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PROBLEMA

di Federico Enriques - Enciclopedia Italiana (1935)
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PROBLEMA (ted. anche Aufgabe)

Federico Enriques

In senso largo significa domanda di determinare o costruire un ente (per es., una figura geometrica o un numero o una funzione) che soddisfi a date condizioni. La risposta al problema, convenientemente dimostrata, costituisce un teorema; pertanto, tutte le proposizioni geometriche o matematiche, vedute nella loro genesi, si possono ritenere problemi, siccome già osservava il geometra greco Menecmo, all'epoca di Platone.

I problemi che ammettono in generale una soluzione, o un numero finito (o discreto) di soluzioni, si dicono determinati; accanto a questi si pongono anche problemi indeterminati, la cui soluzione è suscettibile di variare in una serie continua: per es., se si chiede di costruire un'ellisse d'area data, è possibile risolvere il problema dando ad arbitrio uno dei due assi. Per quanto si è detto, "problema" è l'equivalente logico di "equazione" (v.); più precisamente i problemi nel campo dell'aritmetica o dell'algebra o dell'analisi si esprimono con equazioni, nel senso via via più largo che questo termine ha acquistato con l'evoluzione del pensiero matematico. E d'altra parte la geometria analitica conduce in generale a tradurre i problemi, geometrici o meccanici, con equazioni.

I problemi geometrici costruttivi nella geometria greca. - Chi esamini nella sua genesi e nel suo sviluppo storico il concetto del problema, risalendo per ciò alle matematiche antiche, trova che i problemi particolarmente studiati dai Greci sono problemi geometrici costruttivi, in cui si tratta di costruire una figura soddisfacente a certe condizioni capaci di determinarla (o di determinarne un numero finito). Per esempio, sono problemi di questa specie quelli concernenti la costruzione del triangolo equilatero, del quadrato, dell'esagono e del pentagono regolari, dove si suppone dato il lato o il raggio del cerchio circoscritti. Il problema, in qualche modo tipico, a cui tali costruzioni vengono ricondotte, è la trasformazione o applicazione delle aree: applicazione semplice (in greco parabola: παραβολή) ovvero per difetto (ellisse: ἔλλειψις) o per eccesso (iperbole: ὑπερβολή). L'applicazione ellittica risponde alla domanda di costruire sopra una parte x di un dato segmento b un rettangolo x (b - x) d'altezza eguale alla parte mancante, che sia equivalente a un dato quadrato c2, e così porta all'equazione di 2° grado x(b − x) = c2. Analogamente l'applicazione iperbolica, per eccesso, porta all'equazione di 2° grado x (b + x) = c2.

La risoluzione di questi problemi viene data sempre dai Greci mediante il tracciamento e la mutua intersezione di rette e circoli, linee che si descrivono con gli strumenti riga e compasso.

Pure gli stessi Greci incontrarono presto problemi che non riuscirono a risolvere in siffatta guisa: p. es. la duplicazione del cubo (v. cubo), la trisezione dell'angolo (v. trisezione) e la quadratura del cerchio (v. cerchio).

Ma soltanto i moderni, con la geometria analitica, ebbero a dimostrare che effettivamente la soluzione di codesti problemi di 3° grado, e peggio della quadratura del circolo, non si può raggiungere con riga e compasso. Questa è una conseguenza della traduzione algebrica dei problemi geometrici e delle operazioni costruttive atte a risolverli, che procediamo a spiegare.

Interpretazione di formule algebriche e problemi risolubili con riga e compasso. - Un problema geometrico costruttivo si può ridurre in generale al tipo in cui sono dati dei segmenti rettilinei e si vogliono determinare altri segmenti che abbiano con essi certe relazioni prestabilite. Se ai segmenti si sostituiscono le loro misure, il problema si traduce in una o più equazioni, mediante le quali si cercano i valori delle (misure) incognite. Ora è particolarmente interessante vedere come, nei casi più semplici, la stessa formula che risolve l'equazione trovata valga a indicare la costruzione geometrica che risolve il problema. Infatti si possono interpretare geometricamente, in questo senso, le formule dei seguenti tipi:

1. Se a, b, c,... sono le misure dei segmenti dati (fra i quali si assumerà, in generale, anche il segmento-unità, di misura 1), si può interpretare, mediante semplici costruzioni di somme o differenze di segmenti e di quarti proporzionali, la formula

con f simbolo di funzione razionale.

