Profili processuali del nuovo omicidio stradale
La l. 23.3.2016, n. 41 si caratterizza per la gravità delle sanzioni previste e per la modifica e l’introduzione di istituti processuali di non agevole interpretazione, i quali potranno avere un impatto di effetto contrario rispetto a quello voluto. Tale normativa è la conseguenza sia delle pressioni mediatiche derivanti da gravi fatti di cronaca sia della non adeguata applicazione della previgente normativa. Infatti, sebbene il corredo sanzionatorio consentisse l’adozione di pene elevate, la pratica giudiziaria si è attestata di massima sui minimi edittali. Questo scritto si propone di mettere in evidenza i problemi interpretativi e applicativi delle principali novità.
Il nuovo corredo sanzionatorio è molto severo.
L’art. 589 bis c.p. «Omicidio stradale» prevede tre livelli di pena: l’ipotesi base da 2 a 7 anni di reclusione e le ipotesi aggravate che vanno da 5 a 10 anni (co.4 e 5) e da8a 12 anni (co. 2 e 3).Per l’ipotesi base e le ipotesi aggravate di cui ai commi 4 e 5 l’arresto in flagranza è facoltativo. Per le ipotesi aggravate di cui ai co. 2 e 3, grazie all’aggiunta della lettera m quater all’art. 380, co. 2, c.p.p., l’arresto è obbligatorio (primo caso di arresto obbligatorio per delitto colposo).
Stesso impianto ha l’art. 590 bis c.p. «Lesioni personali stradali gravi o gravissime», che prevede i seguenti livelli di pena: da 3 mesi a 1 anno per le lesioni gravi e da 1 a 3 anni per le lesioni gravissime per l’ipotesi base, da 1 anno e 6 mesi a 3 anni per lesioni gravi e da 2 a 4 anni per lesioni gravissime per le ipotesi aggravate di cui ai co. 4 e 5 e da 3 a 5 anni per lesioni gravi e da 4 a 7 anni per lesioni gravissime per le ipotesi aggravate di cui ai co. 2 e 3. Con l’introduzione della lettera m-quinquies all’art. 381 c.p.p. è previsto l’arresto facoltativo in flagranza per tutti i casi di lesioni stradali gravi o gravissime previsti dai co. 2, 3, 4 e 5 dell’art. 590 bis c.p. Unica ipotesi per cui non è previsto l’arresto facoltativo in flagranza è quella base di cui al primo comma. I casi di lesioni lievi rimangono nell’alveo dell’art. 590, co. 1, c.p. (reato a querela e di competenza del giudice di pace). Tutti i casi di lesioni personali stradali previsti dall’art. 590 bis c.p. sono oggi procedibili d’ufficio.
Entrambe le norme (art. 589 bis e 590 bis c.p.) prevedono ipotesi comuni di aggravanti e attenuanti. Tra queste merita attenzione l’attenuante ad effetto speciale che consente di abbattere la pena fino alla metà qualora l’evento non sia esclusiva conseguenza dell’azione o dell’omissione del colpevole. Viene dato rilievo specifico sia al concorso di colpa sia all’esistenza di una concausa esterna all’agente che abbia determinato l’evento.
Seguono i commi di chiusura per entrambe le norme che prevedono gli aumenti di pena possibili nei casi in cui vi siano più vittime. Il tetto massimo per l’omicidio stradale è di 18 anni di reclusione e per le lesioni stradali di 7 anni. In quest’ultimo caso vi è un’evidente svista del legislatore che pone per le lesioni la pena massima di 7 anni di reclusione, pari alla pena massima delle ipotesi più gravi di cui ai co. 2 e 3. La pena edittale massima è la stessa indipendentemente dal numero delle persone offese.
La modifica dell’art. 550, co. 2, c.p.p. con l’introduzione della lettera «e bis» prevede la citazione diretta a giudizio per le lesioni personali stradali, anche se aggravate, a norma dell’articolo 590 bis c.p. Per tutti i casi di lesioni personali stradali, anche puniti con una pena massima superiore ai quattro anni, è prevista ora la citazione diretta giudizio. Tutta la materia delle lesioni personali stradali viene riportata al giudice ordinario e sottratta al giudice di pace, al quale, prima della presente novella, erano preclusi esclusivamente i casi rientranti nel terzo comma dell’articolo 590 c.p. quando si trattava di fatto commesso dal soggetto in stato di ebbrezza ai sensi della lett. c) dell’art. 186 c.d.s. e da soggetto sotto l’effetto di stupefacenti (questa parte dell’art. 4, lett. a), d.lgs. 28.8.2000, n. 274 è stata soppressa). Costituiva una stortura del sistema la diversità di trattamento processuale tra l’omicidio stradale e le lesioni personali stradali gravi e gravissime, reati di pari complessità e gravità anche dal punto di vista risarcitorio.
