procurare (proccurare)
Vale. " cercare ", " fare in modo ", " prendersi cura " che una cosa accada; di regola seguito da un infinito introdotto da ‛ di ': Cv IV I 4 ragionevole e onesto è, non le cose, ma le malizie de le cose odiare e procurare da esse di partire, cercare di tenersi alla larga dai pericoli inerenti a esse; XXIX 7 lo figlio del valente uomo dee procurare di rendere al padre buona testimonianza; I III 9 la seconda mente che... riceve [la lode]... 'l suo riportamento, sì come qu[as]i suo effetto, procura d'adornare: la mente " si sforza " di abbellire sempre più la lode e la notizia di essa, che le è giunta; (cfr. Busnelli-Vandelli). In III XII 4 si noti da un lato l'uso impersonale del verbo (desiderasi e procurasi...), dall'altro, che p. è qui seguito non più dall'infinito, ma dal congiuntivo.
In Vn XXIII 14 l'esortazione Proccuriamo di' confortarlo che le donne pietose si rivolgono a vicenda, vedendo D. venir meno, dà al contesto un tono più attenuato.
In If XXII 111 l'uso di p. è assai diverso. Il verbo è seguito da un complemento oggetto e da un dativo (io procuro a' mia maggior tristizia), e vale " causare ", " provocare ": " Ciampolo... veniva a tradire i compagni tirandoli a maggior tristizia... cioè a cadere nelle mani di que' demonii " (Venturi).