PROCLO di Costantinopoli
Pensatore greco del sec. V d. C., ultimo fra i grandi rappresentanti del neoplatonismo e insieme della filosofia ellenica. Nato a Costantinopoli nel 410, passò la prima giovinezza a Xanto, nella Licia (di tale regione erano i suoi genitori, e anch'egli ebbe perciò spesso il nome di Licio). Dopo aver studiato, ad Alessandria, presso Olimpiodoro (il più vecchio dei due filosofi di questo nome), fu discepolo, ad Atene, prima di Plutarco d'Atene, iniziatore della scuola neoplatonica che prende il nome da questa città, e poi di Siriano, che a Plutarco successe nello scolarcato. Morto Siriano, la direzione della scuola passò (a quanto sembra) a Domnino; e dopo questi a P., che, tenutala per lunghi anni, morì ad Atene nel 485. Il più diretto discepolo di P. e suo successore fu Marino: ma l'influsso di P. rimase dominante per tutto il cinquantennio in cui ancora sopravvisse la scuola d'Atene, e con essa la tradizione ufficiale della filosofia classica.
Delle varie opere superstiti di P. l'edizione complessiva è quella curata da V. Cousin (voll. 6, Parigi 1820-25:2ª ed. in volume unico, ivi 1864), ora peraltro alquanto invecchiata, e in alcune parti criticamente superata da edizioni singole. Gli scritti più importanti sono i commentarî a dialoghi platonici, come quelli dedicati al Timeo (a cura di E. Diehl, voll. 3, Lipsia 1903-06), al Parmenide (a cura di G. Stallbaum, in appendice alla sua ediz. del Parmenide platonico, ivi 1839, e, separatamente, ivi 1840; trad. francese di A. E. Chaignet, voll. 3, Parigi 1901-03), al Cratilo (a cura di G. Pasquali, Lipsia 1908), alla Repubblica (a cura di G. W. Kroll, voll. 2, ivi 1899-901), all'Alcibiade primo (a cura di F. Creuzer, voll. 3, Francoforte 1820-22); inoltre i trattati, come la Στοιχείωσις ϑεολογική (Institutio theologica, Elementi di teologia: edita in appendice alla sopra citata ediz. del commentario all'Alcibiade, e già da E. Portus, Amburgo 1618, insieme con lo scritto che segue: trad. italiana di M. Losacco, Lanciano 1917), l'Εἰς τὴν Πλάτωνος ϑεολογίαν (In Platonis theologiam: v. l'ediz. sopra citata del Portus) la Στοιχείωσις ϕυσική (Institutio physica, già intitolata De motu: a cura di A. Ritzenfeld, Lipsia 1912), ecc. Notevoli sono anche gli scritti di argomento matematico e astronomico, come il commento al primo libro degli Elementi di Euclide (a cura di G. Friedlein, Lipsia 1873) e la Hypotyposis astronomicarum positionum (ed. e trad. ted. di C. Manitius, Lipsia 1909). Conservati soltanto nella traduzione latina medievale di Guglielmo di Moerbeke sono il De decem dubitationibus circa providentiam, il De providentia et fato et eo quod in nobis e il De malorum subsistentia (e per la maggior ricchezza di altre versioni procliane di Guglielmo di Moerbeke rispetto al testo greco superstite v., per quel che concerne il commentario al Parmenide, R. Klibansky, Ein Proklos-Fund und seine Bedeutung, in Sitzungsberichte der heidelberger Akademie der Wissenschaften, Phil.-hist. Klasse, 1928-29). Da ricordare, infine, sono gl'inni in esametri, da P. dedicati alle massime divinità pagane (a cura di A. Ludwich, Lipsia 1897: traduz. italiana, con testo a fronte, di L. A. Michelangeli, Bologna 1885). Per la Chrestomathia grammatica attribuita a questo P. vedi più sopra proclo.
