Promuntorium Ytaliae
. È la località con cui D. indica in VE I VIII 8 il limite (o uno dei limiti) in direzione sud-est (o est senz'altro) della zona d'Europa occupata da chi parla la lingua di sì, fissando l'opposto estremo occidentale al confine fra la Marca Genovese e i parlanti provenzale: Qui autem sì dicunt a praedictis finibus [scil. Januensium] orientalem [scil. Europae meridionalis partem] tenent, videlicet usque ad promuntorium illud Ytaliae, qua sinus Adriatici maris incipit, et Siciliam (si tenga presente che il confine occidentale - o forse meglio, allora, di ovest-nordovest- risulta precisato da quanto D. dice al paragrafo successivo sui limiti del territorio dei parlanti oïl, uno dei quali è la ‛ devexio Apenini ': v.).
Del promontorio in questione sono state proposte varie identificazioni. Alcuni (Andriani, Revelli e più recentemente Vinay) pensano alla penisola istriana, e più precisamente al Capo Promontore; altri, ed è la tesi maggioritaria, alla penisola salentina e al Capo d'Otranto (Magnaghi, Marigo, Contini, Panvini, ecc.); infine il Casella, riprendendo l'indicazione del vecchio commento del Giuliani, parteggia per la punta della Calabria, orientandosi piuttosto per Catona, di cui in Pd VIII 62 (e quel corno d'Ausonia che s'imborga / di Bari e di Gaeta e di Catona: var. antica Crotona, cfr. in particolare il commento di Benvenuto; e v. la voce CATONA).
Delle tre ipotesi la più lontana dalla verità sembra senza dubbio la prima, anche e soprattutto nella formulazione che le dà il Vinay. A parte l'argomentazione non decisiva ma pur probabile del Magnaghi (è più verosimile che D. indichi l'inizio dell'Adriatico dal punto in cui si stacca da un mare più ampio anziché dal punto opposto in cui si stacca dalla terraferma che lo circonda), sono indimostrabili o erronei i due argomenti che il Vinay porta a rincalzo della sua opinione: D. intenderebbe indicare implicitamente anche il confine fra genti ‛ romanze ' e Graeci, oltre che con gli Ungari (e perché poi? L'Istria confina evidentemente con gli Sclavones, pure ‛ Germani ' per D., al di là dei quali soltanto incomincia l'area ‛ greca '). Inoltre il punto estremo orientale o sud-orientale d'Italia non sarebbe in ogni caso la penisola salentina o altro in fondo allo stivale, ma il Capo Passero in Sicilia: già, ma per D. (VE I X 5) la Sicilia non fa parte dell'Italia vera e propria (anche se vi si parla un ‛ dialetto ' italiano), è solo socianda all'Italia, tant'è vero che nel nostro passo egli stesso aggiunge et Siciliam; il limite indicato dal p. Ytaliae lo è della penisola in quanto tale, non di tutta la zona dove si parla italiano (inoltre, come osserva il Panvini, l'aggiunta della Sicilia ha pieno senso solo se " l'isola protrae l'estremo limite est continentale del sì, se cioè la Sicilia è oltre, ma pur sempre vicina, al ‛ promuntorium ' ").
