MONACO, Principato di (provenzale Monègue; A. T., 30-31)
La piccola città di Monaco sulla costa ligure-provenzale costituisce, con le minori località circonvicine, il principato di Monaco che, occupando una superficie di 1,6 kmq., è fra i più piccoli stati sovrani d'Europa, non avendo dietro a sé che il minore stato della Città del Vaticano. Il centro abitato domina dall'alto ed erto promontorio una piccola ma sicura ansa costiera posta a N., eccellente approdo, grazie al riparo delle montagne circostanti, per le piccole navi dell'antichità. Oggi ancora la città, così fabbricata sul promontorio alto fino a 63 m. s. m., conserva il suo aspetto forte di vecchia cittadella; ma, estese le costruzioni modernamente a tutta la zona attorniante, quasi un unico abitato si prolunga su tutta l'area del piccolo stato, con la località di La Condamine sviluppata in basso sulla lingua di terra che congiunge il promontorio monegasco alla montagna retrostante della Testa di Cane, e con l'altra località di Montecarlo sviluppata più a NE. sul promontorio tondeggiante che, fronteggiando quello di Monaco, chiude l'antico porto d'Ercole a tramontana. Il porto, le cui acque coprono uno spazio di 25 are, ha però perduto ogni importanza per le grandi navi moderne e non serve più che come approdo per battelli da pesca e per canotti da sport.
Il principato, che fino al 1848 comprendeva anche le due località di Mentone e Roccabruna, arrivando a una superficie di circa 24 kmq., vive dal 1860 in poi, di tanto diminuito d'area, con la sua effimera sovranità sotto la protezione della repubblica francese, entro il cui territorio (e precisamente entro il dipartimento delle Alpi Marittime) esso si trova totalmente incluso. La lunghezza, seguendo la costa, è di km. 3 e mezzo, la larghezza arriva a 1 km. La superficie che, tranne la rupe di Monaco, è tutta lievi ondulazioni collinose, è oggi fabbricata quasi per intero, tolti gli spazî dedicati a parchi e a giardini: si comprende quindi come la popolazione, che qui è attirata dal dolce clima (media del gennaio, 10°) e dalle attrattive del luogo, arrivi a 22.994 ab. (1° gennaio 1933), che vuol dire nientemeno che 15.000 e più abitanti per kmq.: onde il piccolo principato risulta in realtà il più fittamente popolato fra tutti gli stati d'Europa. Numeroso è l'elemento italiano: nel 1927 vivevano nel principato 9688 Italiani, che si dedicavano a varie attività (muratori, manovali, camerieri di caffè e d'albergo, piccoli commercianti, ecc.). L'emigrazione italiana non ha carattere permanente, bensì essenzialmente fluttuante, a seconda delle stagioni: infatti nei mesi invernali la prevalenza è di camerieri e impiegati d'albergo, mentre nei mesi estivi quasi l'intera massa è formata da operai, in maggior parte muratori e manovali. Inoltre giova ricordare che buona parte di questi lavoratori italiani, pur avendo i loro interessi nel principato, abitano nei vicini comuni francesi di Beausoleil, di Cap d'Ail, di La Turbie. Molti di ogni nazionalità s'incontrano del resto nella popolazione fluttuante, attirata dalle note lusinghe dei luoghi.
La parlata locale è ancora ligure nel fondo, benché il ligure vi sia contaminato e quasi sopraffatto dall'influenza provenzale. Lingua ufficiale il francese, parlata da tutta la popolazione. L'istruzione è quasi per intero nelle mani del clero.
Il territorio agricolo è naturalmente assai poco esteso; dà tuttavia un discreto raccolto di olî e di agrumi. Industrie vi sono soltanto di porcellane e maioliche e di profumerie; ma trionfa nelle maggiori forme l'industria del forestiero.
