PROFUMI (fr. parfum; sp. e ingl. perfume; ted. Riechstoff)
Si designa con questo nome un numero grandissimo di prodotti, di composizione diversissima e spesso assai complessa, caratterizzati essenzialmente dall'odore che emettono. Sono messi in commercio, per il consumo diretto, sia sotto forma di soluzioni più o meno concentrate (estratti, profumi, alcoolati), che servono per profumare i fazzoletti, i capelli, la persona, ecc., sia sotto forma solida (polveri profumate e altre), destinati a profumare la biancheria, i vestiti, i guanti, preservandoli nel tempo stesso dai tarli. Oltre a ciò vi sono profumi e incensi per appartamento, destinati a profumare e depurare l'aria viziata di ambienti chiusi, le acque e gli aceti per toletta, i cosmetici (v.; cold-creams, pomate, creme, oli per capelli, belletti, ciprie), i dentifrici, i saponi da toletta (v. sapone), le tinture per barba e capelli, ecc.
Le materie prime adoperate nella preparazione dei profumi sono rappresentate da un materiale vastissimo comprendente sostanze odorose vegetali, animali e di origine chimica, che sono i prodotti base (v. essenziali, olî; odoranti, sostanze); i fissatori, che hanno la funzione di evitare una troppo rapida evaporazione dei prodotti base (specie resinoidi); l'alcool metilico, che funge da solvente, e altre sostanze intermedie di minore importanza.
Cenni storici. - L'uso dei profumi, suggerito dalle sostanze odorose esistenti in natura, dovette sorgere con i primordî della civiltà; ma esso si diffuse certamente solo quando l'uomo, risolti i primi impellenti problemi delle necessità di vita animale e raffinatosi fisicamente e spiritualmente, fu in grado di rivolgere la sua attenzione anche a soddisfacimenti puramente voluttuarî.
La culla dell'arte dei profumi fu indubbiamente l'Oriente (come già ebbe ad affermare Plinio). Accenni all'incenso troviamo nei Veda. Un'iscrizione geroglifica faraonica di circa il quarto millennio a. C. dà la più antica formula di profumo; molte fabbriche di profumi esistevano in Egitto anche per il processo dell'imbalsamazione.
Numerosi e ampî i richiami della Bibbia agli aromi: nella Genesi (I, II, III, IV, VIII, XXXVII, XLIII, L); nell'Esodo (XXX), si parla di un profumo, di cui è prescritta la composizione, da consacrarsi al Signore; nell'Ecclesiastico (XXIV) ricorre nuovamente un preciso accenno a vapori balsamici; un vero inno al profumo scioglie il Cantico dei Cantici. I profumieri costituivano, inoltre, una corporazione (Neemia, III, 8) presso gli Ebrei.
Per molto tempo i profumi dovettero essere adoperati prevalentemente, se non in modo esclusivo, nei riti propiziatorî mediante fumigazione (per fumum, donde il nome); successivamente l'uso dei balsami odorosi s'introdusse nell'igiene per combattere o prevenire contagi, correggere l'aria viziata e, infine, entrò a far parte della cura personale del corpo, creando gli unguenti, i cosmetici, le polveri e i liquidi odorosi.
In Italia, le prime notizie di profumi si hanno presso gli Etruschi, che eccelsero nel fabbricare sostanze odorose, sia sfruttando la ricca flora della loro terra, sia importando i prodotti commerciati dai Fenici e dagli abitanti della Magna Grecia, presso i quali l'industria profumiera fiorì rigogliosa, come, e ancor più, fiorì nella madre patria. Nella sua Storia delle piante (IX, 4) Teofrasto ci dà un elenco delle sostanze in uso presso i Greci per la fabbricazione dei profumi, dei cosmetici e delle tinture; quanto diffuso fosse, specie presso le donne greche, l'uso dei profumi, ci dice nei suoi Dialoghi Luciano; parlando della toletta d'una cortigiana, Antifane enumera i diversi profumi usati; cosicché, anche se andarono perduti gli scritti di Aspasia e di Critone, citati da Ateneo e da Galeno, sui profumi del tempo, non mancano le fonti per una conoscenza abbastanza precisa in materia.
