Profetismo
L'allestimento di testi profetici rappresentò un motivo fondamentale di propaganda nel conflitto che oppose Federico II al papato. Nel culto imperiale promosso dall'imperatore e dalle cerchie a lui devote non è facile distinguere tra profetismo e messianismo. La commistione dei due piani è evidente nel rilievo del pulpito della cattedrale di Bitonto: Federico vi si trova inserito lungo una discendenza che, procedendo dal Barbarossa attraverso Enrico VI, produce l'ultimo suo virgulto nel figlio Corrado. L'albero genealogico riprende il motivo veterotestamentario dell'albero di Jesse, originariamente riferito dal profeta Isaia alla stirpe davidica del Messia. Sul piano letterario la celebrazione di Federico in chiave profetico-messianica culmina nel celebre appello dell'agosto 1239, in cui egli giunse a paragonare Iesi, sua città natale, a Betlemme.
La propaganda profetica fu massicciamente praticata da parte del papato e delle forze ecclesiastiche ad esso collegate. La Curia romana e i nuovi Ordini mendicanti (in particolare i Frati minori) si impegnarono a fondo in tale produzione, mirante nel contempo ad attaccare la parte imperiale e ad esaltare il ruolo di primo piano riservato ai nuovi Ordini nello scenario apocalittico degli scontri finali. Prodotti prevalentemente fra gli anni Trenta e gli anni Sessanta del sec. XIII, gli scritti riconducibili a questi ambienti possono essere raggruppati in differenti generi.
L'abate calabrese Gioacchino da Fiore aveva lasciato una raccolta di illustrazioni e diagrammi, nota come Liber figurarum, comprendente fra l'altro una rappresentazione del drago apocalittico, le cui sette teste egli aveva identificato con i sette grandi persecutori della storia della Chiesa. Mentre Gioacchino non aveva indicato il nome della settima testa futura, in rifacimenti successivi questa fu talvolta identificata con Federico II. Così avviene nelle Praemissiones, una collezione di figure e diagrammi derivati da quelli inseriti negli scritti autentici di Gioacchino, differente dal Liber figurarum. Gli scritti di Gioacchino non si prestavano peraltro a facili usi antisvevi. Risultò più semplice ed efficace produrre e mettere in circolazione sotto il suo nome alcuni commentari profetici pseudoepigrafi. Il più celebre è un commento al profeta Geremia (Super Hieremiam), preceduto da una lettera dedicatoria del preteso Gioacchino all'imperatore Enrico VI. L'opera è tramandata in diverse redazioni. A partire da un primo stadio elaborato in Italia in cerchie cistercensi-florensi si giunse, attraverso progressivi passaggi redazionali, a una sempre più marcata 'francescanizzazione' del testo quanto al profilo delle attese escatologiche e alle sottolineature pauperistiche. Alcuni elementi presenti nell'edizione a stampa cinquecentesca fanno pensare a una stesura risalente alla prima metà degli anni Quaranta del 1200 (Töpfer, 1964). Al centro del Super Hieremiam sta la figura del terribile persecutore destinato da Dio a compiere una sanguinosa purificazione della Chiesa, allusivamente identificato con l'imperatore.
La redazione finale del Super Esaiam, un commento a Isaia anch'esso falsamente attribuito all'abate Gioacchino, fu composta fra il 1260 e il 1266 da un frate minore in Italia meridionale. Il riferimento a Federico II è qui ormai esplicito. Quanto alla sua opera malvagia, apparentemente interrotta dalla morte, non è in effetti conclusa, in quanto si paventa che sarà proseguita dai suoi successori. Il Super Esaiam mira quindi a tenere alta la guardia contro la discendenza sveva. Finalità analoghe presenta il De honeribus prophetarum, un commentario a estratti di profeti veterotestamentari preceduto da una lettera del preteso Gioacchino all'imperatore Enrico VI. Nello scritto, composto intorno al 1255-1256 (Reeves, 19932) in ambienti di Minoriti italiani, gli annunci veterotestamentari di giudizi imminenti su diversi popoli del Vicino Oriente vengono riferiti a nazioni d'Europa e a vicende, spesso oscure, del sec. XIII. Entro tale cornice trova posto la leggenda negativa dell'atteso e temuto 'terzo Federico', l'Anticristo destinato a completare i misfatti perpetrati da Federico II, interrotti dalla sua morte prematura.
