coerenza, procedure di
La coerenza è la proprietà che definisce il testo come unità fondamentale della comunicazione linguistica (➔ testo, struttura del). Si tratta di una caratteristica che riguarda l’organizzazione del significato del testo: una sequenza di frasi è cioè un testo se il contenuto semantico delle frasi che lo compongono entra in una costruzione complessiva che può essere detta, appunto, coerente.
Nel processo comunicativo, la coerenza è un fattore di importanza primaria. Il ricevente di un testo ne presuppone infatti la coerenza adottandola come principio-guida della sua interpretazione: data una particolare sequenza di frasi, provvederà via via a scegliere quell’interpretazione e a integrare quelle informazioni implicite che contribuiscono a definirne la coerenza. Consideriamo (1):
(1) Francesca non c’è. Non risponde al telefono.
Se il ricevente ritiene, tra le altre cose, che chi non risponde al telefono è Francesca e che questo è una ragione per concludere che Francesca non c’è, lo fa perché ritiene che le frasi di (1) abbiano globalmente un senso coerente.
La coerenza non è tuttavia sufficiente affinché il testo soddisfi il suo obiettivo comunicativo. Così, per es., se l’interlocutore considera il testo che gli viene rivolto come privo di pertinenza cognitiva o emotiva, non entrerà nel gioco comunicativo, bloccandone le potenzialità informative. Inoltre, tali potenzialità non si realizzano neppure quando il destinatario, pur giudicando pertinente l’atto comunicativo, non possiede le conoscenze che gli permettono di trarne un vantaggio cognitivo.
Come la coerenza non assicura il successo di un atto comunicativo, così non è neppure una garanzia di corretta scrittura: un testo può esprimere un pensiero internamente organizzato ma essere caratterizzato da errori grammaticali, da un registro linguistico inadeguato o da scarti stilistici ingiustificati (➔ coesione, procedure di).
Le manifestazioni della coerenza testuale sono determinate da fattori di carattere diverso. Anzitutto, il mezzo: una conversazione faccia a faccia avrà una coerenza diversa da uno scambio di e-mail o un testo scritto; in secondo luogo, il destinatario: un testo scientifico di carattere divulgativo avrà una coerenza più esplicita, analitica e continua di quella che avrebbe se fosse rivolto a uno specialista; in terzo luogo, il tipo di testo: un testo narrativo coerente ha un’organizzazione interna diversa da quella che caratterizza un’argomentazione o un testo prescrittivo (➔ testo, tipi di); e ancora, l’argomento, le capacità cognitive del locutore, la situazione fisica in cui avviene l’atto comunicativo. La varietà delle manifestazioni della coerenza testuale non è tuttavia assoluta; l’organizzazione del significato di un testo coerente è costretta e si disegna all’interno di un quadro ben delineato, che ne definisce i limiti e la natura fondamentale.
È su questo aspetto generale che si concentreranno i paragrafi seguenti, privilegiando il caso dei testi scritti monologici.
Come s’è detto, la coerenza riguarda l’organizzazione interna del significato del testo. Si tratta di una proprietà complessa e articolata, che può essere descritta in più tappe.
Va osservato anzitutto che il contenuto semantico di un testo non è un’entità monolitica, ma contiene più piani, o dimensioni, di significato: la proprietà della coerenza si applica a ognuno di questi piani e al loro intreccio nel testo. Tra i piani testuali più significativi vanno ricordati quello referenziale, quello logico, quello enunciativo e quello composizionale.
Il piano referenziale riguarda il modo in cui il testo evoca il mondo (non necessariamente reale) a cui si riferisce, il quale è caratteristicamente costituito da entità individuali (persone, animali, cose, entità astratte, proprietà) e eventi di vario tipo (azioni, stati, processi). Il piano logico si riferisce al modo in cui le unità che formano il testo si collegano tramite relazioni quali l’opposizione, la motivazione, la conseguenza, l’esemplificazione, la concessione, ecc. Il piano enunciativo concerne il punto di vista del parlante riguardo al mondo evocato e il modo in cui esso dialoga con altri punti di vista, di individui esterni al testo (per es., l’interlocutore) o di individui interni al testo (per es., i personaggi del racconto). Il piano composizionale si riferisce alla maniera in cui il testo si costruisce e articola riguardo al tipo di testo a cui appartiene (narrazione, descrizione, commento, ecc.).
Poiché la coerenza si manifesta caratteristicamente in tutti i piani indicati e tali piani cooperano e dialogano l’uno con l’altro, si capisce perché un testo globalmente sentito come adeguato possa tollerare interruzioni, discontinuità, approssimazioni semantiche: a seconda del tipo di testo, globalmente o in determinati suoi sviluppi, un piano semantico può infatti prevalere sugli altri, arrivando anche a sospendere, o a rendere inerte, la coerenza degli altri.
