Procedimento sommario di cognizione
Il nuovo procedimento sommario di cognizione, introdotto negli artt. 702 bis-702 quater del codice di procedura civile, dalla l. 18.6.2009, n. 69 è destinato ad essere utilizzato, su iniziativa dell’attore, in alternativa all’ordinario processo di cognizione, per le cause civili di competenza del tribunale in composizione monocratica che, per la loro natura, il giudice ritenga possano essere decise sulla base di un’istruzione sommaria. Lo stesso nuovo procedimento è stato anche individuato come rito da applicare obbligatoriamente nelle controversie indicate dagli artt. 14-30 del d.lgs. 1.9. 2011, n. 150 sulla cd. riduzione e semplificazione dei riti civili di cognizione. In questa sede vengono esaminati i problemi interpretativi che sono emersi in sede di prima applicazione del nuovo procedimento e gli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali che vanno affermandosi con riferimento ai più rilevanti suoi profili innovativi.
Senza dubbio, il nuovo procedimento sommario di cognizione di cui agli artt. 702 bis, ter e quater c.p.c. si inserisce fra le novità più rilevanti ed ambiziose della riforma del processo civile introdotta con la l. 18.6.2009, n. 691. Esso, per espressa previsione legislativa, è destinato ad essere utilizzato, in alternativa all’ordinario processo di cognizione piena, per tutte le cause di competenza del tribunale in composizione monocratica, che siano ritenute dal giudice idonee ad essere decise sulla base di un’«istruzione sommaria». Ai sensi del co. 1 dell’art. 702 bis, infatti, «nelle cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica, la domanda può essere proposta con ricorso al tribunale competente». Peraltro, il procedimento è destinato ad allargare ulteriormente il suo ambito di applicazione per effetto del decreto legislativo sulla cd. semplificazione dei riti civili, in attuazione della legge delega di cui all’art. 54 della stessa l. n. 69/2009. Ed infatti, fra i principi e criteri direttivi della delega si prevedeva che i procedimenti speciali di cognizione, «anche se in camera di consiglio, in cui sono prevalenti caratteri di semplificazione della trattazione o dell’istruzione della causa», fossero ricondotti al procedimento sommario di cognizione di cui agli artt. 702 bis ss. c.p.c., «restando tuttavia esclusa per tali procedimenti la possibilità di conversione nel rito ordinario»2. Sulla scia di questa indicazione il Governo, con il d.lgs. 1.9.2011, n. 150, ha previsto che, per alcune tipologie di controversie, il nuovo procedimento sommario di cognizione costituisse il rito da applicare necessariamente. Stabiliscono, infatti, gli artt. 14-30 del richiamato d.lgs. che «sono regolate dal rito sommario di cognizione» le controversie instaurate dopo la sua entrata in vigore che rientrino nelle seguenti materie: liquidazioni degli onorari degli avvocati, opposizione a decreto di pagamento di spese di giustizia, mancato riconoscimento del diritto di soggiorno, allontanamento e espulsione dei cittadini dell’Unione europea, espulsione dei citta dini non appartenenti all’Unione europea, riconoscimento della protezione internazionale, opposizione al diniego al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari, opposizione alla convalida del trattamento sanitario obbligatorio, azioni popolari e eleggibilità, decadenza e incompatibilità nelle elezioni comunali, provinciali e regionali, eleggibilità e incompatibilità nelle elezioni per il Parlamento europeo, riparazione a seguito di illecita diffusione del contenuto di intercettazioni telefoniche, impugnazione delle deliberazioni del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, discriminazione, opposizione alla stima nelle espropriazioni per pubblica utilità, attuazione di sentenze e provvedimenti stranieri di giurisdizione volontaria e contestazioni del riconoscimento. In tutti questi casi, inoltre, la disciplina applicabile al rito sommario di cognizione non sempre coincide con quella generale fissata dagli artt. 702 bis, ter e quater c.p.c. E questo, sia perché non sempre le controversie richiamate rientrano fra quelle di competenza del tribunale in composizione monocratica (ma anche di quella del giudice di pace, del tribunale in composizione collegiale, della Corte d’appello in primo grado), sia perché l’art. 3 del citato d.lgs. esclude comunque l’applicazione dei commi 2 e 3 dell’art. 702 ter c.p.c., sia perché in molti casi si esclude espressamente che l’ordinanza sommaria, che chiude il giudizio di primo grado, sia appellabile (come, invece, previsto in termini generali dall’art. 702 quater c.p.c.)3.
L’introduzione e la conseguente prima applicazione del nuovo procedimento ha fatto emergere una serie di questioni problematiche, sulle quali merita soffermarsi in questa sede.
2.1 Il modello processuale seguito per il nuovo procedimento
Anzitutto, il modello processuale seguito dal legislatore. Il procedimento sembra modellato – nella struttura – su quello dell’abrogato art. 19 d.lgs. n. 5/2003 in materia societaria4. Anche il nuovo procedimento sommario, infatti, si articola in due fasi:
a) una prima fase (necessaria) a cognizione sommaria, destinata ad esaurire il primo grado di giudizio ed a chiudersi con la pronuncia di un’ordinanza di accoglimento o di rigetto della domanda nel merito (sempre che non sia rilevata l’incompetenza del giudice adito o l’inammissibilità della domanda se essa non rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 702 bis);
b) una seconda fase a cognizione piena, che si apre solo a seguito dell’eventuale proposizione dell’appello, nell’ambito del quale, tuttavia, sono ammessi solo nuovi mezzi di prova e documenti quando il collegio li ritenga rilevanti o quando la parte dimostri di non averli potuti proporre nel corso della fase sommaria per cause a lei non imputabili.