Punti focali della riforma sono l’estensione dell’applicazione dell’art. 224 bis e quindi dell’art. 359 bis c.p.p. ai delitti di cui agli artt. 589 bis e 590 bis c.p. e l’aggiunta del co. 3 bis all’art. 359 bis c.p., che conferisce particolari poteri al P.M. nei casi di urgenza quando si procede per i delitti sopra indicati. L’accertamento del tasso alcolemico e dell’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope è diventato momento fondamentale sia per dare al fatto la giusta qualificazione giuridica, con ricaduta evidente sulla pena applicabile, sia per decidere, per l’omicidio stradale, se si rientri in un caso di arresto in flagranza obbligatorio o facoltativo.
Altra modifica riguarda la riformulazione dell’art. 189, co. 8, c.d.s., che comporta, nel caso di omicidio stradale, l’inapplicabilità del trattamento di favore per chi, in caso di danni alla persona, presti assistenza mettendosi a disposizione della polizia giudiziaria. In caso di omicidio stradale, anche in presenza di collaborazione da parte dell’autore del reato, si deve o si può procedere all’arresto.
Ci si concentrerà sull’impatto che la riforma avrà sul piano processuale in quanto, a fronte di un così grave corredo sanzionatorio e della preclusione di procedere al bilanciamento tra le aggravanti e le attenuanti ex art. 590 quater c.p., verrà ricercato ogni spazio difensivo possibile per contenere le pene.
La procedibilità d’ufficio di tutti i reati di lesioni personali stradali gravi o gravissime inciderà sulla solerzia delle compagnie di assicurazione a risarcire il danno in quanto vorranno conoscere l’esito del processo penale che dovrà accertare con maggior precisione anche il concorso di colpa rilevante ai fini dell’attenuante di cui all’art. 590 bis, co. 7, c.p. e quindi del risarcimento. La possibilità della remissione della querela a seguito dell’avvenuto risarcimento del danno non sarà più possibile.
La richiamata attenuante di cui ai commi 7 degli artt. 589 bis e 590 bis c.p., stante la severità del corredo sanzionatorio, sarà ricercatissima in sede di giudizio. Gli organi di polizia dovranno pertanto effettuare i rilievi nell’immediatezza dell’incidente con particolare accuratezza e prestando attenzione anche a tutte quelle concause non riferibili ai soggetti coinvolti nell’incidente. Anche nella fase processuale sarà più frequente la necessità di ricorrere ad accertamenti tecnici complessi al fine di determinare con esattezza eventuali concorsi di colpa e concause al fine di calibrare l’attenuante e ciò con aumento dei tempi e dei costi processuali.
L’aspetto più interessante dal punto di visto giuridico è la novella degli artt. 224 bis e 359 bis c.p. in quanto pone l’annoso problema della possibilità di effettuare in via coattiva il prelievo del sangue, unico strumento utile in caso di rifiuto per accertare il tasso di alcol o l’assunzione di sostanze alteranti.
Prima dell’entrata in vigore della l. n. 41/2016, il problema appariva meno cogente in quanto il rifiuto a sottoporsi agli accertamenti non risultava “conveniente”, essendo il rifiuto sanzionato dal c.d.s. con una pena uguale ai casi più gravi di guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. Era, cioè, più conveniente sottoporsi agli accertamenti, quanto meno nel caso di assunzione di alcolici, nella speranza di veder rientrare la condotta nelle lettere a) o b) piuttosto che nell’ipotesi sub c).
Con l’attuale normativa, il rifiuto diventa ipotesi molto interessante poiché, in assenza della prova “scientifica” del tasso di alcol nel sangue e in presenza dei soli tipici elementi sintomatici accertati dagli organi di polizia operanti, per il principio del favor rei si rientra nell’ipotesi lieve di cui all’art. 186, lett. a), c.d.s. (illecito amministrativo) e, quindi, nell’ipotesi base dell’art. 589 bis, co. 1, c.p. e non già nelle ben più gravi ipotesi aggravate dei commi successivi. Lo stesso vale in caso di mancato accertamento dell’attualità degli effetti derivanti dall’assunzione di sostanze alteranti. Ecco perché il tema del prelievo coattivo di campioni biologici su persone viventi diventa di fondamentale importanza. Si pone quindi la domanda di quali accertamenti siano esperibili coattivamente in caso di rifiuto in base alla nuova normativa, con particolare riferimento al prelievo ematico.
Le pronunce fondamentali sul tema della Corte Cost. sono le seguenti: 24.3.1986, n. 54, 12.6.1996, n. 194 e 9.7.1996, n. 238.
