Procedimenti legislativi statali e regionali
La crisi della capacità decisionale delle assemblee elettive nel sistema costituzionale italiano non è una novità dell’anno 2016. Tuttavia, alcuni eventi occorsi negli ultimi mesi sono paradigmatici delle criticità del sistema, proprio mentre – a livello statale e regionale – si affermano innovazioni importanti nei modi di produzione legislativa. Si ripercorre l’iter di approvazione della legge sulle unioni civili, in quanto esemplificativo delle tendenze in atto, anche avendo sullo sfondo le ipotesi di riforma delineate dalla revisione costituzionale in attesa di referendum. Parallelamente si dà conto di alcune modifiche statutarie (realizzate o in discussione) a livello regionale, finalizzate al rafforzamento delle Giunte «in» Consiglio mediante una disciplina della questione di fiducia.
Nell’aprile 2016 si è conclusa la fase parlamentare di approvazione di un’ampia revisione costituzionale1 (in attesa di referendum ex art. 138 Cost.) che prefigura una profonda modifica dei modi e dei procedimenti di approvazione delle leggi. Quale che sia il giudizio sul merito dei suoi contenuti, l’evoluzione degli istituti del procedimento legislativo nell’anno di riferimento conferma l’esigenza di un loro ripensamento.
Del resto, i dati2, costanti da anni, mostrano come il procedimento legislativo sia sempre meno centrale nella definizione delle politiche pubbliche e che le leggi ordinarie siano ormai una parte minoritaria delle fonti primarie entrate in vigore (solo 219 su 463 dall’inizio della legislatura). La marginalità della legge è ancora più evidente depurando il dato dalle leggi di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali (ben 85 su 219), nonché tenendo presente che parte delle restanti leggi – rilevanti soprattutto per mole e pervasività – consista in realtà nella conversione di decreti legge (63), rispetto alla quale la giurisprudenza costituzionale ha non poco ristretto la capacità di introduzione di disposizioni innovative da parte del Parlamento3. Infine, non deve essere dimenticata la frequenza delle leggi contenenti disposizioni di delegazione legislativa (nello stesso periodo sono stati emanati 145 decreti legislativi) e che, in ogni caso, le leggi approvate originano spesso da iniziative promosse dallo stesso Governo (179).
Le iniziative legislative parlamentari divenute leggi costituiscono dunque una quantità pressoché trascurabile nel totale della produzione legislativa (dal 2013, solo 38, il 17,35%), confermando la sostanziale marginalità dell’autonoma decisione parlamentare.
In questo quadro di evidente crisi dello strumentolegge, la revisione costituzionale approvata dal Parlamento propone una profonda rivisitazione dei modi e delle forme del procedimento legislativo, anche alla luce della scelta di fondo tendente al «superamento del bicameralismo paritario», annunciato sin dall’incipit del titolo del testo.
Un caso paradigmatico di “sofferenza” dei meccanismi del procedimento legislativo è rappresentato dall’iter di approvazione della l. 20.5.2016, n. 76 (Regolamentazioni delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e sulla disciplina delle convivenze4), da misurarsi, sullo sfondo, con i tentativi di risposta offerti dal testo di legge costituzionale approvato e in pendenza di referendum.
Se le sorti del quadro costituzionale sul procedimento legislativo statale potrebbero mutare radicalmente in conseguenza del referendum, innovazioni più circoscritte – ma di impatto potenzialmente significativo – sono rinvenibili invece nel contesto regionale, benché in alcuni casi si tratti ancora di ipotesi di riforma in attesa di definizione.
La particolare sensibilità dell’oggetto ha acuito le divisioni tra le forze parlamentari, riverberandosi nel ricorso a comportamenti ostruzionistici, anche estremi, e nell’attivazione di rimedi altrettanto poco ortodossi. Nel suo iter è infatti possibile rinvenire un buon numero di questioni comuni ai modi di produzione legislativa degli ultimi anni, quali:
i) il non semplice raccordo tra esame in Commissione e tempi della programmazione dei lavori parlamentari in Assemblea;
ii) l’ampio margine di incertezza (e, forse, di discrezionalità della Presidenza) nell’accesso allo scrutinio segreto5;
iii)l’utilizzo strategico di proposte emendative confezionate in modo da sconvolgere l’esame con una votazione “premissiva” (ma in realtà, finalizzata all’introduzione di principi condizionanti per l’intero testo);
iv) la conclusione del procedimento a mezzo di un maxiemendamento, ossia ricorrendo all’apposizione strumentale della questione di fiducia su di un testo che, nella pratica, sostituisce interamente il disegno di legge.
