PROCOPIO di Gaza (Προκόπιος, Procopius)
Letterato che resse la pubblica scuola di Sofistica della città di Gaza tra la fine del V sec. e il primo trentennio del VI d. C. Nella abbondante produzione della tarda Sofistica, fiorente in varie città di Oriente, ad Antiochia in particolare (v. libanio), predomina la èkphrasis, la quale nel corso del V e del VI sec. d. C. ebbe insuperati maestri in P. e nei poeti Giovanni di Gaza e Paolo Silenziario. Con la sua produzione letteraria, oratoria e teologica in una lingua che ama le preziosità atticistiche, P. si rivela un tipico rappresentante dell'alta cultura dell'età di Giustiniano. Sempre pronto ad evocare immagini della mitologia e personaggi della storia greca e romana, non di meno è cristiano e così dotto nelle sacre scritture da dedicarsi ad opere teologiche. La fortuna della scuola di Gaza promossa da Procopio, che ebbe a successore il prolifico sofista Concio (al quale furono attribuite nella tradizione manoscritta molte opere del maestro), dipese in parte dalla decadenza, cui soggiacque Antiochia intorno al 500. La produzione di P. conosce gli stessi generi letterarî di quella di Libanio, alla quale però resta di molto inferiore in quantità e in valore storico: Epistolografia (163 lettere, da cui apprendiamo particolari biografici); Discorsi (ad esempio il panegirico all'imperatore Anastasio), Ekphràseis (descrizioni di dialoghi di personaggi fittizi e mitologici, o di opere d'arte). In più, segno della accettazione del cristianesimo da parte delle classi colte, anche se non della loro interiore conquista, numerosi Commentari a libri della Bibbia, le cosiddette Catenae.
Tra le ekphràseis, giunteci in un unico codice miscellaneo, il Vat. Gr. 1898, assai mal ridotto, e attribuite a torto da A. Mai a Concio, di particolare interesse per lo storico dell'arte tardo-antica risultano la 6 e 7, le quali descrivono rispettivamente un Orologio e una pittura esistenti indubbiamente a Gaza.
Tuttavia, in molti punti prevale la tendenza sofistica, dichiarata espressamente, di gareggiare nelle descrizioni con gli artisti, anzi "di vincere con le parole le cose".
La èkphrasis 6, studiata e tradotta in tedesco da H. Diels, descrive un ingegnoso orologio artistico, certamente ad acqua e con un meccanismo anche se complicato piuttosto deficiente, essendo necessario senza dubbio l'intervento continuo di un meccanico. Esso, predecessore di certi orologi creati dalla ingegneria araba e rinascimentale, era montato in un edificio (forse una esedra) della piazza principale di Gaza. P. descrive gli elementi decorativi dell'edificio e cioè la gorgone sul frontone, forse in opera musiva, la serie di porte, 12 quante le ore, le figure di aquila che stringono tra gli artigli una corona, e come ogni aquila incoronava un Eracle, ogni qualvolta usciva da una porta al di sotto per segnare le ore, mentre un Helios con il globo nella destra si spostava nel corso delle ore. Ad ogni ora compariva un Eracle diverso con diversi attributi, secondo le varie fatiche. Altre statuette di Pan, di satiri, di Diomede animavano il meraviglioso orologio, la cui descrizione doveva continuare, poiché il testo si interrompe.
