privilegio
Come bene chiarisce la definizione di Isidoro (Eym. V XVIII " leges privatorum, quasi privatae leges... privilegium inde dictum, quod in privato feratur "), p. è qualsiasi atto sovrano o legge che attribuisce a un soggetto una posizione più favorevole di quella della generalità degli altri soggetti, in deroga dalle leggi generali.
In D. ricorre per indicare la posizione di favore in sé considerata: alcune famiglie fiorentine ottennero da Ugo il Grande, marchese di Toscana, milizia e privilegio (Pd XVI 130), ebbero cioè da lui la dignità cavalleresca e la concessione d'inserire la sua insegna nel proprio stemma. In senso concreto, indica il documento che comprova la concessione del p.: Pd XXVII 53 Non fu nostra intenzion... / ch'io [Pietro] fossi figura di sigillo / a privilegi venduti e mendaci, " che l'immagine [mia] fosse imprenta nella bolla de' privilegi e de' benefici acquistati per simonia " (Ottimo).
Compare due volte (sempre in rima con collegio) nel significato estensivo di " grazia particolare ": Pg XXVI 127 Se tu hai sì ampio privilegio, / che licito ti sia l'andare al chiostro / nel quale è Cristo abate del collegio; cfr. anche If XXVII 89 (per la variante brivilegio in questo passo, e brivilegi in Pd XXVII 53, cfr. Petrocchi, ad l.).
Anche in Fiore CXI 7 ché dar non credo dovria [il papa] privilegio / ch'uom sano e forte gisse mendicato, il vocabolo - che è assunto nel significato più consueto di " concessione " - si trova in rima con collegio.