In tutti i suoi piani, la proprietà della coerenza può essere definita e analizzata a due livelli: a un livello elementare essa riunisce le proprietà semantiche dell’unità, della continuità e della progressione; a un livello ulteriore, di maggiore complessità, si manifesta come architettura, composta di unità variamente collegate e gerarchizzate.
A un livello elementare, una sequenza di frasi è coerente se il suo contenuto semantico è unitario, continuo e progressivo, e ciò in uno o più dei piani indicati sopra (v. fig. 1).
Si ha unità quando il contenuto del testo è riconducibile, attraverso operazioni di cancellazione e di astrazione, a nuclei semantici generali di cui esso è l’espansione; si ha continuità se ogni frase ripropone in modo diretto o indiretto una componente semantica già presente nel co-testo, vale a dire nell’intorno linguistico in cui è calata (➔ contesto), in modo da costituire uno o più fili semantici che attraversano il testo; si ha progressione se ogni frase contribuisce a modificare o accrescere l’informazione veicolata dal co-testo.
Osserviamo la manifestazione di queste tre proprietà nei diversi piani semantici del testo.
(a) Per il piano referenziale, consideriamo il seguente brano (sono sottolineati gli aspetti tematizzati nell’analisi):
(2) Ora venirti a trovare a Villa Rossa significava prepararsi a un rito. Prima di suonare il campanello della porta di servizio la nonna cavava dal seno un fazzoletto, lo umettava di saliva, trovava sempre qualche baffo di sporco sul mio viso. [soggetto sottinteso] Mi toglieva la polvere dalle scarpe, mi faceva soffiare il naso. La porta ci veniva aperta come per incantesimo. C’era una piccola rampa di scale che immetteva alla cucina. Cominciava il grande silenzio della villa, un silenzio più intenso di quello della strada: vi si spengeva lo stridore delle cicale, l’eco dei passi, il ronzio dei mosconi. Istintivamente camminavo in punta di piedi. Salivamo; la cucina era deserta, ordinata sempre allo stesso modo: cambiava soltanto l’odore; nella cucina v’era afrore di burro, intenso, gradito. Di vivo v’era soltanto il tic-tac dell’orologio a muro che invece di rompere sottolineava il silenzio (Vasco Pratolini, Cronaca familiare, 1947)
Il brano è unitario perché evoca una scena globalmente definibile come il rituale del primo momento della visita del protagonista e della nonna al fratello: il sintagma un rito esplicita e annuncia l’unitarietà del mondo evocato. Il brano è continuo in quanto ogni frase è collegata in più modi con quanto precede. Così, per es., la frase mi toglieva la polvere dalle scarpe, mi faceva soffiare il naso contiene un soggetto sottinteso che riprende la nonna evocata in precedenza, e il pronome mi si riferisce al protagonista, già presente nel co-testo, implicitamente e splicitamente attraverso l’aggettivo possessivo mio in sul mio viso; la frase successiva – la porta ci veniva aperta come per incantesimo – con il pronome ci riunisce nonna e nipote, e riprende la porta di servizio evocata all’inizio; la frase c’era una piccola rampa di scale che immetteva alla cucina si collega indirettamente alla porta denotata in precedenza e collegata con una relazione parte-tutto con la Villa Rossa nominata nella prima frase, e ripresa successivamente in cominciava il grande silenzio della villa. Il testo (2) possiede la proprietà della progressione in quanto ogni successiva frase offre informazioni nuove (➔ dato / nuovo, struttura) sul procedere della visita, dello spostamento del protagonista e della nonna all’interno della Villa Rossa.
(b) Per quanto riguarda il piano logico del contenuto testuale, si osservi il brano (3) con i frammenti sottolineati:
(3) Penso che, a questo punto, sarà forse opportuno si spenda qualche parola sulla noia, un sentimento di cui mi accadrà di parlare spesso in queste pagine. Dunque, per quanto io mi spinga indietro negli anni con la memoria, ricordo di aver sempre sofferto della noia. Ma bisogna intenderci su questa parola. Per molti la noia è il contrario del divertimento; e divertimento è distrazione, dimenticanza. Per me, invece, la noia non è il contrario del divertimento; potrei dire, anzi, addirittura, che per certi aspetti essa rassomiglia al divertimento in quanto, appunto, provoca distrazione dimenticanza, sia pure di un genere molto particolare (Alberto Moravia, La noia, 1960)
Entro il piano logico, il brano è unitario perché globalmente propone una riflessione sul sentimento della noia. È continuo in quanto ogni frase intrattiene una relazione logica con il co-testo, come mostra in particolare la scelta dei connettivi (➔ connettivi). L’avverbio dunque indica per es., che il locutore dà inizio alla riflessione sul tema annunciato in precedenza; la congiunzione ma segnala che il parlante intende limitare il valore che viene comunemente dato alla proposizione precedente ricordo di aver sempre sofferto della noia; il connettivo invece segnala una relazione di opposizione (sostitutiva) tra il punto di vista più diffuso (la noia è il contrario del divertimento; e divertimento è distrazione, dimenticanza) e quello del protagonista-narratore (la noia non è il contrario del divertimento); quest’ultima proposizione, come indica la combinazione di anzi e di addirittura è poi formulata in modo per così dire più drastico. Il brano (3) è caratterizzato da progressione logica, perché ogni frase aggiunge al ragionamento informazioni nuove che creano nuovi movimenti logici.