Tuttavia, a differenza di quel che accadeva con riferimento all’art. 19 d.lgs. n. 5/2003, dove il co. 5 stabiliva espressamente che, se l’ordinanza non fosse stata appellata, essa non produceva gli effetti di cui all’art. 2909 c.c.5, il co. 1 dell’art. 704 quater prevede espressamente che l’ordinanza emessa all’esito della giudizio di primo grado, di accoglimento o rigetto nel merito della domanda proposta, «produce gli effetti di cui all’art. 2909 del codice civile se non è appellata entro trenta giorni dalla sua comunicazione o notificazione». In termini generali e salvo gli ulteriori approfondimenti che verranno svolti in seguito, possiamo dire che si tratta di un procedimento sommario finalizzato non solo alla veloce formazione di un titolo esecutivo giudiziale, ma anche alla produzione degli effetti propri del giudicato sostanziale6. Di un procedimento, cioè, semplificato e sommario con funzione decisoria, o meglio di un procedimento a cognizione sommaria perché ad istruzione e trattazione deformalizzate7. Mentre, parlare, con riferimento al nuovo procedimento, di processo deformalizzato, ma a cognizione piena – come hanno fatto alcuni fra i primi commentatori8 e come fa anche la Relazione ministeriale al d.lgs. n. 150/2011 sulla cd. semplificazione dei riti – appare una contraddizione in termini, essendo evidente che un processo deformalizzato è privo dei requisiti minimi per essere considerato a cognizione piena. A meno che (ma allora occorrerebbe puntualizzarlo) non si voglia molto più semplicemente sottolineare che, in questo caso, nonostante l’utilizzazione di un procedimento a cognizione sommaria (ovvero deformalizzato), l’accertamento (ovvero il risultato della cognizione o meglio del procedimento cognitivo sommario) non ha da essere esso stesso sommario o superficiale, ma pieno9. Circa, poi, l’idea di utilizzare l’appello come rimedio per consentire la «trasformabilità» del processo da sommario in processo a cognizione piena ed esauriente, essa non è nuova10. Nel passato, infatti, è stata avanzata anche la proposta di introdurre un appello «atipico», utilizzabile come rimedio diretto ad evitare gli «esiti paradossali» del ricorso abnorme all’art. 111, co. 2 (ora co. 7), Cost. avverso provvedimenti cameral-sommari a contenuto decisorio e definitivi11. D’altro canto, in tutte le ipotesi nelle quali – come nel caso del nuovo procedimento sommario – l’appello venga utilizzato come rimedio attraverso il quale assicurare alla parte soccombente la trasformazione del procedimento da sommario in cognizione piena ed esauriente è evidente che – anche al fine di salvaguardare i principi costituzionali12 – l’appello non può essere quello ordinario, ma un mezzo di impugnazione sui generis che nella sostanza (ed in particolare per quel che riguarda la pienezza del diritto di difesa delle parti) assume la struttura di un grado (il primo) di cognizione piena ed esauriente. Non può che lasciare perplessi, di conseguenza, anche alla luce di quel che diremo nel prosieguo sulla funzione «garantistica » dell’appello, la circostanza che, nell’utilizzare il procedimento sommario in questione ai fini della cd. semplificazione dei riti civili, alla quale si è fatto cenno, il legislatore delegato (contravvenendo, peraltro, le indicazioni provenienti dalla legge delega) abbia escluso, in taluni casi, l’appellabilità dell’ordinanza sommaria che chiude il giudizio di primo grado.
2.2 L’ambito applicativo
Una seconda questione particolarmente rilevante (e fonte di dubbi interpretativi) del nuovo procedimento riguarda la delimitazione del suo ambito applicativo. Colpisce, anzitutto, la circostanza che il novello legislatore, pur introducendo un nuovo procedimento sommario, dall’applicazione tendenzialmente ampia, non si sia preoccupato di individuare le particolari «condizioni di ammissibilità» dello stesso. Non può esservi dubbio, infatti, sul fatto che, col predisporre il nuovo rito, il legislatore abbia voluto mettere a disposizione delle parti una speciale forma di esercizio delle ordinarie azioni di cognizione, una speciale forma di cognizione, la quale, pur attraverso un procedimento in primo grado sommario, conduce all’incontrovertibilità propria del giudicato e si differenzia dall’ordinario processo a cognizione piena per la particolare struttura del procedimento di primo grado e per la diversa forma del provvedimento che lo conclude. La sua funzione, dunque, sembra essere quella propria dei procedimenti decisori sommari: offrire alle parti la possibilità di ottenere una rapida formazione del giudicato sostanziale sull’oggetto della lite. Di conseguenza, sarebbe stato ovvio attendersi da parte del legislatore una puntuale indicazione delle «condizioni di ammissbilità» del nuovo procedimento speciale, alla luce delle quali consentire al giudice di valutare la praticabilità o meno dello stesso13. Così come normalmente ha fatto nel passato quando ha optato per l’adozione di speciali procedimenti sommari non cautelari14, nella convinzione che «quando il legislatore ha voluto predisporre forme di tutela urgente adeguate ai bisogni di tutela di situazioni di vantaggio nuove (per lo più proprie dei proprietari prima e dei mercanti poi) non si è limitato a predisporre astratte forme di procedimenti sommari atipici, ma ha sempre quanto meno risolto i ‘nodi’ relativi ai limiti di ammissibilità del procedimento e al contenuto del provvedimento»15. Sennonché, qui non è chiaro (rectius: il legislatore non chiarisce) quali siano le condizioni «privilegiate» la cui sussistenza consente all’attore di evitare, per ottenere la pronuncia sul merito dell’azione esercitata, la strada del normale processo a cognizione piena (ordinario o speciale) in doppio grado. O meglio: ai fini di delimitare genericamente l’ambito applicativo del nuovo rito speciale si limita ad indicare nel co. 1 dell’art. 702 bis le controversie di competenza del tribunale in composizione monocratica, aggiungendo soltanto – nel successivo co. 3 dell’art. 702 ter – che l’adozione del nuovo procedimento presuppone la valutazione del giudice investito della controversia che essa possa essere decisa mediante «istruzione sommaria». Sono queste le «condizioni di ammissibilità» del nuovo procedimento16 o meglio i requisiti oggettivi previsti per la sua utilizzabilità, la cui mancanza determina – come emerge chiaramente dall’art. 702 ter – l’impossibilità di avere una pronuncia sul merito con ordinanza e la necessità per il giudice adito o di pronunciare ordinanza di inammissiblità (laddove la controversia non appartenga alla competenza del tribunale in composizione monocratica o, sebbene vi appartenga, non possa essere trattata con il nuovo procedimento, perché da trattare con un rito speciale a cognizione piena) o ordinanza di trasformazione del rito da sommario in ordinario, con conseguente fissazione dell’udienza di cui all’art. 183 c.p.c. Ma di fatto il legislatore rimette all’aleatoria (e discrezionale) valutazione del giudice, davanti al quale viene proposta la domanda, l’effettiva sua applicabilità. Con la conseguenza che, da un lato, nel momento in cui si orienta per l’utilizzazione di questo nuovo rito speciale, l’attore non è in grado di sapere se, nel caso di specie, sussistano o meno le «condizioni» per poter procedere con le forme del nuovo rito speciale e, dall’altro lato, una volta che il giudice abbia assunto le sue determinazioni in proposito, alle parti è preclusa qualsiasi possibilità di verificare ex post se egli abbia o meno correttamente operato. Con rilevanti ripercussioni sul piano dell’incisione della garanzia di difesa delle parti, meritevole di essere assicurata in qualsiasi «stato e grado del giudizio» (art. 24, co. 2, Cost.) ed in forme «regolat[e] dalla legge» (art. 111, co. 1, Cost.), proprio in relazione alla valutazione di sussistenza o meno delle «condizioni di ammissibilità» del nuovo rito speciale17. Valutazione che, in concreto, comporta: a) per l’attore-ricorrente, la possibilità di beneficiare di un primo grado di un giudizio deformalizzato (nei termini indicati dall’art. 702 ter, co. 5) e la veloce formazione di un titolo esecutivo (ed eventualmente del giudicato sostanziale); b) per il convenuto, il rischio di subire una riduzione dei termini minimi a difesa (art. 702 bis, co. 3) e comunque la perdita di un grado di giudizio a cognizione piena. Certo, in questa scelta s’intravede la volontà del legislatore di introdurre anche nel nostro ordinamento processuale i criteri indubbiamente nuovi dell’«elasticità» e della «proporzionalità» fra caratteri della controversia e procedimento da seguire in concreto nella trattazione ed istruzione della stessa, criteri in grado di recepire anche nel nostro ordinamento la comune convinzione che «fexibility enables better management of the time spent on the trial»18. Ma non si possono trascurare i rischi ai quali si espone una simile soluzione, soprattutto laddove, come nel caso di specie, non sia accompagnata da puntuali indicazioni legislative. Così facendo, infatti, non solo si finisce per esaltare forme di giustizia octroyèe, il cui esercizio è affidato alla pura discrezionalità del giudice, discrezionalità tanto più evidente quando la pronuncia del provvedimento sommario venga subordinata a valutazioni aleatorie come quelle previste dagli artt. 702 bis ss. c.p.c. e non a criteri predeterminati, ma si finisce anche per trasformare il ricorso alle forme della tutela sommaria da strumento eccezionalmente utilizzato dal legislatore al fine di ottenere – per particolari categorie di diritti o per la particolare certezza della pretesa attorea – quella che Enrico Finzi molto efficacemente definiva come «inversione dell’onere della mora»19, cioè inversione dell’onere di subire le conseguenze negative della durata (anche fisiologica) del processo a cognizione piena ed esauriente, in strumento di vera e propria «sommarizzazione» della tutela giurisdizionale dei diritti, in sostituzione del giudizio a cognizione piena ed esauriente.
