allocutivi, pronomi
I pronomi allocutivi sono forme di pronomi personali, atoni e tonici (➔ clitici; ➔ personali, pronomi), usate per rivolgersi a un destinatario, per interloquire con lui e per richiamare la sua attenzione (➔ appellativi; ➔ convenevoli).
Sul piano morfologico, in italiano si tratta di pronomi di persona diversa:
(a) di seconda persona: sing. tu, ti; pl. voi, vi, Voi, Vi;
(b) di terza persona: sing. Lei, Le; pl. Loro;
(c) raramente di prima plurale, nel cosiddetto noi inclusivo (per es., il medico al paziente: come stiamo oggi?).
La forma di cortesia di terza persona femminile Ella è ormai rara, attestata quasi soltanto nel linguaggio burocratico o in uno stile molto formale (➔ femminile).
Per convenzione la grafia maiuscola di Voi, Vi, Lei, Le, Loro segnala nella lingua scritta i pronomi allocutivi detti di cortesia (➔ cortesia, linguaggio della) per distinguerli dai pronomi personali di seconda (voi, vi) e terza persona (lei, le, loro) non di cortesia.
Il pronome può essere esplicito o sottaciuto: in quest’ultimo caso è ricavabile nel contesto grazie all’accordo verbale (➔ accordo) o alla presenza di aggettivi possessivi corrispondenti: mi direbbe per favore che ora è?
La dipendenza dei pronomi allocutivi dal contesto della comunicazione li qualifica come elementi ➔ deittici, cioè forme che trovano il loro referente nel ➔ contesto e sono vincolate alle norme sociali in uso (Renzi 2001; Molinelli 2002; Scaglia 2003). La loro caratteristica fondamentale è infatti la natura pragmatica: dipendono dal sistema di regole che governano il comportamento degli interlocutori sia nell’uso di mezzi linguistici che nella scelta di comportamenti non-verbali nei loro rapporti.
La scelta del pronome allocutivo sarà dunque coerente:
(a) con i mezzi linguistici come i saluti, i titoli e i vocativi (Mazzoleni 20012); per questo a un amico con cui si è in rapporto confidenziale si dice: ciao, Mario, come ti senti?;
(b) con comportamenti non-verbali come un abbraccio, una stretta di mano o una pacca sulla spalla.
Nell’italiano contemporaneo la scelta del pronome allocutivo e delle forme congruenti (titoli, accordo verbale, verbi modali, formule di vario genere) è determinata dal contesto (formale o informale) in cui si realizza il dialogo e dal tipo di relazione esistente tra parlante e ascoltatore. Quest’ultimo è regolato dalla combinazione di due parametri interazionali: simmetria / asimmetria e confidenza / distanza, che si possono illustrare con le due situazioni seguenti:
(a) se i due interlocutori sono su un piano di parità comunicativa si ha un rapporto simmetrico: di conseguenza si ha l’uso dello stesso sistema allocutivo; se invece uno dei due è in posizione di maggior potere comunicativo si ha un rapporto asimmetrico, cioè ad es. l’uso di tu da parte del superiore e di Lei da parte dell’inferiore;
(b) la relazione simmetrica può realizzarsi sia al livello della confidenza (o solidarietà) con il tu reciproco, sia al livello della distanza con il Lei reciproco; la distanza caratterizza un incontro tra estranei o il rapporto tra persone che, pur conoscendosi, hanno ruolo sociale diverso.
Va sottolineato che l’uso del Lei come allocutivo determina l’accordo al femminile per tutti gli elementi pertinenti, salvo gli elementi nominali e aggettivali, anche se tale norma (evidentemente sentita come complicata) viene trascurata nell’uso poco sorvegliato:
(1) Caro dottore, le ho portato le mie analisi. Ma cos’ha, è stanco?
Nell’italiano contemporaneo, specificamente nelle varietà standard e neostandard (o italiano dell’uso medio), il sistema pronominale allocutivo è orientato ai due parametri interazionali citati, come la tab. 1 mostra in sintesi.
La relazione simmetrica può essere di confidenza o di distanza, mentre quella asimmetrica esclude il parametro della confidenza (o solidarietà: Brown & Gilman 1960).