Infatti basta interpretare le operazioni elementari:

dove le ultime due conducono appunto a costruzioni di quarti proporzionali.

2. La formula x = √a s'interpreta parimente come costruzione eseguibile con riga e compasso, poiché x = √a . 1 è la misura del segmento medio proporzionale fra a e 1. Di conseguenza tutte le formule, in cui entrano solo operazioni razionali ed estrazioni di radici quadrate, s'interpretano mediante costruzioni effettuabili con riga e compasso.

Questo risultato s'inverte, osservando che rette e circoli sono rappresentati, in un sistema cartesiano, da equazioni del 1° e del 2° grado; così: ogni problema geometrico risolubile con riga e compasso si traduce in un problema algebrico risolubile per mezzo di operazioni razionali e di estrazioni di radice quadrata, e perciò riconducibile a un'equazione di 2° grado o ad una successione di tali equazioni.

In breve: i problemi geometrici risolubili con riga e compasso sono tutti e soli quelli di secondo grado o riducibili a una successione di problemi di secondo grado.

Questo risultato viene completato da una serie di osservazioni per cui si dimostra che: le costruzioni eseguibili con la riga e col compasso sono eseguibili col solo compasso (G. Mohr e L. Mascheroni) ovvero con la sola riga, quando è dato nel piano del disegno un cerchio completamente tracciato col relativo centro (J.-V. Poncelet e I. Steiner: v. compasso). Si può aggiungere (con F. Adler) che le dette costruzioni sono anche eseguibili mediante la riga a due orli paralleli, che permette di condurre per un punto le tangenti a un cerchio di raggio eguale alla larghezza della riga (v. riga).

D. Hilbert ha studiato particolarmente quali sono le costruzioni effettuabili con un semplice trasportatore di segmenti, cioè eseguendo, oltre al tracciamento e alla mutua intersezione di rette, la costruzione elementare del trasporto d'un segmento da una retta ad un'altra, a partire da un estremo assegnato. Così viene caratterizzata una particolare famiglia di problemi risolubili con la riga e col compasso, aventi tutte le soluzioni reali.

Problemi di 3° e 4° grado. - Per i problemi algebrici di 3° e 4° grado fa d'uopo ricorrere a costruzioni in certo senso più elevate di quelle eseguibili col compasso. Per tale scopo i Greci ricorsero alle cosiddette inserzioni: si tratta di mandare per un punto dato una retta, sopra cui due linee date, p. es. rette o cerchi, intercettino un segmento di lunghezza assegnata. Già nel caso in cui le linee date sono due rette, l'inserzione costituisce in generale un problema di grado superiore al 2° (in questo caso di 3° grado). I Greci sembra che ricorressero dapprima alle inserzioni come costruzioni evidentemente effettuabili per via meccanica. In questo senso sarebbero state adoperate, ad esempio, per la trisezione dell'angolo, fin dai tempi d'Ippocrate di Chio, verso la metà del sec. V a. C. Più tardi si sarebbe sentito il bisogno di giustificare le soluzioni così ottenute, sia esaminando i casi in cui l'inserzione si può ridurre a costruzioni con rette e cerchi (Apollonio), sia analizzando la curva che riesce definita da codesta operazione, quando si tiene fisso il punto (polo) e una delle due linee date, assumendo, p. es., che una di queste sia una retta (concoide di Nicomede), sia risolvendo gli stessi problemi d'inserzione mediante le coniche. Archimede e Apollonio hanno spinto avanti queste teorie, a cui si riallacciano poi i matematici moderni: ad es. il Vieta per la risoluzione trigonometrica del caso irriducibile dell'equazione cubica.