P. è in certo senso il più sistematico di tutti i pensatori antichi, appunto in quanto il suo scopo non è quello di porre o approfondire problemi, ma di conciliare e ordinare in un grande edificio tutti i valori di verità elaborati nel corso ormai millenario della filosofia greca, per costituire con essi il fronte unico contro l'ormai inesorabile avanzata del pensiero cristiano. Egli è, in questo senso, il grande scolastico dell'uscente antichità, così come Tommaso d'Aquino è il grande sistematico del morente Medioevo. Massimo rappresentante di una scuola neoplatonica che nelle sue origini si ricollegava a quella, pure neoplatonica, di Siria, capeggiata da Giamblico, P. riprende e grandemente sviluppa il motivo giamblicheo della moltiplicazione e specificazione della gerarchia cosmica, e insieme dell'inserzione (naturalmente ottenuta con l'espediente del metodo allegorico) delle figure dell'antica religione in tale gerarchia. Numerosissimi divengono quindi i gradi ipostatici: basti dire che nella prima sfera plotiniana, dell'Uno in sé, questo si scinde in una pluralità di "enadi", inconoscibili e ineffabili al pari di esso ma pur molteplici, e che in quella del νοῦς la distinzione giamblichea degl'intelligibili plotiniani in νοητά (intelligibili, oggettivamente) e νοηρά (intellettuali, soggettivamente) si arricchisce ancora di una classe intermedia di νοντά καὶ νοηρά; e via dicendo. Nel complesso di questo grandioso sistema, molte sono le particolari innovazioni che P., nel suo intento di conciliazione universale, arreca ai materiali teorici della tradizione neoplatonica. Fondamentale resta peraltro, in lui, la concezione del processo emanatistico dell'inferiore dal superiore come animato da un ritmo triadico, per cui al momento della "permanenza" (μονή) dell'effetto nella causa segue quello dell'"uscita" (πρόοδος) dell'uno dall'altra, e infine quello del suo "ritorno" (ἐπιστροϕή) in essa. In tale concezione P. ha infatti tentato di risolvere in una unità ontologica il capitale dualismo platonico-neoplatonico della discesa dal perfetto verso l'imperfetto che si realizzava nella sfera oggettiva e dell'ascesa inversa che doveva realizzarsi in quella soggettiva: e s'intende come il suo tentativo di sintesi abbia poi serbato importanza, ed esercitato efficacia diretta o indiretta, attraverso tutta la storia medievale della teologia neoplatonico-cristiana.
Bibl.: Per la biografia di P. la fonte antica è la Vita Procli di Marino (ed. Boissonade, Lipsia 1814, ristampata in appendice all'edizione di Diogene Laerzio del Cobet, Parigi 1850; ultima ristampa di questa, ivi 1929). La bibliografia moderna fino al 1925 è data in Ueberweg-Praechter, Grundriss d. Gesch. d. Philos., I, 12ª ed., Berlino 1926, pp. 194-95 dell'appendice bibliografica. Tra gli scritti posteriori al 1925, v. C. Gallavotti, Eterogeneità e cronologia dei commenti di P. alla Repubblica, in Rivista di filologia classica, n. s., VII (1929), pp. 208-19; id., L'estetica greca nell'ultimo suo cultore: il neoplatonico P., in Memorie della R. Accademia delle scienze di Torino, s. 2ª, LXVII (1930), (recens. di G. Calogero in Archiv. f. Gesch. d. Philosophie, LX, pp. 300-301).
Come commentatore, P. ha reso inestimabili servigi alla scienza, col suo Commento al I libro dell'Euclide, che è una delle nostre fonti principali per la storia della geometria. Il suo valore sta principalmente in ciò, che P. poté valersi della grande Storia della Geometria di Eudemo peripatetico e di altre opere forse non meno importanti, come quella di Gemino sulla Teoria delle matematiche. Un'altra opera di P. che ha valore per la storia delle matematiche è il suo Commento alla repubblica di Platone: un passo di questo commento si riferisce al "numero geometrico" di Platone; un altro più importante ci rivela che i teoremi II, 9 e 10 di Euclide sono proposizioni pitagoriche, formulate in vista di una dimostrazione geometrica della legge di formazione dei numeri "laterali" e "diametrali" che dànno le approssimazioni successive al valore di √2. La Institutio physica vuole spiegare la teoria aristotelica del moto e la Hypotyposis è una introduzione breve e leggibile alle teorie d'Ipparco e di Tolomeo, nella quale P. esprime il giusto pensiero che i moti ipotetici dei pianeti su eccentrici ed epicicli siano pura finzione.