In una relazione simmetrica i pronomi allocutivi sono sempre speculari per entrambi i parametri; gli allocutivi di confidenza costituiscono il perno dell’allocuzione nell’italiano contemporaneo, come mostrano gli esempi (2) (un parlante - un interlocutore), (3) (un parlante - n interlocutori e viceversa) e (4) (due gruppi di n ascoltatori).
In (2) si osserva la presenza di tu come pronome allocutivo di richiamo (in forma esplicita al turno A, implicita in come stai al turno B) e di elementi congruenti sul piano interazionale (ciao, ehi) e sul piano grammaticale (l’accordo del verbo alla seconda persona singolare saluti ... stai, l’aggettivo possessivo tua):
(2) [conversazione tra due colleghe che si incrociano per strada dopo alcune settimane dall’ultimo incontro: esempio reale, registrato a Milano, settembre 2009]
A. ciao! +++ [la collega continua a camminare] ehi + tu +++ non mi saluti?
B. [si volta e si ferma] ah ciao + scusa +++ ero sopr/distratta +++ come stai? come va la tua salute?
(3) [dialogo vivace tra un giovane e un gruppo di coetanei, trasmissione televisiva, registrato il 15 aprile 2008]
CM. ma come fate voi + a giudicarmi se ++ se non mi conoscete?
gruppo. [tre persone parlano contemporaneamente]:
LM. perché &ti vediamo e/e uno come te&
CR. &tu ti fai giudicare &per +++ & quello che dici &e che fai
LL. &tu non giudicheresti uno che&
(4) [confronto televisivo tra rappresentanti di squadre di calcio dopo una partita, 22 marzo 2009]
MM (calciatore di squadra A). noi siamo stati più attivi nel primo tempo ++ poi + ...
LT (calciatore di squadra B). voi avete avuto più +/siete stati più fortunati nel primo tempo +++
MM. sì, ma voi dovete ammettere che poi ...
Una relazione simmetrica caratterizzata da distanza è quella che si ha in un incontro tra due estranei per strada (5) o in un dibattito tra uno studioso (CB) e un gruppo di colleghi dopo una conferenza (6):
(5) [esempio reale, registrato a Genova, dicembre 2008]
A. scusi, posso chiederle un’informazione?
B. provi +
C. lei sa/saprebbe dove posso comprare dei funghi porcini?
(6) [esempio reale, registrato a un convegno, Roma, ottobre 2009]
CB. su questo ++ potete dissentire + ma spero di avervi convinto ...
Collega dal pubblico. lei + è convincente ++ ma i dati lasciano dei punti non chiariti
In una relazione simmetrica tra gruppi di interlocutori la differenza tra confidenza e distanza si neutralizza, in quanto i pronomi allocutivi sono voi / voi, già visti (7):
(7) [registrato in un confronto formale tra due gruppi di docenti di università diverse, Milano, ottobre 2009]
Portavoce Uni A. grazie di essere venuti +++ in questo secondo incontro dovremmo provare a concretizzare il nostro progetto +++ voi avete pensato ad una proposta? lei + professor Bxxx + ha sentito il vostro rettore?
Prof. Bxxx. sì + dunque ++ abbiamo avuto un incontro ... e voi + avete raccolto i dati statistici ...?
Nella dimensione asimmetrica l’allocuzione in italiano standard è in genere caratterizzata da forme non reciproche quando uno degli interlocutori sia un singolo (8, 9 a. e 9 b.), forme reciproche si hanno tra un parlante e un destinatario in contesto formale (Lei / lei) e in presenza di più interlocutori (voi / voi o, raramente, Loro / Loro):
(8) [messaggio elettronico da laureanda a docente e risposta, 17 giugno 2009]
MR. Gent.ma prof.ssa, innanzitutto La ringrazio per la celerità con cui ha corretto il terzo capitolo.
Ho dato un’occhiata ai Suoi commenti, se Lei è d’accordo preferirei provvedere a correggere secondo le Sue indicazioni dopo aver ultimato la scrittura di introduzione e conclusione.
Nel caso alcuni punti relativi alle Sue indicazioni non mi fossero chiari provvederò a contattarLa via mail.
