, già contenuto nel voto del primo congresso nazionale del partito dei lavoratori italiani tenutosi a Genova il 14 ag. 1892, secondo cui "Tutti gli uomini, purché concorrano secondo le loro forze a creare e mantenere i benefici della vita sociale, hanno lo stesso diritto a fruire di codesti benefici, primo dei quali la sicurezza sociale dell'esistenza".
Ai princìpi fondamentali consacrati nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo s'ispirano le enunciazioni relative alla s. sociale contenute nella Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, adottata il 4 nov. 1950 dal Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa - che va sotto il nome di "Carta della libertà d'Europa" - e nella Carta sociale europea, approvata dal Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa nella sessione tenutasi a Strasburgo dal 3 all'8 luglio 1961, sottoscritta a Torino il 18 ott. 1961 dai plenipotenziari delle nazioni facenti parte del Consiglio d'Europa e ratificata dal nostro paese con la legge 3 luglio 1965, n. 929. In quest'ultimo documento internazionale, però, sembra che il concetto di s. sociale sia riconoscibile nel nostro ordinamento di p. sociale, in quanto il diritto alla s. sociale - consistente nella garanzia del soddisfacimento dei bisogni causati dagli eventi previsti dalla Convenzione internazionale del lavoro n. 102 (eventi tutti tutelati dal nostro ordinamento previdenziale) con diritto a prestazioni almeno pari a quelle fissate dalla Convenzione stessa - è attribuito solo ai lavoratori - a tutti i lavoratori: subordinati, associati, autonomi - e loro aventi diritto.
È stato, inoltre, accertato sul piano internazionale che in ogni paese si suole chiamare regime di s. sociale il sistema di tutela contro determinati rischi sociali che l'ordinamento nazionale contempla anche se esso non si estenda a tutta la popolazione e indipendentemente dalle fonti di finanziamento e dal sistema di gestione.
Da queste premesse è partita l'indagine per accertare il significato da attribuire all'espressione "s. sociale" per il nostro ordinamento giuridico.
Il termine s. sociale non è adottato né dalla nostra Costituzione né dalla legislazione speciale sulla tutela dai rischi sociali, a eccezione della l. 30 apr. 1969, n. 153, che lo usa solo nel titolo per denunciare di contenere anche "norme in materia di sicurezza sociale".
La nostra Costituzione, però, pur non adottando espressamente il termine s. sociale, pone tra i principi basilari dell'ordinamento statuale la tutela della dignità e personalità umana in particolari situazioni di bisogno e considera il soddisfacimento di tali bisogni individuali uno scopo d'interesse pubblico generale, di carattere sociale, in quanto garanzia di pace e di benessere generale della società: finalità nelle quali si riconosce e si sostanzia, nella realtà, la s. sociale.
Ora, queste finalità della s. sociale possono, in concreto, conseguirsi attraverso istituti che s'inquadrano nella p. e nell'assistenza sociale, perciò non si può concepire né una s. sociale in contrapposizione alla p. sociale né un superamento di questa ad opera della s. sociale.
Gl'istituti che comunemente si denominano di p. sociale sono organizzati su base mutualistica - nel senso che a ciascuna forma di tutela partecipano i soggetti esposti o già sottoposti allo stesso evento provocatore di bisogno - con una propria capacità finanziaria, preordinata su basi attuariali, che non esclude l'impegno dello stato d'intervenire con adeguati concorsi finanziari quando le categorie interessate non abbiano la necessaria capacità finanziaria per provvedervi autonomamente, finché perduri tale incapacità e nei limiti di essa. Infatti, il secondo comma dell'art. 38 Cost. attribuisce ai lavoratori il diritto che siano prevenuti e assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita al verificarsi di determinati eventi provocatori di bisogno: ossia l'obbligo della collettività non è soltanto strumentale, limitato, cioè, alla previsione dello strumento idoneo - nella specie le varie forme mutualistiche e prime tra queste le assicurazioni sociali obbligatorie - attraverso il quale si possano conseguire i mezzi adeguati alle esigenze di vita nelle varie situazioni di bisogno; ma anche finalistico, ossia di garanzia che effettivamente i mezzi adeguati alle esigenze di vita previsti dagli strumenti posti in essere siano conseguiti al verificarsi degli eventi provocatori di bisogno. Perciò la collettività, e per essa lo stato, è sussidiariamente impegnata a intervenire finanziariamente in favore delle gestioni mutualistiche quando queste non siano autonomamente capaci di garantire il conseguimento delle finalità per le quali sono state istituite. Le forme di assistenza sociale, invece, sono realizzate attraverso pubblici servizi - gestiti direttamente dallo stato o da questo affidati a enti pubblici preesistenti o appositamente creati - che garantiscono prestazioni individuali ai singoli beneficiari.