Ma l'arte dei profumi, nel mondo classico, raggiunse il suo massimo sviluppo presso i Romani, quando si fusero in Roma tutte le raffinatezze del vicino e del lontano Oriente. Già nell'ultimo periodo repubblicano l'uso del profumo diventa una vera necessità degenerando in uno smodato abuso nell'età imperiale, con il crescente pervertimento dei costumi. Nel De re coquinaria, Marco Gavio Apicio parla dell'uso di profumare i vini. Perfino le coppe erano fabbricate con impasti profumati.
Durante gli spettacoli nei circhi, il popolo veniva abbondantemente cosparso di profumi; profumati erano perfino i sedili. In occasione di elargizioni imperiali venivano distribuite, come ambitissimo dono, enormi quantità di preziosi profumi alla plebe. Sotto Eliogabalo, la passione per i profumi divenne addirittura frenesia.
Ricche, di conseguenza, le notizie, tramandate da Plinio (Nat. Hist.), da Dioscuride (Materia medica), da Ovidio (Ars amandi; De medicamine faciei), ecc., circa i tipi e le composizioni dei profumi adoperati presso i Romani; né difettano gli oggetti di profumeria rinvenuti negli scavi archeologici.
Il cristianesimo fu dell'uso personale di profumi, come di ogni blandizia sensuale, avversario implacabile. Caduto l'Impero e subentrati i ferrei tempi del Medioevo, la vita europea, immersa nella barbarie, ignora tutte le raffinatezze: il profumo torna così a limitarsi alla sua antica funzione liturgica, nei riti della Chiesa.
Riapparirà come strumento di piacere e di eleganza solo dopo le crociate, importato dai contatti col mondo islamino: gli Arabi, infatti, erano stati gli eredi dell'antica arte profumiera orientale. Molto concorsero alla diffusione dei profumi le repubbliche marinare, e in specie Venezia. L'alchimia medievale, con la distillazione alcoolica, introdusse un nuovo importantissimo elemento nella fabbricazione dei profumi; con esso, nel Medioevo, il profumo ritorna ad acquistare, se non l'antica importanza, nuova e vastissima diffusione.
Col Rinascimento, il profumo è riportato agli onori dell'età romana; i profumieri italiani, che già avevano una loro lunga tradizione nella medievale arte degli speziali, divennero universalmente famosi: Leonardo da Vinci suggerì, occupandosi dell'arte di distillare, nella quale era espertissimo, anche la tecnica moderna dell'assorbimento (enfleurage) e delle infusioni.
Alla corte degli Sforza, dei Medici, degli Estensi, la passione dei profumi si fa intensissima e particolare impulso all'arte del profumo diedero le grandi donne del Rinascimento: Caterina Sforza ne ebbe una singolare competenza; e così Isabella d'Este, Lucrezia Borgia, Caterina de' Medici. Quest'ultima introdusse anzi in Francia la gran moda che doveva fare più tardi di quel paese la terra classica dell'industria profumiera. Né andarono esenti dalla passione dei profumi gli uomini e basti ricordare, fra i nomi più illustri, Alfonso I d'Este, Cosimo I de' Medici, Francesco I, il marito di Bianca Cappello, che diede nuovo incremento al grande laboratorio chimico (la fonderia) fondato dal padre Cosimo. Firenze diventò il centro della produzione profumiera dell'epoca e il Ricettario fiorentino rappresenta anche per i profumi il testo piò autorevole e completo del tempo. Rivaleggiava con Firenze Venezia, dove si resero famosi i "muschiari" specie nella preparazione delle ciprie e delle tinture (il biondo tizianesco); celebri profumi si fabbricarono pure a Roma (grande successo ebbero quelli di Muzio Frangipane), a Bologna, a Napoli, a Genova, ecc.
L'arte profumiera continua a essere in auge in Italia per tutto il sec. XVI: notevolissime per la conoscenza delle composizioni usate, le opere del napoletano Giambattista Della Porta (1535-1615), la Magia naturalis e il De distillatione. All'evoluzione dell'arte profumiera segue quella della presentazione, riflesso dell'incomparabile fioritura delle arti plastiche e figurative, che forniscono al profumiere svariatissimi recipienti del più fine gusto artistico.
