PROCACCINI, Ercole, detto Ercole il Vecchio
PROCACCINI (Percaccini, Percacino, Perchacino, Precaccino), Ercole, detto Ercole il Vecchio. – Figlio di Nicolò Percacino, nacque a Bologna nel 1520 e fu battezzato il 23 febbraio, come risulta dal registro del fonte battesimale della cattedrale di S. Pietro (Arfelli, 1959, pp. 457, 459 n. 6). Giovan Paolo Lomazzo (1590, 1974, p. 393) riporta la preziosa notizia della sua formazione nella bottega di Prospero Fontana, più anziano di lui di soli otto anni. In effetti Procaccini figura quale aiuto di Fontana nella lista dei pagamenti per la decorazione del palazzo del Belvedere a Roma alle date 8 febbraio e 28 marzo 1551 (Kallab, 1908, p. 86). È stata avanzata l’ipotesi che il pittore abbia collaborato con il maestro anche nella decorazione di villa Giulia e nei cantieri fiorentini (Cirillo - Godi, 1982, p. 19).
Alla metà del secolo Procaccini, ormai trentenne, doveva svolgere da tempo un’attività autonoma e aver conquistato una posizione di prestigio nell’ambiente bolognese, dal momento che fu accostato ai protagonisti della pittura emiliana nel Giuoco de l’imprese del Cavalier Alessio de gl’Horatii, un poemetto dato alle stampe a Bologna entro l’aprile del 1555 (Mazza, 2007, pp. 30, 40 nn. 17-19).
Risale alla Graticola di Bologna di Pietro Lamo (1560 circa, 1996, p. 100) la prima citazione di un suo dipinto, segnalato nella chiesetta della Confraternita dei Ss. Sebastiano e Rocco di Bologna semplicemente come «una tavola dipinta per mano de Ercolo Percacino, cosa lodabile»; testo antico, forse degli anni Quaranta (G. Sassu, in Restauri e scoperte, 1998, p. 113 n. 8), che documenta i rapporti dell’artista con la tradizione raffaellesca bolognese e con il diffuso michelangiolismo.
Vengono fatte risalire agli anni Cinquanta alcune opere che la storiografia antica e parte di quella del Novecento hanno impropriamente fatto convergere su altri nomi, in particolare su Orazio Samacchini, allievo di Procaccini come informa Lomazzo (1590, 1974, p. 393); tra queste, in particolare, lo Sposalizio della Vergine della chiesa di S. Giuseppe, già nella Compagnia dei falegnami (riferito a Samacchini in Masini, 1666, I, p. 257), segnato da un fermo classicismo che richiama Innocenzo da Imola, e il Cristo in gloria con i ss. Martino e Petronio della chiesa di S. Paolo Maggiore, già nella chiesa di S. Martino detta ‘dalla Croce de’ Santi’ (come Samacchini in Malvasia, 1686, p. 200), entrambi restituiti a Procaccini da Giuseppe Cirillo e Giovanni Godi (1982, p. 18; 1995, p. 152); cui si aggiungono pale d’altare dalle composizioni semplificate e arcaizzanti come la Presentazione al Tempio della chiesa di S. Isaia, l’Annunciazione di S. Benedetto (Venturi, 1933, pp. 765-769, 776; G. Sassu, in Restauri e scoperte, 1998, p. 111) e soprattutto la tavola d’impianto raffaellesco con la Madonna e il Bambino in gloria con i ss. Giovanni, Luca, Benedetto e Pietro Celestino della Pinacoteca nazionale di Bologna, in deposito presso la Pinacoteca comunale di Faenza dal 1882 e in antico sull’altare maggiore della chiesa bolognese di S. Giovanni Battista dei Celestini (A. Mazza, in Pinacoteca Nazionale di Bologna, 2006, pp. 122-125).
