Pronto soccorso
In medicina con la locuzione pronto soccorso si intende il complesso di interventi urgenti che devono essere forniti a persone rimaste vittime di incidenti oppure colte da malore. Queste misure, che è necessario porre in atto nel più breve tempo possibile, non di rado a salvaguardia dell'esistenza stessa del paziente, sono di competenza della medicina e/o della chirurgia d'urgenza, a seconda che abbiano natura medica oppure chirurgica, e della terapia intensiva/rianimazione. Vi è tuttavia un complesso di interventi immediati che non possono subire ritardi e che qualsiasi cittadino è pertanto chiamato a effettuare, qualora ciò sia nelle sue possibilità e capacità, in attesa di altri più specifici e risolutivi: sono queste le misure di primo soccorso, da distinguere dal soccorso che viene prestato da personale specializzato. Alcune di esse dovrebbero essere alla portata di ciascuno e costituire oggetto di insegnamento scolastico come parte non secondaria dell'educazione civica.
l. Considerazioni generali
Il soccorso deve essere effettuato a seconda della preparazione e delle capacità del soccorritore, rispettando come norma fondamentale quella di non apportare ulteriori danni con un aiuto non corretto (primum non nocere). L'intervento sarà diverso in funzione del luogo e dei mezzi a disposizione. Bisogna poi distinguere il primo soccorso, da effettuarsi sul luogo dell'incidente, nel periodo subito successivo a esso, dal pronto soccorso vero e proprio, che spetta a personale qualificato e che può essere posto in atto in un secondo momento. Poiché attualmente il rischio di rimanere vittime di incidenti appare in continua crescita in ogni ambito, domestico, lavorativo, sulle strade, è necessario che un numero sempre maggiore di persone sia in grado di prestare agli infortunati un immediato soccorso. Casi di emergenza, oltre alle lesioni traumatiche gravi, possono essere le malattie acute mortali, gli avvelenamenti, le intossicazioni, le asfissie ecc. L'intervallo di tempo che intercorre dal momento dell'incidente all'arrivo di mezzi adeguati e di personale qualificato sul luogo dell'incidente costituisce un fattore della massima rilevanza. È in questo periodo infatti che si può morire se non adeguatamente assistiti. Secondo varie statistiche, il 20-40% dei feriti gravi muore in attesa del soccorso. Nel 70% dei deceduti per lesioni cranioencefaliche, per es., si è visto che a causare la morte, più che le lesioni stesse (che in alcuni casi possono essere di scarsa entità), è stata l'inondazione dell'albero bronchiale per aspirazione di sangue o di contenuto gastrico. In tali occasioni possono fare qualcosa di utile solo le persone coinvolte nell'incidente o i passanti occasionali. Per tali ragioni è necessario estendere a tutti i cittadini un'educazione e una coscienza di soccorso, facendo conoscere le norme di comportamento e di prima assistenza come oggetto di insegnamento scolastico. Primo soccorso non vuol dire curare le lesioni riportate dall'infortunato, ma attuare misure di sopravvivenza, proteggere la vittima da nuove lesioni e nuovi pericoli, provvedere alla segnalazione del caso alle strutture organizzate di pronto soccorso (per es., 118, Croce Rossa ecc.), predisponendo un sollecito trasporto in centri attrezzati. Bisogna inoltre cercare di alleviare il dolore con una corretta posizione dell'infortunato e con altri mezzi idonei allo scopo ed eventualmente disponibili, confortando la vittima e impedendo interventi maldestri ed errati da parte di terzi. In definitiva primo soccorso vuol dire prevenire le complicanze e mettere in pratica misure generiche atte a salvare la vita: norme basilari sono mantenere la calma ed evitare che la gente faccia ressa attorno all'infortunato intralciando, come capita spesso per curiosità negli incidenti stradali, l'arrivo dei soccorsi; evitare nel soccorrere il ferito di piegargli bruscamente la testa e il collo o altre parti del corpo (come può capitare nell'estrarlo da un'automobile dopo un incidente) ecc. Per quanto riguarda le urgenze, bisogna distinguere le emergenze, le urgenze vere e le urgenze differibili, che richiedono naturalmente tre diversi gradi di rapidità del soccorso. Nelle