PRODOTTI ALIMENTARI.
– La certificazione della qualità e il sistema europeo dei marchi. La certificazione di prodotto: i marchi. Le certificazioni dei sistemi produttivi: la qualità igienico-sanitaria. La sicurezza degli alimenti, la contraffazione e i sistemi di tracciabilità. I prodotti biologici e la filiera produttiva. Bibliografia. Webgrafia
La certificazione della qualità e il sistema europeo dei marchi. – La qualità, nelle politiche europee, costituisce il punto di partenza per lo sviluppo delle strategie produttive, volte a rafforzare la competitività delle imprese europee sul mercato interno e nel mondo, a favorire una crescita consapevole dei consumi e a rafforzare la sicurezza e la protezione dei consumatori da ogni possibile tentativo di frode alimentare. Le direttive dell’Unione Europea in materia di qualità dei prodotti agroalimentari regolamentano, a questo scopo, tutte le fasi comprese tra la produzione e la commercializzazione, controllando, nei singoli prodotti, i requisiti necessari a garantire la sicurezza dei consumatori. Il continuo ripetersi di fenomeni nazionali e internazionali di allarme alimentare ha generato nei consumatori e nelle aziende una sempre maggiore attenzione nelle scelte di acquisto, e in particolare alla qualità organolettica, all’igiene e alla sicurezza del cibo.
Il mercato internazionale è caratterizzato da una continua evoluzione per ciò che riguarda due fenomeni importanti e contrapposti: la sicurezza e l’eccellenza. La sicurezza, o meglio la percezione del livello di sicurezza da parte dei consumatori, è minata da fenomeni ripetuti che interessano a volte il mercato globale, a volte solo situazioni locali, ma che hanno comunque una grande eco e provocano immediate modificazioni delle abitudini di consumo. Garantire sicurezza e qualità di quanto si produce e si distribuisce, riconoscere e gestire i fattori di rischio, e comunicare questo impegno al pubblico, sono divenuti dunque elementi fondamentali per la strategia delle imprese e per la garanzia della qualità stessa attraverso i marchi.
La certificazione di prodotto: i marchi. – A livello europeo la qualità è affermata e garantita attraverso un sistema coerente e integrato di marchi, omogeneo in tutti gli Stati membri, basati sulla certificazione dell’origine geografica, la specificità, o sul metodo di produzione biologico.
Con la certificazione di qualità gli organismi di controllo accreditati riconoscono, e garantiscono, che determinati prodotti risultano conformi a disciplinari di produzione e standard qualitativi predefiniti. I disciplinari costituiscono la base di tutta l’impalcatura del sistema di garanzia, e traducono in regole precise il progetto di qualità relativo a un determinato prodotto realizzato da una collettività di imprese, in un determinato territorio. Nella scala dei sistemi di garanzia europei si colloca al primo posto la DOP, seguita dalla IGP, dalla STG e dal marchio relativo ai prodotti realizzati con il metodo di produzione biologico.
Il marchio DOP (Denominazione di Origine Protetta, regolamento CE nr. 510/2006) designa e tutela i prodotti agroalimentari originari di una regione o territorio, le cui qualità e caratteristiche dipendono essenzialmente, o esclusivamente, da un particolare ambiente geografico: il territorio di produzione; il sistema di produzione, in tutte le sue fasi, ha luogo nell’area geografica d’origine.
Il marchio IGP (Indicazione Geografica Protetta, regolamento CE nr. 510/2006) attesta un marchio d’origine attribuito a quei prodotti agroalimentari per i quali qualità, reputazione e caratteristiche dipendono dall’origine geografica e la produzione, in almeno una delle sue fasi, ha luogo in uno specifico territorio.
Il marchio STG (Specialità Tradizionale Garantita, regolamento CE nr. 509/2006) attesta che la specificità di un determinato prodotto agroalimentare non è legata all’area geografica di origine, ma alla particolarità della ricetta o a specifiche metodologie di produzione.
Perché un prodotto agroalimentare possa ottenere un marchio europeo, i produttori devono dare vita a un raggruppamento (associazione, consorzio ecc.) per condividere obiettivi e finalità della qualità, presentare la domanda di registrazione al ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, dopo aver definito con gli enti certificatori un disciplinare di produzione. Questo strumento sintetizza l’insieme delle regole alle quali i produttori devono attenersi. Una volta accertata la conformità ai requisiti previsti dal disciplinare di produzione, la domanda, con relativa documentazione, viene inoltrata alla Commissione europea. Dopo aver esaminato la sussistenza dei requisiti, si procede alla registrazione attraverso la pubblicazione sulla gazzetta ufficiale dell’Unione Europea.