Un lungo soggiorno a Parma è attestato nella seconda metà degli anni Cinquanta e trova la centralità nella prestigiosa commissione delle due ante d’organo del Duomo (Lomazzo, 1590, 1974, p. 393) con S. Cecilia e il Re Davide e, sul verso, una grande figura monocroma di armato.
Il 20 marzo 1560 fu versato il primo acconto, mentre il saldo è registrato il 20 dicembre 1562 («essendo già molt’anni che detto M.ro Hercole habita in Parma famigliarmente con animo di starci continovamente», come riporta il contratto: Milstein, 1978, pp. 305 s.; Cirillo - Godi, 1982, pp. 16 s.).
Di grande interesse risulta la notizia di un’attività fiorentina del pittore, di cui è traccia nella lettera che Troilo Rossi, conte di San Secondo, inviò il 12 ottobre 1562 al cardinale Ercole Gonzaga raccomandandogli il «carissimo amico pittore valente […] Messer Hercole detto il Procaccino da Bologna» per affreschi da eseguire nella chiesa di S. Pietro al Po di Cremona. Nella lettera si legge che l’artista, in rapporto peraltro con il pittore cremonese Bernardino Sojaro, «ha dipinto assai, non solamente in Bologna, ma et in Roma, et in Firenze, et da cinque, o sei anni in qua in Parma dove ultimamente ha fatto le sportelle dell’organo della chiesa maggiore di quella città, che sono riputate da chi se ne intende cose degne, et rare» (Basteri - Rota, 1994, pp. 177-179; Cirillo - Godi, 1995, pp. 149 s.).
Spettano inoltre a quel tempo, in particolare, la pala della chiesa di S. Giovanni Evangelista a Parma con la Madonna e il Bambino tra i ss. Giovanni Battista e Stefano papa, già riferita a Jan Soens, e quella con la Madonna, il Bambino e i ss. Girolamo e Marcellino con il donatore, un tempo nella chiesa di S. Tommaso e ora nel palazzo vescovile (Cirillo - Godi, 1982, p. 17; 1987, p. 41).
La critica ha inoltre supposto una sua impegnativa attività di frescante nelle rocche del Parmense e ha riferito al suo pennello decorazioni nella rocca dei Rossi a San Secondo e in quella a Sala Baganza, oltre che fregi in due stanze di palazzo Borri a Parma (Cirillo - Godi, 1982, pp. 16 s.; 1995, pp. 148-155; G. Sassu, in Restauri e scoperte, 1998, p. 112; Cirillo, 1999, p. 32).
A Parma, dove Procaccini si era trasferito con la famiglia, nacque il 3 marzo 1561 da Nera Sibilla, sua seconda moglie, il figlio Camillo, poi celebre pittore, che fu battezzato tre giorni dopo al fonte della cattedrale (un primo figlio, Lorenzo, era nato dal precedente matrimonio con una Ginevra di cui rimane ignoto il cognome).
Rientrato a Bologna, ricoprì cariche di rilievo nella Compagnia dei pittori negli anni 1569-71, 1574, 1577, 1579, 1585 (Malvasia, 1678, 1841, I, p. 221; Arfelli, 1959, pp. 457-461).
