probabilita
Misura delle possibilità di uno o più eventi con riferimento a una serie di alternative. Tale misura è data attraverso il cosiddetto calcolo delle probabilità. La riflessione filosofica ha considerato tale concetto sin quasi dalla sua origine, che è legata ai nomi di Cardano, Pascal e P. de Fermat, Chr. Huygens, analizzandolo nel contesto delle indagini sui giochi d’azzardo. Nel Novecento un lavoro centrale nell’analisi filosofica di tale concetto fu l’opera di Carnap The two concepts of probability (1945), che esplicitò con chiarezza l’esistenza, da un lato, di una concezione induttiva della p., dall’altro, una concezione statistica. La concezione induttiva fa riferimento al grado di possibilità di singoli eventi o fatti. Tale prospettiva è tipica della cosiddetta teoria classica della p. elaborata e sviluppata dalle indagini di G. Bernouilli, Laplace, e – nel Novecento – di J.M. Keynes, H. Jeffreys. In tale prospettiva classica la p. di un singolo evento è concepita in termini del rapporto tra i numeri dei casi favorevoli e quello di tutti i casi possibili, ed è espressa in dipendenza del principio di equiprobabilità, secondo il quale, mancando altre informazioni, si assume che i vari casi siano tutti ugualmente possibili (per es., se si prende a caso una carta da gioco da un mazzo di 40 carte, ogni carta ha la stessa p. di essere estratta, ossia 1/40). La concezione statistica fa riferimento alla p. come frequenza relativa di un evento in una serie di eventi simili ripetuti. Se, in una sequenza di n prove, un evento E si verifica s volte, si dice che il rapporto s/n è la frequenza relativa di E rispetto alla data sequenza di prove. La definizione frequentista pone, dunque, la p. di un evento come il limite a cui tende la frequenza relativa, al tendere all’infinito del numero delle prove effettuate. In tale senso la p. non misura la possibilità di occorrenze di un singolo evento. Tale fu la prospettiva di L. von Mises, di Reichenbach, di Popper. A queste due concezioni va affiancata la concezione soggettiva della p., definita da Ramsey, da de Finetti, e da L.J. Savage, secondo cui la p. esprime il grado di fiducia che una persona coerente attribuisce al verificarsi di un evento. La p. di un evento E è dunque, operativamente, il valore numerico p(E) pari alla massima somma di denaro che un soggetto razionale è disposto a scommettere per ricevere l’importo unitario nel caso che l’evento si verifichi e nulla nel caso opposto (de Finetti), valore che è stabilito coerentemente con tutte le informazioni che egli dispone sull’evento (valutazioni di p. induttiva, frequentista e perfino la mancanza di qualunque informazione). Infine, va ricordata la concezione assiomatica della probabilità. Nel 1933 il matematico A.N. Kolmogorov fornì una assiomatizzazione della teoria della probabilità. Reichenbach, de Finetti e altri proposero in anni successivi assiomatizzazioni alternative.