Nella prima sentenza, sotto la vigenza del vecchio codice di procedura penale, veniva posta la questione se in sede di perizia medicolegale volta ad accertare la paternità fosse possibile imporre il prelievo ematico.
Nel 1996, dieci anni dopo, la Corte veniva chiamata a pronunciarsi sulla legittimità delle norme del c.d.s. che consentono alla polizia stradale di decidere se sottoporre o meno il conducente agli accertamenti volti ad appurare la presenza di stupefacenti o alcol nel sangue e cioè al prelievo ematico, sanzionandone il rifiuto.
Nella terza sentenza citata, dello stesso anno, la Corte affrontava la questione di legittimità costituzionale del secondo comma dell’articolo 224 c.p.p. nella parte in cui afferma che «il giudice dà gli opportuni provvedimenti per la comparizione delle persone sottoposte all’esame del perito e adotta tutti gli altri provvedimenti che si rendono necessari per l’esecuzione delle operazioni peritali». Il caso concreto riguardava la possibilità di disporre coattivamente il prelievo del sangue a fini investigativi nella generica cornice della norma sopra richiamata.
Al di là dei singoli percorsi argomentativi inerenti le specifiche questioni, la Corte in tutte e tre le pronunce ha ribadito che «il prelievo ematico, ormai di ordinaria amministrazione nella pratica medica, talché può essere persino effettuato da infermiere professionale, né lede la dignità o la psiche della persona, né mette in alcun modo in pericolo la vita, l’incolumità o la salute della persona, salvo casi patologici eccezionali che il perito medicolegale sarebbe facilmente in grado di rilevare». Ha sempre sottolineato che la libertà personale del cittadino può subire restrizioni soltanto con atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge: riserva di giurisdizione e riserva di legge, come dettato dall’art. 13 Cost.In particolare, nella più recente sentenza la Corte ha affermato che «il prelievo ematico comporta certamente una restrizione della libertà personale quando se ne rende necessaria l’esecuzione coattiva (…). Tale restrizione è tanto più allarmante in quanto non interessa solo la sfera della libertà personale ma la travalica perché, seppur in minima misura, invade la sfera corporale della persona pur senza di norma comprometterne l’integrità fisica o la salute anche psichica né la sua dignità, in quanto pratica medica di ordinaria amministrazione». La Corte, richiamando la precedente sentenza n. 194, ha evidenziato che il prelievo ematico sottrae alla sfera corporale della persona una parte che è pressoché insignificante ma non certo nulla. Nel previgente art. 224 c.p.p. i parametri costituzionali non sono stati rispettati in quanto il rinvio alla legge non può tradursi in un ulteriore rinvio da parte della legge stessa alla piena discrezionalità del giudice che l’applica, richiedendosi invece una previsione normativa idonea ad ancorare a criteri obiettivamente riconoscibili la restrizione della libertà personale. La Corte, richiamando l’antica sentenza n. 54/1986, ha statuito che la questione va rimeditata tenuto conto della maggiore forza con cui il valore della libertà personale si è affermato nel nuovo c.p.p., citando ad esempio la norma sull’accompagnamento coattivo che prevede «condizioni, presupposti e limiti» per tale misura restrittiva della libertà personale seppur non di natura cautelare. La generica fattispecie di cui all’articolo 224, co. 2, c.p.p. non indica né i casi né i modi in cui si può operare il prelievo ematico coattivo, realizzando così una violazione del secondo comma dell’art. 13 Cost. Termina la Corte invitando il legislatore a colmare questa lacuna della norma.
Figlio di questa sentenza è l’art. 224 bis c.p.p., introdotto con la l. n. 85/2009 e la cui applicabilità è ora estesa espressamente ai delitti di cui agli artt. 589 bis e 590 bis c.p. Questa norma consente al giudice, in sede di perizia, di disporre con ordinanza motivata l’esecuzione coattiva, se assolutamente indispensabile per la prova dei fatti, di determinati atti idonei ad incidere sulla libertà personale, quali il prelievo di capelli, di peli o di mucosa del cavo orale su persone viventi ai fini della determinazione del profilo del DNA o accertamenti medici nel caso in cui la persona da sottoporre all’esame del perito non presti il consenso. I commi 4, 5 e 6 dell’art. 224 bis c.p.p. dettano i limiti e le modalità con cui tali operazioni possono essere eseguite.