emergenze vi è un immediato pericolo di vita per cui si deve provvedere con estrema rapidità al soccorso. Nelle urgenze vere le condizioni dell'infortunato, pur gravi, sono però tali da permette di avere a disposizione un certo tempo (naturalmente non molto lungo: 1-2 ore circa) per correggere la patologia in atto. Le urgenze differibili invece possono essere differite appunto di un tempo più lungo e dare una maggiore tranquillità per ricorrere ai numerosi sussidi diagnostici che consentiranno una migliore precisazione del quadro. Il soccorso deve essere pronto negli incidenti stradali, ferroviari, aerei, sul lavoro, domestici, sportivi. Per quanto riguarda le grandi catastrofi, i disastri sul territorio, i terremoti, i maremoti, gli incendi, gli incidenti in mare (annegamenti ecc.), gli incidenti nucleari, le guerre, ci si può trovare nell'impossibilità di apportare soccorso a tutti i bisognosi, per cui può essere necessario ricorrere al cosiddetto triage, che consiste nel classificare le vittime secondo criteri di gravità differenziati. Questa procedura ha lo scopo di determinare le priorità della presa in carico specifica per ogni branca medica, il tipo di terapia appropriata per ogni vittima, la priorità per l'evacuazione, nonché le modalità di soccorso in termini di trasporto medicalizzato e di destinazione finale del paziente. Il triage è un atto medico diagnostico in emergenza che deve tener conto del luogo e dei mezzi a disposizione in ogni singola situazione. A volte si può essere costretti, specie in guerra, ad abbandonare malati gravissimi e non recuperabili con i mezzi a disposizione, pur di salvare altri che possono aver maggiori possibilità di sopravvivenza. Il pronto soccorso effettuato da personale sanitario può essere distinto in due grandi categorie, quella medica e quella chirurgica, che spesso devono essere associate e completate dalla rianimazione e dalla terapia intensiva. Le prime manovre mirano ad assicurare la pervietà delle vie aeree per ottenere l'ossigenazione di tutto l'organismo, e in particolare del cervello che ha una scarsa resistenza all'ipoperfusione, l'arresto di eventuali emorragie e la funzionalità cardiaca.
Il pronto soccorso, sia medico sia chirurgico, può essere richiesto in caso di affezioni cardiache, che vanno dall'arresto cardiaco agli infarti, ai gravi disturbi del ritmo, alle ferite del cuore, ai tamponamenti cardiaci, alle pericarditi ecc., e di alterazioni dei vasi, sia che si tratti di vasi cerebrali, grossi vasi (aorta e suoi rami) oppure di vasi periferici presenti negli arti. L'arresto cardiaco è un'evenienza gravissima che può essere determinata da cause che agiscono sulla meccanica del cuore (traumi toracici; tamponamento cardiaco per versamento nel pericardio; perdita massiva di sangue con conseguente shock grave), o sulla regolazione nervosa del ritmo (elettrocuzione; traumi cranici; stimolazione del vago; evenienze quali blocco della conduzione atrioventricolare, disordini elettrolitici, ecc.; farmaci), o sull'irrorazione cardiaca (infarto miocardico; arresto respiratorio; ipossia dei centri cardiorespiratori). I sintomi sono rappresentati dall'assenza del battito cardiaco e dei polsi radiali e carotidei, dall'arresto respiratorio, dalla cianosi, dalla perdita di coscienza e dalla midriasi. Una volta accertati l'assenza delle pulsazioni e l'arresto respiratorio, bisogna stendere il paziente su un piano rigido, posizionare la testa in iperestensione, slacciare gli abiti, colpire con un un pugno la parte inferiore e media dello sterno. Se il paziente non si riprende, è necessario praticare 2-3 insufflazioni bocca a bocca e iniziare il massaggio cardiaco esterno (MCE). È bene associare la respirazione artificiale al massaggio cardiaco esterno (1-3 insufflazioni ogni 5-10 MCE). Per quanto riguarda le alterazioni dei vasi bisogna distinguere due grossi capitoli: le trombosi e le emorragie. Il maggiore interesse per il pronto soccorso è rappresentato dalle emorragie che possono essere di origine traumatica (ferite, contusioni e schiacciamenti, fratture) e non traumatica; possono essere inoltre esterne (per es. ferite), interne (raccolta di sangue in una cavità del corpo o nel contesto dei tessuti) ed