2.3 I presupposti
Con riferimento ai requisiti indicati dal legislatore per l’applicazione del nuovo procedimento, il primo è dato – come già detto – dall’appartenenza della controversia alla competenza del tribunale in composizione monocratica. Il tenore letterale dell’art. 702 bis lascia intendere che il nuovo procedimento sommario (nei termini in cui sia scelto dall’attore in alternativa al processo a cognizione piena) non possa essere applicato alle controversie di competenza del tribunale in composizione collegiale (art. 50 bis c.p.c.), né alle controversie d’appello di competenza del tribunale o della Corte d’appello, né a quelle di competenza di quest’ultima in funzione di giudice di primo grado e neppure possa essere applicato alle controversie di competenza del giudice di pace20. A questa previsione espressa, tuttavia, occorre aggiungere l’esclusione dall’applicazione del nuovo procedimento sommario anche delle controversie, pur di competenza del tribunale monocratico, per le quali è previsto un rito speciale a cognizione piena (come, ad es., il rito del lavoro o quello locatizio)21 o un rito che, pur non essendo speciale, presenta comunque specifiche modalità di introduzione (ad es., le opposizioni esecutive)22 o per le quali venga espressamente prevista l’applicabilità del processo a cognizione piena (come, ad es., le opposizioni al decreto ingiuntivo)23. La giustificazione di queste ulteriori esclusioni si basa su diversi elementi della disciplina sul nuovo procedimento. Anzitutto, con riferimento alla forma dell’atto introduttivo ed al suo contenuto, viene richiamata la stessa disciplina dell’atto introduttivo del processo ordinario a cognizione piena e la ragione della scelta è da individuarsi nel fatto che nel corso della fase sommaria il giudice, rilevando l’inutilizzabilità del procedimento sommario, possa disporre la prosecuzione proprio con le forme dell’ordinario processo a cognizione piena ed esauriente, fissando all’uopo l’udienza di cui all’art. 183 c.p.c. Il richiamo del contenuto di cui all’art. 163 c.p.c. per quanto riguarda il ricorso introduttivo impone che la valutazione dei suoi profili di nullità e delle conseguenze degli stessi vada effettuata ai sensi dell’art. 164 c.p.c. A tal proposito, peraltro, occorre osservare che lo stesso co. 1 dell’art. 702 bis aggiunge che il ricorso deve anche contenere «l’avvertimento di cui al numero 7 del co. 3 dell’art. 163 c.p.c.». In realtà, per dare un significato ragionevole alla disposizione il contenuto dell’«avvertimento» va necessariamente adattato alla specifica disciplina di oneri, facoltà e decadenze stabilite per il convenuto nella fase introduttiva del nuovo procedimento. Questo significa che dal ricorso dovrà emergere – a pena di nullità dello stesso – sia l’invito al convenuto a costituirsi nel termine perentorio indicato dal giudice nel decreto di fissazione dell’udienza ai sensi del co. 3 dell’art. 702 bis (non oltre 10 giorni prima dell’udienza) mediante deposito di una comparsa di risposta, sia l’«avvertimento che la costituzione oltre il suddetto termine implica le decadenze di cui ai co. 4 e 5 dell’art. 702 bis», ovvero che – costituendosi oltre il termine perentorio – decadrà dal potere di proporre eccezioni di rito o di merito non rilevabili d’ufficio, di proporre domande riconvenzionali e di chiamare terzi in causa. In secondo luogo, nel co. 3 dell’art. 702 ter si prevede espressamente – come già detto – che, se il giudice adito con il procedimento sommario dovesse ritenere che «le difese svolte dalle parti richiedono un’istruzione non sommaria, il giudice, con ordinanza non impugnabile, fissa l’udienza di cui all’art. 183. In tal caso si applicano le disposizioni del libro II». Il riferimento all’udienza di cui all’art. 183 c.p.c. ed all’applicazione delle disposizioni del II libro del codice fanno ritenere che il nuovo procedimento sommario sia voluto dal legislatore in alternativa al rito ordinario per le controversie di competenza del tribunale in composizione monocratica. Un ulteriore elemento a favore dell’esclusione dall’ambito di applicazione del nuovo procedimento delle controversie da trattare con un rito speciale a cognizione piena si ricava dalla disciplina delle preclusioni, che scattano per il convenuto al momento della costituzione in giudizio, ritagliata sull’art. 167 c.p.c. e dunque ancora una volta nell’ottica dell’alternatività fra questo procedimento sommario ed il rito ordinario a cognizione piena del tribunale in composizione monocratica. Questo vale anche per la chiamata in causa del terzo (a qualsiasi titolo essa avvenga), nonostante che il co. 5 dell’art. 702 bis richiami espressamente soltanto la chiamata in garanzia24.
