PRISMA
. Fisica. - In fisica in generale s'intende per prisma un corpo trasparente limitato da facce piane e non parallele. La linea individuata dall'intersezione delle due facce si dice spigolo del prisma, e l'angolo da queste formato si dice angolo rifrangente del prisma. La fig. 1 rappresenta una sezione retta di un prisma, e vi è chiaramente indicato il cammino ottico di un raggio R che incide sul prisma e l'attraversa rifrangendosi sulle facce. L'angolo d formato tra la direzione del raggio incidente e quella del raggio emergente, che vien detto angolo di deviazione, per un dato prisma immerso in un dato mezzo, varia col colore della luce incidente; da ciò segue, che un fascio di luce bianca che cada su un prisma resta da questo sventagliato nelle sue radiazioni costituenti, che, raccolte su uno schermo, dànno luogo a quello che si dice lo spettro della luce incidente. Il prisma si presenta così come uno strumento ottico nettamente cromatico, anzi le sue principali applicazioni derivano da questa sua proprietà, per cui trova largo impiego in spettroscopia (v.). Il valore di d non è mai nullo e varia a parità di tutte le altre condizioni al variare dell'angolo d'incidenza. Quando il raggio luminoso costituito da una radiazione monocromatica nel tratto entro il prisma è normale alla bisettrice dell'angolo di rifrazione, l'angolo d è minimo, e se questa condizione è realizzata, si dice che il prisma è in deviazione minima. In tali condizioni si verificano nel modo migliore le condizioni di ortoscopia (v. strumenti ottici) e per questa ragione negli spettroscopî i prismi vengono attraversati dalla luce sensibilmente in deviazione minima.
La dispersione di un prisma si suole esprimere indicando la differenza tra le deviazioni minime presentate dal prisma per le due radiazioni di lunghezza d'onda, rispettivamente di 6563 Å e 4861 Å che sono le due righe dell'idrogeno, rispettivamente riga rossa (C di Fraunhofer) e blu (F di Fraunhofer).
Un prisma può essere anche acromatico e servire semplicemente allora a ribaltare o a spostare o capovolgere delle immagini; si possono realizzare varî tipi di prismi acromatici (purché usati in modo conveniente), per es. quello di Amici che ribalta le immagini ed è costituito da un prisma la cui sezione retta è un triangolo rettangolo isoscele. La fig. 2 mostra chiaramente come procedano i raggi luminosi e come avvenga il ribaltamento dell'immagine. Se l'angolo d'incidenza è nullo, anche l'angolo di emergenza è nulla. Se l'angolo d'incidenza nella fascia A B è minore dell'angolo limite, la superficie AB dovrebbe essere argentata per effettuare la riflessione.
Il prisma di Porro invece (fig. 3), tagliato come il precedente, consente di far cambiare verso ai raggi, senza che per questo si abbia alcun capovolgimento nelle immagini, e questo per le due riflessioni totali a cui dà luogo.
Il prisma di Wollaston (fig. 4) mostra come le cose procedano in modo analogo al prisma di Porro, ma producendo una deviazione di 90° anziché di 180°. Il prisma di Porro trova applicazione frequente nei periscopî e quello di Wollaston nelle camere chiare per disegno. Prismi analoghi, agli effetti pratici, ai precedenti sono quelli di Goulier e di Abbe.
Nei prismi a visione diretta si realizza qualcosa di contrario a ciò che avviene per i prismi acromatici, nel senso che il fascio luminoso che li attraversa non è deviato nel suo insieme, pur avendo luogo la dispersione cromatica. La fig. 5 rappresenta lo schema del prisma a visione diretta di Amici. La realizzazione dei prismi a visione diretta è possibile, perché è possibile costruire prismi nei quali le differenze tra gl'indici di rifrazione relativi alle radiazioni estreme dello spettro visibile non siano proporzionali ai valori degli indici stessi, ed è possibile ottenere prismi, per cui la differenza delle dispersioni sia più grande che quella tra le deviazioni. Così, per es., un prisma di flint produce uno spettro di lunghezza quasi doppia di quello prodotto da un egual prisma di crown, mentre le deviazioni subite dalla radiazione di lunghezza d'onda media è di poco superiore nel primo caso che nel secondo. Allora, se due prismi, l'uno di flint e l'altro di crown, con gli angoli rifrangenti di valori opportuni, vengono accostati con gli spigoli rifrangenti tra loro paralleli, ma rivolti da bande opposte, di modo che mentre l'uno devia la luce da un verso, l'altro la devii in verso opposto, ci sarà un certo compenso nelle deviazioni dei raggi di media rifrangibilità e il complesso della radiazione costituente il fascio incidente verrà disperso, ma non deviato nel suo insieme.