processo amministrativo
procèsso amministrativo locuz. sost. m. – Si parla di procedimento o procedura o processo per riferirsi all’insieme di atti collegati logicamente e giuridicamente tra loro, che devono essere compiuti perché si possa validamente pervenire all’emanazione di una legge, di una sentenza o di un atto amministrativo. Il p. a. ha avuto recentemente una disciplina specifica (v. ) rappresentata dal d. lgs. 2 luglio 2010 n. 104, che la regola in modo organico e puntuale. Il Codice del p. a. è costituito da cinque libri: Disposizioni generali, P. a. di primo grado, Impugnazioni, Ottemperanze e riti speciali, Norme finali. Varie sono le novità introdotte dal Codice al complesso delle norme che prima del suo avvento disciplinavano il processo. Un aspetto importante è quello del principio del contraddittorio che pervade il Codice; sono state infatti previste le repliche alle memorie e una maggiore possibilità di contraddittorio nella fase cautelare. La norma maggiormente significativa è, però, quella introdotta dall’art. 73, c. 3, che stabilisce che il giudice, se ritiene di porre a fondamento della sua decisione una questione rilevata d’ufficio, deve indicarla in udienza dandone atto a verbale. Se la questione emerge dopo il passaggio in decisione, il giudice si riserva quest’ultima e con ordinanza assegna alle parti un termine non superiore a trenta giorni per il deposito di memorie. Il contraddittorio opera, quindi, anche rispetto ai poteri del giudice, in modo che le parti possano appunto contraddire sui presupposti per l’esercizio di tali poteri e sulla questione rilevata d’ufficio. In tal modo, è stato recepito quanto espresso dalla giurisprudenza la quale aveva avvertito che in un sistema processuale come quello vigente fondato sul principio del contraddittorio la rilevabilità d’ufficio di una questione da parte del giudice non significa che, per ciò stesso, tale questione possa essere decisa d’ufficio senza essere sottoposta al contraddittorio delle parti. Un giudizio sostanzialmente positivo merita anche il superamento della pregiudiziale amministrativa con una norma di compromesso, la cui principale utilità è quella di far cessare i contrasti tra le due giurisdizioni: la mancata impugnazione dell’atto fonte del danno non è pregiudiziale, né indifferente ai fini della domanda di risarcimento, ma è rilevante, nel senso che è un elemento che assume rilievo per l’esame della domanda risarcitoria. Con il nuovo Codice la giustizia amministrativa diventa definitivamente giurisdizione amministrativa, si emancipa completamente dall’ipoteca di un’antica legislazione emanata in un’epoca in cui il giudice amministrativo non poteva nemmeno essere definito come giudice, e acquisisce un suo vero e proprio statuto che la pone accanto alla giustizia civile e penale. Tra l’altro il Codice, entro due anni dalla sua emanazione, come espressamente previsto dalla legge di delega, potrà essere soggetto a modifiche, le quali, peraltro, in conformità alla natura dei decreti cosiddetti correttivi e integrativi, come più volte definito dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, dovranno porre rimedio a eventuali sviste o lacune e introdurre i miglioramenti che siano apparsi necessari o opportuni nel corso della prima applicazione della nuova disciplina. È stato però osservato che i correttivi non dovranno operare alcuna 'controriforma', evitando gli stravolgimenti verificatisi in altre occasioni (basti pensare al Codice dei contratti pubblici), in contrasto sia con i principi cui si è inteso informare il testo sia con quelli che regolano la delegazione legislativa e, in particolare, i termini entro i quali essa deve essere attuata. La fase di 'collaudo' del Codice sarà, quindi, importante, ma proprio le caratteristiche del Codice consentiranno a dottrina e giurisprudenza la possibilità di proseguire il cammino verso una continua evoluzione del processo amministrativo.