prezioso
S'incontra in opposizione a ‛ vile ', in collocazione enfatica, in Cv I XI 14, dove si asserisce che Cicerone condannava coloro che al suo tempo biasimavano lo latino romano e commendavano la gramatica greca per simiglianti cagioni che questi fanno vile lo parlare italico e prezioso quello di Provenza: opposizione che si ritrova al § 21, dove si asserisce che soltanto nel giudizio degli abominevoli cattivi d'Italia (che sono i questi del periodo precedentemente citato) può risultare vile il volgare italiano, che invece è prezioso.
La massima intensità espressiva è raggiunta in Cv I XIII 2, dove preziosa è detta la perfezione, per raggiungere la quale anche la loquela è un elemento importante: Dico, prima, ch'io per me ho da lei [dalla loquela] ricevuto dono di grandissimi benefici. E però è da sapere che intra tutti i benefici è maggiore quello che più è prezioso a chi riceve; e nulla cosa è tanto preziosa, quanto quella per la quale tutte l'altre si vogliono; e tutte l'altre cose si vogliono per la perfezione di colui che vuole; anzi, ancor maggiore è quella che il termine raggiunge in Pd II 140: prezioso si manifesta ognuno dei cieli, attraverso le cui influenze agisce sulle creature, fornendole di particolari pregi, la divina virtù che li ravviva; ed è in questa zona che si colloca l'iperbole di Fiore CXXXVIII 2, dove la donna è chiamata madonna preziosa: l'aggettivo infatti ha. senso più forte che l'odierno spagnolo preciosa, " bella ".
In contesto figurato, gioia preziosa è detta la croce del cielo di Marte, che Cacciaguida, vivo topazio, ‛ ingemma ' (Pd XV 68).
Il superlativo preziosissima s'incontra usato, in iterazione di fine, parlando della mente, di cui è fornito l'uomo a differenza delle bestie, e in cui Amore può parlare a D. della donna (Cv III II 19); è iterazione di celebre in IV XXX 2, dove D. definisce il lavoro di un valente artigiano: ciascuno buono fabricatore, ne la fine del suo lavoro, quello nobilitare e abbellire dee in quanto puote, acciò che più celebre e più prezioso da lui si parta.
Si dice anche del frutto de la terra (Cv IV II 10), dei vini (Fiore LXXXIX 12, CXXVI 2) e, naturalmente, di quel prezioso fior, che tanto aulia, che è il protagonista del poemetto (XXI 2).
Con significato più materiale, legato al concetto di costo, s'incontra in Cv IV XII 4, dove preziosi pericoli sono detti l'oro e le pietre p., sulla scorta dei vv. 27-31 del Cons. phil, di Boezio (II m. V), che D. traduce.