La popolazione dello stato vive agglomerata nei tre centri di Monaco, La Condamine e Montecarlo. Monaco, la capitale, con 2056 ab., possiede edifici notevoli tra i quali il palazzo del principe, antico edificio ingrandito con costruzioni e restauri successivi, che domina la Place du Palais, di aspetto originale e pittoresco con i suoi parapetti e i cannoni di bronzo, donati dal re Luigi XIV ai principi di Monaco; la cattedrale, magnifica costruzione moderna (1893-1898), di stile romano-bizantino, con il museo oceanografico fondato nel 1910 (v. appresso). La Condamine (11.485 abitanti nel 1933), in basso, è ricca di grandiose costruzioni moderne e di grandi stabilimenti idroterapici. L'abitato urbano si continua poi verso oriente, come si è detto, nel centro famoso di Montecarlo (9453 ab.), che si estende dal vallone di Sainte-Dévote a Saint-Roman, tra il mare e il comune francese di Beausoleil, in sito amenissimo, sulla terrazza rocciosa degli Spélugues, al piede dell'Agel e dominante il Porto d'Ercole, è divenuta una delle stazioni turistiche più importanti d'Europa, con magnifici alberghi, ville e il celebre Casino da giuoco, amministrato da una Société des bains de mer, che richiama annualmente numerosissimo elemento straniero. Tutto intorno sorgono splendidi parchi e giardini lussureggianti.
Storia. - Il portus Herculis Monoeci fu costituito, in territorio ligure, forse dai coloni focesi di Massalia (Marsiglia), cui si deve pure la fondazione, sulla stessa costa ligure, di Antipolis (Antibes) e di Nicara (Nizza). È ricordato già dal sec. VI a. C. da Ecateo di Mileto. Strabone e Servio ricordano il santuario di Ercole Moneco. La leggenda attribuiva ad Ercole, vittorioso sui Liguri delle Alpi Marittime, la arx Monoeci e il porto. All'Herculis portus giunse per via di terra, l'anno 137 a. C., il console C. Ostilio Mancino diretto alla Spagna per imbarcarsi. Nell'importuosa Liguria, la rada di Monaco era già notevole. Indubbiamente perdette d'importanza negli ultimi tempi della repubblica, quando incominciò a costituirsi l'ampio e sicuro porto di Forum Iulii, oggi Frélus. La statio Monoeci, il sub Herculeo sacratus numine portus era esposto ai venti di sud-ovest, e piccolo e inadatto a molte navi e di grandi dimensioni. Nell'alto del monte sopra Monaco, dove è oggi La Turbie, Augusto fece passare la grande via Iulia Augusta e vi eresse, a commemorare la rittoria sui popoli alpini, il celebre Tropaeum Alpium, del quale restano grandiosi avanzi. Durante la guerra civile per il possesso dell'impero, riparò a Monaco Flavio Valente, generale di Vitellio. Monaco fu vicus dei Massalioti: non sembra abbia mai avuto propria res publica. Oltre al ricordato trofeo di Augusto, le vestigia archeologiche si riducono, oggi, a poche iscrizioni latine nella città e negl'immediati dintorni.