2.4 Natura dell’azione esercitata
Quanto alla destinazione del nuovo procedimento sommario ad essere utilizzato per le controversie di competenza del tribunale in composizione monocratica, è da rilevare che l’applicabilità del procedimento sembra estesa a tutte le forme di domanda rientranti nella competenza del tribunale in composizione monocratica (e dunque, anche a quelle costitutive e di accertamento). E nello stesso senso sembrano orientarsi anche i giudici di merito nelle prime applicazioni del nuovo procedimento25. Va anche ricordato che l’estensione dell’ambito di applicazione dell’art. 702 bis alle controversie di competenza del tribunale in composizione monocratica, a prescindere dalla natura dell’azione esercitata, si è avuta solo nel corso dei lavori parlamentari. Invece, nel testo originario del d.d.l. n. 1441 bis, approvato in prima lettura dalla Camera il 2 ottobre 2008, si prevedeva che il nuovo procedimento sommario potesse trovare applicazione solo in caso di domanda di condanna per il pagamento di somme di denaro, anche se non liquide, ovvero alla consegna o al rilascio di beni. Nei confronti di questa formulazione si era rilevato come il nuovo procedimento sommario avesse «un ambito di applicabilità che in ben poco si differenzia da quello proprio del procedimento ingiunzionale»26 e denotasse «una mancanza di coraggio, perché il problema della celere soddisfazione si pone in ugual modo per tutti i crediti, quale che ne sia il contenuto »27. La soluzione adottata con l’approvazione definitiva della l. n. 69/2009 consente di superare queste prime obiezioni. Di fronte ad una simile soluzione, non può non rilevarsi l’inopportunità di prevedere la trascrivibilità dell’ordinanza di accoglimento non ancora passata in giudicato (art. 702 ter, co. 6), sia perché si ricollega la trascrizione (e l’annotazione) ad un provvedimento sommario indipendentemente dal suo contenuto (si pensi, ad es., all’ipotesi in cui venga accolta la domanda ex art. 2932 c.c. relativa ad un contratto preliminare di trasferimento di diritti reali su beni immobili), sia perché la previsione si pone in contrasto con l’art. 2657 c.c., il quale continua a prevedere (in maniera tassativa, secondo l’orientamento tralaticio della giurisprudenza della Cassazione)28 che «la trascrizione non si può eseguire se non in forza di sentenza, di atto pubblico o di scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente».
2.5 Il presupposto dell’«istruzione sommaria»
Il presupposto fondamentale perché, una volta introdotto, il procedimento prosegua con le forme del rito sommario è da rinvenirsi nella valutazione del giudice sulla possibilità di decidere la controversia all’esito di un’«istruzione sommaria». Si tratta di comprendere cosa intenda il legislatore per «istruzione sommaria», idonea a consentire la pronuncia dell’ordinanza conclusiva del giudizio di primo grado. In proposito numerosi sono i dubbi e, in sede di prima applicazione del nuovo procedimento, diverse sono state le soluzioni seguite. Anzitutto, è stato escluso che il presupposto dell’«istruzione sommaria» concerna l’oggetto della controversia. E dunque che, ai fini dell’applicazione del nuovo procedimento sommario, si debba distinguere fra cause complesse e cause semplici, escludendone l’applicabilità per le prime ed ammettendola solo per le seconde. Piuttosto, a tal fine l’attenzione va rivolta alla natura (semplice o complessa) dell’istruzione necessaria per la decisione nel merito29: ad es., perché, valutate le richieste istruttorie delle parti e la loro rilevanza ed ammissibilità, il giudice ritiene che l’unico mezzo probatorio da disporre sia la consulenza tecnica d’ufficio o perché le prove indicate dalle parti sono soltanto di tipo documentale ed in sede d’udienza non vi è stata richiesta di assunzione di ulteriori prove costituende. Il presupposto dell’«istruzione sommaria», più in generale, dovrebbe aversi: a) sia quando la controversia risulti di semplice decisione (ad es., perché di puro diritto o perché fondata su fatti pacifici)30; b) sia quando la controversia abbia natura esclusivamente documentale e non vi sia necessità di assumere prove costituende; c) sia quando la causa, pur non essendo né di semplice decisione, né documentale, per la sua natura31 richieda un’attività istruttoria minima, che, dunque, può essere svolta anche in modo deformalizzato32. Sebbene nell’art. 702 ter, co. 3, il legislatore non specifichi cosa intenda con la formula «istruzione sommaria», è certo, comunque, che intenda riferirsi ad un’istruzione che non abbia le caratteristiche del processo a cognizione piena. E difatti, da un lato, impone la conversione del procedimento da sommario in ordinario a cognizione piena solo laddove, sulla base della sua valutazione, il giudice ritenga che le difese svolte dalle parti «richiedano un’istruzione non sommaria», ovvero un’istruzione che si svolga nelle forme e termini dell’ordinario processo a cognizione piena. Dall’altro, nell’utilizzare il procedimento in questione ai fini della cd. semplificazione dei riti civili, lo destina a quelle controversie nelle quali «sono prevalenti caratteri di semplificazione della trattazione o dell’istruzione della causa» (art. 54 l. n. 69/2009). Ne consegue che non solo, accanto alle prove tipiche, ben potrà ammettersi – salvo sempre il rispetto del contraddittorio e del diritto alla prova a favore della controparte – il ricorso a prove cd. atipiche (come, ad es., l’assunzione di prove testimoniali con forme diverse da quelle tipiche, l’introduzione di prove assunte in altri processi, accertamenti tecnici stragiudiziali, prodotti in forma documentale, ecc.), ma l’assunzione delle stesse prove tipiche potrà avvenire con modalità deformalizzate33. A questo sembra doversi limitare il riferimento al presupposto dell’«istruzione sommaria», all’ambito delle prove utilizzabili e alle modalità di assunzione delle stesse, guardandosi bene dall’estenderlo anche a connotare il risultato dell’accertamento. Sintomatico di questa voluntas del legislatore è la circostanza che, nel passaggio dal procedimento sommario previsto, nella XV legislatura, dal d.d.l. 1524/S/XV (Mastella) all’attuale disciplina, il legislatore ha abbandonato il riferimento, che pure compariva nell’art. 46 del richiamato d.d.l., alla possibilità per il giudice di decidere sulla base della verosimiglianza dei fatti costitutivi e della non verosimiglianza dei fatti posti a base delle eccezioni34. In effetti, quando ci si sofferma a riflettere sui connotati della cognizione piena e di quella sommaria, e dunque sugli elementi che consentono di qualificare un dato procedimento come sommario o a cognizione piena, è opportuno cercare di non cadere nell’equivoco di confondere la «cognizione» intesa come modus procedendi dalla «cognizione» intesa come risultato o accertamento. Nell’utilizzare la categoria dei processi a cognizione sommaria, tradizionalmente, si è fatto riferimento al fatto che l’accertamento acquisito dal giudice è il frutto di un modus procedendi non conforme a quello dei processi a cognizione piena. Il carattere della sommarietà, cioè, è stato riferito alle modalità con cui vengono acquisiti gli elementi utili per accertare il fatto, ma non riguarda affatto il risultato di questo accertamento. Ed infatti, è convinzione comune che non possa affatto escludersi a priori che anche un procedimento sommario nel modus procedendi possa dar vita, in concreto, ad un accertamento completo ed esauriente dei fatti di causa35. Ma questo non significa affatto che il procedimento perda la natura sommaria e diventi a cognizione piena, perché in questo modo si confondono due piani (quello del risultato dell’accertamento e quello del modus procedendi) che è necessario tenere distinti. Per intenderci: non è sufficiente la qualità del risultato, l’accertamento, a consentire di mutare la natura del procedimento da sommario in processo a cognizione piena, essendo necessario guardare, ai fini dell’applicazione di simili qualificazioni, alla struttura del procedimento. In conclusione, l’intenzione del legislatore sembra essere quella di riconoscere al giudice il potere di valutare se – sulla base della natura della controversia, della sua complessità in fatto e/o in diritto, delle difese svolte dalle parti e delle prove portate a sostegno di tali difese – sia possibile pervenire alla formazione di un convincimento, che comunque ha da essere pieno (art. 116 c.p.c.), ma che è frutto non di una cognizione piena (nel senso del modus procedendi) sulla fondatezza o meno della domanda proposta. Per questa ragione (e solo per questa) il procedimento in questione è da considerare sommario36.
