PRIAMO (Πρίαμος, Priămus)
Era questo, nella mitologia classica, il re dell'antica Troia al tempo dell'epica impresa della guerra troiana. Figlio di Laomedonte e discendente di Dardano, egli avrebbe assistito nella sua giovinezza alla prima distruzione di Troia da parte di Eracle, perdendo in quella occasione il padre e tutti i fratelli. Riscattato dalla prigionia per opera della sorella Esione, egli poté col favore degli dei ricostruire il regno di Troia, ed anzi portarlo ad un alto grado di prosperità. Padre di moltissimi figli (50 ne ricorda la tradizione) dei quali 19 gli sarebbero stati generati da Ecuba, legittima regina di Troia, onorato dalla famiglia, rispettato dal popolo, temuto per una larga estensione di territorio dalle nazioni finitime, delle quali alcune egli aveva sottomesse mentre di altre si era conciliato l'alleanza, P. era giunto al colmo della felicità e della potenza quando scoppiò, per il rapimento di Elena da parte di Paride, la funesta guerra di Troia. E il re, vecchio oramai, dovette assistere allo sfacelo della sua casa, vedendosi morire l'uno dopo l'altro i figli, sino a che - conquistata da parte dei Greci la rocca e penetrati i nemici nel palazzo regale - egli stesso cadde presso l'ara domestica colpito dalla spada di Neottolemo, figlio di Achille. La figura di Priamo, re giusto e così mite da apparire talvolta un debole, non ha nel poema dell'Iliade una grande importanza per quanto riguarda lo svolgimento dell'azione; ne ha, invece, una grandissima nei riguardi della poesia, avendo essa ispirato al poeta epico scene così palpitanti di umanità e così luminose di bellezza da rimanere immortale. Celebri fra le altre sono quelle relative al tragico destino di Ettore, del figlio prediletto di P., che il padre vede ucciso e atrocemente straziato da Achille, e del quale poi si reca a riscattare il cadavere, impietosendo col proprio immenso dolore l'inflessibile nemico. Oltre che nell'Iliade, il mito di P. era trattato - e a quanto pare abbastanza largamente - negli altri poemi epici relativi al ciclo troiano: così nella Aithiopis, nella cosiddetta Piccola Iliade e segnatamente nella Iliupersis, dove compariva la scena della tragica morte del re, scena mancante all'Iliade.
La figura del re troiano entrò anche nel repertorio della poesia tragica dell'età classica, e passò poi - attraverso l'età ellenistica - nella letteratura romana, dove l'arte di Virgilio seppe mirabilmente intesserla nel canto sulla notte fatale di Troia. Riguardo all'origine e all'essenza della figura di P., varie sono le opinioni che dall'antichità ai nostri giorni sono state espresse. La questione principale verte intorno al nome stesso di P., il quale, mentre dagli antichi veniva spiegato con etimologie più o meno appropriate, dai moderni è in generale connesso al nome di Pergamo, e considerato non come nome proprio ma come attributo. Questo pare sia di origine tracia ed abbia il signiflcato di "capo, re". A quanto sembra, la figura di P., preesistente al primo canto dell'Iliade (dove il poeta indica Troia senz'altro come "città di P."), fu una creazione della poesia epica, la quale voleva dare un re alla città dalla fatale guerra e un padre comune ai numerosi eroi troiani, le cui gesta essa cantava.
Numerose sono le rappresentazioni figurate relative al mito di P., le quali si estendono dai tempi arcaici fino all'età romana. Tali rappresentazioni appartengono per lo più al campo dell'arte ceramica (specialmente per l'età più antica), ma non mancano anche bronzi e marmi che ci presentano scene relative al potente e infelice re troiano. Fra i punti del mito di P. che furono prediletti dagli artisti greci, ricordiamo quello celeberrimo della sua preghiera ad Achille, quello dell'agguato teso da Achille al figlio giovanetto del re, a Troilo, quello del commiato da Ettore che parte per la battaglia, quello infine della tragica morte di P. stesso per mano di Neottolemo. Scene del mito di P. non mancano anche nel repertorio mitologico dei sarcofagi romani d'età imperiale.
Bibl.: O. Grupe, Griechische Mythologie, Monaco 1903, 1906, passim; P. Weizsäcker, in Roscher, Lexikon der griech. und röm. Mythologie, III, col. 2936 segg.; C. Robert, Die griechische Heldensage, III, ii, Berlino 1923, passim; E. Bethe, Homer, Dichtung und Sage, III, Lipsia 1927, p. 49 seg. Cfr. H. Heydemann, in Röm. Mitteilungen, III (1888), p. 101 segg.