Scarsissime e frammentarie sono le notizie di Monaco durante l'alto Medioevo. Soltanto nel sec. XI gli abitanti della soprastante Turbia vi fondarono (1078) la chiesa di S. Maria, ben presto dotata dai signori del luogo di rendite e di terre, e intorno a essa e alla contemporanea chiesa di S. Donato, si venne costituendo un nucleo di popolazione. Su questa, Genova, rivolta ad assicurarsi il dominio di tutta la costa ligure, affermò ben presto diritti riconosciuti dal diploma di Federico Barbarossa del 1162, confermati dall'esplicita cessione di Enrico VI nel 1191. Attraverso tutto il sec. XIII la sicurezza del dominio, a difesa del quale Genova nel 1215 aveva costruito un castello e un altro poco dopo all'entrata del porto, fu subordinata al variare dei rapporti tra la repubblica, l'Impero e i signori di Provenza, specialmente Carlo d'Angiò. Nel 1262, riconosciuto dall'Angioino il possesso genovese, Monaco ebbe per l'amministrazione interna le esenzioni e i diritti concessi a Porto Venere e a Bonifacio. Un nuovo elemento intervenne nella sua storia quando, acuitesi sempre più le contese guelfo-ghibelline, Franceschino Grimaldi, detto Malizia, della potente famiglia che aveva larghi possessi e dominî feudali nella Riviera, nel 1297 se ne impadronì facendone un punto di appoggio navale e un centro di difesa dei guelfi. Da questo momento la storia di Monaco fu costantemente congiunta a quella dei Grimaldi (v.). Due volte nella prima metà del XIV, in rapporto con l'alternarsi dei partiti in Genova, i Grimaldi riacquistano Monaco, nel 1317 e nel 1331, e consolidano il possesso e gli dànno vero carattere di signoria con Carlo I detto il Grande e col cugino Antonio, al tempo del doge Simone Boccanegra. Ma quest'ultimo nel secondo dogato (1357) riacquista il possesso conteso, che resta a Genova fino al 1395. Poi, per qualche anno, si ha un continuo mutare di signorie: prima i Grimaldi del ramo di Boglio (Beuil) riescono a impadronirsene, poi (1401) la occupa Giovanni di Boucbcault governatore di Genova; alla cacciata di lui (1409) segue un periodo di autonomia sotto la protezione di Luigi II d'Angiò, finché nel 1419 per accordo con la regina Iolanda signora di Provenza, Monaco torna definitivamente ai Grimaldi del ramo di Carlo il Grande. Dei tre nipoti di lui saliti insieme al govermo, ben presto prevale Giovanni I che ha agitatissime vicende e alterni rapporti con Genova e con Filippo Maria Visconti divenuto signore dell'agitata città. Ai potenti e ambiziosi vicini si aggiunge ora la casa di Savoia che da Nizza guarda con desiderio al porto vicino e afferma diritti di sovranità feudale su Mentone e Roccabruna, causa di secolari contese. A difendersene, Giovanni cerca la protezione di Genova e tratta persino la vendita che non ha poi luogo, al Delfino di Francia, il futuro Luigi XI. L'abile politica di Lamberto del ramo di Antibo, per il matrimonio con una nipote di Giovanni salito al potere dopo aspre contese con i parenti, afferma risolutamente e vede ufficialmente riconosciuta l'indipendenza del piccolo stato. Il suo dominio nel variare delle alleanze, nel destreggiarsi tra Milano, Savoia, Francia, nel costante contrasto con Genova, è un tipico esempio di complessa attività diplomatica e della particolare situazione di Monaco, barriera di difesa e centro del commercio fra Genova e la Provenza, oggetto perciò delle aspirazioni di tanti potenti vicini. Tra agitazioni e tragedie nella famiglia dominante, Monaco, sulla fine del secolo XV e sui primi del XVI si appoggia interamente alla Francia; con Luciano (1505) questi rapporti si allentano; allora il governo popolare instaurato a Genova nel 1506, desideroso di riaffermare il dominio della repubblica su tutta la Riviera e di abbattere la grande casa nobiliare, muove su Monaco e ne tenta invano l'assedio. Poco dopo (1509) Luciano è costretto a un trattato che riconosce la sovranità francese su Monaco, ma egli si volge allora alla Spagna e un accordo di navigazione stipulato con Ferdinando il Cattolico ha per conseguenza il riconoscimento francese della sua piena indipendenza (20 febbraio 1512).
Il trattato di Burgos, stipulato da Agostino vescovo di Grasse, fratello e successore di Luciano, ratificato e modificato a Tordesillas nel 1524, fa entrare Monaco nell'orbita della politica spagnola, nella quale, attraverso alternative e pentimenti, dura oltre un secolo; formalmente però il trattato riconosce la piena autonomia monegasca.
