project financing
Operazione economico-finanziaria attraverso la quale un ente pubblico concretizza un’opera o un progetto, con oneri finanziari di progettazione e realizzazione dello stesso posti parzialmente o totalmente a carico di società private. Queste ultime contano di ricuperare il denaro anticipato e gli interessi sullo stesso introitando il flusso di cassa derivante dai proventi dell’opera (➔ anche finanza ; partenariato).
In un’operazione di p. f. sono coinvolti vari soggetti. In primo luogo l’ente pubblico affidante che, sulla base di un’apposita procedura, delibera l’esecuzione dell’opera con le modalità del p. f. e ne affida a un privato la realizzazione e la gestione; su tale agente non gravano altri oneri; almeno formalmente, esso si libera con il p. f. da ogni rischio relativo a maggiori costi di realizzazione dell’opera, rispetto alla cifra stabilita dal bando, o a minori introiti di gestione della stessa. Poi c’è il privato affidatario che, come vincitore di un bando di gara, è tenuto a rispettare, tanto nella realizzazione dell’opera quanto nella gestione, gli accordi contrattuali sottoscritti con la pubblica amministrazione. Il privato affidatario può ricorrere a sua volta, come molto spesso avviene, al mercato finanziario che è il terzo attore dell’operazione, per ottenere almeno parte delle risorse necessarie al finanziamento del progetto. Vi si ricorre come speciale veicolo finanziario, i cui destini sono separati da quelli delle eventuali case madri, nel senso che per i finanziatori esterni al progetto l’unica garanzia del pagamento del debito è il flusso di cassa del progetto stesso. In sostanza, l’affidatario si assume il rischio del costo di realizzazione dell’opera, mentre sui finanziatori esterni grava quello di gestione.
Per la valutazione di tale rischio sono utilizzati gli strumenti tecnici del Project Cover Ratio (PRC) o dell’Annual Debt Service Cover Ratio (ADSCR). Tali indicatori mettono a numeratore il valore attuale medio dei flussi di cassa della gestione, rispettivamente lungo l’intera vita del progetto (PCR) o nel prossimo esercizio (ADSCR), e a denominatore il valore del finanziamento erogato al privato affidatario. Il mercato richiede valori di tali rapporti oscillanti nell’intervallo 1,15-1,25.
Il p. f. si è rivelato uno strumento utile in periodi di crisi delle finanze pubbliche, impossibilitate a finanziare, mediante un ulteriore aumento del debito pubblico, gli investimenti in infrastrutture necessarie per l’ammodernamento del territorio. Va tuttavia considerato che, in cambio del finanziamento, l’ente pubblico rinuncia agli introiti futuri derivanti dall’opera.
In Italia la materia del p. f. è stata più volte oggetto di regolamentazione a partire dagli anni 1990, con l’ultimo aggiornamento realizzato con il d. legisl. 153/2008. Tale regolamentazione mira a canalizzare le disponibilità di intervento dei privati verso quelle opere infrastrutturali la cui realizzazione è giudicata prioritaria dalla comunità. Di conseguenza possono essere finanziate con questo strumento solo le opere inserite dallo Stato in una lista di programmazione strategica triennale o individuate dagli enti di governo territoriale nel programma annuale dei lavori di pubblica utilità. La procedura si articola poi in due fasi: selezione del progetto di pubblico interesse e gara a evidenza pubblica sulla base del progetto dichiarato di pubblica utilità. La prima fase è connotata da un’ampia discrezionalità, poiché in essa si esplica la capacità dell’ente pubblico di scegliere le proposte progettuali più rispondenti all’interesse pubblico, senza alcun vincolo di affidamento della realizzazione del progetto al proponente dell’opera. Nella seconda fase si ha invece una vera e propria gara in cui la scelta del privato, o del consorzio fra privati cui affidare la realizzazione del progetto, deve condurre all’individuazione del progetto migliore sulla base di parametri di giudizio prefissati nel bando di gara.
In Europa la più imponente operazione di p. f. è stata la realizzazione del tunnel sottomarino che collega Francia e Gran Bretagna attraverso il canale della Manica. I flussi di cassa derivanti dalla gestione del tunnel non sembrano per il momento sufficienti a rimunerare l’investimento effettuato dal consorzio che ha realizzato l’opera.