L’inserimento del provvedimento nel calendario dell’Assemblea prima del conferimento del mandato al relatore ha comportato l’assenza del fondamentale ruolo di quest’ultimo nell’interlocuzione e di raccordo con il lavoro svolto in Commissione. Invero l’art. 44, co. 3, reg. Sen. consente la calendarizzazione in assenza del relatore, purché l’avvio dell’esame in sede referente sia avvenuto da almeno due mesi. La corretta applicazione del regolamento è però controversa. La discussione sul tema, avviata già nel 2013, era entrata nel vivo prima dell’estate 2015, per poi giungere in autunno ad una fase di stallo causato dall’ostruzionismo praticato dalle opposizioni. La maggioranza aveva quindi presentato un nuovo disegno di legge (A.S. 2081) che, nella sostanza, incorporava l’esito degli emendamenti approvati dalla Commissione, e tuttavia, veniva introdotto a ridosso della calendarizzazione per l’Assemblea. È un comportamento assai criticato, che ha addirittura condotto a un conflitto di attribuzioni sollevato da una minoranza parlamentare6, ma che testimonia una volta di più l’esistenza di zone grigie e di elementi di non isolata criticità nella gestione del raccordo tra Commissione e sessione plenaria.
L’esame in Assemblea è stato poi condizionato da qualche paradosso a metà tra la dimensione contenutistica e quella procedurale. Il diniego di voto segreto su gran parte degli emendamenti ha fatto leva sulla impossibilità di ricondurre le formazioni sociali affrontate nel testo alla nozione costituzionale di “famiglia” (anche sulla base della problematica sentenza C. cost., 14.4.2010, n. 138), sconfessando così l’impostazione di ampi settori della maggioranza. Tuttavia, se così sono state fatte decadere numerosissime richieste di votazione segreta (agevolando, di fatto, l’approvazione del provvedimento), ne è stato al contempo reso meno desiderabile l’esito complessivo, “deludendo” le aspettative dei sostenitori di versioni più incisive del testo.
Essendo stato per lo più negato l’accesso al voto segreto, i tentativi ostruzionistici si sono concentrati sulle poche disposizioni secretabili residue e, in specie, sulla cd. stepchild adoption. In relazione a questo istituto e alla possibilità di un suo mantenimento nel testo finale si sono articolati gli ulteriori due elementi problematici della gestione procedurale del testo. Dapprima, era stata ipotizzata la via di un emendamento “premissivo”, modellato sulla precedente esperienza della modifica della legge elettorale7, seppure con varianti di non poco momento. Nella pratica, i principi e le finalità del testo risultante dall’esame in Commissione venivano condensati in un unico emendamento8, formulato in modo da essere votato all’inizio dell’esame, così da strozzare la discussione, assicurando però la decisione finale. Fallita la mediazione con il MoVimento 5 Stelle – disponibile a votare i contenuti, stepchild adoption inclusa, ma riluttante a farlo a mezzo di tale emendamento premissivo – la medesima esigenza di evitare i rischi derivanti dal voto segreto ha condotto a una ulteriore (e non meno discutibile) soluzione: un diverso emendamento integralmente sostitutivo del testo, uguale in tutte le sue parti fuorché per il fatto che stralciava la parte relativa alla stepchild adoption (operazione necessaria per assicurare il supporto della parte più moderata della maggioranza di governo), sul quale veniva apposta la questione di fiducia. Si compiva così l’ennesima affermazione della pratica dei cd. maxiemendamenti, sempre più modo ordinario di approvazione delle leggi divisive e strumento tipico del governo di coalizione, data la sua attitudine a assicurare un compromesso “blindato”, specchio della complessità di maggioranze sempre variegate e bisognose di conferme reciproche e simultanee della loro (debole) coesione interna9.
Nella complessiva rivisitazione delle modalità di esercizio della funzione legislativa, il testo di legge costituzionale in pendenza di referendum sembra porre al proprio centro una razionalizzazione e una semplificazione del procedimento legislativo. In un quadro nel quale il Senato sarebbe escluso dal rapporto di fiducia con il Governo e diverrebbe indirettamente eletto dai Consigli regionali (benché «in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi»: art. 57, co. 5, Cost.), la generalità della funzione legislativa sarebbe esercitata in modo da assicurare la prevalenza della volontà della Camera dei deputati, salvo che in alcuni ambiti materiali (tassativamente elencati all’art. 70, co. 1, Cost.) per i quali resterebbe confermato un esercizio “collettivo” della funzione da parte delle due Camere10.