La distinzione tra assistenza sociale e p. sociale basata sulla natura della pretesa soggettiva del beneficiario delle rispettive prestazioni, garantita come interesse legittimo nel campo di applicazione dell'assistenza e come diritto soggettivo nel campo di applicazione della p., non può ritenersi sempre valida. La Costituzione, per es., all'art. 38, 1° comma, qualifica l'aspettativa di determinati soggetti, in certe condizioni, all'assistenza sociale come un diritto e quale diritto soggettivo perfetto è stato riconosciuto dall'ordinamento positivo - art. 26, l. 30 apr. 1999, n. 153 - il beneficio della pensione sociale ai cittadini ultrasessantacinquenni sprovvisti di reddito e successivamente (art. 2 bis d.l. 30 giugno 1972, n. 267, aggiunto dalla legge di conversione 11 agosto 1972, n. 485) il beneficio dell'assistenza sanitaria ai titolari di pensione sociale e ai loro familiari conviventi.
Le forme assistenziali differiscono da quelle previdenziali per l'assenza del criterio organizzativo mutualistico e per il finanziamento della spesa relativa che grava esclusivamente sullo stato, che vi provvede con le normali entrate fiscali.
La p. e l'assistenza sociali, diverse e distinte tra loro, concorrono, dunque, nella realizzazione di una generale politica di s. sociale secondo i precetti costituzionali sanciti negli art. 32 e 38, che schematicamente pongono a carico dello stato questi tre obblighi fondamentali;
a) prevedere e assicurare ai lavoratori - subordinati, associati, autonomi - mezzi adeguati alle loro esigenze di vita al verificarsi di determinati eventi - i cosiddetti rischi sociali - provocatori di bisogno: art. 38, 2° comma;
b) garantire misure di medicina preventiva a tutta al collettività e cure gratuite agl'indigenti: art. 32, 1° comma;
c) assicurare il mantenimento e l'assistenza sociale ai cittadini inabili e bisognosi: art. 38, 1° comma.
Ai compiti specificati sotto la lett. a) si provvede con le gestioni previdenziali, finanziate dalle categorie interessate e sussidiariamente dallo stato; ai compiti specificati sotto le lettere b) e c) si deve provvedere attraverso misure di assistenza, finanziate esclusivamente dallo stato.
La s. sociale, in sostanza, per il nostro ordinamento giuridico è quel sistema che garantisce i mezzi per l'esistenza in vita in condizioni umane dignitose: sistema molto articolato che va dal diritto al mantenimento e all'assistenza sociale in favore dei cittadini bisognosi e dalle cure gratuite agl'indigenti, alle prestazioni adeguate alle esigenze di vita in favore dei lavoratori e alla tutela della salute con prestazioni di medicina preventiva e riabilitativa in favore di tutta la popolazione.
Questo sistema di garanzia ha come finalità la tutela della persona umana nel rispetto delle libertà individuali; opera come strumento di eguaglianza sociale e richiede l'impegno solidale della collettività.
a) Le misure di s. sociale hanno come finalità precipua quella di tutelare l'uomo nella sua dignità e personalità umana.
Esse, a differenza delle assicurazioni private, considerano l'uomo non nella sua entità fisica come oggetto di diritti, ma come soggetto di diritti nella sua inscindibile unità fisica e psichica; non come bene, come cosa, cioè, idonea a soddisfare un bisogno economico e perciò suscettibile di valutazione economica, bensì come individuo nella sua natura umana, inserito nel proprio nucleo familiare e membro della collettività, che può venire a trovarsi i particolari situazioni di bisogno il cui soddisfacimento è essenziale per l'esistenza in vita in condizioni umane dignitose. Perciò l'esistenza di "misure minime di s. sociale" stabilite addirittura da organismi internazionali; perciò il carattere personale è indisponibile del diritto alle prestazioni di s. sociale; perciò l'entità uniforme delle prestazioni destinate ad assicurare l'esistenza in vita; perciò il divieto di cumulo tra prestazioni di s. sociale; perciò la previsione che gli Enti di p. sociale possano concedere prestazioni per consolidare la guarigione clinica o semplicemente per migliorare le condizioni di salute del pensionato.
b) La libertà individuale è una componente essenziale della personalità umana, perciò la tutela della dignità e personalità umana va realizzata dalla s. sociale nel rispetto delle libertà individuali.
Anche nella tutela della salute che l'art. 32 Cost. considera come interesse della collettività, oltre che come fondamentale diritto dell'individuo, il principio generale che informa il sistema di s. sociale è rispetto della dignità e libertà della persona umana.