Alle soluzioni con le coniche che i geometri antichi hanno dato dei problemi classici di 3° grado la geometria analitica ha permesso di aggiungere alcuni risultati generali:

Tutti i problemi (determinati) di 3° e 4° grado si possono ridurre, mercé l'uso del compasso, ai due problemi classici della moltiplicazione del cubo e della trisezione dell'angolo (Descartes). Essi si possono risolvere col solo compasso, quando sia data nel piano del disegno una parabola completamente tracciata.

Inoltre sono stati escogitati diversi strumenti atti a porgere la risoluzione meccanica di tali problemi, ovvero a descrivere le curve richieste per le costruzioni. Per esempio citiamo il trisettore degli angoli e gli integrafi, che dànno la più generale risoluzione dei problemi algebrici, nonché di quelli dipendenti da un'integrazione. In particolare, questi strumenti, con la descrizione della quadratrice, permettono di eseguire la trisezione dell'angolo nel senso già indicato da Ippia d'Elide.

Evoluzione dei problemi: curve e analisi infinitesimale. - Abbiamo veduto come i problemi costruttivi trattati dagli antichi, e in specie il problema tipico dell'applicazione delle aree, abbiano condotto alle equazioni di 2° grado, mentre altri problemi classici irriducibili a codesto tipo accennano già alla più vasta classe dei problemi che dipendono da equazioni algebriche di grado qualunque. Col prevalere dell'analisi come forma universale delle matematiche moderne, le equazioni stesse diventano il problema tipico di questa categoria.

Ora, accanto a questa specie di problemi, molti altri si affacciano con un senso nuovo. Anzitutto i problemi (indeterminati) in cui si tratta di caratterizzare in varî modi le curve (algebriche o trascendenti), allo studio delle quali si è già condotti dai problemi costruttivi determinati, quando si adoperi quel procedimento generale di analisi che è il metodo dei luoghi geometrici (v. luogo). Ma, una volta prese come oggetto proprio di studio le curve, si presentano altre domande di diversa natura: p. es. i problemi relativi alle tangenti e alle aree, dai quali prende origine l'analisi infinitesimale. E nello sviluppo di questo ramo delle matematiche il senso dei problemi si allarga, specialmente in rapporto alla meccanica. La questione di determinare la traiettoria di un punto mobile, soggetto all'azione di date forze, conduce a una classe di problemi che si traduce con le equazioni differenziali, e che ha pure un chiaro e importante significato geometrico. Qui non si tratta più di determinare un numero o una quantità nota mercé il suo legame o i suoi legami con certi dati, ma ciò che figura come incognita è una funzione, di cui si conosce il legame con le derivate: in termini geometrici, si tratta di costruire una curva (e poi analogamente una superficie, ecc.), che possegga certe proprietà differenziali, relative alla tangente, o alla curvatura, ecc.

La fisica matematica ha contribuito a svolgere tali teorie, insegnando a porre i problemi di questo tipo sotto diversissime forme: vi sono intere classi di problemi che da essa appunto traggono origine, p. es. i cosiddetti problemi al contorno, dove si tratta di determinare una funzione di due (o più) variabili, che soddisfi a una generale equazione a derivate parziali nell'interno di una superficie (o d'un volume, ecc.) e che d'altra parte soddisfi a speciali condizioni differenziali sul contorno.

Infine le difficoltà inerenti all'integrazione di tali problemi, in cui la questione concreta si fa dipendere dalla particolarizzazione di una questione più generale e astratta, hanno suscitato nei tempi più recenti una nuova visione dei problemi stessi, per cui la funzione incognita appare legata ad altre funzioni (p. es. a quelle che definiscono un dato contorno) mercé operazioni funzionali (v. funzionali) o equazioni integrali e integrodifferenziali (v. equazioni).

