PRIORE
. Il titolo di priore fu dato nel primo periodo comunale qualche volta a uno fra i consoli che appariva come il capo del consolato (prior consulum). Si tratta però, in questo caso, di una designazione transitoria; il titolo viene, invece, dato stabilmente ai capi del comune di Firenze in seguito alle riforme portate alla costituzione comunale negli anni 1282-83. Questi priori sono in origine i rappresentanti delle più importanti corporazioni commerciali e industriali, le cosiddette arti. I capi delle arti esercitavano già da molto tempo un notevole influsso sulle deliberazioni del comune: nel 1250, dopo la vittoria dei ghibellini, costituitosi il "popolo", cioè riuniti i commercianti e gli artieri in un corpo politico coi proprî capi, gli anziani, e un capitano che stava a capo della parte militare, a quest'ultimo fu dato il nome di "difensore delle arti e del popolo"; ma nel giugno del 1282 i tre priori delle arti furono addirittura posti a capo del comune. Essi erano scelti uno nell'arte di Calimala, uno fra i cambiatori o banchieri, uno nell'arte della lana. Qualche mese dopo si raddoppiò il numero dei priori, facendoli corrispondere ai sestieri della città, e le arti che partecipavano alla nomina furono sette, più tardi quattordici, e finalmente ventuno. Il numero di sei priori rimase a Firenze immutato sino al 1432, quando esso fu portato a otto, in corrispondenza dei quattro quartieri nei quali la città fu divisa. Ai priori fu dato il nome di signori ed essi, insieme col gonfaloniere di giustizia, costituirono la signoria. La nomina dei priori era affidata a una commissione costituita dai priori uscenti, dai capi o capitudini delle arti, e da alcuni cittadini aggiunti, detti arroti. Con gli ordinamenti di giustizia del 1293 si confermò il divieto che i priori potessero esser tratti dai grandi; essi dovevano essere ascritti alla matricola d'un'arte ed esercitarla. Com'è noto Dante Alighieri, che fu priore, era ascritto all'arte dei medici e speziali. Così pure era vietato che vi fossero più priori d'uno stesso sestiere della città, o d'una stessa arte, o d'uno stesso casato.
La nomina della signoria fu oggetto di continue riforme, determinate, a volta a volta, dalle gelosie fra le arti o dalla tendenza ad accentrare in una consorteria di famiglie il potere, oppure dagli sforzi del popolo minuto per avervi parte. Particolare importanza ebbe il moto rivoluzionario detto dei Ciompi, avvenuto nel 1378 e diretto a dare un nuovo ordinamento al comune, più favorevole ai lavoratori minuti. Quando Michele di Lando, cardatore di lana, riuscì a impossessarsi del Palazzo Vecchio, egli costituì una signoria composta di quattro priori del popolo minuto, due delle arti maggiori e due delle minori: riforma che però ebbe brevissima durata, perché il governo fu tosto rovesciato.
Più tardi, quando i Medici, alla metà del Quattrocento, vengono al potere con i loro aderenti, i priori cessano dal rappresentare le arti per divenire strumento della parte dominante. Avviene così che nel 1459 si dia piena balia alla signoria, insieme con 250 cittadini, ciò che si prestava mirabilmente ai maneggi del Medici; quasi ad ironia i priori mutano nome e anziché priori delle arti si chiamano priori della libertà. Così viene a cessare, se non di nome, di fatto il governo dei priori.
Questa magistratura si era estesa da Firenze ad altre città dell'Italia centrale; di solito si ha soltanto in quelle che rimasero indipendenti; anzi nel 1529 ad Arezzo, appena partiti i commissarî fiorentini, la città si dichiarò libera ed elesse i suoi priori. A Volterra però la città era retta da otto priori, nonostante la presenza d'un capitano fiorentino.
Bibl.: R. Davidsohn, Geschichte von Florenz, Berlino 1896 seg.; P. Villari, I primi due secoli della storia di Firenze, 2ª ed., Firenze 1898; A. Solmi, s. v. Comune, in Enciclopedia giuridica italiana; A. Anzilotti, La crisi costituzionale della repubblica fiorentina, Firenze 1912; N. Ottokar, Il comune di Firenze alla fine del dugento, Firenze 1926.
Diritto canonico. - Il titolo di priore non si trova nel diritto canonico per indicare una persona in modo speciale e determinato, sicché si deve intendere nel senso che gli viene dall'uso. In un significato più esteso si dà al superiore di una comunità (convento, chiesa, confraternita), ma più propriamente va attribuito a un superiore monastico, di solito con l'aggiunta di un aggettivo che determina l'estensione della sua giurisdizione. Così negli ordini che seguono la regola di S. Benedetto vi è ora il priore conventuale, che regge come prima autorità un monastero, e il priore claustrale, che occupa il secondo posto dopo l'abate del monastero, lo aiuta e lo supplisce all'occorrenza. Altri ordini religiosi oltre ai priori conventuali hanno anche i provinciali (domenicani), oppure i provinciali e un priore generale (agostiniani, carmelitani, serviti, fatebenefratelli). Anche il titolo di priora nel significato più determinato spetta alla superiora di un monastero di diritto pontificio, ossia appartenente a un vero ordine, ma per consuetudine viene dato anche alle superiore di conventi dipendenti dalle autotità diocesane. I diritti spettanti a priori e priore sono quelli che le leggi canoniche conferiscono a superiori e superiore, ma debbono misurarsi in rapporto con la loro giurisdizione.
Bibl.: P. D. Molitor, Religiosi iuris capita selecta, Ratisbona 1909.