Nel Medioevo centrale circolano diverse profezie sotto il nome di Merlino, il leggendario veggente la cui fama si era diffusa dagli anni Trenta del sec. XII a partire dall'Inghilterra. A lui vennero attribuiti anche i Verba (o Dicta) Merlini, composti negli anni Quaranta del Duecento e riguardanti Federico II. Dopo aver accennato inizialmente a Federico I e a Enrico VI, i Verba Merlini indicano in termini allusivi alcune tappe della carriera dell'imperatore, insistendo fra l'altro sulla sua azione volta a dividere e distruggere Roma. Il filone del profetismo pagano-cristiano viene alimentato anche grazie alla nuova fioritura di testi sibillini. Il Vaticinium Sibillae Erithreae è stato lungamente considerato uno scritto di origine orientale, riportato in Sicilia tra la fine del sec. XII e gli inizi del XIII e lì tradotto dal greco in latino. Nessuna traccia diretta o indiretta ci è in effetti giunta della presunta redazione greca. Si potrebbe quindi perfino pensare che l'Eritrea sia stata abilmente prodotta ex novo in Occidente nella prima metà del secolo. Le due sezioni note rispettivamente come 'interpolazione bizantina' e 'interpolazione antisveva' fanno pensare ad ambienti degli Ordini mendicanti. La propaganda politica vi è infatti accompagnata da una chiara esaltazione in chiave apocalittica dei due nuovi Ordini dei Minori e dei Predicatori. La manifesta ostilità nei confronti sia di Federico II sia di Giovanni III Duca Vatatze, pretendente al recupero del trono di Costantinopoli e suo alleato, fa supporre che le due sezioni della Sibilla (ma forse l'intero testo) siano state allestite nella cerchia di Giovanni da Parma, ministro generale dell'Ordine minoritico dal 1247 al 1257, informato dei piani di Vatatze in occasione della propria legazione a Costantinopoli per conto del papa. Della Eritrea sono pubblicate due redazioni, la breve e la lunga. In entrambe, la vita e le unioni matrimoniali di Federico II vengono presentate in un linguaggio che fa ampio ricorso al simbolismo degli animali e dei numeri. In termini criptici e allusivi il testo mira a denunciare la portata della sua azione anticristiana e il pericolo rappresentato dalla sua discendenza. La prosa oscura degli scritti profetici pagano-cristiani fu oggetto di tentativi di chiarimento, racchiusi in glosse e commenti. Il più celebre è l'Expositio abbatis Joachimi super Sibillis et Merlino, indirizzata dal preteso Gioacchino all'imperatore Enrico VI ed espressamente dedicata all'interpretazione delle profezie extrabibliche, allestita negli anni Quaranta del sec. XIII e a sua volta tramandata in due redazioni.
Un altro genere di testi è rappresentato dalle profezie in versi. Numerosi cronisti dalla metà del sec. XIII riportano alcuni versi profetici che Federico II e il papa si sarebbero polemicamente scambiati: l'imperatore avverte il pontefice che predizioni, astri e voli di uccelli indicano che sarà presto il martello del mondo e che Roma dovrà cadere. Il papa replica preannunciando a Federico vita breve e pena perenne. A quanto pare, i versi iniziali, nati come a sé stanti, si riferivano in origine alle gesta di un altro sovrano: ambienti filopapali li credettero celebrativi di Federico e risposero per le rime. Altre predizioni in versi, quali il celebre Vaticinium attribuito a Michele Scoto, provengono invece indiscutibilmente da parte imperiale: preannunciano infatti la caduta della Roma papale, profetizzano ex eventu la vittoria della flotta imperiale-pisana sui genovesi (1241) e celebrano la conseguente cattura dei prelati che avrebbero dovuto raggiungere Roma per prendervi parte al concilio convocato da papa Gregorio IX.
fonti e bibliografia
Super Hieremiam prophetam, Venetiis 1516 (con le Praemissiones come prefazione); Super Esaiam prophetam, ivi 1517 (con le Praemissiones come prefazione); Vaticinium Sibillae Erithreae, a cura di O. Holder-Egger, "Neues Archiv", 15, 1890, pp. 155-173 (redazione lunga); 30, 1905, pp. 328-335 (redazione breve, su una base manoscritta molto limitata); Verba Merlini, a cura di O. Holder-Egger, ibid., 15, 1890, pp. 176-177. De oneribus prophetarum, a cura di O. Holder-Egger, ibid., 33, 1908, pp. 139-187.
L'Expositio abbatis Joachimi super Sibillis et Merlino è inedita: elenco dei mss. in M. Reeves, The Influence of Prophecy in the Later Middle Ages. A Study in Joachimism, Notre Dame-London 19932, p. 521, cui occorre aggiungere Madrid, Biblioteca Nacional, ms. 59.
Profezie in versi: Italienische Prophetieen des 13. Jahrhunderts. II, a cura di O. Holder-Egger, "Neues Archiv", 30, 1905, pp. 335-349. Vaticinio in versi attribuito a Michele Scoto: ediz. a cura di O. Holder-Egger, ibid., pp. 358-366.
B. Töpfer, Das kommende Reich des Friedens. Zur Entwicklung chiliastischer Zukunftshoffnungen im Hochmittelalter, Berlin 1964 (trad. it. Il regno futuro della libertà. Lo sviluppo delle speranze millenaristiche nel medioevo centrale, Genova 1992); R.E. Lerner, Frederick II, Alive, Aloft and Allayed in Franciscan-Joachite Eschatology, in The Use and Abuse of Eschatology in the Middle Ages, a cura di W. Verbeke et al., Leuven 1988, pp. 359-384 (trad. it. Federico II mitizzato e ridimensionato post mortem nell'escatologia francescano-gioachimita, in Id., Refrigerio dei santi. Gioacchino da Fiore e l'escatologia medievale, Roma 1995, pp. 117-135); M. Reeves, The Influence of Prophecy in the Later Middle Ages; H.M. Schaller, Stauferzeit. Ausgewählte Aufsätze, Hannover 1993; C. Jostmann, Die Sibilla Erithrea. Eine historiographische Skizze, "Florensia", 15, 2001, pp. 109-141; G.L. Potestà, Roma nella profezia, in Roma antica nel Medioevo. Mito, rappresentazioni, sopravvivenze nella 'Respublica Christiana' dei secoli IX-XIII.
Atti della quattordicesima settimana internazionale di studio, Mendola, 24-28 agosto 1998, Milano 2001, pp. 365-398.