Ed è notevole ehe questo nuovo tipo di problemi si veda già esemplificato in talune questioni più determinate, le quali s'incontrano fin dai primordî dell'analisi infinitesimale, cioè nei problemi isoperimetrici, in cui si tratta delle funzioni che rispondono a certe condizioni di massimo e minimo: problemi che, in forma elementare, si erano affacciati fin dall'antichità, quando Zenodoro dimostrava che il poligono regolare contiene l'area massima fra tutti i poligoni dello stesso numero di lati e d'egual perimetro; donde segue che la circonferenza racchiude area massima fra tutte le linee chiuse d'eguale lunghezza. I problemi isoperimetrici, a cui è dedicato il cosiddetto calcolo delle variazioni, ricevono a loro volta nuova luce dall'analisi dei funzionali (v. variazioni, calcolo delle).

Evoluzione del significato della risoluzione. - All'evoluzione del significato dei problemi nella storia delle matematiche fa riscontro il progressivo allargamento del senso della loro risoluzione.

I Greci vedevano nella costruzione di una figura geometrica, ottenuta di regola, come si è detto, mediante rette e circoli, la prova della sua esistenza, dove questa non si lascia dedurre logicamente a priori dall'insieme delle condizioni definitrici. Ma certo, quando s'imbatterono nei problemi classici irresolubili con riga e compasso, dovettero convincersi che codesta esistenza può essere dimostrata anche mediante costruzioni d'ordine più elevato, ad esempio mercé le inserzioni o l'uso delle coniche. E quindi il concetto stesso della risoluzione venne ad apparire relativo agli strumenti o alle curve, di cui si concede l'uso. Quando si passò dai problemi della geometria a quelli dell'algebra e si affrontarono le prime difficoltà inerenti alla risoluzione di equazioni di grado superiore al secondo, in mancanza d'una formula risolutrice, si ricorse a considerazioni di continuità, e così s'introdusse nell'analisi l'idea che la prova d'esistenza, p. es. di numeri soddisfacenti a una data equazione, costituisce l'oggetto di una ricerca propria, indipendente dalle operazioni con cui il numero incognito può essere calcolato (mediante radicali o sviluppi di dato tipo).

Un'evoluzione analoga si riconosce nel significato dell'integrazione delle funzioni o delle equazioni differenziali. Si comincia a chiedere che la soluzione di tali problemi sia data mediante funzioni di specie nota, quali le funzioni algebriche o esponenziali, logaritmiche o circolari. E si viene a poco a poco a riconoscere che gl'integrali delle funzioni elementari o delle equazioni differenziali, pure elementari, conducono necessariamente al di là di queste funzioni elementari; e le seconde anche al di là delle semplici quadrature. Onde infine si è condotti a cercare la prova generale dell'esistenza di codesti integrali mercé considerazioni di continuità e a distinguere questo problema d'esistenza dalla risolubilità domandata con funzioni o sviluppi in serie di dato tipo. Questo è il senso di un'evoluzione d'idee che, ai principî del secolo scorso (e segnatamente attraverso la teoria delle funzioni ellittiche di Legendre, Abel e Jacobi) ha cambiato radicalmente l'indirizzo dell'analisi. Gli sviluppi della scuola francese intorno all'integrazione qualitativa delle equazioni differenziali (Poincaré, Picard, Painlevé) appartengono appunto a questo indirizzo di ricerca. La teoria dei gruppi continui di trasformazioni di S. Lie viene qui a mostrare, in modo determinato, le condizioni particolari che occorrono, perché l'integrale di un'equazione differenziale si possa esprimere mediante semplici quadrature, come già la teoria dei gruppi di sostituzioni sopra lettere aveva condotto E. Galois a riconoscere le condizioni particolari per la risolubilità delle equazioni algebriche mediante radicali.

Bibl.: Vedi le bibliografie delle voci: angolo; cerchio; compasso; cubo; equazioni.

Vedi anche
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