Una più soddisfacente documentazione illumina la produzione dell’ultima fase bolognese, dal momento che risale al 1570 la pala con la Madonna e i santi protettori di Bologna della chiesa di S. Giovanni in Monte (Neilson, 1977, pp. 363 s.), il cui apprezzamento è disturbato da ritocchi settecenteschi, e che nello stesso anno, come ricorda lo stesso Carlo Cesare Malvasia (1678, 1841, I, p. 212), il pittore eseguì per lo speziale Zanone Cattanei il dipinto con la Madonna con il Bambino e s. Giovannino, dato per disperso (M. Pigozzi, in Francesco Cavazzoni, 1999, p. 64 n. 239), in realtà da segnalare nella chiesa di S. Nicolò di Calcara, benché occultato dalla ridipintura settecentesca di Giacomo Franceschini, figlio del celebre Marcantonio, di cui testimonia l’iscrizione apposta sul verso nel 1743, che si aggiunge a quella originale del 1570. Figura tra le opere più note e nello stesso tempo più impegnative la Conversione di s. Paolo della chiesa di S. Giacomo Maggiore, documentata nel 1573 (Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, Cavazzoni, 1603, p. 9; Francesco Cavazzoni, 1999, p. 27 e n. 59; Malvasia, 1678, 1841, I, p. 212), che svela le doti ritrattistiche del pittore nell’emersione in basso dei busti dei committenti, i coniugi Cartari (Benati,1986, II, p. 450). Una calibrata, simmetrica composizione regola la paletta d’altare con la Madonna e il Bambino sulle nubi venerati da quattro santi con i nomi dei committenti, tuttora nell’oratorio del castello di San Martino in Soverzano, che fu consacrato dal cardinale Gabriele Paleotti nel 1577 (Mazza, 2007, pp. 28, 31 s., 41 n. 28).
La tradizione michelangiolesca ispira anche, per il tramite di Pellegrino Tibaldi, i quattro profeti nella volta della cappella Pepoli in S. Domenico a Bologna, da riconoscere a Procaccini anche sulla scorta dell’attestazione di Francesco Cavazzoni (Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, 1603, p. 12; Francesco Cavazzoni, 1999, p. 35), benché di recente resi noti come di Jacopo Zanguidi, detto il Bertoja (Bentini, 2004). Alla sua attività di frescante fanno riferimento anche i pagamenti scalati tra il 1578 e il 1581 per una perduta Dormitio Virginis nella cappella grande dell’ospedale di S. Maria della Morte, poi da Francesco Cavazzoni riferita al figlio Camillo, mentre l’ultima opera bolognese nota è rappresentata dalla pala con la Madonna e il Bambino in trono con s. Nicola da Bari del 1582 per la chiesa di S. Giacomo Maggiore di Bologna, essendo dispersa l’Ultima Cena che alcuni pagamenti assicurano eseguita nel 1585 per la sala da pranzo del Collegio di Spagna, istituzione alla quale l’artista risulta legato dal 1581 (Cortese, 1979, pp. 147-149).
Altre opere meritano di essere ricordate: oltre a pale d’altare (Noli me tangere, chiesa parrocchiale di Porretta Terme; Madonna e santi, chiesa del Carmine a Galliera; Madonna con il Bambino e i ss. Bernardo e Michele arcangelo, chiesa di S. Maria Assunta e S. Cristoforo in Castello a Viadana; Compianto su Cristo deposto con donatore, Dilemma mistico di s. Agostino e la Trinità, Immacolata Concezione con il Bambino, firmata, Pinacoteca nazionale di Bologna; Natività della Vergine, chiesa parrocchiale di Quaderna di Ozzano Emilia; cfr. Benati, 1986, II, pp. 449-452; Cirillo - Godi, 1995, p. 187 n. 62; Mazza, 1998, pp. 57, 62; Mazza, in Pinacoteca Nazionale, 2006, pp. 124-129; Mazza, 2015, pp. 219 s., 225 n. 68), numerosissimi dipinti di soggetto sacro per la devozione privata, quali Sacre Famiglie e Matrimoni mistici di s. Caterina d’Alessandria, di oscillante qualità esecutiva, che per lo più, agli occhi di Malvasia (1678, 1841, I, p. 212), non superavano «il segno d’una sufficiente mediocrità»; oppure tavolette come la Madonna e il Bambino con i ss. Girolamo e Lorenzo (asta Farsetti, Prato, 12-13 novembre 2004, lotto 716) e altre opere ancora (Crispo, 2007-2008, pp. 23 s. e figg. 1-6).
