principio di armonicità
Principio secondo il quale si compendiano vari aspetti della correlazione tra il sistema uditivo e la strutturazione armonica, o meno, di un suono complesso, cioè costituito da più componenti di diversa frequenza. La più importante tra le proprietà che vengono contemplate dal principio è che, quando un suono complesso è costituito da frequenze che costituiscono una serie armonica – ossia tale che, se f è la frequenza più bassa, le frequenze superiori sono 2f, 3f, 4f, 5f… – la sensazione percettiva è quella di un suono unico, nel quale le varie componenti si fondono intimamente. L’altezza percepita è sempre quella del tono fondamentale, di frequenza f, anche se questo è debole o assente. Ciò perché la sua periodicità è comune a tutte le altre componenti, cosicché nella sovrapposizione dei vari armonici (o armoniche, in fisica) si ha sempre un massimo dell’onda là dove cade il massimo di f. Tale fusione associata al carattere armonico di un suono singolo si estende al caso di più suoni simultanei, quali gli accordi musicali. In un accordo diadico di tipo consonante, come quello di quinta perfetta do-sol, le due note hanno un certo numero di armoniche in comune per il fatto che i due toni fondamentali stanno fra loro nel rapporto di piccoli numeri interi – nella fattispecie 2:3 – per cui, tanto per esemplificare, il terzo armonico del do coincide con il secondo del sol, e così via. Il bicordo do-sol risulta percettivamente molto più vicino, sul piano della fusione, a una nota singola di quanto non faccia per es., un bicordo dissonante come quello di seconda do-re o di settima maggiore do-si, dove tra gli armonici di basso rango, quelli che di norma hanno intensità maggiore e più contribuiscono alla definizione del timbro, non si ha alcuna coincidenza. Questo è uno dei caratteri salienti nella differenziazione oggettiva tra consonanza e dissonanza. Un semplice calcolo dell’energia acustica trasportata dal bicordo dà un’indicazione del genere di segnali neurali che pervengono al cervello. Esso conferma che un bicordo consonante si presenta al cervello – che opera come un contatore di impulsi – come più facile da elaborare e interpretare grazie alla marcata periodicità e limpidezza del suo profilo, praticamente scevro di irregolarità di fondo (rumore). Sempre nel principio di periodicità rientra la tendenza del sistema uditivo a cercare di individuare una serie armonica anche in un insieme di componenti non armonicamente correlate, trattando le parziali come se provenissero da una sola sorgente e avessero un tono fondamentale in comune. Un semplice esperimento può essere realizzato al computer nel modo seguente. Si costruisce per sintesi additiva un suono a strutturazione armonica, poi si innalzano di un dato intervallo di frequenza Δf tutte le componenti, creando un suono inarmonico. Il suono inarmonico viene comunque percepito con un’altezza definita, corrispondente a quella della serie armonica che meglio si adatterebbe ai dati (minima deviazione quadratica media), in questo caso più alta di quella del suono armonico. Il sistema uditivo presenta dunque una tendenza all’armonicità, in quanto assuefatto a un ambiente di suoni per lo più armonici, a cominciare dalla voce. Naturalmente, per il principio di armonicità, il suono inarmonico perde in fusione e compattezza, il suo timbro ha carattere dissonante e le varie componenti non sembrano più provenire da un’unica sorgente.