Promozione
Il cinema ereditò i primi strumenti promozionali dagli spettacoli di piazza, dal music hall, dal teatro di ombre cinesi, come il parigino Le chat noir che già pubblicizzava i suoi spettacoli con bellissimi manifesti belle époque. Tipica di questa tradizione di spettacolo popolare era la figura dell'imbonitore, che passò direttamente nel cinema per assolvere un doppio ruolo, dentro e fuori lo spettacolo vero e proprio. All'interno delle sale cinematografiche l'imbonitore aveva l'incarico di animare le proiezioni, per es. leggendo e interpretando drammaticamente le didascalie per un pubblico popolare ancora sostanzialmente analfabeta. In questo ruolo, tale figura avrebbe avuto un'importanza determinante in Giappone, dove il benshi, ai tempi del muto, interpretava con varie tecniche teatrali i film in proiezione e finiva così per nobilitare la nuova arte inserendola, senza soluzioni di continuità, nella liturgia dello spettacolo tradizionale. In Occidente, l'imbonitore era particolarmente diffuso nei Paesi anglosassoni, pur restando presente anche in altre realtà, e il suo ruolo si esplicava soprattutto fuori dalle sale di proiezione, dove cercava di convincere il pubblico a entrare e vedere gli spettacoli.Il principale strumento di p. restava comunque il manifesto, che la decima musa ereditò già collaudato da altri spettacoli popolari e nobilitato da una consolidata consuetudine ottocentesca con cui si erano misura-ti, ben prima del cinema, grafici, tipografi e artisti come Henri de Toulouse-Lautrec. Dal punto di vista formale, i manifesti si possono distinguere in due grandi categorie: i manifesti tipografici (che riportano soltanto comunicazioni scritte e dove, in un sistema mutuato direttamente dal teatro e dalla lirica, le gerarchie degli interpreti e le preminenze delle proposte si giocano sulle precedenze dei nomi e sul corpo dei caratteri) e i più interessanti manifesti figurativi, che sviluppano, anche qui sulla scia della fiorente tradizione del caffè concerto di fine secolo, veri e propri codici narrativi. Questi 'film di carta', spesso coloratissimi, forse per compensare alle origini il prevalente bianco e nero della celluloide, o per rendere le forti tinte della temperie emotiva delle trame, hanno accompagnto l'intera storia del cinema sviluppando una forma di creazione parallela che ha toccato vette di autonoma dignità artistica. In Italia hanno rappresentato un veicolo promozionale fortissimo quasi fino ai giorni nostri, sia nella forma dei grandi manifesti stradali (sulla cui capacità mitopoietica Federico Fellini fondò l'episodio Le tentazioni del Dottor Antonio del film collettivo Boccaccio '70, 1962), sia soprattutto come cartelloni affissi nell'atrio e nelle vetrine delle sale cinematografiche.Sino alla fine degli anni Cinquanta, la sala cinematografica stessa costituì la prima opportunità di marketing nei confronti di un pubblico, nella sua generalità, scarsamente toccato da altri media; così vennero prodotti, accanto a manifesti, locandine, fotobuste (spesso a colori anche per i film in bianco e nero), materiali da di-stribuire agli spettatori: brochures, pieghevoli illustrati, programmi di sala, che dovevano prolungare il piacere della visione anche dopo la proiezione del film e creare un pubblico fedele soprattutto nei confronti degli attori, da sempre considerati il vero elemento promozionale interno ai film. Ancora fino agli ultimi anni Settanta, le indagini di mercato sulle motivazioni del pubblico nella scelta di un film collocavano i cartelloni ai primi posti come capacità di influenza (mentre la capacità di orientamento delle recensioni dei quotidiani restava assolutamente minoritaria), insieme con il giudizio positivo di chi aveva già visto il film e con i 'prossimamente', che con gli anni Ottanta si sarebbero iniziati a chiamare trailer mutuando il termine anglosassone.
I trailer sono forse l'elemento di p. di maggiore efficacia, anche perché elaborato utilizzando lo stesso linguaggio dello spettacolo cinematografico di cui vanno a costituire una parte determinante. Fino all'avvento della televisione, i trailer completavano il dispositivo della sala cinematografica come perfetta macchina spettacolare per la vendita della merce film; successivamente, il trailer è diventato il primo veicolo per portare la p. del cinema fuori dalla sala, rubando alla grande concorrente del cinema, la televisione, preziose occasioni di marketing diretto, che consentono alle immagini dei film in uscita di entrare nelle case dei singoli spettatori. Mentre la televisione ha progressivamente superato i cartelloni per forza persuasiva, proprio i trailer trasmessi dal piccolo schermo hanno in qualche modo riportato all'imbonitore delle origini, nello sforzo di catturare l'attenzione degli spettatori e attrarre nelle sale il maggior numero possibile di potenziali clienti. Anche i festival e i premi costituiscono uno strumento di p. (e di comunicazione) interno al cinema, rivolto tuttavia non alla massa degli spettatori, bensì a opinion lead-ers quali i giornalisti, che a loro volta dovrebbero moltiplicarne gli effetti promuovendo il film.
Accanto a questi strumenti, il cinema si è alleato sin dalle origini con l'editoria di massa, elaborando progressivamente una vera e propria mitologia per coinvolgere gli spettatori nelle gesta, anche extrafilmiche, dei propri protagonisti. In altri termini, il cinema, come universo globale dell'immaginario, è diventato il più incisivo strumento di p. di sé stesso, costituendosi come mondo ideale, empireo delle stelle che, film dopo film, irradiano la loro luce ammaliante sulla folla degli ammiratori i quali, a loro volta, mantengono i contatti con i divi prediletti, seguendone le vicende prima su settimanali e fotoromanzi specializzati, poi su quotidiani e trasmissioni televisive: ma nell'epoca della televisione, la maggior velocità di questo medium ha finito per consumare troppo rapidamente l'attenzione del pubblico, aumentata in estensione ma ridotta in intensità e durata, e per trasformare dunque le star in spot pubblicitari di prodotti che si bruciano nell'arco di poche stagioni.
Con l'aumento della propensione al consumo da parte del pubblico e soprattutto con l'accrescersi esponenziale della capacità di spesa delle fasce giovanili, il mercato cinematografico ha sviluppato un ulteriore settore che, al tempo stesso, è diventato un potente strumento promozionale e un business di portata inattesa, giungendo spesso a rappresentare, nel caso delle grandi produzioni internazionali, la prima voce di resa economica del 'prodotto-film': il merchandising. Dopo un inizio d'impianto ancora tradizionale con il lancio sul mercato di giocattoli, figurine e capi d'abbigliamento marchiati con il logo e i personaggi di un film di successo (basti pensare alla politica di branding dei cartoni animati della Disney o della Warner Bros., o alla saga di Star wars, 1977-2002), con la diffusione di massa dell'informatica il merchandising si è ramificato in nuovi settori di attività, la cui importanza economica nel corso dell'ultimo decennio del 20° secolo è diventata rapidamente preponderante: i videogiochi e i siti Internet. Lo sviluppo in questa direzione è giunto a tal punto che, ormai, non sempre è chiaro quale sia il core business dell'industria dello spettacolo: se il film che, come primo prodotto, sviluppa a cascata giochi e merchandising, oppure se l'elemento trainante siano diventati i videogame di cui il film rappresenta ormai soltanto un efficace lancio promozionale di partenza.
L'immagine del cinema. Come cambiano metodi, tecniche e canali della promozione cinematografica, Atti del convegno di studi, Chianciano Terme, maggio 1987, Roma 1987; L. Creton, Economie du cinéma, Paris 1994.