L’esercizio collettivo della funzione soltanto per un elenco di oggetti delimitato e, per massima parte, di natura ordinamentale, sembra consegnare residualmente un procedimento legislativo “ordinario” più snello e rapido, con la possibilità anche di procedimenti ulteriormente spediti, come quello cd. “a data certa” di cui all’art. 72, ult. co., Cost. Inoltre, la presenza in seno al Senato dei membri dei Consigli regionali (benché per ampia parte ancora da definire in fase attuativa) agevolerebbe il raccordo tra soggetti protagonisti della legislazione statale e regionale, con l’auspicio di un impatto positivo (e deflattivo) sul contenzioso costituzionale tra Stato e Regioni.
Diverse Regioni presentano novità in relazione alla disciplina della questione di fiducia, anche (ma non solo) all’interno del procedimento legislativo.
La legge regionale campana 8.8.2016, n. 28, ha proceduto alla sostituzione dell’art. 49 e a una modifica dell’art. 54 dello Statuto, ampliando i poteri della Giunta «in» Consiglio, anche sulla base di un collegamento tra programmazione strategica e gestione dei procedimenti decisionali. Si è disciplinata con maggiore dettaglio la questione di fiducia, estendendo l’ambito di materie nelle quali può essere apposta, precedentemente limitato essenzialmente ad ambiti di natura finanziaria, fiscale e di attuazione del diritto UE11. Per un ulteriore profilo, è stata creata una corsia preferenziale (finalizzata ad avocare in Assemblea progetti di legge non conclusi dalle Commissioni) per le proposte della Giunta ritenute «di particolare rilevanza per l’attuazione dell’indirizzo», nonché per quelle «attuative degli impegni definiti strategici nella risoluzione di approvazione del DPEF». In questi casi la dichiarazione di “strategicità”, esplicitata al momento della presentazione, consente di non attendere l’esito dell’esame in Commissione (ove questo non fosse concluso entro venti giorni), per procedere direttamente alla decisione in Consiglio.
Si segnalano inoltre tentativi più o meno avanzati in direzione non dissimile sia nell’approvazione dello Statuto della Basilicata12, sia in Veneto (ove si è giunti all’approvazione in prima deliberazione di una modifica statutaria volta ad introdurre disposizioni sulla questione di fiducia)13.
Nell’incertezza del risultato referendario e delle sue conseguenze sistemiche, specie quanto alla tenuta dell’attuale sistema dei partiti e delle alleanze tra questi, non è semplice individuare quali profili problematici potranno conservare una qualche attualità e quali invece potrebbero trovare in esso una risposta più o meno adeguata. Ancor più arduo è, ad ora, prefigurare le eventuali criticità, evidentemente nuove e diverse, che potrebbero emergere sulla base del dettato costituzionale in ipotesi novellato.
In ogni caso, cruciale è il superamento della attuale centralità della decretazione d’urgenza come veicolo di produzione normativa privilegiato, tale da confinare l’intervento parlamentare a una opera di parziale correzione e completamento delle decisioni assunte in ambito governativo, per di più con un limite temporale invalicabile. Gli elementi problematici sono per altro accresciuti dall’incrocio tra questa deriva “onnivora” della decretazione d’urgenza e le difficoltà di gestione del procedimento legislativo, specie quando vengono ad intrecciarsi contemporaneamente più procedimenti di conversione. La prassi dell’ “accorpamento” tra più decreti legge, ossia il “trapianto” per via emendativa di un decreto legge nel disegno di legge di conversione di un ulteriore provvedimento d’urgenza, non è stata – almeno finora – censurata dalla giurisprudenza costituzionale, benché non siano mancate occasioni e pronunce su casi del genere14.
La via per ricondurre la decretazione d’urgenza a un ruolo più defilato e coerente con la ratio della disposizione costituzionale, più che per un intervento limitativo in sede giurisprudenziale, sembra passare per l’affermazione di alternative tali da soddisfare le medesime esigenze, anzitutto di certezza dei tempi di definizione della decisione, che sono alla base del ricorso al decreto legge.
