PROGRAMMA (gr. πρόγραμμα)
Piano generale che si premette a un lavoro o col quale se ne dà notizia; indicazione della materia da studiare in un dato ordine di scuole, resa obbligatoria (in Italia) dallo stato con regio decreto; distribuzione della materia da insegnare in un anno scolastico, raggruppata per trimestri, quando, per amore di eccessiva precisione, non sia fatta per mesi o per settimane. Il programma ha certamente un suo determinato valore, come sintetica e chiara valutazione del fine che ci proponiamo di conseguire e dei mezzi dei quali disponiamo. Quanto più ricca e più viva è la nostra esperienza, cioè a dire la cognizione del lavoro al quale dobbiamo attendere, tanto più preciso e attuabile sarà il programma che ne tracciamo anticipatamente. Sorgeranno, senza dubbio, difficoltà impreviste, ma non tali da impedirci di superarle. Diversi e contrastanti, invece, sono i pareri intorno al valore da attribuirsi al programma didattico.
Una ormai superata concezione pedagogica, più viva del resto nella pratica che nella dottrina, riteneva che occorresse determinare con precisione il programma degli studî, classe per classe, con l'indicazione sommaria degli argomenti per un anno scolastico, che poi venivano analizzati e distribuiti dagl'insegnanti in prospetti mensili e settimanali. Il valore dell'insegnante era desunto da questa sapiente, meticolosa distribuzione della materia, che doveva coincidere con la trattazione effettiva.
Un altro indirizzo di pensiero, invece, che assegnava alla genialità creatrice dell'insegnante la maggior importanza, considerava il programma come un grosso impedimento alla libera attuazione della sua arte didattica, e arrivava sino a negare ad esso ogni valore, quando non lo scherniva come decrepito residuo della pedanteria. È, insomma, capitato al programma quello che è accaduto alla tradizione del pensiero passato: da un lato gli adoratori, che sono giunti sino a fissarlo in formule, credendo in esse come in verità sacrosante, dall'altro gli stroncatori che non gli hanno riconosciuto nessun valore. Ma come l'esperienza dei secoli non si può distruggere, perché rappresenta lo sforzo continuo dello spirito di creare la scienza, la quale, se non ha un valore assoluto e perciò non può diventare dommatica, rappresenta la certezza conseguita, dalla quale bisogna partire per le ulteriori ricerche; così non è possibile affidare l'insegnamento alla libera improvvisazione del docente, al quale debbono essere indicati, anche per evidenti ragioni pratiche, i limiti entro i quali deve essere contenuta la trattazione di una disciplina in un determinato tipo di scuole.
Questa giusta via è stata preferita dal legislatore italiano nella compilazione dei programmi ufficiali, che sono puramente indicativi. Come per le scuole elementari è concessa al maestro ampia libertà di svolgimento della materia prescritta e, addirittura, la possibilità di proporre un programma diverso, come esperimento di particolari vedute didattiche, così per le scuole medie sono indicate le mete da conseguire alla fine di un corso di studî (inferiore o superiore) e un certo numero di opere da scegliere in un elenco: programmi di esame, dunque. Il programma didattico, invece, deve essere preparato ogni anno dall'insegnante, che è il giudice più idoneo non solo rispetto alla proposta delle opere che farà leggere ai suoi alunni, in quantità non inferiore a quella prescritta, ma anche alla loro distribuzione in rapporto agli anni di studio. E tale facoltà è concessa alle scuole private e ai candidati che si presentano agli esami di stato come provenienti da scuola paterna.
Certo il valore del programma sta nella sua attuazione, la quale può incontrare minori o maggiori difficoltà, nella collaborazione attiva, premurosa, intelligente degli alunni. Ma poiché esso è fondato sulla esperienza già fatta, non solo è utile, perché dà un certo uniforme orientamento agli studî che vengono fatti in un determinato tipo di scuola, ma è anche attuabile, quando trovi insegnanti capaci d'intenderne il valore, consapevoli del loro ufficio, scrupolosi nell'adempimento del loro dovere, intenti, soprattutto, nel guidare amorosamente gli alunni e nell'accertarsi, giorno per giorno, ch'essi vanno superando, insieme con lui, le non poche difficoltà dell'apprendere e organizzano le loro cognizioni. Il programma vero è quello che egli va attuando ed è vivo nella coscienza degli scolari; il resto è semplicemente un abbozzo e un tentativo dell'opera che si vuol compiere e che non ha perciò alcun valore reale.