esteriorizzate (attraverso un orifizio naturale). L'origine può essere arteriosa, venosa, capillare o mista. Le principali emorragie interne interessano il cranio (traumi cranici, emorragie cerebrali), il torace (trauma toracico compressivo, fratture costali, lesioni del cuore e dei grossi vasi, traumi polmonari), l'addome (rottura di milza, di fegato, di aorta, di reni ecc.; emorragie da varici esofagee, da ulcere gastroduodenali) e gli arti (fratture e contusioni). Nei casi di emorragie esteriorizzate il focolaio emorragico può essere localizzato nel cranio e manifestarsi con otorragia e/o rinorragia; nel torace e manifestarsi con emottisi o emoftoe; nel tubo digerente ed estrinsecarsi con ematemesi, melena ed enterorragia; nelle vie urinarie ed evidenziarsi con ematuria; nelle vie genitali femminili con comparsa di metrorragie. Il soccorso immediato deve mirare ad arrestare l'emorragia, esercitando pressione locale manuale o con fasciatura compressiva, con pressione su arterie o se possibile con laccio emostatico; se l'emorragia è a carico di un arto, è necessario sollevarlo. In presenza di un'emorragia importante, serve prendere precauzioni antishock.
Le alterazioni dell'apparato respiratorio spesso richiedono manovre urgenti finalizzate ad assicurare la pervietà delle vie aeree e, conseguentemente, una buona ossigenazione ematica. Il soccorso deve essere immediato in caso di inalazione di corpi estranei, annegamenti, ustioni, edemi importanti laringei, crisi di asma bronchiale, traumi toracici, emotoraci, pneumotoraci, ferite del polmone e della parete toracica. Le principali alterazioni della respirazione sono rappresentate dalla tachipnea (aumento della frequenza del respiro che si verifica in caso di sforzi fisici o per alcune situazioni patologiche come per es. nello shock), dalla dispnea (l'individuo sente di respirare con difficoltà) e dall'asfissia (arresto respiratorio). L'asfissia può essere dovuta a ostruzione delle vie aeree (da annegamento; da terra o neve, in caso di frane o valanghe; da corpi estranei, come per es. dentiere, cibo ecc.; da lingua, che nelle persone incoscienti in posizione supina spesso si lussa posteriormente occludendo la via aerea; da vomito, come accade di frequente nei traumi cranici con perdita di coscienza), ad alterazioni a livello polmonare (traumi del polmone e/o toracici gravi), ad alterazioni della meccanica respiratoria (paralisi dei muscoli respiratori; compressione del torace, nei sepolti sotto macerie, frane ecc.; lesioni delle costole; pneumotorace), ad alterazioni dei centri nervosi che comandano il respiro (traumi craniovertebrali; folgorazioni; sostanze tossiche; stupefacenti, per es. eroina, barbiturici, alcol ecc.), ad alterazioni della composizione dell'aria (gas tossici, come ossido di carbonio, metano, ecc.; altitudini elevate; immersioni prolungate in acqua ecc.) e ad arresto cardiaco. I sintomi sono rappresentati dall'assenza dei movimenti respiratori, dalla perdita di coscienza, dalla cianosi. Il polso è presente o assente a seconda della durata dell'asfissia (dopo circa 5 min di arresto della respirazione sopravviene l'arresto cardiaco). Può essere presente midriasi. L'asfissia rappresenta una situazione di estrema urgenza che deve essere trattata sul luogo dell'incidente. Verificati preliminarmente eventuali pericoli per il soccorritore (ambienti saturi di gas, possibilità di folgorazioni ecc.), si deve: controllare l'attività cardiaca e la pervietà delle vie aeree; liberare l'infortunato da eventuali cinture, colletti ecc.; iperestendere la testa e lussare anteriormente la mandibola per evitare ostruzione laringea da parte della lingua; praticare la respirazione artificiale; controllare periodicamente l'attività cardiaca (in caso di arresto aggiungere alla respirazione artificiale il massaggio cardiaco esterno); continuare la respirazione fino alla ripresa di un'efficace attività respiratoria. La respirazione artificiale può essere effettuata con metodi orali (bocca-bocca, bocca-naso, bocca-boccanaso nel bambino), manuali (pressione sul torace e sollevamento delle braccia; pressione sul dorso e sollevamento delle braccia ecc.) e meccanici (pallone di Ambu e respiratori automatici).