Il prestigio della bottega di Procaccini guadagnò notevolmente quota a Bologna con l’attività del figlio Camillo, tra il 1580 e il 1585. Raggiunti i vent’anni, questi si aggiudicò, grazie anche al sostegno del padre, commissioni importanti da parte del cardinale Gabriele Paleotti, del naturalista Ulisse Aldrovandi, del Collegio di Spagna e di influenti ordini religiosi, quando in città facevano apparizione le prime novità dei Carracci negli affreschi di palazzo Fava e in alcune pale d’altare.
Il conflitto apertosi tra le due botteghe e l’allettante invito rivolto al giovane Camillo dal conte Pirro I Visconti Borromeo, di passaggio per Bologna durante il viaggio verso Roma, a raggiungerlo a Milano indussero Procaccini a lasciare Bologna assieme all’intera famiglia, probabilmente nel 1587 (Berra, 2002, p. 66), quando anche Camillo poté liberarsi temporaneamente dagli obblighi contrattuali con la Fabbriceria della basilica di S. Prospero a Reggio Emilia.
A Milano il declino dell’artista ormai settantenne non comportò l’abbandono dei pennelli. Il 24 novembre 1590, anno in cui è documentato nella parrocchia di S. Eusebio con la terza moglie, Cecilia Cerva, quattro figli (Camillo, Carlo Antonio, Giulio Cesare e Ippolita) e due garzoni (pp. 59 s., 75 n. 2; sulla complessa vicenda familiare, pp. 69 s.), Procaccini fu pagato «per un quadro fatto sopra il rame del ritorno di egitto» destinato alla cappella della Confraternita dell’Immacolata Concezione in S. Francesco, dove il figlio Camillo si era aggiudicato impegnative commissioni (Cassinelli, 2004-2005, pp. 200-203).
Le ultime notizie biografiche riguardano il riconoscimento ufficiale, con atto notarile in data 26 aprile 1591, della emancipatio del figlio Camillo (Berra, 2002, pp. 59-71, trascrizione alle pp. 83-85) e l’iscrizione dell’artista nel registro di cittadinanza nel 1594 (Pevsner, 1929, p. 322; Chiusa, 1990, p. 34; Berra, 2002, p. 67), atto che di poco ne precede la scomparsa, «ex lungo morbo», registrata il 13 gennaio 1595 (Pevsner, 1929, p. 322; Berra, 2002, p. 77 n. 22).
Fonti e Bibl.: Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, Mss., B.3198: P. Lamo, Graticola di Bologna (1560 circa), c. 29r, l’edizione è a cura di M. Pigozzi, Bologna 1996, p. 100; G.P. Lomazzo, Idea del tempio della pittura (1590), a cura di R. Klein, Firenze 1974, p. 393; Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, Mss., B.1343: F. Cavazzoni, Pitture et sculture et altre cose notabili che sono in Bologna e dove si trovano… (1603), pp. 8-10, 12, 22 s., 25-28, 30, 35, pubblicato in Francesco Cavazzoni, 1999; A. Masini, Bologna perlustrata, I, Bologna 1666, pp. 39, 130, 157, 175, 270, 620; C.C. Malvasia, Felsina pittrice: vite de’ pittori bolognesi (1678), I, Bologna 1841, pp. 212, 221; Id., Le pitture di Bologna, Bologna 1686, pp. 53, 61, 65, 83, 86, 99, 122, 176, 194, 200, 255, 258 s., 289, 296, 298.