Perciò il sacrificio delle libertà individuali, come eccezione al principio generale suddetto, dev'essere mantenuto entro quei ristretti limiti segnati dallo stesso art. 32, 2° comma, della Costituzione che pone a difesa della libertà individuale questa duplice garanzia:
- l'obbligo di sottostare a un determinato trattamento sanitario deve risultare da una disposizione di legge;
- questa non può ledere la dignità della persona umana.
Due sono dunque i limiti posti, in questo capo, dalla Costituzione a salvaguardia della libertà personale:
- uno valido nei confronti del legislatore che nel rendere obbligatorio un determinato trattamento sanitario non deve violare la dignità della persona umana;
- l'altro valido non solo per lo stato, ma anche per qualsiasi autorità amministrativa e per qualunque organo preposto a funzioni di assistenza sanitaria, che non può costringere alcuno a subire le cure, se l'obbligo di sottostare a esse non sia previsto da una disposizione di legge.
Questo secondo limite, di carattere generale, vale anche per gli enti gestori di forme di s. sociale.
Peraltro, l'ordinamento previdenziale preesistente alla Costituzione era già improntato al principio generale del rispetto delle libertà individuali. Infatti il conseguimento delle prestazioni obbligatorie previdenziali costituisce oggetto di un diritto soggettivo dell'individuo che non può essere obbligato a chiedere e tanto meno a subire prestazioni suddette, né per imposizione dell'ente gestore, né per comando dell'autorità giudiziaria.
Anche nella proposta d'istituzione del Servizio sanitario nazionale è confermato espressamente che "la tutela della salute deve avvenire nel rispetto della dignità e libertà della persona".
c) L'eguaglianza assoluta di tutti i membri di una collettività nazionale è un'utopia contraddetta anche dalla realtà storica attuale offerta da quei paesi cui regime politico è improntato al principio dell'abolizione della distinzione delle classi sociali; ma un accorciamento delle distanze tra le opposizioni economiche dei cittadini, oltre la garanzia a ciascuno del minimo indispensabile per l'esistenza in vita e per l'assistenza medica e sociale, non possono non sostituire l'impegno costante di una politica sociale in una ben ordinata collettività nazionale.
Ebbene, la s. sociale che attraverso le sue istituzioni di p. e di assistenza sociali ridistribuisce, sotto forma di prestazioni individuali, quota parte del reddito nazionale, giungendo là dove è stato accertato o presunto uno stato di bisogno, si manifesta some uno strumento valido ed efficiente di eguaglianza sociale, in quanto sollevando le condizioni dei più bisognosi accorci le distanze tra questi e quelli più favoriti dalla sorte: ossia concorre nello sforzo verso quell'auspicato avvicinamento alla sufficienza delle condizioni economiche fondamentali di tutti i cittadini che è l'unica vera eguaglianza praticamente e concretamente raggiungibile secondo giustizia.
d) Sul piano etico-sociale l'impegno solidale della collettività alla realizzazione della s. sociale riposa sulla comunanza d'interessi tra i beneficiari delle prestazioni e il resto del corpo sociale, in quanto il soddisfacimento dei bisogni individuali mediante prestazioni di s. sociale è ritenuto un fattore di difesa e di promozione della pace e del benessere dell'intera collettività. Tale impegno di solidarietà e stato trasportato sul piano giuridico dalla Costituzione che negli articoli 32 e 38 sancisce - come si è visto - gli obblighi fondamentali dello stato in materia.
In base a essi, lo stato assume a proprio carico, integralmente e istituzionalmente, tutte le spese necessarie per le attività assistenziali: tutela della salute a tutta la popolazione e cure mediche agl'indigenti (art. 32); mantenimento e assistenza sociale ai cittadini inabili e bisognosi (art. 38); e inoltre partecipa, in via sussidiaria, al finanziamento delle gestioni previdenziali attraverso interventi, quantificati con modalità diverse, legittimati entro i limiti di tempo e di misura dell'incapacità finanziaria delle categorie interessante.
Questa partecipazione della collettività al finanziamento della s. sociale costituisce la più importante e concreta manifestazione del principio di solidarietà sociale che informa la disciplina della s. sociale nel nostro ordinamento giuridico.
Bibl.: G. Cannella, Elementi di chiarificazione del concetto di sicurezza sociale, in Studi in memoria di L. Barassi, Milano 1966; G. Chiarelli, Appunti sulla sicurezza sociale, in Studi, cit.; G. Cannella, La previdenza, l'assistenza e la sicurezza sociale nella Costituzione, in Rass. Lav., 1968, n. 407; M. Persiani, Riflessioni sull'idea di sicurezza sociale, in Enpas, 1969, n. 701; G. Perrin, Vues prospectives sur la sécurité sociale, in Rev. belge de séc. soc., 1970, n. 1153; A. Delperée, Assistance publique et sécurité sociale, in Riv. inf. mal. prof., 1974, I, n. 735.