In questo senso, una qualche risposta potrebbe venire dalla maggiore celerità di un procedimento legislativo per la massima parte affidato a un bicameralismo non più paritario, nel quale la prevalenza di un ramo del Parlamento sull’altro metterebbe fine alla navette. Inoltre, e in particolare, il legislatore di revisione costituzionale ha prefigurato il procedimento di cui all’art. 72, ult. co., Cost. (cd. “a data certa”)15. La ragione principale, benché forse non esclusiva, del ricorso alla decretazione d’urgenza (e allo sfruttamento strumentale della fase parlamentare di conversione) sembra essere infatti rinvenibile nella certezza dei tempi per la definizione della decisione. In questo, un maggiore e più trasparente coinvolgimento parlamentare sin dall’inizio potrebbe risultare sicuramente preferibile rispetto a un procedimento opaco e convulso come quello determinato dall’adozione di un decreto legge prima, e della sua conversione, poi.
Note
1 A.S. 1429, A.C. 2613, XVII leg.
2 L’andamento della legislazione è monitorato periodicamente dal Comitato per la legislazione presso la Camera dei deputati. La presente analisi è basata sull’aggiornamento effettuato al 15.6.2016 (Appunto n. 9, XVII leg.).
3 Si v. C. cost., 13.2.2012, n. 22; C. cost., 12.2.2014, n. 32; e, da ultima, C. cost., 20.4.2016, n. 94.
4 Diffusamente sull’iter della l. n. 76/2016 si v. Schillaci, A., Le unioni civili in Senato: diritto parlamentare e lotta per il riconoscimento, di prossima pubblicazione in GenIUS. Rivista di studi giuridici sull’orientamento sessuale e l’identità di genere, fasc. 12/2016.
5 Sul tema v. Curreri, S.Fusaro, C., Voto palese, voto segreto e forma di governo in trasformazione, in Il Filangieri, Quaderno 2007, Il Parlamento del bipolarismo: un decennio di riforme dei regolamenti delle Camere, Napoli, 2008, 243 s.
6 Il conflitto è stato giudicato inammissibile da C. cost., 18.5.2016, n. 149.
7 Sul procedimento di approvazione della legge elettorale del 2015 (e specificamente sull’emendamento premissivo), v. Ciaurro, L., L’emendamento premissivo omnibus: un nuovo modo di legiferare?, in Osservatorio AIC (osservatorioaic.it), (marzo) 2015. Inoltre v., amplius, la prima parte del volume Legge elettorale e riforma costituzionale: procedure parlamentari «sotto stress», a cura di N. Lupo e G. Piccirilli, Bologna, 2016, 53 s.
8 V. l’emendamento del sen. Marcucci (Pd) n. 01.6000, A.S. 2081, XVII leg.
9 Sulla tematica dei maxiemendamenti sia consentito un rinvio a Piccirilli, G., L’emendamento nel processo di decisione parlamentare, Padova, 2008, spec. 259 s.
10 Un’ampia ricostruzione sistematica delle innovazioni contenute nel testo di riforma è offerta da Lupo, N., I nuovi procedimenti legislativi: le (condivisibili) opzioni di fondo e qualche profilo problematico (risolvibile in sede attuativa), in Astrid Rassegna, (30 giugno) 2016, n. 12, nonché da Olivetti, M., I procedimenti legislativi (artt. 70-74 Cost.), in Commentario alla riforma costituzionale del 2016, a cura di G. Guzzetta e G. Scaccia, Napoli, 2016, 67 s.
11 La precedente versione dell’art. 49 consentiva la questione di fiducia «esclusivamente sulla legge di bilancio annuale e pluriennale, sugli atti ad essa collegati, sulle leggi relative alla istituzione di tributi ed imposte regionali, nonché sugli atti di adempimento di obblighi comunitari o da adottare in ottemperanza di termini perentori previsti da leggi dello Stato». Ora invece, «può essere posta, altresì, su materie di particolare rilevanza definite strategiche nella risoluzione di approvazione del [DPEF] regionale».
12 Il testo, approvato in seconda deliberazione il 5.7.2016, è stato pubblicato sul BUR n. 28 del 28.7.2016.
13 Ulteriori indicazioni in Gianfrancesco, E., La questione di fiducia negli ordinamenti regionali, in Osservatorio sulle fonti (osservatoriosullefonti.it), 2016, fasc. 2.
14 Si v., almeno, la sentenza C. cost., 3.11.2014, n. 251 nella quale il “trapianto” di disposizioni da un decreto legge a un diverso disegno di legge di conversione non viene ritenuta incostituzionale in ragione della non estraneità di materia tra i due provvedimenti.
15 Sul punto v. Marini, F.S., Il voto a data certa (art. 72, comma 7, Cost.; art. 39, comma 9, l. cost.), in Commentario alla riforma costituzionale del 2016, cit., 121 s.