Le aspre difficoltà politiche ed economiche di quegli anni tra la duplice pressione del pesante controllo spagnolo e delle rinnovate aspirazioni francesi fanno intavolare trattative non riuscite per la vendita del dominio alla Savoia, a Genova, all'Impero; tuttavia Stefano, appartenente al ramo genovese e a lungo tutore per Onorato I, riesce tra non lievi ostacoli familiari a mantenere una certa indipendenza e rivolge l'attenzione all'amministrazione interna e alla trasformazione edilizia del vecchio castello in un palazzo. Nella seconda metà del sec. XVI, con Onorato I, divenuto effettivamente signore nel 1561, e con i figli Carlo II ed Ercole I, la signoria deve difendersi dalle frequenti incursioni turche, dalle pretese feudali dell'Impero, dalle aspirazioni dei vicini che ogni pretesto serve a ravvivare. Il principe di Valdetaro, zio materno e tutore di Onorato II, nell'intento di regolare i vecchi rapporti finanziarî con gl'impegni assunti a Tordesillas ma non mantenuti dalla Spagna, stipula con P. Enríquez de Acevedo conte di Fuentes governatore di Milano un accordo che aggrava il protettorato introducendo a Monaco una guarnigione (1605); è il momento della piena soggezione alla Spagna. Ma Onorato II che, benemerito per opere pubbliche e mecenatismo, nel 1633 assume, primo, il titolo di principe riconosciuto dalle cancellerie, malcontento dei mancati impegni finanziarî della Spagna, dà un orientamento diverso alla politica del principato riportandolo al protettorato francese. Dopo lunghe e segrete trattative con il Richelieu, la convenzione di Péronne (14 settembre 1641) stabilisce a Monaco una guarnigione francese a spese del tesoro regio, il riconoscimento della sovranità dei Grimaldi su Mentone e Roccabruna, concessione di feudi in Francia in luogo di quelli, ora naturalmente perduti, nella Spagna e nel Napoletano; di qui il titolo di duchi del Valentinois, concesso poi ai Grimaldi, divenuti così pari di Francia. Un colpo di mano il 17 settembre determina il passaggio dall'uno all'altro protettorato. Monaco è definitivamente nell'orbita francese; i suoi principi d'ora in poi vivono per lo più alla corte, servono nell'esercito occupandosi del principato soltanto per l'amministrazione interna: è degno di ricordo il codice emanato da Luigi I (Code Louis) nel 1678. Durante la guerra di successione spagnola Monaco è punto di raccolta navale e centro d'informazioni per la Francia; in premio, Luigi XIV si oppone alle pretese del Piemonte sulla città al momento della pace: ma, arbitro dell'annosa questione, riconosce l'alta sovranità dei Savoia su Mentone e Roccabruna.
Le questioni e i dissidî familiari dopo l'avvento di Giacomo I della casa Matignon, genero di Luigi I, non mutano la situazione politica del principato, che vive una sua vita chiusa prettamente locale. Grave pericolo e dannose incursioni subisce soltanto nella guerra di successione d'Austria, quando, posto tra i Sardo-austriaci e i Gallo-ispani, la debolezza gl'impedisce di far rispettare la propria neutralità.