Più interessante si rivela la èkphrasis, recentemente edita e illustrata da P. Friedländer, intitolata Della pittura esposta nella città di Gaza e precisamente in un edificio pubblico, forse un bagno, donato dal munifico senatore Timotheos, amante delle corse dei cavalli e dei bagni. Come si apprende alla fine dell'operetta, tutta di frasi brevi, con parole sovente rare, ordinate secondo le clausole ritmiche, l'immagine del benefattore cittadino, in abito consolare e con una corona sul capo adorna della figura dell'imperatore, per indicare gli alti uffici ricoperti (cfr. la Notitia Dignitatum), troneggiava nella zona più alta della pittura, "come statua, in mezzo a navi" (certamente allusivi della potenza e ricchezza di questo armatore). La èkphrasis inlzia ex abrupto col motivo retorico della potenza di Eros, con un accenno a Fedra. La grande pittura mostrava il palazzo di Teseo in Atene, mentre l'eroe dorme sul suo letto. L'autore descrive anche la pittura di un registro murale del palazzo: la scena della caccia al leone di Ippolito, tra i suoi servi; Teseo in lotta col Minotauro, nel labirinto; Teseo e Arianna; Teseo e i giovanetti ateniesi. Torna quindi a descrivere il palazzo con un pavone e colombe sul tetto, il giardino intorno, e di nuovo Teseo dormente con l'immagine di Hypnos accanto e i servi con i ventagli cacciamosche. A contrasto, dentro il palazzo, stava Fedra tormentata di amore, con la vecchia nutrice e un Eros che prepara l'inchiostro per la lettera rivelatrice, mentre una bella ancella reca un cofanetto da cui estrae i monili della regina.
Fuori di questo quadro, appaiono Ippolito e Dafne con un gruppo di cacciatori, tutti a cavallo, subito dopo che la nutrice gli ha recato il messaggio, che sta a terra aperto. Quindi la scena della punizione della nutrice, in uno sfondo bucolico di greggi di pastori e cani e con una vetta di montagna.
Tutto al di sopra di questa grande pittura con il mito di Fedra e Ippolito, correvano quattro scene tratte dal libro III dell'Iliade. Le figure, come appare dalla descrizione, procedevano da sinistra a destra, nel senso stesso delle miniature della Iliade Ambrosiana. La prima scena illustrava l'episodio del viaggio di Priamo al campo dei Greci per concludere il patto, secondo il quale il duello tra Paride e Menelao doveva decidere le sorti della guerra. La seconda scena mostrava Priamo al campo greco davanti al consesso degli eroi greci; la terza il duello tra Paride e Menelao, alla presenza degli altri eroi, che ne seguono con passione lo svolgimento, mentre Afrodite protegge il primo e Priamo appare disperato. La quarta scena illustrava l'episodio del ritorno dell'imbelle Paride al thàlamos di Elena, con la dea che persuade quest'ultima.
L'importanza della èkphrasis 7 consiste nella possibilità che essa offre di raffronti con opere d'arte dell'epoca imperiale e del basso Impero, cioè, per la scena con il mito di Fedra e Ippolito, con sarcofagi e mosaici, specialmente di Antiochia (v. fedra; ippolito) e, per le scene iliache, con le coeve miniature della Iliade Ambrosiana.
Anzi, le pitture "iliache" di Gaza arricchiscono il repertorio iconografico della Iliade: le scene i e iv vanno aggiunte all'elenco dei soggetti e temi iconografici che il Bianchi Bandinelli presenta per il libro iii. Ma il contributo maggiore della èkphrasis 7 resta quello di documentarci la vitalità della megalografia, e non solo di soggetto iliaco, al principio del VI sec., quando all'incirca venivano eseguite le miniature della Iliade Ambrosiana.
Bibl.: W. Aly, in Pauly-Wissowa, XXIII, i, 1957, coll. 259-272, s. v. Prokopios von Gaza; P. Friedländer, Johannes v. Gaza u. Paulus Silentiarius, Lipsia-Berlino 1912, pp. 1-103 (sulla èkphrasis in genearle); H. Diels, Über die von Prokopios beschriebene Kunstuhr in Gaza, in Abhandl. Akad. Berlin, Phil. hist. Kl., 1917, 7; P. Friedländer, Spätantiker Gemäldezyklus in Gaza, in Studi e Testi, 89, Città del Vaticano 1939; D. Levi, Antioch Mosaic Pavements, I, Princeton 1947, p. 71 ss. (per il mosaico con il mito di Fedra), p. 237 s. (per la caccia di Ippolito); R. Bianchi Bandinelli, Hellenistic Byzantine Miniatures of the Iliad, Olten 1955; G. Manganaro, Figurazioni iliache nell'ambiente siriaco del IV-VI sec. d. C., in Studi Miscellanei, I (Seminario di Archeol. d. Univ. Roma, 1960), p. 56 ss.