(c) Per quanto concerne il piano enunciativo, che individua la gestione dei diversi punti di vista adottati nel testo, nel brano (4) sono sottolineati gli aspetti tematizzati nell’analisi:
(4) Poi il Gran Lombardo raccontò di sé, veniva da Messina, dove si era fatto visitare da uno specialista per una sua speciale malattia dei reni, e tornava a casa, a Leonforte, era di Leonforte, su nel Val Demona tra Enna e Nicosia, era un padrone di terre con tre belle figlie femmine, così disse, tre belle figlie femmine, e aveva un cavallo sul quale andava per le sue terre, e allora credeva, tanto quel cavallo era alto e fiero, credeva di essere un re, ma non gli pareva che tutto fosse lì, credersi un re quando montava a cavallo, e avrebbe voluto acquistare un’altra cognizione, così disse, acquistare un’altra cognizione, e sentirsi diverso con qualcosa di nuovo nell’anima (Elio Vittorini, Conversazione in Sicilia, 1941)
Il narratore racconta la vita del protagonista adottandone il punto di vista e in parte anche le parole. Come annuncia la prima frase il Gran Lombardo raccontò di sé, questa scelta caratterizza il testo nel suo complesso, ed è mantenuta costante attraverso il procedere della narrazione. Tale costanza è indicata in modo esplicito attraverso l’espressione così disse e indirettamente attraverso la scelta, tipica del parlato, di costruire la narrazione per specificazioni successive, come per es. nel caso di tornava a casa, a Leonforte, era di Leonforte, su nel Val Demona tra Enna e Nicosia; o ancora nel caso di non gli pareva che tutto fosse lì, credersi un re quando montava a cavallo.
(d) Entro la dimensione composizionale, l’unitarietà è costituita dalla possibilità di ricondurre globalmente il testo a un solo tipo (narrativo, argomentativo ecc.), mentre la continuità e la progressione si manifestano nella possibilità di riconoscerne un’articolazione interna che evolve mantenendo tuttavia un senso unitario: per es., l’alternarsi di descrizione e narrazione in un racconto; esposizione di fatti e commento in un articolo giornalistico di fondo; descrizione di un prodotto e sua posologia in un prospetto farmaceutico. Il seguente brano di Giovanni Boine, incluso nella rubrica Plausi e botte, appartiene complessivamente al tipo recensione e si compone, secondo convenzione, di una parte descrittiva-riassuntiva e di una commento valutativo (qui a partire da Bislacche stranezze):
(5) Carlo Dadone, Come presi moglie, ed. F.lli Treves, Milano 1915.
Un giovanotto povero, cercando fortuna, intoppa fuori del mondo in casa di un gastronomo pazzo che l’obbliga a ingoiarsi i più bizzarri intingoli: brodo canoro alla Malibran, quaglie in un bue allo spiedo.
Lo piglia pel suo verso e ci si adatta. Anche perché c’è lì una nipote del pazzo bellissima che l’altro sevizia ed ingrassa; ha la fissa idea di, matura che sia, annegarla infine in un bagno di vin bianco di Russia. Il giovanotto la libera deciso eroicamente a sposarla. [...]
Bislacche stranezze come gli incubi di un mattacchione se digerisca male. Fan anche ridere chi le tolleri: l’invenzione nella sua grossolanità s’accozza giù con una sua certa grottesca efficacia: un’ora sbadigliosa la si può magari occupare a scorrere codeste strambissime allegrie (Giovanni Boine, Il peccato, Plausi e botte, Frantumi, Altri scritti, Torino, Garzanti, 1983, pp. 231-232)
In quanto proprietà distintiva del testo, e nella sua manifestazione fondamentale, la coerenza è dunque l’insieme di unitarietà, continuità e progressione semantiche all’interno dei piani referenziale, logico, enunciativo e composizionale del contenuto testuale. I diversi piani, come già detto, si integrano, sostenendosi gli uni gli altri e a volte prevalendo gli uni sugli altri. Ciò dipende dal tipo di testo e dai suoi contenuti specifici. Così, in un testo narrativo che presenta sistematicamente lo stesso punto di vista, la coerenza dei piani enunciativo e composizionale è assicurata per monotonia, per assenza di variazioni interne, e va misurata sui piani referenziale e logico. E ancora, in un testo argomentativo i bisogni della logica possono essere tali da assicurare coerenza a frasi la cui continuità referenziale non è immediatamente visibile; in (6) il collegamento referenziale tra gli eventi evocati dalle due frasi è prodotto e assicurato dalla presenza del connettivo ma:
(6) I quadri di Matisse erano spariti, ma Francesca riuscì a restare calma.