Questo è il quadro normativo di riferimento entro il quale va letta la norma di cui all’art. 359 bis c.p.p. introdotta dalla novella, norma che indica come debba muoversi il pubblico ministero qualora sia necessario, nel corso delle indagini preliminari, procedere al prelievo coattivo di campioni biologici su persone viventi, le quali si rifiutano di sottoporsi al prelievo o all’accertamento medico, richiamando le operazioni di cui all’art. 224 bis c.p.p. Il comma 2 prevede i casi di urgenza e consente in tali frangenti al pubblico ministero di disporre lo svolgimento delle operazioni con decreto motivato contenente gli stessi requisiti dell’ordinanza prevista dall’art. 224 bis c.p.p., decreto di cui va chiesta al GIP la convalida entro 48 ore e che il GIP deve convalidare con ordinanza nelle 48 ore successive. Il nuovo comma 3 bis permette al pubblico ministero, solo nei casi di cui agli artt. 589 bis e 590 bis c.p., in caso di rifiuto e se vi è motivo fondato di ritenere che dal ritardo possa derivare grave o irreparabile pregiudizio alle indagini, di adottare il decreto di cui al comma 2 e gli ulteriori provvedimenti anche oralmente da confermare successivamente per iscritto. A seguito di ciò gli ufficiali di polizia giudiziaria procedono all’accompagnamento dell’interessato presso il più vicino presidio ospedaliero al fine di sottoporlo al necessario prelievo o accertamento e si procede all’esecuzione coattiva delle operazioni se la persona rifiuta di sottoporvisi. Seguono le disposizioni sul diritto di farsi assistere da un difensore e sugli oneri del pubblico ministero per ottenere dal GIP la convalida del proprio decreto. Le operazioni comunque devono sempre svolgersi nel rispetto delle condizioni previste dai commi 4 e 5 dell’art. 224 bis c.p.p.
Questa norma rispetta la riserva di legge e di giurisdizione di cui all’art. 13, co. 2, Cost. in quanto detta casi e modi in cui il prelievo può essere operato coattivamente e la necessità del provvedimento motivato dell’autorità giudiziaria (decreto del PM convalidato dal GIP).
Bisogna chiedersi se tra le operazioni eseguibili con la coercizione vi sia anche il prelievo del sangue.
Le operazioni richiamate dalla norma sono il prelievo di capelli, di peli o di mucosa del cavo orale e gli accertamenti medici non meglio definiti. Poiché il comma 3bis dell’art. 359 bis c.p.p. opera esclusivamente nei casi di omicidio stradale e lesioni stradali, va da sé che i prelievi e gli accertamenti ivi citati siano quelli previsti dal c.d.s. e cioè il prelievo ematico come previsto dai commi 4 e 5 dell’art. 186 c.d.s. e dal comma 3 dell’art. 187 c.d.s. D’altronde, il prelievo ematico rientra anche negli “accertamenti medici” indicati genericamente dall’art. 224 bis c.p.p. Alla luce delle tre sentenze della Corte costituzionale sopra citate – che hanno reiteratamente evidenziato come il prelievo ematico non leda la dignità o la psiche della persona né metta in alcun pericolo la vita, l’incolumità e la salute – può affermarsi che tra gli accertamenti medici eseguibili coattivamente in base alla nuova disciplina in relazione ai reati di omicidio stradale e lesioni stradali rientra senz’altro il prelievo ematico. Un’interpretazione che portasse a ritenere non eseguibile il prelievo ematico coattivo in caso di rifiuto porrebbe nel nulla l’intero impianto della nuova legge in quanto, come già detto, solo da tale accertamento dipende la possibilità di dare al fatto una corretta configurazione giuridica con importante ricaduta sul piano sanzionatorio e procedurale (arresto obbligatorio o meno).
Infine va rilevato che la modifica dell’art. 189, co. 8, c.d.s. potrà avere un effetto negativo alla luce dell’impianto generale della nuova legge. Se si considera che la sottrazione agli accertamenti comporta l’applicabilità dell’ipotesi base di omicidio stradale e la collaborazione prestata sul luogo dell’incidente non evita l’arresto, la fuga diventa una soluzione appetibile. Vero è che in caso di fuga opera l’aggravante di cui all’art. 589 ter c.p., ma altrettanto vero è che le ipotesi aggravate di omicidio stradale sono punite con pene più severe. Inoltre, visto che il rifiuto agli accertamenti può essere superato con la procedura “coatta”, la fuga rimane l’unica via per sottrarsi a quegli accertamenti che possono far scattare le aggravanti. Rimane la possibilità, in caso di fuga, di procedere all’arresto anche al di fuori della flagranza e la possibilità di procedere al fermo, sussistendone i presupposti di legge. Ciò non toglie che l’autore del reato, sottraendosi nell’immediatezza agli accertamenti, li rende impossibili con le favorevoli conseguenze già descritte.
In conclusione: in tema di omicidio stradale, le novità introdotte dalla legge oggetto di questo breve commento potrebbero diventare un’istigazione alla fuga, soluzione più favorevole nei casi più gravi.