Il marchio di certificazione agricoltura biologica (regolamento CE nr. 834/2007) non è invece un marchio di origine, né di specificità, ma garantisce un sistema di gestione della produzione conforme al regolamento stabilito dall’Unione Europea, per tutte le fasi che vanno dalla produzione alla vendita al consumatore finale. Il rispetto dei regolamenti è verificato da organismi di controllo autorizzati dal ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali attraverso ispezioni a frequenza almeno annuale.
Le certificazioni dei sistemi produttivi: la qualità igienico-sanitaria. – La regolamentazione europea pone grande attenzione alla sicurezza dei prodotti alimentari. Questo obiettivo si applica a ogni aspetto della produzione e del commercio dei prodotti alimentari.
Il pacchetto igiene è un insieme di norme per la sicurezza alimentare e il controllo igienico-sanitario. Riunisce tre regolamenti comunitari (CE nn. 852/2001, 853/2004 e 854/2004) e l’applicazione dell’analisi del rischio e il controllo dei punti critici, metodo noto con la sigla HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points).
L’applicazione dell’HACCP in un processo produttivo presume che il responsabile di un’azienda alimentare, attraverso azioni di autocontrollo, garantisca la sicurezza igienica dell’alimento destinato al consumatore finale. L’attuazione avviene attraverso una procedura preventiva d’identificazione e analisi dei possibili rischi fisico-chimicobiologici, la gestione dei punti critici di controllo associati alla produzione di un alimento, la messa in atto di un sistema di monitoraggio dei punti critici e di azioni correttive, o trattamenti, al fine di evitare, o contenere, possibili episodi di contaminazione durante le fasi che vanno dalla produzione alla vendita degli alimenti. Stabilite le procedure di verifica che confermino l’efficacia del sistema, è necessario redigere un manuale HACCP, ovvero una documentazione delle procedure e delle loro applicazioni in materia di autocontrollo igienico.
A parte l’applicazione delle normative in vigore, negli ultimi anni, nel settore agroalimentare si è sviluppata l’adesione a normative e standard volontari per l’implementazione di sistemi organizzativi interni, volti alla definizione di procedure gestionali e tecniche. Tra le certificazioni volontarie rilasciate alle aziende da organismi competenti, si annovera la certificazione di rintracciabilità di filiera, che si applica alla catena fornitori/clienti, l’insieme delle aziende che concorrono alla produzione e commercializzazione di un dato prodotto. È un processo interaziendale che consente di ricostruire e seguire il percorso di un alimento attraverso le fasi della produzione, trasformazione e distribuzione. La tracciatura avviene mediante un codice che descrive tutti i passaggi della filiera.
La sicurezza degli alimenti, la contraffazione e i sistemi di tracciabilità. – La contraffazione alimentare, conosciuta anche con il termine generico di agropirateria, è un’azione fraudolenta nei confronti del consumatore cui può arrecare danni sia in termini economici sia relativi alla sua salute. La contraffazione può essere rivolta a un alimento oppure riguardare un marchio o un brevetto. La contraffazione degli alimenti, chiamata anche frode sulla qualità, può assumere diverse forme: falsificazione, con cui s’intende la creazione di un alimento con sostanze diverse, per qualità e quantità, da quelle che normalmente lo costituiscono, al fine di realizzare prodotti che, imitando le caratteristiche dell’originale, riescono a trarre in inganno il consumatore finale; adulterazione, con cui si intende la modificazione di componenti di un prodotto alimentare mediante aggiunta o sottrazione di alcuni elementi, a discapito della qualità ma a vantaggio del guadagno economico dei contraffattori; sofisticazione con cui si intende l’aggiunta di sostanze estranee per coprire eventuali difetti del prodotto e/o migliorarne l’aspetto estetico.
Un secondo tipo di contraffazione, riguardante il marchio d’origine o di provenienza, chiamata anche frode sull’origine, è la riproduzione abusiva del brevetto di fabbricazione senza il consenso del titolare del diritto di proprietà ed è messa in atto apponendo un dato falso sull’alimento o sulla sua confezione.
