PROBIANO (Rufius Probianus)
Il nome di Rufio P., con l'appellativo di vir clarissimus vicarius urbis Romae, compare nell'iscrizione di un dittico d'avorio, nei Musei di Berlino, con raffigurazione, su entrambe le valve, di un funzionario nel proprio officio di giudice, rappresentato, nella valva postica, con in mano un rotulo su cui si legge l'acclamazione: Probiane floreas. Non si hanno altre notizie di questo personaggio. W. Meyer, che pubblicava il dittico nel 1879, notava che per la forma non poteva essere datato oltre l'inizio del V secolo (v. vol. iii, fig. 175).
Un esame stilistico e antiquario minuzioso portava il Delbrück alla conclusione che il dittico dovesse datarsi al 402. Nelle due imagines imperiali ripetute nelle due valve (insignia che compaiono identiche sulle miniature della Notitia Dignitatum come attributo di diversi offici) gli imperatori indossano entrambi la trabea trionfale, e sarebbero quindi tutti e due consoli, come infatti furono Arcadio e Onorio nel 402. Appunto in un anno in cui nessun senatore era console si giustificherebbe la consegna del dittico al vicarius urbis. Inoltre la forma della clamide sarebbe più comune nel V anziché nel IV secolo. Stilisticamente consentaneo sarebbe infine il cammeo Rothschild, di cui il Delbrück proponeva il riferimento a Onorio. Ma a un esame recente il cammeo Rothschild sembrava distinguersi per la sua merest evocation of costume (Beckwith), in una direzione, dunque, ben lontana dal solido realismo del dittico, e la stessa datazione del cammeo è stata di molto anticipata dal Coche de la Ferté con serî argomenti (v. cammeo). La stretta adesione del dittico al gruppo dei Nicomachi (v.), e specialmente alla valva delle Marie al Sepolcro di Milano, riconosciuta dal Delbrück e da tutti gli autori, è invece sicura. Ma nessuno degli avorî del gruppo è datato.
L'elenco dei vicarii urbis presenta alcune lacune: significative, per collocarvi l'occasione del dittico di P., sono quelle che coincidono con la presenza sul trono di due imperatori, dato che, come si è detto, due sono gli Augusti raffigurati sul dittico: per esempio il 368, il 370, il 373 e il 376, sotto Valentiniano e Valente.
La datazione del dittico di P. in uno di questi anni sarebbe possibile, però, soltanto dopo uno spostamento generale delle date sinora ammesse nel IV sec.; ma è vero che sono in corso studî e scoperte che sembrano effettivamente preparare una revisione.
Inoltre il Seeck e il Sundwall proponevano di identificare il nostro P. con quell'Anicio Probiano che era stato console nel 395; per Chr. Hülsen e S. Mazzarino egli sarebbe invece quel Gabinio Vezio Probiano che, cristiano, era stato praefectus urbi nel 377 e che è ricordato da iscrizioni (C.I.L., vi, 115 b = 1658 c e d [= D 5537]; 31886=37105; 1658 a e b; 3864 [= D 9354); 31583 e 31884; 1658 c) per aver restaurato e ricollocato antiche statue nella basilica Iulia, quae ornamento essent; secondo W. Ensslin il Gabinio Vezio P. del 377 sarebbe diverso dall'autore dei restauri nel Foro, che, invece, dovrebbe essere lo stesso che fu praefectus urbi nel 416 e potrebbe forse essere identificato con il nostro; per il Castagnol il P. del dittico avrebbe partecipato nel 400 a un'ambasceria senatoria accanto a Ceciliano (per l'Ensslin questo P. sarebbe tutt'uno con il secondo Gabinio Vezio P. e forse con il nostro); la data della sua carica a vicario sarebbe caduta, sempre per il Castagnol, fra il 408 e il 416 (l'anno del Probianus praefectus urbi Romae già ricordato), o prima del 402, comunque in un periodo in cui avessero regnato due imperatori, quindi con la probabile esclusione di quello posteriore alla morte di Arcadio (408).
Bibl.: J. O. Westwood, Diptychs of the Roman Consuls, Oxford 1862, nn. 39, 40; W. Meyer, Zwei antike Elfenbeintafeln der Kgl. Staatsbibl. in München, in Abhandlungen der K. Bayr. Akad. der Wissensch., Monaco 1879, n. 44; G. Stuhlfauth, Elfenbeinplastik, Friburgo-Lipsia 1896, p. 23; H. Graeven, in Göttingische Gelehrte Anzeiger, I, 1879, p. 65; J. Strzygowski, Das Etschmiadzin Evangeliar, Vienna 1891, p. 32; H. Graeven, in Röm. Mitt., VI, 1892, p. 215; E. Molinier, Catalogue des ivoires du Musée Nat. du Louvre, Parigi 1896, n. 50; G. Wilpert, in L'Arte, 1898, p. 108; A. Venturi, Storia dell'arte, I, Milano 1901, p. 354, fig. 329; J. Haseloff, in Jahrb. der Kgl. Preuss. Kunstsamml., XXIII, 1903, p. 55; C. Schmidt, in Zentralblatt für Bibliothekswesen, 1905, p. 252; O. Wulff, in Repert. für Kunstwiss., 1912, p. 234; id., in Handbuch, I, p. 193, fig. 192; A. Cabrol, in Dict. Arch. Chrét., IV, i, c. 1135, s. v. Diptyques; E. B. Smith, Early Christian Iconography, Princeton 1918, fig. 165; V. Rose, Verzeichnis der latein. Hss. in der kgl. Bibl. zu Berlin, II, Berlino, n. 812; R. Delbrück, Consulardipt., Berlino-Lipsia 1929, n. 65, p. 250 ss., tav. 65; A. Capps, in Art Bulletin, IX, 1927, p. 65, fig. 5; A. A. Soper, in Art Bulletin, XX, 1938, p. 153, fig. 17; E. P. de Loos-Dietz, Vroeg-christelijke ivoren, Assen 1947; F. W. Volbach, Elfenbeinarbeiten der Spätantike und des frühen Mittelalters, 2a ediz., Magonza 1952, pp. 41-42; n. 62, tav. 18. Sul cammeo Rothschild: J. Beckwith, The Art of Constantinople, Londra 1961, p. 9. O. Seeck, Quinti Aurelii Symmachi que supersunt, in Mon. Germ. Hist., Auctores Antiquissimi, VI, i, Berlino 1883; id., Regesten der Kaiser und Päpste für die Jahre 311 bis 476, Stoccarda 1919, indice, p. 479; L. Cantarelli, La Diocesi Italiciana, in St. e doc. Sto. e Dir., XXII, 1901, p. 71; J. Sundwall, Weström. Studien, Berlino 1915; S. Mazzarino, Stilicone, Roma 1942; W. Ensslin, in Pauly-Wissowa, XXIII, i, 1959, n. 41, s. v., nn. 3, 4; A. Castagnol, Les fastes de la Préfecture de Rome au Bas-Empire (Études prosapographiquyes, II), Parigi 1962.