Alle questioni applicative finora esaminate, peraltro, si aggiungono ulteriori profili problematici che l’introduzione della nuova disciplina ha fatto emergere.
3.1 L’articolazione della trattazione in forma «semplificata»
Strettamente connessa alla connotazione della natura sommaria del procedimento in questione è la disciplina della trattazione della causa, ove il giudice ritenga che le difese delle parti consentano un’istruzione sommaria. Il co. 5 dell’art. 702 ter c.p.c. è chiarissimo nella previsione per cui, in tal caso, il giudice non debba comportarsi come se si trattasse di un processo a cognizione piena, ma debba improntare la trattazione alle forme proprie dei processi a cognizione sommaria (perché non assunta secondo le forme e i termini del processo a cognizione piena). E se anche in tal caso si voglia parlare di processo deformalizzato, invece che di processo a cognizione sommaria, i termini del discorso secondo l’impostazione tradizionale che sopra abbiamo visto, non cambiano in alcun modo: la trattazione deformalizzata altro non significa che cognizione non piena e dunque sommaria. Per quanto riguarda, infatti, la trattazione alla base della pronuncia di merito, l’art. 702 ter richiama da vicino il modello processuale delineato dall’art. 669 sexies, co. 1, c.p.c. A norma del co. 5 dell’art. 702 ter «il giudice, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione rilevanti in relazione all’oggetto del provvedimento richiesto e provvede con ordinanza all’accoglimento o al rigetto delle domande». Formula, questa, che – come è stato notato con riferimento al procedimento cautelare dal quale la medesima formula viene ripresa – «coglie al massimo della chiarezza possibile … l’essenza della cognizione (e del procedimento) sommario»37. L’unica variante rispetto all’art. 669 sexies che si registra riguarda la valutazione di ammissibilità degli atti di istruzione: «indispensabili » in relazione ai fini ed ai presupposti del provvedimento nel caso del procedimento cautelare; «rilevanti» nel caso dell’art. 702 ter. Ma si tratta di una variante che, nella sostanza, non sembra possa influire in modo rilevante sulla valutazione del giudice. Tanto più se si considera che anche con riferimento all’art. 669 sexies, co. 1, c.p.c. si è ammessa la sostanziale equivalenza fra «indispensabilità» e «rilevanza»38. Ne deriva che il giudice investito del procedimento sommario debba disporre l’assunzione di «atti di istruzione» tutte le volte che lo ritenga «rilevante» ai fini della pronuncia sul merito del ricorso, ovvero quando quest’attività non risulti superflua in quanto siano emerse questioni di rito o vi siano prove documentali sufficienti o si tratti di fatti pacifici. Occorre anche aggiungere che il giudice, laddove ritenga di dover disporre l’assunzione di «atti di istruzione rilevanti» – stando sempre alla formulazione dell’art. 702 ter – potrà procedere «nel modo che ritiene più opportuno» al compimento di tali atti. Ci troviamo in presenza di una chiara volontà del legislatore di alleggerire il procedimento delle formalità previste per il rito ordinario e di introdurre l’opportuna elasticità della trattazione che la disciplina del rito ordinario non consente, arrivando a riconoscere allo stesso giudice ampia discrezionalità sia nella valutazione di quali formalità omettere e nella determinazione del modus procedendi più opportuno, sia nella individuazione degli strumenti probatori da assumere come «atti di istruzione». Con il solo limite della necessità di assicurare, comunque, il pieno («essenziale») rispetto del contraddittorio fra le parti. Ed a tal fine, si può ben ammettere che l’articolazione della trattazione nell’ambito del procedimento sommario sia cadenzata anche mediante l’adozione del cd. calendario del processo, il quale – come emerge proprio dall’art. 81 bis disp. att. c.p.c. – va fissato dal giudice «quando provvede sulle richieste istruttorie», e dunque anche quando dette richieste emergano nel contesto del nuovo procedimento sommario. Con la conseguente indicazione delle udienze successive e degli incombenti che in quella sede saranno espletati. Infatti, sebbene sia indubbio l’obiettivo principale del legislatore, con la previsione del cd. calendario del processo, di organizzare e rendere prevedibile l’articolazione e la conclusione del processo a cognizione piena, il medesimo strumento appare pienamente compatibile anche con il nuovo procedimento sommario, stante il generico riferimento dell’art. 703 ter, co. 5, c.p.c. ad impostare la trattazione prima della pronuncia dell’ordinanza nel merito «nel modo che ritiene più opportuno». Provvedendo, cioè, nel modo che ritenga più opportuno agli eventuali «atti di istruzione» (la medesima formula utilizzata nell’art. 669 sexies, co. 1, c.p.c. per il procedimento cautelare, e comunemente intesa come riferentesi a qualcosa di diverso dall’assunzione dei mezzi di prova dei processi a cognizione piena). Si può parlare, perciò, di un procedimento a «cognizione sommaria perché ad istruzione informale o deformalizzata». Restando inteso – alla luce della disciplina sul nuovo procedimento sommario – che la parte soccombente nell’ordinanza ha a disposizione una seconda fase a cognizione piena, che si apre a seguito dell’eventuale proposizione dell’appello sui generis di cui all’art. 702 quater c.p.c., nell’ambito del quale sono anche ammessi nuovi mezzi di prova e documenti quando il collegio li ritenga rilevanti.