L’attività di contraffazione dei prodotti alimentari italiani è particolarmente diffusa nei mercati internazionali, e ha portato allo sviluppo del fenomeno imitativo dell’italian sounding che consiste nell’utilizzo, sull’imballaggio/confezione, di simboli, colori o immagini che evochino l’italianità della materia prima o della ricetta o del metodo di produzione/trasformazione di prodotti che, invece, sono realizzati totalmente all’estero. L’italian sounding non riguarda in realtà solo i prodotti alimentari, ma più in generale tutto il made in Italy del cibo, compreso l’intero mondo della ristorazione, che propone ricette e specialità in qualche modo ispirate alla cultura gastronomica italiana, ma che in realtà finisce per rappresentare una gamma di cibi molto diversi e lontani dall’autentica realtà italiana. Questa vera e propria economia in filiera di prodotti e specialità gastronomiche che emulano la tipicità del mangiare italiano non è priva di conseguenze per la nostra economia. Il giro di contraffazione di prodotti alimentari italiani all’estero danneggia fortemente l’esportazione dell’originale made in Italy, con conseguente danno economico per tutto il comparto.
Le azioni di contraffazione alimentare di vario genere che nel tempo si sono susseguite hanno contribuito ad accrescere sempre più l’insicurezza e la sfiducia dei consumatori non solo nei confronti dei sistemi di produzione agroindustriale, ma anche nei confronti dei sistemi di controllo, atti a tutelare e garantire la sicurezza e la salute del consumatore.
Il tema della provenienza dei prodotti, diventato sempre più centrale, è collegato a quello della tracciabilità e della rintracciabilità: il primo è il processo che permette di seguire un prodotto dalle origini alla fine della filiera, raccogliendo attraverso i vari passaggi le informazioni utili al consumatore. Rintracciabilità è il processo inverso, la capacità di risalire, attraverso le informazioni raccolte, a un prodotto considerato anomalo e potenzialmente pericoloso, allo scopo di eliminarlo dal mercato. La normativa internazionale vigente (ISO 22005/2007) prevede che aziende singole o filiere debbano tracciare e mantenere la storia e la destinazione di un prodotto, allo scopo di poter risalire alla provenienza delle materie prime utilizzate, ai metodi produttivi, ai processi di lavorazione, alle modalità di trasporto adottate. Ciò consente al consumatore di conoscere la responsabilità di tutti i soggetti che contribuiscono all’ottenimento del prodotto alimentare. Tale normativa prevede anche: la progettazione di un piano di controllo del sistema di rintracciabilità per assicurarne il corretto funzionamento; l’addestramento e la sensibilizzazione del personale coinvolto sull’importanza e la responsabilità dei compiti svolti; la redazione di manuali e procedure codificate per il monitoraggio dei processi attuati.
I prodotti biologici e la filiera produttiva. – L’agricoltura biologica è un modello di sviluppo agricolo che tutela le risorse e gli equilibri naturali dell’ecosistema, promuove la biodiversità dell’agrosistema in cui opera, produce cibo genuino e di qualità a basso impatto ambientale. Dalla prima regolamentazione a livello europeo avvenuta nel 1991 (reg. 2092) i prodotti biologici hanno visto progressivamente aumentare la loro presenza sul mercato grazie al crescente favore dei consumatori che hanno orientato la loro scelta verso questi cibi considerati più sicuri e più salubri, anche per la loro azione positiva per l’ambiente, in particolare per la diminuzione dell’impatto delle coltivazioni e per la conservazione della biodiversità.
Nel metodo di produzione biologico, le tecniche di coltivazione impiegate non sono mai intensive, né utilizzano sementi ibride, nel pieno rispetto per i cicli naturali, l’equilibrio ambientale, la fertilità del suolo, le diverse colture e gli animali.
Le produzioni biologiche, pur consentendo un ristretto uso di fitofarmaci, non prevedono l’utilizzo di pesticidi, concimi chimici e organismi geneticamente modificati (OGM). Le tecniche naturali e in sintonia con il ciclo biologico delle piante e degli animali sfruttano la fertilità del suolo e l’utilizzo di sostanze organiche. I prodotti ottenuti da coltivazioni biologiche, rispetto alle produzioni convenzionali, sono più sicuri in quanto privi di residui tossici per la salute, più salubri avendo un contenuto più elevato di antiossidanti e nutrienti e più buoni grazie a un gusto più autentico, ottenuto esaltando le caratteristiche specifiche e il gusto delle diverse varietà locali. I procedimenti di trasformazione dei prodotti biologici dovrebbero essere tali da garantire la persistenza dell’integrità biologica e delle qualità essenziali del prodotto nelle varie fasi di produzione.