Lo shock, inteso come ipossia periferica da ridotta perfusione ematica, rappresenta una delle più frequenti condizioni patologiche che hanno bisogno di un pronto soccorso. Il termine periferia indica non solo gli arti, ma specialmente il cervello e i distretti circolatori vitali come quello cardiaco, renale, epatico e splancnico. Se lo shock è prolungato si produce un danno tessutale responsabile, se il paziente sopravvive, di una o più complicanze quali insufficienza renale acuta, infarto miocardico acuto, coagulazione intravasale diffusa, ulcere gastroduodenali da stress, infarti intestinali, ictus, sindrome da insufficienza respiratoria, eventuali complicanze postoperatorie (ridotta resistenza alle infezioni e deiscenza delle suture). Lo shock può essere determinato da insufficienza cardiaca (infarto miocardico, miocardiopatie, alterazioni del ritmo ecc.), da ipovolemia (emorragie, ustioni, anafilassi, perdita di liquidi extracellulari), da causa neurogena con dilatazione vasale e insufficienza della distribuzione circolatoria (sepsi, blocco dei gangli, iperdosaggio di sedativi, dolori intensi, traumi cranici, alterazioni metaboliche, insufficienza corticosurrenalica ecc.) e da ostruzione vasale (occlusione della vena cava, pericardite, embolia polmonare, aneurisma dissecante). I principali sintomi sono rappresentati da: polso debole e frequente; pressione arteriosa bassa; respiro rapido e superficiale; cute pallida; sudorazione fredda e intensa specie al viso e alle mani; alterazione della coscienza (prima agitazione, poi depressione e sonnolenza); cianosi delle estremità e delle labbra; evoluzione verso il coma e l'arresto cardiaco. Le prime misure di soccorso nello shock devono mirare a eliminarne la causa (fermare l'emorragia, immobilizzare le fratture ecc.). È necessario, poi: evitare l'affollamento e tranquillizzare l'infortunato; ridurre perdite di calore (coprire la vittima e isolarla dal terreno, senza tuttavia riscaldarla troppo perché il calore provoca vasodilatazione e aggrava lo shock); mettere il paziente in posizione antishock sollevando gli arti inferiori a 45° in modo da favorire - a guisa di autotrasfusione - l'ossigenazione del cervello; controllare polso e pressione arteriosa; evitare movimenti inutili (aggravano le lesioni e provocano dolore).