Sulla fine del sec. XVII l'arte dei profumi declina in Italia, mentre un nuovo prodotto, che avrà immensa fortuna, si viene affermando in Germania, per opera di un italiano, G. P. Feminis, emigrato nel 1676 a Colonia, dove iniziò la fabbricazione della famosissima acqua, perfezionata poi dal nipote G. A. Farina e dal figlio di quest'ultimo Gian Maria (un altro G. M. Farina, contemporaneamente al Feminis, lanciava una sua acqua di toletta, che tuttora viene fabbricata). Un discendente della famiglia Farina, Giovanni Maria, stabilitosi a Parigi nel 1806, si diede alla fabbricazione brevettata dell'Eau de Cologne francese. Così il prodotto più noto e diffuso della profumeria moderna, d'invenzione italiana e fabbricato con materie per eccellenza italiane (lavanda, cedro, bergamotto, limone, arancio), segnò la decadenza dell'industria italiana.
In Francia, ai tempi di Napoleone I, la città di Grasse viene chiamata la Cité des parfums, tanto grande vi è lo sviluppo di tale industria: anche qui le origini sono italiane e probabilmente ne fu iniziatore il fiorentino Tombarelli, stabilitosi a Grasse al tempo di Caterina de' Medici. Prenderà una rivincita nel 1827 Bologna con la sua Acqua di Felsina; e già nel 1812 a Pontelagoscuro era sorta la più antica e famosa delle fabbriche italiane di profumeria.
Nel sec. XIX in tutti i maggiori paesi europei l'arte del profumo si sviluppa mirabilmente; un fortissimo impulso viene dato dall'innovazione chimica dei prodotti sintetici.
Un'applicazione esclusivamente moderna del profumo è quella del processo d'immunizzazione contro l'arma bacterica, cioè contro lo spargimento di colture epidemiche.
La tecnica del profumo. - La creazione di un profumo consiste nell'armonica fusione di diverse sostanze odorose. Perché la composizione riesca a realizzare una nota originale, gradevole, completa, si richiede nel profumiere una lunga esperienza e profonda conoscenza delle materie prime da impiegare, così da poter preventivamente stabilire quali tra esse possono associarsi e in qual misura. Difatti, non tutte le miscele di sostanze odorose sono capaci di dar luogo a una nota piacevole, e inoltre alcuni costituenti che, in determinate proporzioni, possono formare un insieme armonico, dànno risultati del tutto diversi quando il giusto rapporto sia turbato.
Le sostanze odorose hanno ricevuto diverse classificazioni.
Dal punto di vista del tipo di odore sono state distribuite dal Rimmel in 18 serie: rosata, aranciata, a odore di gelsomino, balsamica, violacea, canforata, a odore di tuberosa, citrina, erbacea, mentacea, a odore di garofano; anisata, drogata, ambrata, muschiata, a odor di sandalo, di mandorla amara, di frutta.
Secondo la provenienza, le sostanze odorose sono: di origine vegetale (olî essenziali, balsami, resine), di origine animale (ambra, mvschio, zibetto, castoro), di origine chimica (costituenti di essenze e loro prodotti di trasformazione, prodotti di sintesi totale partendo da corpi chimici ottenuti dalla distillazione del catrame).
Un'altra classificazione si fonda sulla diversa volatilità delle sostanze odorose. Si distinguono così gli odori di testa, leggieri e fugaci, che svaniscono dopo qualche ora; i prodotti a odore più consistente e meno volatile che permane per qualche giorno; gli odori fissi, a debole tensione di vapore, ad alto peso molecolare ed elevato punto di ebollizione, che evaporano assai lentamente e sono capaci di resistere per molti giorni e talora per mesi sulle sostanze che ne sono impregnate. Questa ripartizione corrisponde alle tre fasi di qualsiasi composizione: odore di punta o iniziale, odore medio o base, odore finale; e ha particolare importanza per il profumiere il quale, conoscendo le proprietà e gli effetti dei diversi corpi odorosi, li assortisce in rapporto agli effetti da raggiungere. Così, nella preparazione della classica acqua di Colonia il compositore tiene conto che le caratteristiche di questo profumo sono la volatilità e la freschezza e sa che il fattore freschezza non può associarsi al concetto di effetto durevole, giacché ogni impressione prolungata sui nostri sensi finisce col produrre un senso di stordimento e di stanchezza. Egli dunque ricorrerà in prevalenza agli odori di testa tra i quali il primo posto è tenuto dalle essenze di agrumi: bergamotto, limone, arancio, petit-grain, cedro, che sono appunto le basi dell'acqua di Colonia. Analogamente, egli ricercherà nei prodotti del secondo gruppo i principali costituenti di una composizione floreale (tipo origano, per es.) e attingerà soprattutto al terzo gruppo quando debba preparare un profumo di odore balsamico-resinoso (tipo Chypre).