Un’azienda di agricoltura biologica è tenuta a: praticare la rotazione delle colture per evitare un eccessivo impoverimento delle risorse locali; contenere l’utilizzo di fitofarmaci, fertilizzanti chimici e additivi alimentari; non utilizzare OGM; impiegare solo fertilizzanti organici a base di letame; scegliere piante e animali capaci di adattarsi alle condizioni locali; allevare animali all’aperto nutrendoli con foraggio biologico autoprodotto; utilizzare pratiche di allevamento appropriate alle diverse specie animali.
L’agricoltura biologica può essere parte di una filiera, cioè di un sistema composto da tutti gli agenti del ciclo di produzione, trasformazione, confezionamento, distribuzione e vendita al consumatore finale, che operano dallo stadio iniziale della produzione a quello finale dell’utilizzazione di un prodotto. La filiera garantisce che ogni singolo passaggio sia attuato nel rispetto di regolamenti comunitari prestabiliti. Tutti gli operatori della filiera devono attenersi a specifiche norme per poter utilizzare nella commercializzazione dei prodotti la dicitura biologico (organic nella terminologia internazionale).
Per assicurare la conformità e la sicurezza dei prodotti immessi sul mercato con il marchio biologico, ogni elemento della filiera – agricoltore, trasformatore, distributore – è soggetto, almeno una volta l’anno, a ispezioni da parte di autorità pubbliche o organismi di controllo privati designati dai singoli Stati dell’UE. A ogni organismo di controllo o di certificazione della filiera biologica, autorizzato a operare sul proprio territorio, è assegnato dalla Commissione europea un codice identificativo che deve essere apposto sull’etichetta dei prodotti a garanzia di conformità e rintracciabilità. Sia il logo biologico sia il sistema di etichettatura con i vari codici, indicano al consumatore che il prodotto scelto è stato ispezionato dall’autorità di controllo che garantisce la conformità di produzione e trasformazione nel rispetto della normativa comunitaria in materia di agricoltura biologica.
Per i prodotti trasformati il riferimento biologico può essere riportato nel nome del prodotto se almeno il 95% in peso degli ingredienti di origine agricola è biologico; per una percentuale inferiore, l’indicazione di origine biologica può essere riportata solo nell’elenco degli ingredienti, indicando comunque la percentuale di prodotto biologico. Se in etichetta è utilizzato il termine biologico, questa deve contenere: il codice dell’organismo di controllo (del produttore e del prodotto) sotto al logo comunitario (obbligatorio dal luglio 2010 per gli alimenti preconfezionati); il codice dell’operatore controllato che ha effettuato la preparazione più recente del prodotto biologico; l’indicazione del luogo in cui sono state coltivate le materie prime agricole di cui il prodotto è composto (agricoltura UE, se coltivata nell’Unione Europea, agricoltura non UE, se coltivata in Paesi extra UE, agricoltura UE/non UE, se la materia prima è stata coltivata parte in UE e in parte in Paesi terzi).
Bibliografia: C. Peri, V. Lavelli, A. Marjani, Qualità nel le aziende e nelle filiere agroalimentari. Gestione e certificazione dei sistemi per la qualità, per la rintracciabilità e per l’igiene, Milano 2004; Qualità e sicurezza degli alimenti, una rivoluzione nel cuore del sistema agroalimentare, a cura di C. Grazia, R. Green, A. Hammoudi, Milano 2008.
Webgrafia: Istituto nazionale di economia agraria (INEA), Le politiche per lo sviluppo dell’agricoltura biologica in Italia, a cura di F. Carillo, Roma 2007, http://www1.inea.it/pdf/SABIO%20WP4%20def.pdf; Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA)-Fondazione qualivita, Rapporto 2014 sulle produzioni agroalimentari italiane DOP, IGP, STG, Roma 2014, http://www.accredia.it/UploadDocs/5263_ Rapporto_Qualivita_Ismea_2014.pdf; Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (MIPAAF), ICQRF (Ispettorato Centrale della tutela della Qualità e Repressione Frodi dei prodotti agroalimentari), Report delle Attività 2014, Roma 2015, https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/8580. Tutte le pagine web si intendono visitate per l’ultima volta il 25 agosto 2015.