processo fotolitografico
L’insieme dei procedimenti tecnologici utilizzati per riprodurre configurazioni geometriche su un substrato mediante l’uso di un materiale fotosensibile. Per fabbricare i transistori (e altre strutture) dei microcircuiti è necessario sovrapporre una serie di geometrie elementari (gate, contatti, metallizzazioni ecc.) da allineare accuratamente alle precedenti. La realizzazione di queste strutture rappresenta il cuore della tecnologia del silicio e richiede l’uso ripetuto di due operazioni (passi di processo) fondamentali: la fotolitografia e l’attacco chimico. La fotolitografia serve per trasferire sul chip le geometrie presenti su una maschera (usata per realizzare un grande numero di dispositivi) e utilizza alcuni elementi essenziali: il fotoresist; la radiazione che lo impressiona (oggi con lunghezza d’onda nell’ultravioletto); un attacco in grado di rimuovere il fotoresist soltanto quando impressionato (o viceversa a seconda che il resist sia di tipo positivo, nel seguito assunto come esempio, o negativo); una macchina per proiettare sul chip le geometrie della maschera. Il fotoresist è un’emulsione fotosensibile e depositabile in modo uniforme sui wafer in lavorazione (grandi fette di silicio monocristallino contenenti diversi chip, da lavorare in parallelo e separare alla fine tagliandoli), che diventa resistente, cioè non asportabile dal processo di attacco, soltanto quando colpito dalla radiazione ultravioletta. In un passo di fotolitografia, si depone il fotoresist sul wafer; lo si impressiona, utilizzando la macchina per fotolitografia, con la radiazione ultravioletta secondo le geometrie della maschera; infine si attacca (in plasma reattivo) il fotoresist su tutto il wafer asportandolo dove non è resistente. Con questa operazione, si aprono delle finestre nel fotoresist che espongono il materiale sottostante (silicio, ossido di silicio, silicio policristallino, metallo ecc.) per poter essere lavorato, tipicamente asportato anch’esso mediante opportuno attacco, mentre altrove è protetto dal fotoresist resistente. Una volta attaccati i materiali sottostanti, anche il fotoresist resistente viene rimosso (con un diverso e opportuno attacco) e il wafer è pronto per una successiva operazione (impiantazione ionica, diffusione, ossidazione ecc.) La caratteristica più importante della fotolitografia è la risoluzione spaziale, ovvero la minima geometria che essa può realizzare con sufficiente precisione (oggi dell’ordine di alcuni centesimi di micron), uno dei limiti principali per la realizzazione di nuove generazioni di microcircuiti. Al fine di ridurla, nel tempo si sono utilizzate radiazioni con lunghezza d’onda sempre più corta, per limitare effetti di diffrazione che, in seguito, si è anche imparato a sfruttare utilmente. Inoltre, si sono affinate le macchine per la litografia, utilizzando la focalizzazione ripetuta su piccole aree, sistemi avanzati di allineamento e così via. Queste macchine, che rappresentano uno dei prodotti più sofisticati prodotti dall’uomo, sono diventate enormemente costose e rappresentano uno dei principali vincoli allo sviluppo di nuove tecnologie a dimensione caratteristica sempre più piccola.
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