PROCULEIANI
. Si chiamano con questo nome i seguaci di una scuola di giurisprudenza, che sarebbe stata, secondo Pomponio, fondata da Labeone, ma che s'intitolò dal nome di Proculo, uno dei corifei della scuola stessa, sorta in opposizione alla scuola che Pomponio dice fondata da Capitone, ma che dal nome del giurista che sugli altri dominò, Sabino, si chiamò la scuola dei sabiniani. Gaio, sabiniano, indica la dottrina della sua scuola come dottrina di Sabino e di Cassio, la dottrina della scuola proculeiana come dottrina di Nerva e di Proculo. Nate sotto Augusto, le due scuole durano fino all'epoca di Marco Aurelio. Gaio è l'ultimo giurista del quale si possa affermare con sicurezza l'appartenenza a una scuola: dopo di lui non è possibile assegnare alcun giurista o all'una o all'altra. L'ordine di successione dei proculeiani è, secondo Pomponio, il seguente: Labeone, i due Nerva, Proculo, Longino, Pegaso, Celso padre, Celso figlio, Nerazio.
È grave problema, al quale non può esser data neppur oggi una soluzione decisiva, quello suscitato dall'origine delle due scuole: sul fondamento della distinzione molto si disputa ancora. La spiegazione, data da Pomponio, che ravvisava un indirizzo conservativo nei sabiniani, progressivo nei proculeiani, sembra in contraddizione, tra l'altro, con le tendenze politiche dei due fondatori, giacché proprio Labeone difendeva gli antichi ideali repubblicani, mentre Capitone era fautore del principato. Ma le spiegazioni moderne sono ancor meno soddisfacenti: sia quella di O. Karlowa, per il quale i sabiniani rappresenterebbero lo ius gentium, i proculeiani lo ius civile; sia quella di M. Schanz, per il quale i primi sarebbero partigiani dell'anomalia, i secondi dell'analogia; sia quella di I. E. Kuntze, che fa gli uni seguaci del naturalismo, gli altri dell'idealismo, e quella di P. Sokolowski, che fa i sabiniani stoici e i proculeiani peripatetici. Né maggior ragione di prevalere ha l'opinione quasi scettica, sostenuta più recentemente, che l'opposizione tra le due scuole sarebbe meramente esterna, cioè nata dalla diversità delle stationes publice docentium: locali fissi, nei quali si raccoglievano attorno all'uno o all'altro maestro discepoli che poi ne continuavano la dottrina. Più probabile è l'opinione di P. Bonfante, secondo il quale, non tanto la soluzione della controversia, quanto piuttosto il criterio d'interpretazione adottato dai proculeiani avrebbe carattere progressivo, anche là dove a prima vista non sembrerebbe, perché, anzi che ispirarsi - come i sabiniani - nella costruzione di principî giuridici a un criterio strettamente materialistico, più volentieri s'ispiravano a un criterio economico-sociale, che spiegherebbe la loro dottrina sull'inizio della pubertà, sull'acquisto e conservazione del possesso, sulla specificazione, sulla compravendita, e così via.
Bibl.: H. E. Dirksen, Beiträge zur Kunde des röm. Rechts, Lipsia 1925: F. P. Bremer, Die Rechtslehrer und Rechtsschulen im römischen Kaiserreich, Berlino 1868; O. Karlowa, Röm. Rechtsgeschichte, I, Lipsia 1885, p. 662 segg.; G. Brini, Le due sette dei giureconsulti romani, Bologna 1890; G. Baviera, Le due scuole dei giureconsulti romani, Firenze 1898; id., Sul nome dei Proculeiani e Sabiniani, in Scritti giurid., Palermo 1909, p. 109 segg.; P. Krüger, Geschichte der Quellen, ecc., 2ª ed., Monaco e Lipsia 1912, pp. 160-163; B. Kübler, Geschichte des röm. Rechts, Lipsia ed Erlangen 1925, p. 261; P. Bonfante, Storia del dir. rom., I, 4ª ed., Roma 1934, p. 377 segg.; P. de Francisci, Storia del dir. rom., II, i, Roma 1929, p. 350 segg., ecc.