3.2 La funzione «garantistica» dell’appello avverso l’ordinanza sommaria
La connotazione del procedimento in termini di sommarietà per deformalizzazione della trattazione è anche alla base della scelta che il legislatore compie nel disciplinare l’appello avverso l’ordinanza sommaria, che chiude il giudizio di primo grado39. La necessaria salvaguardia del principio costituzionale del «giusto processo regolato dalla legge», «nel contraddittorio fra le parti, in condizioni di parità» (art. 111 Cost.) impone che in fase di appello alle parti siano riconosciute tutte le facoltà proprie della pienezza del diritto di difesa e del diritto alla prova, in qualche maniera conculcate dalla deformalizzazione del giudizio di primo grado. Se così non fosse sarebbe in contrasto con i principi costituzionali la previsione dello stesso art. 702 quater c.p.c. che l’ordinanza sommaria di primo grado «produce gli effetti di cui all’art. 2909 c.c. se non è appellata entro trenta giorni dalla sua comunicazione o notificazione». Vale a dire che, laddove non appellata tempestivamente, l’ordinanza sommaria, che comunque deve essere adeguatamente motivata40, è destinata ad acquistare l’efficacia propria del giudicato sostanziale; puntualizzazione, questa, che vale sia per quel che riguarda la determinazione dei limiti oggettivi e soggettivi dell’accertamento contenuto nell’ordinanza e che esclude l’utilizzabilità in altre occasioni avanzata di categorie «quantitativamente» diverse dal giudicato vero e proprio, come quella di preclusione pro iudicato, sia ai fini dell’esperibilità della revocazione straordinaria e dell’opposizione di terzo41. L’efficacia del giudicato, tuttavia, non può che riferirsi alla sola ordinanza non appellata con la quale il giudice di primo grado abbia deciso nel merito42. Ed il medesimo effetto è da ritenere si produca per l’ordinanza di merito in caso di inammissibilità, improcedibilità o estinzione dell’appello. A quest’esigenza è connessa la scelta del legislatore di predisporre per l’appello avverso l’ordinanza sommaria una disciplina speciale, ben diversa da quella propria dell’appello ordinario. Anzitutto, quanto detto vale con riferimento ai termini per appellare l’ordinanza di cui all’art. 702 ter. Essa – dispone l’art. 702 quater – può essere appellata «entro trenta giorni dalla sua comunicazione o notificazione». A differenza dell’appello ordinario, dunque, per far decorrere i termini brevi per appellare sarà sufficiente la comunicazione dell’ordinanza da parte della cancelleria del giudice (se avvenuta prima della notificazione). Ma disposizioni particolari valgono soprattutto per quanto riguarda l’oggetto di quest’appello «speciale». Prevede, infatti, l’art. 702 quater che in appello «sono ammessi nuovi mezzi di prova e nuovi documenti quando il collegio li ritiene rilevanti ai fini della decisione, ovvero la parte dimostra di non aver potuto proporli nel corso del procedimento sommario per causa ad essa non imputabile». Si tratta di differenza di particolare rilievo, una volta che si consideri che la valutazione di «rilevanza» dei mezzi di prova riguarda molto semplicemente l’attinenza del mezzo di prova proposto o del documento prodotto alla controversia. Se così è, tuttavia, non si comprende la previsione dell’art. 702 quater secondo cui, oltre che i mezzi di prova e i documenti ritenuti «rilevanti» dal collegio, potranno essere proposti per la prima volta in appello anche i mezzi di prova e i documenti che «la parte dimostra di non aver potuto proporli nel corso del procedimento sommario per causa ad essa non imputabile ». Una volta esclusa la preclusione (che non sia l’irrilevanza) alla proposizione di nuovi mezzi di prova nell’appello avverso l’ordinanza, questa disposizione perde di qualsiasi ragionevolezza43.
1 V. anche Carratta, in Mandrioli- Carratta, Come cambia il processo civile, Torino, 2009, 137 ss.; Id., Il nuovo procedimento sommario (art. 702 bis ss. c.p.c.), in Rass. for., 2009, 445 ss.; Id., Procedimento sommario di cognizione, in Enc. giur., 2010; Luiso, Il procedimento sommario di cognizione, in Giur. it., 2009, 1568; Tommaseo, Il procedimento sommario di cognizione, in Prev. for., 2009, 125 ss.; Menchini, L’ultima «idea» del legislatore per accelerare i tempi della tutela dichiarativa dei diritti: il processo sommario di cognizione, in Corr. giur., 2009, 1025; Balena, Il procedimento sommario di cognizione, in Foro it., 2009, V, 324; Caponi, Sub art. 702 bis, in AA.VV., La riforma della giustizia civile, Torino, 2009, 198; Olivieri, Il procedimento sommario di cognizione, in AA.VV., Le norme sul processo civile nella legge per lo sviluppo economico, la semplificazione e la competitività, Napoli, 2009, 84 ss.; Consolo, «Una buona «novella» al c.p.c., in Corr. giur., 2009, 742 s.; Consolo-Luiso, Assestamenti funzionali per l’effettività piena del procedimento sommario di cognizione: una prima conclusione, in Corr. giur., 2010, 519 ss.; Chiarloni, Introduzione, in Giur. it., 2010, 719; Ferri, Il procedimento sommario di cognizione, in Riv. dir. proc., 2010, 92 ss.; Pacilli, Brevi note sul nuovo procedimento sommario di cognizione, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2011, 929 ss.
2 In proposito Carratta, in Mandrioli- Carratta, Come cambia il processo civile, cit., 208 ss.
3 Per ulteriori considerazioni in proposito rinviamo a Carratta, La semplificazione dei riti civili: i limiti dello schema di decreto legislativo presentato dal Governo, in www.treccani.it/magazine/diritto/approfondimenti.
4 Con riferimento al quale rinviamo, anche per le citazioni, a Carratta, Società (riforma delle): (II) Profili processuali, in Enc. giur., 2005, § 4.5; Id., I nuovi riti speciali societari fra «decodificazione» e «sommarizzazione», in Davanti al giudice. Studi sul processo societario, a cura di Lanfranchi-Carratta, Torino, 2005, 65 ss.; Id., Processo sommario societario e limiti dell’appello avverso l’ordinanza: riflessioni de iure condito e prospettive de iure condendo, in Giur. it., 2008, 2552 ss.; v. anche, con valutazioni critiche, Lanfranchi, Procedimento sommario di cognizione societario e giusto processo civile, in Enc. giur., 2004.
5 Ma – come noto – l’art. 19 d.lgs. n. 5/2003 è stato abrogato dall’art. 54, co. 5, l. n. 69/2009.
6 Diverso il modello al quale era ispirata la proposta contenuta nell’art. 46 del d.d.l. 1524/S/XV (Mastella), dove si prevedeva l’introduzione di un nuovo «procedimento sommario di cognizione» nell’art. 702 bis c.p.c. per la pronuncia, da parte del giudice, di un’ordinanza «di condanna al pagamento di somme di denaro ovvero alla consegna o al rilascio di cose … nei limiti in cui ritenga verosimili, sulla base degli elementi acquisiti, i fatti che sono posti a fondamento della domanda e non verosimili i fatti posti a fondamento delle eccezioni». Su quest’ultima proposta v., in senso critico, Proto Pisani, Contro l’inutile sommarizzazione del processo civile, in Foro it., 2007, V, 44; v. anche Cipriani- Monteleone, Un nuovo progetto di riforma del processo civile, in Giusto proc. civ., 2007, 3; Luiso, Prime osservazioni sul disegno di legge Mastella, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2007, 605; Manzo, Osservazioni sul disegno di legge Mastella per la razionalizzazione e accelerazione del processo civile, in Foro it., 2007, V, 247 ss.