Restano perciò le altre due ipotesi, che soddisfano entrambe all'evidente esigenza dantesca d'indicare la massima estensione della penisola, da nord-ovest a sud-est o senz'altro da ovest a est (par probabile che anche in questo caso D. segua la rappresentazione geo-cartografica prevalente nelle sue ‛ fonti ' e ai suoi tempi, che implica rispetto alla nostra una forte rotazione in direzione nord-est, per cui l'Italia viene a risultare, al limite, quasi distesa orizzontalmente). Tra di esse non è facile decidere, ed è probabile che supplementi d'indagine non darebbero ancor oggi risultati perentori. Anche i riscontri adducibili paiono bilanciarsi, poiché quello col Tresor di Brunetto che militerebbe a favore del Capo d'Otranto (I CXXIII 8 " Li regnes de Puille, ou est la cités d'Otrente, sur la senestre coree d'Ytalie ": così nell'edizione Chabaille, ma l'edizione Carmody reca " Aceronte ", var. " Ceronte ") può essere più che pareggiato da quello interno col Paradiso sopra segnalato, ed evidenziato dal Casella; ed è un dato di fatto che la città di Catona aveva notevole importanza ai tempi di D. come scalo per la Sicilia ed era regolarmente segnata nelle carte nautiche dell'epoca (cfr., oltre a Revelli e Magnaghi: A. Mori, La geografia in D., in " Arch. di Storia della Scienza " 1921, poi in A.M., Scritti geografici, a c. di G. Caraci, Pisa 1960, 128). Piuttosto è da dire. che la scelta nel senso della penisola salentina diventerebbe veramente prioritaria qualora si accogliessero le obiezioni che alla ricostruzione del Casella rivolge il Magnaghi. Tacendo di altri meno convincenti o comunque meno decisivi, un rilievo messo a punto da quest'ultimo studioso sembra conservare il suo peso: D. parla precisamente di sinus Adriatici maris, e tutta una tradizione geografica, compreso il fondamentale Orosio, distingue tra sinus Adriaticus, cioè il nostro ‛ Adriatico 'e mare Adriaticum, con valore più esteso e diverso (lo Ionio o lo Ionio e l'Adriatico assieme). Vero è che in VE I X 6 si parla di Adriaticum (mare), in contrapposizione al Tyrenum mare, ma qui, si può contro-obiettare, non interveniva quella necessità di precisione distintiva che, per l'appunto, potrebbe aver spinto D. ad adottare nel passo di VE I VIII la denominazione che non consentiva confusioni tra Adriatico e Ionio e conseguentemente incertezze nell'identificazione del ‛ promontorio '.
Bibl. - G. Andriani, Il confine dell'Italia sul Quarnaro secondo D., in " Boll. Soc. Geogr. Ital. " LVII (1920) 214; A. Magnaghi, Sul " Quarnaro " dantesco, in " La Geografia " IX (maggio-agosto 1921) 67; ID., La Devexio Apennini del ‛ De vulg. Eloq. ' e il confine settentrionale della lingua del sì, in " Giorn. stor. " suppl. 19-21, Torino 1922, 372-374; P. Revelli, L'Italia nella D.C., Milano 1922, 67-69, 172-173; A. Magnaghi, I confini d'Italia nel pensiero di D. secondo una pubblicazione recente, in " Atti Accad. Scienze Torino " LVIII (1923) 364-373 (polemica col precedente); M. Casella, Questioni di geografia dantesca, in " Studi d. " XII (1927) 72-74; A. Magnaghi, Questioni di geografia dantesca, in " Rivista Geogr. Ital. " XXXV (1928) 195-205 (poi in AA.VV., Scritti geografici, a c. di A. Sestini, suppl. al vol. LXXV [1968] della " Rivista geogr. Ital. ", Firenze 1968, 99-108; discussione col Casella); Marigo, De vulg. Eloq. 56 (recens. di G. Contini, in " Giorn. stor. " CXIII [1939] 290-291); G. Vinay, Ricerche sul ‛ De vulg. Eloq. ', in " Giorn. st. " CXXXVI (1959) 369-370, 380-382; O. Baldacci, I recenti contributi di studio sulla geografia dantesca, in " Cultura e Scuola " 13-14 (1965) 223-224; B. Panvini, Origini e distribuzione dei volgari europei secondo il ‛ De vulg. Eloq. ', in " Siculorum Gymnasium " n.s., XIX (1966) 195-196; ID., in D.A., De vulg. Eloq. Testo critico, tradotto e annotato da B.P., Palermo 1968, 28-29.