Particolari problemi di pronto soccorso presentano i pazienti traumatizzati e in particolare i politraumatizzati. I traumi rappresentano la prima causa di morte al disotto dei 40 anni e quelli a carico del sistema nervoso hanno il primato per quanto concerne la mortalità. In Italia è stato stimato che per incidenti stradali si verifica un politrauma talmente grave da richiedere la terapia intensiva ogni 1000 abitanti all'anno. L'organizzazione per il soccorso è importantissima perché circa il 20-40% dei traumatizzati gravi per incidenti stradali muore per mancanza di pronto intervento sul luogo dell'incidente. I primi 30-40 min sono infatti fondamentali per salvare la vita all'infortunato o risparmiare complicazioni pericolose. L'intervento immediato può essere distinto in due parti, che devono essere coordinate e ben condotte: 1) soccorso sul luogo dell'incidente; 2) ospedalizzazione. Attualmente grazie ai diffusi mezzi di comunicazione e alle organizzazioni di pronto soccorso (Croce Rossa, organizzazioni militari e di volontariato ecc.) si riesce molto spesso a organizzare il trasferimento del paziente nel centro specialistico più vicino a seconda del tipo di lesioni riscontrate dal personale sanitario sul luogo dell'incidente. Come già detto, quale misura di pronto soccorso nella zona dell'incidente, bisogna porre l'infortunato nella posizione più idonea, evitando di creare ulteriori danni, specie per quanto riguarda possibili lesioni della colonna vertebrale, cervicale in particolare (si dovrebbe applicare, se possibile, un collare per proteggere il rachide cervicale ed evitare movimenti); è opportuno poi posizionare il paziente sul fianco (nelle lesioni toraciche sulla parte delle lesioni) con il capo declive in estensione e lieve rotazione laterale per evitare l'inalazione di materiale estraneo e conseguente insufficienza respiratoria; specie se è presente uno stato di incoscienza, ci si deve assicurare della pervietà delle vie aeree rimuovendo eventuali corpi estranei o materiale vomitato, spingendo verso l'avanti la mandibola affinché la lingua non vada all'indietro ostruendo le vie aeree; si può ricorrere, se necessario, alla respirazione artificiale mediante la respirazione bocca-bocca o mediante strumenti quali la cannula orofaringea o la maschera con il pallone di Ambu; infine, se sono assenti i polsi carotidei, radiali e femorali, può essere necessario associare il massaggio cardiaco. In caso di emorragia, se è visibile la fonte di sanguinamento, si provvederà, se possibile, alla chiusura della lesione con compressione o con legatura a monte in caso di ferite agli arti. In presenza di una emorragia interna occorre provvedere al più veloce trasferimento in ambiente ospedaliero attrezzato. In caso di shock (v. sopra) bisogna cercare di assicurare l'ossigenazione degli organi più importanti e vitali (cervello ecc.), utilizzando anche la posizione di Trendelenburg (a testa declive e arti inferiori sollevati) e coprendo l'infortunato per evitare dispersione di calore. Inoltre, immediatamente dopo il trauma, occorre procurarsi uno o più accessi venosi mediante un grosso ago e/o cannula al fine di infondere liquidi di vario tipo o sangue, poiché con il passare del tempo e con la caduta della pressione arteriosa tale operazione può risultare particolarmente difficile a causa del collabimento delle pareti dei vasi venosi. Nella fase di ricovero del politraumatizzato si distinguono cinque periodi successivi: 1) rianimazione; 2) trattamento medico-chirurgico volto a salvare la vita; 3) stabilizzazione del ferito; 4) ricostruzione; 5) riabilitazione. Ci si avvarrà in questo periodo di mezzi diagnostici plurispecialistici (laboratorio, tomografia computerizzata, TC, risonanza magnetica nucleare, RMN, ecografia ecc.) che potranno far definire le lesioni. Precisata la diagnosi, interverranno i vari specialisti (chirurghi generali, ortopedici, neurochirurghi, chirurghi vascolari, anestesisti-rianimatori ecc.) così da utilizzare nel modo migliore le varie competenze. In questa associazione di specialisti però vi deve essere un buon affiatamento e collaborazione, individuando nel contempo una figura leader che si configuri, a seconda della gravità e del tipo di lesioni, come il responsabile principale e quindi l'organizzatore di tutto il trattamento. Tale figura potrà essere individuata tra le diverse specialità di tipo medico, chirurgico e di anestesia e rianimazione.
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