Qualunque sia il tipo di profumo, un problema importante e delicato riguarda la fissazione, che consiste nel conferire alla composizione una certa durata e attenuare la volatilità di alcuni costituenti. La scelta del fissatore deve esser tale che la nota principale del profumo non resti sensibilmente modificata e occorre tener conto che il grado di persistenza si deve intonare al carattere del profumo; infatti, un'acqua di Colonia dovrà evaporare più rapidamente che una composizione di fiori, e la persistenza sarà maggiore in un profumo del tipo Chypre o ambra.
La gamma delle composizioni di profumeria si è molto avvantaggiata dei progressi realizzati nella sintesi chimica dei composti odoranti e della separazione dei costituenti odorosi delle essenze. L'analisi degli oli essenziali e gli studî sulla loro composizione hanno portato alla separazione dei costituenti odorosi da quelli che sono olfattivamente inerti (ad es., terpeni) o che possiedono odori secondarî poco gradevoli (resine, cere).
Fanno parte importante di questo gruppo: il geraniolo isolato dalle essenze di geranio e di palmarosa, il mentolo dall'essenza di menta, il linalolo dall'essenza di bois de rose, il citronellolo dall'essenza di lemongrass, il nerolo dall'essenza di petit-grain, ecc.
Un'altra categoria assai più numerosa riguarda i prodotti di trasformazione dei costituenti di essenze: ad esempio, il geraniolo si trasforma per ossidazione in citral, a odore citrino, e questo può ancora trasformarsi in ionone, base delle essenze di violetta artificiale; dal pinene, contenuto nelle essenze di trementina, può ottenersi per idratazione il terpineolo o lilas artificiale; il safrolo contenuto nell'essenza di sassofrasso è il punto di partenza per la fabbricazione dell'eliotropina; l'eugenolo separato dall'essenza di garofano serve da materia prima per la produzione di vanillina.
Accanto a questi composti, che hanno la loro origine in profumi naturali, ve ne sono altri che traggono le loro materie prime da un campo del tutto diverso. Esempî di questo genere sono rappresentati dall'aldeide anisica, a odore di biancospino, ottenuta per metilazione dell'aldeide ossibenzoica; dall'aldeide benzoica a odore di mandorle amare, che si può preparare partendo dal toluene; dall'alcool feniletilico, a odore di rosa, che ha il suo punto di partenza nel cloruro di benzile; dall'antranilato di metile o neroli artificiale, la cui materia prima è costituita dal naftalene. Di particolare importanza sono i muschi sintetici che hanno larghissimo impiego nella profumeria e sono ottenuti per nitrazione di composti benzenici; realizzando una somiglianza dell'odore del muschio naturale sebbene non vi sia nulla di comune nella costituzione chimica.
Bibl.: E. Rimmel, Le livre des parfums, Parigi 1870; C. Nispi-Landi, Bagni e toeletta presso i Romani, Roma 1928; M. P. Otto, L'industrie des parfums, Parigi 1924; R. M. Gattefossé, Distillation des plantes aromatiques et des parfums, ivi 1926; P. Jeancard, Les parfums. Chimie et Industrie, ivi 1927; A. Wagner, Die Parfumerienindustrie, Halle 1928; A. M. Burger, Leitfaden der modernen Parfümerie, Berlino 1930; R. Cerbeland, Formulaire de parfumerie, Parigi 1934. Riviste: Die Riechstoffindustrie (Monaco); Die deutsche Parfumerie-Zeitung (Berlino); La parfumerie moderne (Lione); Revue de la parfumerie et des industrie qui s'y rattachent (Parigi); les parfums de France (Grasse); Perfumery and Essential oil record (Londra); The American Perfumer and essential oil review (New York); Rivista italiana delle essenze, dei profumi e delle piante officinali (Milano).