7 In questo senso – oltre a chi scrive (Carratta, in Mandrioli-Carratta, Come cambia, cit., 135 ss.) – Luiso, Il procedimento sommario, cit., 1568; Proto Pisani, Ancora una legge di riforma a costo zero del processo civile, in Foro it., 2009, V, 221; Mandrioli, Diritto processuale civile, XX ed., III, Torino, 2009, 269 ss.; Olivieri, Il procedimento sommario di cognizione, in AA.VV., Le norme sul processo civile nella legge per lo sviluppo economico, la semplificazione e la competitività, Napoli, 2009, 81 ss.; Menchini, L’ultima «idea», cit., 1025 ss. Sulle nozioni, riprese nel testo, di «processo sommario» e «processo semplificato» rinviamo a Carratta, Processo sommario (dir. proc. civ.), in Enc. dir., Annali, I, 2008, 877 ss.
8 Balena, Il procedimento sommario, cit., 328 s.; Caponi, Un nuovo modello di trattazione a cognizione piena: il procedimento sommario ex art. 702 bis c.p.c., in www.judicium.it; Consolo, Una buona «novella» al c.p.c.: la riforma del 2009 (con i suoi artt. 360 bis e 614 bis) va ben al di là della sola dimensione processuale, in Corr. giur., 2009, 742 ss.; Basilico, Il procedimento sommario di cognizione, in www.treccani.it/portale/sito/diritto, § 7.
9 V. anche Tommaseo, Il procedimento sommario di cognizione, in Prev. forense, 2009, 126, il quale rileva che qui si utilizza «impropriamente il concetto di sommarietà», in quanto «il legislatore confonde la sommarietà con la facilità dell’accertamento …: resta fermo che la decisione deve esprimere un giudizio formulato in termini di certezza »; Chiarloni, Le recenti riforme del processo civile. Aggiornamento alla l. 18 giugno 2009, n. 69, Bologna, 2009, 33, il quale accosta, appunto, la «sommarietà» alla «deformalizzazione », osservando che questa «rappresenta un ausilio e non già un ostacolo, per il raggiungimento della verità».
10 Prima della riforma del 1990, nel senso che l’appello avrebbe potuto svolgere una funzione integrativa del giudizio di primo grado, quando questo fosse improntato alle forme della cognizione sommaria, v. Tarzia, Realtà e prospettive dell’appello civile, in Riv. dir. proc., 1978, 91; Id., Rimedi processuali contro i provvedimenti d’urgenza, ivi, 1986, 59 ss.; Lanfranchi, I procedimenti camerali decisori nelle procedure concorsuali e nel sistema della tutela giurisdizionale dei diritti, in Id., La roccia non incrinata, Torino, 2004, 125 ss.
11 Così Denti, V., Sub art. 111, in Comm. Cost. Branca, Bologna-Roma, 1987, 30; Id., L’art. 111 della Costituzione e la riforma della Cassazione, in Foro it., 1987, V, 231.
12 Per un discorso più articolato rinviamo a Carratta, Processo sommario (dir. proc. civ.), cit., 879 ss.; Id., Processo sommario societario e limiti, cit., 2554 ss.
13 In proposito v., soprattutto, le considerazioni di Calamandrei, Le condizioni di ammissibilità (presupposti processuali) per il procedimento di ingiunzione, in Riv. dir. comm., 1924, I, 18 e ss.; Id., Il procedimento monitorio nella legislazione italiana, Milano, 1926, 45 e ss., che, con riferimento al procedimento ingiuntivo, parla di «presupposti processuali speciali» per l’esercizio dell’ordinaria azione di condanna.
14 Rinviamo a Carratta, Processo sommario (dir. proc. civ.), cit., 877 ss.
15 Così Proto Pisani, La tutela sommaria (Note de iure condito e de iure condendo), già in I processi speciali. Studi offerti a Virgilio Andrioli dai suoi allievi, Napoli, 1979, 309 ss., ora in Id., Le tutele giurisdizionali dei diritti. Studi, Napoli, 2004, 379 ss.
16 In proposito v. anche Carratta, Le «condizioni di ammissibilità» del nuovo procedimento sommario di cognizione, in Giur. it., 2010, 226.
17 V. anche Capponi, Il procedimento sommario di cognizione tra norme e istruzioni per l’uso, in Corr. giur., 2010, 1103 ss.
18 Così Cadiet, Civil Justice Reform: Access, Cost, and Delay. The French Perspectives, in Civil Justice in Crisis. Comparative Perspectives of Civil Procedure, a cura di Zuckerman, Oxford, 1999, 317.
19 Finzi, Questioni controverse in tema di esecuzione provvisoria, in Riv. dir. proc. civ., 1926, II, 49 s.
20 Queste esclusioni, tuttavia, non valgono per le applicazioni del procedimento sommario di cognizione nelle ipotesi indicate dal d.lgs. sulla cd. semplificazione dei riti (d.lgs. n. 150/2011).
21 Così anche Luiso, Il procedimento sommario, cit., 1568; Menchini, L’ultima «idea», cit., 1025; Balena, Il procedimento sommario, cit., 324; Dalfino, Sull’inapplicabilità del nuovo procedimento sommario di cognizione alle cause di lavoro, in Foro it., 2009, V, 292 s.; Caponi, Un nuovo modello, 198; Dittrich, Il nuovo procedimento sommario di cognizione, in Riv. dir. proc., 2009, p. 1586; Vidiri, Procedimento sommario di cognizione e rito del lavoro tra «provvedimenti presidenziali» ed «osservatori sulla giustizia civile», in Corr. giur., 2010, 1377; in giurisprudenza, Trib. Modena, 18.1.2010, in Foro it., 2010, I, 1015; Trib. Torre Annunziata, 10.2.2010, ibidem, 1958. Per l’utilizzabilità, invece, v. Olivieri, Il procedimento sommario, cit., 84 ss.; Consolo, Una buona «novella», cit., 742 s.; in giurisprudenza, Trib. Palermo 24.1.2011, in Giusto proc. civ., 2011, 505, nel commento di Benanti; Trib. Napoli 25.5.2010 e Trib. Lamezia Terme, 12.3.2010, in Giur. it., 2011, 393, con nota contraria di Fradeani. In proposito v. anche Laboragine, Procedimento sommario di cognizione: prime esperienze applicative, in Foro it., 2011, V, 59
22 Diversamente orientato Olivieri, Il procedimento sommario, cit., 84.
23 Per una diversa conclusione Dittrich, Il nuovo procedimento sommario, cit., 1586.
24 Nello stesso senso Luiso, Il procedimento sommario, cit., 1568; Carratta, in Mandrioli-Carratta, Come cambia, cit., 146; Tommaseo, Il procedimento sommario, cit., 125. Tuttavia, nel senso che la soluzione legislativa sia conforme alla scelta di un procedimento di rapida definizione Trib. Genova, 16.1.2010, in Foro it., 2010, I, 1648. Sembra, comunque, possibile la chiamata di terzo iussu iudicis ai sensi dell’art. 107 c.p.c. (così Trib. Verona, 5.2.2010, in Giur. merito, 2010, 2166, con nota adesiva di Biavati).