W. Kallab, Vasaristudien, Wien 1908, p. 86; N. Pevsner, Giulio Cesare Procaccini, in Rivista d’arte, s. 2, 1929, vol. 11, p. 322; A. Foratti, P., E., in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXVII, Leipzig 1933, p. 414; A. Venturi, Storia dell’arte italiana, IX, La pittura del Cinquecento, parte VI, Milano 1933, pp. 765-769, 776; A. Arfelli, Per la cronologia dei Procaccini (e dei figli di Bartolomeo Passarotti), in Arte antica e moderna, ottobre-dicembre 1959, n. 8, pp. 457-461; E. P., in Dizionario enciclopedico Bolaffi dei pittori e degli incisori italiani, IX, Torino 1975, pp. 240 s.; N.W. Neilson, Camillo Procaccini: toward a reconstruction of the Emilian years, in The Art Bulletin, 1977, vol. 59, 3, pp. 362-364; A.R. Milstein, The paintings of Girolamo Mazzola Bedoli, New York-London 1978; E. Cortese, Artisti e artigiani al Collegio di Spagna nel Cinquecento, in Studia Albornotiana, 1979, vol. 36, n. 5, pp. 147-149; G. Cirillo - G. Godi, Di Orazio Samacchini e altri bolognesi a Parma, in Parma nell’arte, XIV (1982), 1, pp. 13-19; D. Benati, E. P., in Pittura bolognese del ’500, a cura di V. Fortunati Pietrantonio, II, Bologna 1986, pp. 449-456; G. Cirillo - G. Godi, La Pinacoteca Stuard di Parma, Parma 1987, p. 41; M.C. Chiusa, Sant’Angelo in Milano. I cicli pittorici dei Procaccini, Milano 1990, pp. 32-34; M.C. Basteri - P. Rota, Relazioni artistiche tra i conti Rossi di San Secondo e i Gonzaga di Mantova nel XVI secolo, in Aurea Parma, LXXVIII (1994), 2 (maggio-agosto), pp. 177-179; G. Cirillo - G. Godi, Le decorazioni, in La Rocca dei Rossi a San Secondo: un cantiere della grande decorazione bolognese del Cinquecento, Parma 1995, pp. 148-156, 185-188; A. Mazza, Un San Giovanni Battista di Camillo Procaccini diciannovenne nella Galleria Estense. Dipinti di E. e Camillo P. per i territori estensi, in Pittura a Modena e a Reggio Emilia tra Cinque e Seicento. Studi e ricerche, Modena 1998, pp. 52-64; Restauri e scoperte tra Ferrara e Bologna. Dipinti sacri dal XV al XVIII secolo, a cura di M. Censi, Milano 1998, pp. 110-115; G. Cirillo, La Rocca, in M. Dall’Acqua - G. Cirillo, Sala Baganza, Milano 1999, p. 32; Francesco Cavazzoni. Scritti d’arte, a cura di M. Pigozzi, Bologna 1999; G. Berra, Appunti per le biografie di Camillo Procaccini e Panfilo Nuvolone, in Paragone, s. 3, LIII (2002), 46, pp. 59-71, 75-80 nn. 1-59 e appendice documentaria, pp. 83-85; J. Bentini, Appunti di cantiere per due siti domenicani di Bologna, in Arti a confronto. Studi in onore di Anna Maria Matteucci, a cura di D. Lenzi, Bologna 2004, pp. 121-126; D. Cassinelli, Camillo Procaccini nella cappella della Vergine delle Rocce, in Nuovi Studi, 2004-2005, n. 11, pp. 200-203; Pinacoteca Nazionale di Bologna. Catalogo Generale, II, Da Raffaello ai Carracci, a cura di J. Bentini et al., Venezia 2006, pp. 121-129; A. Mazza, Gli esordi emiliani di Camillo Procaccini tra Bologna e Reggio, in Camillo Procaccini (1561-1629): le sperimentazioni giovanili tra Emilia, Lombardia e Canton Ticino (catal., Rancate), a cura di D. Cassinelli - P. Vanoli, Cinisello Balsamo 2007, pp. 25-32, 40 s. nn. 1-28; A. Crispo, Procaccini e dintorni, in Parma per l’arte, n.s., XIV (2007-2008), 2 (2007)-1 (2008), pp. 23 s. e figg. 1-6; A. Mazza, Ai primordi della catalogazione del patrimonio artistico. Il censimento del 1820 nel territorio bolognese, in M. Fanti - P.L. Perazzini, La schedatura delle opere d’arte a Bologna e nel suo territorio nel 1820, Bologna 2015, pp. 219 s., 225 n. 68.