Prof. XX. Gentile M., finisci la tesi entro questa settimana e portami per favore il testo definitivo al ricevimento di martedì
Quando l’interlocuzione avviene tra un singolo e un gruppo, l’allocutivo dipende dallo status (superiorità o inferiorità) del singolo nella comunicazione e dalla formalità della stessa; se la distanza e l’asimmetria a suo sfavore sono elevate ci si rivolge agli interlocutori con voi e in genere si riceve il tu, se invece l’asimmetria o la distanza sono ridotte, oppure in una situazione formale, il singolo usa voi e riceve il Lei. Entrambe le situazioni sono documentate in (9), registrato nella stessa trattoria e nello stesso giorno tra una cameriera e due gruppi di clienti diversi:
(9) a. [cameriera e gruppo di operai; registrato a Bergamo, settembre 2008]
Cam. cosa vi porto? vino + acqua ++ voi avete già provato il nostro Valcalepio nuovo?
Op 1. l’acqua tienila te + a noi portaci il vino ++
b. [cameriera e gruppo di docenti universitari]
Cam. e voi signori volete + vino + acqua ++ il menù completo + solo un piatto?
Prof 1. ci porti una minerale grande intanto +++ scusi + [guardando il menù] possiamo chiederle cos’è il fagottino ripieno?
Se invece nell’asimmetria il singolo è in posizione di favore, si rivolge agli interlocutori con il voi e riceve il Lei: così accade ad es. nel dialogo tra un medico e più pazienti, o tra un docente e una classe di studenti.
Esiste la convenzione sociale per cui, in un ambiente lavorativo, persone che hanno lo stesso livello funzionale (grado, carica, mansione) si danno del tu a dispetto della possibile differenza di età; si ricorre invece al pronome più formale in caso di differenza di livello.
Va sottolineato che per passare da un pronome allocutivo a un altro meno formale (l’operazione nota come «passare al tu»), le buone maniere vigenti in Italia vogliono che la proposta sia fatta dalla persona superiore (dalla più anziana, la più elevata per grado o funzione o, nel caso di interazione tra generi diversi, dalla donna, ma solo in condizioni di parità sociale).
Raro invece è l’uso di Loro per rivolgersi a più persone, tipicamente in una relazione asimmetrica o in contesti molto formali: l’uso di Loro e Lorsignori, come forme allocutive plurali (quest’ultimo in particolare considerato forma antiquata, oggi quasi solo con valore ironico: Serianni 1988: 226), viene rivitalizzato in alcuni contesti, ad es. in vendite televisive di prodotti di pregio (tappeti, ceramiche, mobili di antiquariato) sia per attenuare le esortazioni (osservino i colori!!) sia per conferire alla presentazione una patina di colta colloquialità (come Loro sanno, con una semplice telefonata Lorsignori potranno apprezzare nella propria casa le tonalità calde di questo tappeto: trasmissione di Telemarket del 15 marzo 2002). Inoltre l’uso di Loro rimane la norma di molti scambi comunicativi di tipo cliente-commesso (al bar: desiderano?).
Va ricordato infine che nell’italiano contemporaneo, che ha subito un processo vistoso di perdita della formalità nelle relazioni tra le persone, è generalizzato l’uso del tu anche tra interlocutori che dovrebbero avere relazioni formali (commesso e cliente, venditore e cliente, medico e paziente, ecc.). In congruenza con ciò, nei contesti in cui si fanno presentazioni è molto facile che si dica solo il proprio nome di battesimo, tacendo il cognome, non solo tra giovani e colleghi, ma anche tra adulti acculturati che si incontrano per la prima volta.
In ➔ italiano antico il sistema allocutivo registra lo sviluppo della forma di cortesia voi (< lat. vos pronome personale di seconda persona plurale). Benché nel latino imperiale fosse diffuso il vos di rispetto, secondo gli studiosi (per es., Niculescu 1974: 12 segg.) il voi non avrebbe avuto continuazione diretta, ma il sistema tu / Voi si sarebbe ricreato nelle lingue romanze.
Voi è usato quindi in italiano fin dalle origini per esprimere nello stesso tempo formalità, distanza e cortesia verso una persona singola (Renzi 2002). Lei non compare in italiano antico, ma dalla seconda metà del Quattrocento entrano in uso espressioni come la Vostra Signoria (da cui il siciliano Vossia e il genovese Vuscià), inizialmente anche al singolare la tua signoria, seguite da un pronome anaforico di terza persona, come essa, quella, questa, codesta e lei (Migliorini 1957; Brunet 1987).