25 V. Trib. Catanzaro, 6.6.2011, in www.dejure.giuffre.it; Trib. Prato, 9.11.2009 e Trib. Mondovì, 10.11.2009, in Giur. it., 2010, con nota di chi scrive, che hanno ritenuto applicabile il nuovo procedimento alla revocatoria fallimentare.
26 Così Punzi, Novità legislative e ulteriori proposte di riforma in materia di processo civile, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2008, 1189 ss., spec. 1205.
27 Così Ricci, Ancora novità (non tutte importanti, non tutte pregevoli) sul processo civile, in Riv. dir. proc., 2008, 1359 ss., spec. 1365.
28 V., ex multis, Cass., 14.4.1970, n. 1015; Cass., 15.12,1984, n. 6576; Cass., 21.10.1993, n. 10434; Cass., 28.3.1995, n. 2674; Cass., 12.3.1996, n. 2033; Cass., 7.11.2000, n. 14486.
29 V. anche Carratta, Le «condizioni di ammissibilità», cit., 726; Luiso, Il procedimento sommario, cit., 1569; Tommaseo, Il procedimento sommario, cit., 126; Balena, Il procedimento sommario, cit., 332; Menchini, L’ultima «idea» del legislatore, cit., 1026 ss.; Caponi, Un nuovo modello, cit., 202; Besso, Il nuovo rito ex art. 702 bis c.p.c.: tra sommarietà del procedimento e pienezza della cognizione, in Giur. it., 2010, 722 ss.; Capponi, Il procedimento sommario, cit., 1103 ss.; Biavati, Appunti introduttivi sul nuovo processo a cognizione semplificata, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2010, 185 ss.; Lupoi, Sommario (ma non troppo), ibidem, 1225 ss.; Fabiani, La prova nei processi dichiarativi semplificati, ibidem, 795 ss.
30 In questo senso v. Trib. Torino, 11.2.2010, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2011, 929 ss., nel commento di Pacilli.
31V. anche Trib. Cagliari, 6.11.2009, in Giur. merito, 2010, 409 ss., con nota di Didone, che ha ammesso l’utilizzabilità del procedimento sommario in ipotesi di condanna generica, sulla base della considerazione che per la pronuncia di tale condanna «è sufficiente la prova sommaria o presuntiva della sussistenza in concreto di un danno».
32 In questo senso le prime applicazioni dei giudici di merito: v. Trib. Prato, 10.11.2009 e Trib. Mondovì, 11.11.2009, in Giur. it., 2010, 900 ss., con nota di Carratta e in Foro it., 2009, I, 1504 ss., con nota di Fabiani; Trib. Bologna, 29.10.2009, ivi, 2010, I, 1648; Trib. Varese, 18.11.2009, in Guida al dir., 2009, n. 50, 46 ss., con nota di Caponi; Trib. Sant’Angelo dei Lombardi, 30.11.2009, in Giur. merito, 2010, 1318; Trib. Brescia, 10.2.2010, in www.ilcaso. it; Trib. Torino, 11.2.2010, cit.; Trib. Lamezia Terme, 12.3.2010, in www.lexform.it; Trib. Taranto, 2.3.2010, in www.ilcaso.it;
33 Nello stesso senso anche le prime applicazioni dei giudici di merito: v. Trib. Prato, 10.11.2009 e Trib. Mondovì, 11.11.2009, cit.; Trib. Varese 18.11.2009, cit.; Trib. Cagliari 6.11.2009, cit.; Trib. Taranto, 2.3.2010, cit.
34 V., retro, la nota 6.
35 V., in proposito, Proto Pisani, Usi e abusi della procedura camerale ex art. 737 ss. c.p.c., in Riv. dir. civ., 1990, I, 393 ss., spec. 411; Id., Lezioni di diritto processuale civile, Napoli, 2006, 600 s. e 751 s.; Taruffo, La prova dei fatti giuridici. Nozioni generali, in Tratt. Cicu-Messineo- Mengoni, III, t. 2, sez. III, Milano, 1992, 470, in nota 190.
36 Invece, secondo Luiso, Il procedimento sommario di cognizione, cit., 1569 s., i presupposti della valutazione del giudice sarebbero gli stessi del procedimento sommario societario di cui all’art. 19 d.lgs. n. 5/2003, e cioè la manifesta fondatezza/infondatezza della domanda o, detto a contrario, la manifesta infondatezza/fondatezza delle difese del convenuto. Negano, evidentemente, che la cognizione possa essere superficiale quanti affermano la natura di procedimento speciale semplificato, ma a cognizione piena del procedimento in questione.
37 Così Proto Pisani, Procedimenti cautelari, in Enc. giur., XXIV, Roma, 1991, 19.
38 In proposito v. Mandrioli, Diritto processuale civile, IV, cit., 253 s.; Consolo-Luiso-Sassani, Commentario sulla riforma del processo civile, Milano, 1996, 621; Merlin, Procedimenti cautelari ed urgenti in generale, in Dig. civ., XIV, Torino, 1996, 403; Tarzia-Saletti, Processo cautelare, in Enc. dir., Aggiornamento, V, Milano, 2001, 845; Guaglione, La prova nel procedimento cautelare, in Rass. dir. priv., 2001, 206 s.; Lombardo, Natura e caratteri dell’istruzione probatoria nel processo cautelare, in Riv. dir. proc., 2001, 480 ss.
39 In proposito v. anche Cea, L’appello nel processo sommario di cognizione, in Giusto proc. civ., 2011, 135 ss.
40 Così App. Milano, 27.7.2010, in Corr. merito, 2010, 1033.
41 E quindi idonea a fondare anche il giudizio di ottemperanza, ove abbia ad oggetto un obbligo della Pubblica Amministrazione di conformarsi: così TAR Lecce, 2.2.2011, n. 228, in www.dejure.giuffre.it.
42 In senso diverso, tuttavia, Caponi, in AA.VV., La riforma della giustizia civile, Torino, 2009, 206.
43 In argomento v. anche Carratta, in Mandrioli-Carratta, Come cambia, cit., 159 ss.; Luiso, Il procedimento sommario, cit., 1568 ss.; Balena, Il procedimento sommario, cit., 324 ss.; Dittrich, Il nuovo procedimento sommario, cit., 1598 ss.; Caponi, Un nuovo modello, cit., 206 ss.; Scala, L’appello nel procedimento sommario di cognizione, in Giur. it., 2010, 738 ss.; Cea, L’appello nel processo, cit., 135 ss.