A un livello ulteriore di analisi, una sequenza di frasi coerente è riconducibile, sempre nelle dimensioni indicate, a un sistema di architetture semantiche transfrastiche di varia complessità (v. fig. 2).
Per cogliere lo scarto che caratterizza la coerenza nella sua manifestazione di fondo e nella sua manifestazione di livello superiore, si paragonino i seguenti due testi (da Ferrari & Zampese 2000: 351):
(7) In Spagna, una spagnola che ballava il flamenco incontrò un torero. Il torero le pagò il biglietto della sala da ballo. Margareth, la donna del torero, non sapeva niente di tutto ciò.
(8) In Spagna, un torero incontrò una spagnola che ballava il flamenco. Il torero le pagò il biglietto della sala da ballo. Lui aveva una donna, Margareth, che non sapeva niente di tutto ciò.
Queste due formulazioni evocano la stessa situazione e sono entrambe unitarie, continue e progressive (nel senso visto sopra). La loro architettura semantica è tuttavia diversa. In (7) vi è una costruzione che si concentra di volta in volta sui tre protagonisti del racconto: una spagnola che ballava il flamenco, il torero, Margareth; in (8) il testo pone invece invariabilmente al centro della narrazione il torero. Pur evocando la stessa situazione e pur possedendo entrambi una coerenza di fondo molto vicina, a un livello di analisi superiore i due testi sono dunque caratterizzati da due differenti architetture testuali.
L’architettura del testo è data dal modo in cui viene segmentato e gerarchizzato il suo contenuto semantico e si manifesta entro tutti i piani del suo contenuto: referenziale, logico, enunciativo e composizionale. Vediamo i due primi casi:
(a) L’architettura testuale che si manifesta entro il piano referenziale del testo si definisce attraverso la scelta dei referenti posti a tema di ogni singola frase e dei collegamenti che essi intrattengono con il co-testo (➔ contesto). Così per es., mentre il testo (8) sceglie un struttura con tema costante (il torero è invariabilmente il tema delle tre frasi), la versione (7) opta per una struttura tematica diversa: i temi della seconda e della terza frase si legano in modo indiretto ai temi delle frasi precedenti: il torero si lega a la spagnola che ballava il flamenco attraverso il predicato incontrò un torero; Margareth si lega a il torero attraverso l’apposizione la donna del torero. A questo tipo di architettura testuale di natura referenziale viene dato il nome di progressione, o struttura tematica.
(b) L’architettura testuale che si manifesta sul piano logico del testo si definisce attraverso la scelta di porre in primo piano o sullo sfondo determinati contenuti testuali. Consideriamo il testo seguente:
(9) Sul piano linguistico [...] i dialetti toscani presentavano, dal punto di vista fonetico e morfologico, alcune caratteristiche che li rendevano a priori i più adatti ad assicurare all’Italia un’unità linguistica. Forse perché lì il latino si era sovrapposto all’etrusco, lingua geneticamente molto diversa (e dunque era rimasto meno soggetto alle interferenze, frequenti tra lingue affini), il volgare parlato in Toscana era rimasto più vicino al latino parlato anticamente (Paolo D’Achille, Breve grammatica storica dell’italiano, Roma, Carocci, 2001, p. 25)
L’architettura logica di questo testo è costruita attorno a due proposizioni centrali legate da una relazione di specificazione, che ha anche una funzione motivante:
(10) Sul piano linguistico [...] i dialetti toscani presentavano, dal punto di vista fonetico e morfologico, alcune caratteristiche che li rendevano a priori i più adatti ad assicurare all’Italia un’unità linguistica. [In particolare] il volgare parlato in Toscana era rimasto più vicino al latino parlato anticamente.
A un livello inferiore, la seconda proposizione è accompagnata da una motivazione (lì il latino si era sovrapposto all’etrusco), a sua volta specificata dall’apposizione lingua geneticamente molto diversa, a sua volta esplicitata attraverso la frase parentetica (e dunque era rimasto meno soggetto alle interferenze, frequenti tra lingue affini).
Come si può notare, le unità e le gerarchie dell’architettura logica del testo sono definite attraverso particolari scelte sintattiche. Lo scheletro logico centrale del testo è definito dai contenuti delle frasi sintatticamente autonome, mentre le ramificazioni secondarie sono veicolate da strutture non indipendenti dal punto di vista sintattico, quali le subordinate, le apposizioni o le frasi parentetiche.
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