Lei compare dapprima preceduto da preposizione (in una lettera di Lorenzo il Magnifico, del 1465), solo più tardi come soggetto (in una lettera dell’umanista Giovanni Pontano, del 1476, per la cancelleria aragonese di Napoli). In questi primi esempi, quindi, lei è ancora in bilico tra la funzione di pronome anaforico rispetto alla formula di cortesia antecedente e la funzione di nuova forma allocutiva autonoma di cortesia. Alla sua origine l’uso di lei era legato soprattutto all’espressione della formalità, mentre il pronome di cortesia era voi.
Dal Cinquecento, ma soprattutto dal Settecento, questo sistema tripartito fu in uso, salvo alcune resistenze ‘ideologiche’ al lei. Nel Settecento, ad es., l’uso di lei venne ritenuto effetto di influenza straniera (in quanto la sua diffusione era avvenuta nel Seicento, momento di massima diffusione e prestigio della lingua e cultura spagnola in Italia) e quindi attaccato da Pietro Verri sulle colonne de «Il Caffè» (Il Tu, Voi e Lei, «Il Caffè» 1765, tomo II, foglio II).
Nel XX secolo l’attacco più noto e veemente fu quello del regime fascista (➔ fascismo, lingua del) che nel 1938 decise di abolirlo:
La Rivoluzione fascista si è proposta di riportare lo spirito della razza alle sue antiche origini, liberandolo da ogni inquinamento. Ebbene: si compia anche questa purificazione; si torni anche in questo all’uso di Roma, al ‘tu’ espressione dell’universale romano e cristiano. Sia il ‘voi’ segno di rispetto e di riconoscimento di gerarchia (Bruno Cicognani, Abolizione del ‘lei’, «Corriere della sera» 15 gennaio 1938).
Tuttavia dall’Ottocento ai giorni nostri lo schema tripartito tende a evolvere. Nel Novecento la situazione varia, secondo che si abbia a che fare con l’italiano standard (totale abbandono del voi, che si conserva in parte nella comunicazione scritta soprattutto se rivolta a un interlocutore collettivo, come una ditta), con varietà regionali (specie centromeridionali, dove sopravvive) o con i dialetti (dove il voi rimane forma di rispetto, Lei segnale di formalità e distacco). Voi è anche una variabile generazionale in quanto più diffuso tra gli anziani.
Dal punto di vista geografico, l’uso degli allocutivi è molto variegato. Nell’italiano popolare di un’ampia area dell’Italia centrale (Marche, Umbria, Lazio, Abruzzo), soprattutto nel contado, si usa quasi soltanto il tu. A un livello più elevato, si conserva l’antico uso del voi, forma di cortesia (per rispetto o distanza), particolarmente radicata nelle regioni meridionali, nei contesti familiari e tra i parenti più anziani.
In Salento il sistema è diverso: nel contado e nei ceti popolari, verso estranei e persone sentite molto superiori si usa come appellativo Signurìa, ma il verbo resta alla seconda persona singolare (per es., Signurìa, comu stai). Sono però interessanti anche i contesti misti tra lingua e dialetto (Sobrero & Miglietta 2006: 170):
(10) Buongiorno a [sːiɲːuˈria]. Di cosa hai bisogno?
Buongiorno a voi.
In contesti mistilingui (➔ mistilinguismo) come questo, o nell’italiano regionale salentino, si usa preferibilmente il voi di rispetto (con verbo accordato alla seconda persona plurale). Tuttavia nell’italiano regionale entra il lei per influsso dell’italiano standard. Dunque nel dialetto e nell’italiano regionale salentino si possono trovare quattro forme: tu, Signorìa (le forme originarie), poi voi e lei, come forma acquisita (Sobrero 1992: 164 e 171).
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Per rivolgersi alle persone per chiamarle, o per richiamare la loro attenzione nella conversazione, o per prendere il turno dopo che loro lo hanno tenuto, le lingue usano varie modalità: nomi ➔ appellativi, pronomi allocutivi (➔ allocutivi, pronomi), forme diverse di ➔ vocativo. Quanto ai pronomi con cui ci si rivolge a qualcuno, sono i pronomi naturali tu / voi e i reverenziali lei (voi) / loro; sempre più marginali alcune espressioni all’origine del lei, come Signoria Vostra, desueta e perlopiù dell’uso burocratico, e lorsignori, oggi soprattutto ironica o scherzosa.
