PRONOME (fr. pronom; sp. pronombre; ted. Pronomen, Fürwort; ingl. pronoun)
Categoria del nome destinata a indicare rapporti elementari di qualità, spazio, quantità e che quindi non ha bisogno sempre di essere rappresentata da un semantema (v. morfologia); formazione antichissima, preesistente alla distinzione di sostantivo e aggettivo. Comune alle altre categorie del nome ha solo la formazione dei casi; alcune categorie del pronome sono indifferenti al genere grammaticale, e distinguono il numero non con mezzi morfologici ma semantici.
Il latino pronomen traduce il greco alessandrino ἀντωνυμία (a che ha sostituito il termine già vecchio di ἄρϑρον comune all'articolo. Esso presso Varrone indica solo i pronomi dimostrativi e personali, essendo riservato agli altri (interrogativi e relativi) quello di provocabulum.
La prima categoria del pronome è quella del pronome personale, che indica i rapporti fondamentali di io, tu, noi, voi, eventualmente noi due, voi due. Il suo impiego è in parte ristretto, perché la differenza di persona, indicata con mezzi semantici nel pronome, è indicata con mezzi morfologici dal verbo: amo, ami, amiamo ecc. indicano la persona, senza bisogno del pronome. Ma il pronome personale agisce ugualmente nel senso che, con la sua presenza, dà una intensità affettiva speciale alla frase vuoi uscire?, tu vuoi uscire? nel primo caso col consenso o con l'indifferenza di chi parla, nel secondo con l'esclusione di chi parla. Nelle lingue dove l'uso del pronome personale è necessario perché le desinenze del verbo non sono abbastanza chiare, si formano così forme accessorie, con particolare intensità; in francese moi di fronte a je. Alla stessa categoria appartiene il rapporto delle costruzioni italiane: ti dico, dico a te. Il pronome personale ha valore esclusivamente sostantivale: derivati del pronome personale sono i possessivi, mio, tuo, nostro ecc., che possono invece essere usati tanto come sostantivi quanto come aggettivi.
Dei pronomi non personali, la prima categoria è quella dei dimostrativi che si dividono in anaforici e indicativi, dal greco ἀναϕορικός e δεικτικός. Gli anaforici "riportano, riferiscono" a un sostantivo citato precedentemente, e corrispondono al valore volgare della parola "pronome" (ciò che sta in luogo del nome). Essi completano la serie dei pronomi personali, indicando la terza persona: egli, essi, con la loro espressione di possesso suo, loro.
I dimostrativi indicativi rappresentano un rapporto spaziale, legato ancora in parte con i pronomi personali: questo legato alla 1ª persona, codesto alla 2ª persona, quello a una 3ª persona. Essi sono indifferentemente sostantivi e aggettivi. Hanno avverbî di luogo corrispondenti: qui, costà, là. Un rapporto sostanzialmente anaforico indicano i pronomi relativi, che, il quale. Ma, estendendosi questo rapporto al di là di una frase, essi hanno accentuato la funzione sintattica e acquistato un parziale valore di congiunzione. Questo è rimasto acquisito il giorno che la proposizione introdotta dal pronome relativo è divenuta proposizione (v.) dipendente. Il processo è rappresentato dal confronto della costruzione del sanscrito e dell'italiano: in sanscrito: Il quale libro leggo - questo (anaforico) è bello. In italiano: il libro - che (relativo) leggo - è bello. Per i Greci il pronome relativo apparteneva alla categoria dell'articolo.
Formalmente il relativo italiano-latino discende dai pronomi che indicano un rapporto di quantità, e cioè gl'interrogativi-indefiniti. Chi?, quale?, ciascuno, ognuno, qualcuno stabiliscono in uno stesso modo un rapporto di qualità di un individuo rispetto a una massa. Anche questi pronomi per i Greci non erano pronomi; e venivano messi nella categoria dell'ὄνομα (nome).
Quando invece di un rapporto di quantità generiche si ha un'affermazione di quantità assoluta o rapporto fra quantità precise si ha un'ultima categoria di pronomi: i numerali (v.).