produzione
L’insieme delle operazioni, semplici o complesse, attraverso le quali si produce un bene trasformando altri beni.
Una prima elaborazione del concetto di p. risale, nella metà del Settecento, ai fisiocratici e, in parte, ai mercantilisti, orientati a comprendere le conseguenze del commercio tra i Paesi. Essa ruota intorno al concetto, tecnico-economico, di prodotto netto, la cui dottrina appare il nucleo dell’economia politica. I fisiocrati analizzano i processi di produzione e di circolazione del complesso sociale prendendo spunto dalla produzione terriera in cui ravvisano l’origine prima del prodotto netto, che si ripartisce poi tra le varie classi sociali.
Nel 1776 l’opera di A. Smith (➔) si allontana dal capitale monetario dei mercantilisti e dalla ‘terra’ dei fisiocratici e pone invece l’attenzione sui determinanti della ricchezza delle nazioni e sulla divisione del lavoro che diventa il centro della dinamica economica. D. Ricardo (➔), riprese il lavoro di Smith ma si concentrò sulla distribuzione del reddito tra le diverse classi sociali. A tale analisi vanno ricondotte molte applicazioni di politica economica e di scienza delle finanze, relative al problema della ripartizione di oneri e vantaggi tra le varie categorie e ai quesiti sul progresso, o regresso, capitalistico.
Una seconda concezione classica risale a W.N. Senior, a J.-B. Say, e, in un secondo tempo, a W.S. Jevons (➔), a L. Walras e a K. Menger. ‘Produrre’ non significa creare un quid da un ipotetico ‘nulla’, bensì, semplicemente, rendere comunque utili determinati oggetti, vale a dire trasformarli in beni atti a soddisfare i bisogni degli uomini. L’individuo, non più la classe sociale, diviene il centro della nuova economia, in cui il possesso dei beni riduce un dolore o accresce il piacere. L’ambito dei fenomeni economici risulta assai ampliato e la distinzione tra lavoro ‘produttivo’ e lavoro ‘improduttivo’, tra classi ‘produttrici’ e classi ‘sterili’, tra ‘sfruttati’ e ‘sfruttatori’, esula dall’impostazione ‘scientifica’ dell’economia, la quale si astiene da ogni giudizio di merito intorno a entità considerate essenzialmente soggettive. Si separano tra loro produttività tecnica e produttività economica. Può aversi produttività tecnica, per es. creare un numero assai grande di oggetti di un dato tipo, senza che si abbia produttività economica, se tali oggetti (o parte di essi) non sono desiderati dai singoli, che preferiscono soddisfare altri bisogni. Con V. Pareto (➔) il problema della produzione, o trasformazione, diviene il nucleo dell’economia: si hanno trasformazioni nel tempo e trasformazioni nello spazio, atte, a giudizio soggettivo dei singoli, a ripartire i beni nel miglior modo possibile consentito dalle posizioni iniziali e dalle condizioni dell’ambiente.
Nelle moderne teorie economiche per produzione si intende l’attività che realizza la combinazione di ben definite risorse, materiali e/o immateriali, per dar luogo ad altre risorse non altrimenti disponibili. In tale formulazione rientra dunque qualsiasi processo di trasformazione (fisica, chimica, biologica, nello spazio, nel tempo) concepito per realizzare beni materiali e/o servizi. Rispondono in questo senso al concetto di p. sia le attività tipiche delle imprese manifatturiere sia quelle svolte dalle aziende agricole, zootecniche, assicurative, ospedaliere, creditizie e così via. La qualifica di p. industriale – in accordo col significato di industria – intende principalmente sottolineare i criteri con cui è organizzata e gestita l’attività produttiva (comunque essa sia finalizzata, alla p. di beni ovvero di servizi), evidenziando cioè i caratteri di ripetibilità del prodotto e di iteratività di un processo i cui risultati costituiscono oggetto di programmazione e di controllo in ordine a prefigurati obiettivi quali-quantitativi. L’immagine di p. industriale, con cui si pone l’accento sul carattere quantitativo e sui contenuti organizzativi dell’attività, in netta contrapposizione con la p. artigianale, viene più frequentemente associata ai processi di trasformazione (del settore secondario) finalizzati alla p. di manufatti e, più in generale, di beni materiali destinati all’uso del consumatore finale ovvero al reimpiego per l’ottenimento di prodotti più complessi.