PROCACCINI
. Famiglia bolognese di pittori. Ercole il Vecchio, suo capostipite, nato a Bologna nel 1515, morto a Milano il 5 gennaio 1595, fu scolaro di Prospero Fontana, risentì del Correggio; freddo, minuzioso, accademico, lasciò opere a Bologna in Santa Maria Maggiore (1570), in S. Giacomo Maggiore (Conversione di San Paolo, 1573), in San Giovanni in Monte, in S. Agostino, ecc. Dopo il 1585 si trasferì a Milano, ove diresse una scuola pittorica.
Camillo, suo figlio e scolaro, nato a Bologna forse nel 1551, morto a Milano il 21 agosto 1629 risentì influenze dal Parmigianino, dai Veneziani, dal Baroccio: dipinse a Bologna affreschi nei palazzi già Guastavillani e Montpensier e quadri in S. Isaia e altrove (a Pavia, a Parma, a Ravenna, a Genova, a Sondrio); affreschi a Reggio (Giudizio Universale in S. Prospero), a Piacenza (Gloria e storie della Madonna nel Duomo). Trasferitosi col padre a Milano vi dipinse varî affreschi in S. Angelo, quattro enormi tele per gli organi del duomo, oggi nei depositi, la Disputa dí S. Ambrogio e di S. Agostino in S. Marco e varî quadri in S. Celso, in S. Alessandro, in S. Antonio, in S. Vittore, in S. Eustorgio e in altre chiese in città e per tutta la Lombardia. A Brera una sua Adorazione dei pastori manifesta le sue qualità di disegnatore, di copioso compositore, di variato colorista. Il pittore, per la sua vasta, facile e ineguale produzione, fu detto il Vasari e lo Zuccari di Lombardia.
Giulio Cesare, il più noto e vero grande artista della famiglia, figlio e scolaro di Ercole, nacque a Bologna circa il 1570 e morì a Milano l'11 novembre 1625. Si dedicò dapprima alla scultura, cui attese sporadicamente anche in seguito. Studiando sotto Annibale Carracci, sembra che, offeso da questo, lo ferisse, onde dovette rifugiarsi a Parma, ove riformò il proprio stile sotto l'impressione radicale del Correggio e del Parmigianino. Raggiunta la famiglia a Milano, subì l'influenza dei pittori lombardi e della tradizione di Gaudenzio Ferrari. Artista geniale, di composizione nobile, di linea grandiosa, di pennellata ampia e scorrevole, di armonioso senso cr0matico; insieme con i Crespi e col Morazzone improntò del proprio stile tutta l'arte lombarda. Dipinse in concorso con altri maestri cinque vaste e solenni storie di S. Carlo Borromeo per apparare il duomo in certe solennità. Capolavori suoi sono a Brera, al Museo Sforzesco, in S. Marco (Trasfigurazione), in S. Giuseppe (Morte del Santo), in S. Nazario (Martirio), in S. Vittore (Passaggio del Mar Rosso) e in molte altre chiese di Milano e Lombardia. Altri eccellenti dipinti suoi a Genova (Annunziata, S. Domenico, S. Bartolommeo), a Roma (S. Luigi dei Francesi), a Brescia (S. Afra), nelle pinacoteche di Bologna, di Parma, di Modena, ecc. e in quelle estere, poiché le opere di G. C. Procaccini furono sempre altamente ammirate.
Carlo Antonio, terzo figlio e scolaro di Ercole, nato a Bologna circa il 1555 e morto a Milano forse nel 1605, fu particolarmente pittore di fiori e di paesi.
Ebbe un figlio, Ercole il Giovane, nato a Milano nel 1596 e morto ivi nel 1676, di cui si conservano quadri a Brera, in S. Vittore, in S. Ambrogio, in S. Lorenzo.
Appartennero poi alla stessa famiglia Giuseppe, che dipinse nella Certosa di Pavia, e Francesco Sigismondo, nato forse a Bologna nel 1548 e morto a Milano nel 1626, probabilmente aiuto dei cugini.
Bibl.: C. C. Malvasia, Felsina pittrice, Bologna 1844, I; A. Venturi, Storia dell'arte ital., IX, vi, Milano 1933; A. Foratti, in Thieme-Becker, Künstl.-Lex., XXVII, Lipsia 1933 (con ampia bibl.). Vedi inoltre, per Giulio Cesare P., sopra tutto: N. Pevsner, G. C. P., in Riv. d'arte, XI (1929), pp. 321-35; F. Wittgens, Per la cronologia di G. C. P., ibid., XV (1933), pp. 35-64.