Accanto ai due allocutivi tu (ereditato dal latino) e voi (presente nel latino d’età imperiale e poi probabilmente ricreato in modo autonomo nelle lingue romanze: Serianni 1989a: VII, 85), si diffonde nelle cancellerie e nelle corti del Rinascimento l’allocutivo reverenziale ella (lei se davanti a preposizione) che, in alternanza con essa, questa e quella, diviene nel Cinquecento il più usato. Rafforzato tra Cinquecento e Seicento dal modello spagnolo, lei comincia a prevalere definitivamente sul finire dell’Ottocento, finendo a poco a poco col relegare ella nel registro solenne e burocratico (Raso 2005: 42).
Nella poesia, più vicina ai modelli d’ascendenza latina in cui tu e voi erano esclusivi, il lei compare solo nel Settecento nei dialoghi in versi (commedie, tragedie, satire, melodrammi, ma non in quelli metastasiani, dominati dal tu) e nel secolo successivo nella lirica (Serianni 2009: 180-182). In seguito a un articolo di Bruno Cicognani apparso sul «Corriere della sera» il 15 gennaio del 1938, in cui si asseriva, erroneamente, l’origine spagnola del lei, si giunse in epoca fascista al divieto dell’uso di questo pronome a favore del voi. Ciò comportò tuttavia che al formale voi venne spesso preferito il più confidenziale tu (Serianni 1989a: VII, 97).
L’uso attuale dei pronomi allocutivi tende alla semplificazione e dunque al bipolarismo (tu / lei), benché voi rimanga saldo, sia pure in usi marginali (cfr. più avanti). L’oscillazione tra i due pronomi dipende dalla maggiore o minore informalità del rapporto tra interlocutori e, in secondo luogo, dalla differenza di età. Il passaggio di allocuzione, là dove tra gli interlocutori sussiste un’iniziale dissimmetria, può essere esplicitamente proposto (possiamo darci del tu?) o, più opportunamente, voluto da chi riceve il lei (diamoci del tu).
Talvolta il parlante, quando non sa o non vuole porre il rapporto con l’interlocutore sul piano della (a) simmetria, può evitarlo (perlopiù ricorrendo a forme impersonali e perifrasi), accanto ad altre forme allocutive di affettività intermedia: si colloca oggi a metà tra il confidenziale ciao e il più distaccato buongiorno la formula di saluto d’origine latina salve, che nel corso del Novecento ha espanso il suo ambito d’uso, caratterizzando l’allocuzione tra personaggi del fumetto (è il caso di Topolino: cfr. Pietrini 2008) e talvolta quella tra presentatore e pubblico televisivo (si pensi alla trasmissione Mi manda Lubrano di Antonio Lubrano, 1990-97).
La forte espansione del tu a spese del lei nell’italiano del secondo Novecento (Cortelazzo 1994: 292; Dardano 1994: 383) è stata ulteriormente favorita in tempi recenti sia dall’importanza crescente della comunicazione pubblica, cioè delle modalità con cui le istituzioni si avvicinano ai cittadini, sia dall’improvviso intensificarsi della CMC (computer-mediated communication), ovvero del web (specie delle e-mail), che ha reso ancora meno formali i rapporti interpersonali (➔ Internet, lingua di; ➔ posta elettronica, lingua della). Se la chat (come d’altra parte l’sms) coinvolge principalmente soggetti in confidenza tra loro, nelle e-mail si tende invece a dare del tu a persone sconosciute (Pistolesi 2004: 20).
Nella comunicazione pubblica via web le consuetudini del mezzo agiscono spesso sulle norme correnti: se gli enti pubblici si rivolgono al cittadino abitualmente con il lei (Cortelazzo & Pellegrino 2003: 25), il servizio telematico potrà optare per il tu, non senza perplessità da parte dei clienti (come si ricorda in un articolo di P. Granzotto, in «Il Giornale» 4 ottobre 2009; interventi sul tema da parte di autorità amministrative e politiche sono ricordati da P. Di Stefano, in «Corriere della Sera» 12 settembre 2009).
Infine, ancora in ambito burocratico, le maiuscole reverenziali che molto spesso accompagnano i pronomi in scritture amministrative «devono essere eliminati o ridotti quanto più è possibile», perché «retaggio di una cultura retorica» (Dipartimento della Funzione Pubblica, direttiva sulla Semplificazione del linguaggio dei testi amministrativi, 8 maggio 2002; tuttavia, le maiuscole sopravvivono oggi anche nelle e-mail: Pistolesi 2004: 175-176).