La rivoluzione di Francia vi ha immediato contraccolpo. Sulle prime Onorato III concede riforme costituzionali poi revocate, e può per qualche tempo salvare il suo stato; ma allo scoppio della guerra col Piemonte la Francia rinuncia al protettorato riprendendo piena libertà d'azione, mentre un'improvvisata assemblea nazionale monegasca, sotto la tutela dei generali francesi, dichiara decaduto il principato e invoca l'annessione, subito accolta, alla Francia (3 gennaio 1793). Monaco, divenuto Porto Ercole, e compreso nel dipartimento delle Alpi Marittime attraversa così tutta l'età napoleonica. Il trattato di Parigi del maggio 1814 ristabilisce la situazione del 1792, ma il trattato di Vienna assegna invece il protettorato al regno di Sardegna che raggiunge così l'antica aspirazione e richiama i diritti feudali tante volte affermati. Il nuovo rapporto della protezione sabauda è regolato dal trattato di Stupinigi (8 novembre 1817); dopo il quale il principe Onorato V, rivoltosi all'amministrazione interna, tenta di riparare con rigidi mezzi fiscali alla perdita avvenuta durante la rivoluzione dei beni privati, sempre serviti ai bisogni del piccolo stato. La questione fiscale, aggravata sotto il governo del fratello e successore Florestano, scava un abisso tra il principe e il popolo: il Piemonte tenta di approfittarne riproponendo, invano, la compera del principato. In questa situazione il moto riformatore e costituzionale che agita tutta l'Italia dopo l'elezione di Pio IX penetra anche nel principato e specialmente a Mentone, né lo arrestano le stentate e tardive concessioni. L'agitazione, alla quale non è estranea l'opera piemontese, culmina nella costituzione a citta libere di Mentone e Roccabruna, cosicché il principato si riduce a Monaco presidiata ancora dalle truppe sarde. Ritiratesi queste per il trattato di cessione di Nizza alla Francia, Carlo III, viste vane le proteste perché le due città libere vi sono comprese, s'induce a cederle alla Francia, verso compenso pecuniario (2 febbraio 1861). Cessato automaticamente il protettorato sardo, il principato, pur nei suoi più ristretti limiti territoriali e tutto circondato dalla Francia, diviene autonomo e senza limitazione di sovranità. Ma, perduto il carattere avuto per secoli di punto di contatto di grandi stati, tutto compreso entro il territorio francese e legato alla Francia dall'unificazione dei servizî doganali postali e telegrafici, cessa da ogni azione politica, cambia di fisionomia e di funzione e diventa uno dei maggiori centri turistici e mondani della Riviera. Vi contribuiscono i nuovi mezzi di comunicazione, specialmente l'apertura della ferrovia Genova-Nizza (1868), ma soprattutto l'istituzione della casa da giuoco nel quartiere di Montecarlo che permette di risolvere la difficile questione fiscale abolendo coi suoi redditi le imposte dirette (1869). Sedati alcuni torbidi nel 1870, il principe Carlo II (morto nel 1889) e suo figlio Alberto (morto nel 1922), celebre come scienziato, compiono tutta un'opera di riordinamento interno rinnovando i codici e l'amministrazione, fondando industrie di lusso adatte alla particolare clientela straniera, riattando il palazzo reale, costruendo la nuova cattedrale e la chiesa di S. Carlo.
Governa dal 1922 il principe Luigi II; la successione spetta ai nipoti, figli della principessa Carlotta divorziata dal principe Pietro di Polignac.
Bibl.: Corpus Inscr. Lat., V, p. 908; G. Oberziner, Le guerre di Augusto contro i popoli alpini, Roma 1900; H. Nissen, Italienische Landeskunde, II, i, Berlino 1902, p. 138; Ph. Casimir, Guide historique du Musée Trophée romain de la Turbie, Montecarlo 1928; G. Saige, Documents historiques antérieurs au XVe siècle, relatifs à la seigneurie de Monaco et à la Maison de Grimaldi, Parigi 1905; id., Documents historiques relatifs à la Principauté de Monaco depuis le XVe siècle, voll. 3, Parigi 1888-1891; id., Monaco, ses origines et son histoire, Parigi 1897; Labonde, Histoire de Monaco, ivi 1934; Annuaire de la Principauté de Monaco, 1933, p. 225 segg. Per l'assedio del 1506-07, v. E. Pandiani, Un anno di storia genovese, in Atti Soc. lig. storia patria, XXXVII.