Nell’oscillazione tra tu, lei e voi entrano in gioco anche fattori geolinguistici; osservava infatti Stendhal: «Un ami, à Milan, me disait ti; à Rome, voi; à Florence, lei» («un amico, a Milano, mi diceva ti; a Roma, voi; a Firenze, lei»: cit. in Serianni 1989b: 21). Il voi di cortesia è oggi corrente in tutto il Sud continentale, anche presso i giovani (Serianni 1989a: VII, 95-97; Serianni 2006b: 148-147), mentre in Italia settentrionale il voi non ha valore di particolare rispetto (Rohlfs 1966-1969: § 477).
Questo uso di voi si affaccia già nel Duecento: Guido Faba, tentando di codificare gli usi reverenziali allocutivi, specifica che si riceverà il tu dal padre, dal professore e dal fratello maggiore, mentre ad essi ci si rivolgerà col reverenziale voi (De Ventura 2007: 188). Tuttavia, fino all’Ottocento, l’alternanza tra tu e voi non risponde a criteri rigidi e il passaggio dall’uno all’altro può avvenire senza particolari implicazioni d’ordine sociale o affettivo: nell’epistolario leopardiano, ad es., tu e voi si avvicendano piuttosto liberamente all’interno della stessa lettera, mentre più formale è lei, che il poeta riserva, tra gli altri, al padre Monaldo (Serianni 1989b: 19-23; ➔ Leopardi).
Attualmente voi è meno frequente di tu / lei (Sobrero 1993b: 417-419, ma cfr. Serianni 2006b: 146-147), ma si mantiene tuttavia vitale, oltre che in usi regionali, in alcune fiction televisive (Alinei 2002) e in alcuni particolari ambiti di scrittura (ad es., nel fumetto Diabolik, in un dialogo tra la governante e il padrone di casa: Un colpo di pistola, 13 settembre 1993).
Corrispettivo plurale di lei è il poco usato loro, a cui oggi è fortemente preferito il non marcato voi, che oltretutto evita possibili fraintendimenti (un’espressione «come loro richiedono» potrebbe riferirsi ai presenti oppure a persone di cui si sta parlando).
Questo rischio è meno frequente con lei, che può essere disambiguato grazie all’accordo del verbo o dell’aggettivo ora al maschile, ora al femminile (cfr. più avanti). Particolari problemi può creare la pratica italiana del doppiaggio cinematografico, non tanto di film in francese, tedesco o spagnolo (lingue che hanno, come l’italiano, sistemi bipartiti: rispettivamente, tu / vous, du / Sie e tu / Usted) quanto con l’inglese (in cui si ha il solo you; cenni in Rossi 2006: 308-309; ➔ doppiaggio e lingua).
Mentre il noi come ➔ plurale maiestatis è oggi in forte declino (anche il tradizionale uso da parte dei pontefici fu dismesso da Giovanni Paolo I: Serianni 1989a: VII, 26), trova larga diffusione nella lingua dei media, dove il tono della comunicazione è spesso rilassato e amichevole, il noi narrativo o di compartecipazione (allora, come andiamo?; per la televisione cfr. Loporcaro 2005: 126; Guidotti & Mauroni 2008: 121-122; Telve 2010).
Da ricordare, benché circoscritto geograficamente e pragmaticamente, è la cosiddetta allocuzione inversa, ovvero, nel ➔ baby talk, l’allocuzione indirizzata al bambino avente come referente il parlante: ad es., su, mangia, (a) mamma. Il fenomeno è diffuso soprattutto nell’➔italiano regionale centromeridionale, e in particolare nel dialetto napoletano e siciliano, oltre che in altre lingue di area mediterranea (Sgroi 1986). Altri allocutivi connotano invece registri popolari (ad es., capo).
Brown, Roger & Gilman, Albert (1960), The pronouns of power and solidarity, in Style in language, edited by T.A. Sebeok, Cambridge (Mass.), The MIT Press, pp. 253-276 (trad. it. Pronomi del potere e della solidarietà, in Linguaggio e contesto sociale, a cura di P.P. Giglioli & G. Fele, Bologna, il Mulino, 2000, pp. 255-284).
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Migliorini, Bruno (1957), Primordi del “lei”, in Id., Saggi linguistici, Firenze, Le Monnier, pp. 187-196.
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