Proporzioni corporee e tipologie costituzionali: il somatotipo
Gli esseri umani, nonostante le numerose somiglianze che li accomunano in quanto membri di una stessa specie, tanto più se appartengono a una stessa popolazione o gruppo familiare, presentano comunque un certo grado di variabilità biologica che contribuisce a renderli diversi tra loro. Ogni individuo si sviluppa, infatti, in base a un suo specifico programma genetico, anche se con schemi e modalità di crescita che sono comuni alla specie nel suo insieme. Lo studio dei fattori che regolano lo sviluppo e le caratteristiche dell'essere umano si è affiancato da sempre al tentativo di definire criteri per raggruppare tra loro individui simili, e quindi ricondurre le differenze ad alcune tipologie di base. Discipline come la medicina costituzionale, l'antropometria e la sua moderna applicazione alla scienza del movimento e dello sport (kinantropometria), esprimono i diversi momenti che questa ricerca ha conosciuto in ambito biomedico.
Nella cultura greca dell'età classica l'uomo è posto al centro dell'universo conoscibile e preso come misura di tutte le cose: l'armonia viene cercata soprattutto nelle proporzioni nella figura umana. Il rapporto perfetto tra le varie parti del corpo è preso come modello e definito in un insieme di regole come canone artistico, per poi essere utilizzato nella costruzione di edifici e di statue. I canoni più famosi sono quelli dettati da Policleto, scultore greco del 5° secolo a.C., che definì il modello di bellezza maschile basandosi sulla combinazione di parti ideali e prendendo come unità di misura il 'dattilo', corrispondente alla lunghezza di un dito. Dai greci, l'idea del canone artistico passò alla cultura romana attraverso l'opera di Vitruvio, architetto e ingegnere vissuto nel 1° secolo a.C., per poi arrivare sino al Rinascimento, dove trovò la sua piena espressione in Leon Battista Alberti, umanista e architetto, che individuò nuove soluzioni al problema della definizione delle proporzioni ideali. Egli concepì a tal proposito una sorta di regolo che, mediante un modulo, traduceva le proporzioni armoniche in rapporti aritmetici. La ricerca rinascimentale sulle proporzioni e l'armonia trova il suo esempio più famoso nell'Uomo di Vitruvio, disegnato da Leonardo da Vinci. La figura umana è qui rappresentata a braccia e gambe divaricate, iscritta entro un cerchio. La statura di questo uomo 'perfetto' corrisponde a otto volte la lunghezza della testa, o dieci quella della faccia, che a sua volta risulta divisa in tre parti, mediante due linee passanti una all'altezza delle narici e l'altra a livello delle sopracciglia. Se le gambe vengono divaricate tanto da ridurre la statura di un sedicesimo, tenendo le braccia tese, il dito medio si troverà all'altezza della linea passante per il vertice del capo. Il centro degli arti distesi sarà l'ombelico, e le gambe costituiranno due dei lati di un triangolo equilatero. Da una prospettiva più strettamente biologica, Albrecht Dürer, nel trattato Della simmetria del corpo umano, dimostrò poi la varietà delle tipologie maschili e femminili, precorrendo così la scienza antropometrica e il più moderno concetto di somatotipo.
I primi sistemi di misura utilizzavano parti del corpo umano come unità di riferimento. Gli egizi inventarono un complesso sistema di misura, che era basato sul 'cubito reale' (52,4 cm), corrispondente alla distanza tra il gomito e la punta delle dita. Un esemplare di granito nero servì come standard della lunghezza di un cubito. Questo fu poi diviso in 28 parti (corrispondenti a circa 1,87 cm ciascuna). Molti dei sistemi di misura utilizzati nel mondo occidentale ebbero la loro origine in Medio Oriente e in Egitto e, attraverso il commercio, arrivarono in Grecia e quindi a Roma, nel cui impero vigeva un sistema di misura unificato. Con la caduta dell'Impero romano, questi sistemi furono trasformati e ne furono introdotti di nuovi, come quello basato sulla 'pertica' germanica, corrispondente a sedici volte la lunghezza di un 'piede'. Il sistema imperiale britannico, usato ancora oggi in molte parti del mondo, si basa sulla definizione di 'iarda', equivalente a tre piedi, e ricavata dalla distanza misurata tra il mento e il pollice del re. Dalla metà del 20° secolo, i sistemi in uso in Europa, abitualmente basati su standard corporei, furono sostituiti dal sistema metrico, introdotto con la conquista napoleonica.
Benché il concetto di misura e la valutazione quantitativa del corpo umano siano, come si è visto, presenti fin dall'antichità, l'antropometria vera e propria si è affermata solo nella seconda metà del 19° secolo, in seguito allo sviluppo dell'antropologia e della statistica. Come disciplina autonoma, l'antropometria fu fondata da A.J.L. Quételet, che applicò per primo la teoria della probabilità alle caratteristiche morfologiche umane, contribuendo alla nascita della moderna concezione di variabilità e unicità della struttura individuale. A tal proposito, Quételet affermava che la probabilità di trovare due individui della stessa statura, entro certi limiti, sarebbe dell'ordine di 1 su 4, ma di 1 su 16 se si aggiunge anche l'eguaglianza di un'altra sola misura, per es. la lunghezza del tronco, e infine di circa 1 su 4000 se si considerano undici misurazioni. Nella seconda metà del 19° secolo, A. Bertillon, sulla scorta di queste affermazioni, mise a punto un sistema di identificazione dei criminali su base antropometrica per la polizia francese. Nonostante un notevole successo, il bertillonage, come fu chiamato questo sistema, finì per essere rimpiazzato dall'identificazione dei singoli individui per mezzo delle impronte digitali.
La valutazione antropometrica di un individuo si basa su un certo numero di misure e sui relativi 'indici', che sono rapporti tra una dimensione e un'altra, presa come riferimento, espressi come fattori numerici percentuali. A parte la determinazione di peso e statura, l'antropometria considera diametri, lunghezze e spessori di varie parti del corpo. Una misura molto utilizzata è lo spessore delle pliche cutanee, presa in vari punti degli arti o del tronco, che consente una valutazione indiretta del contenuto corporeo di grasso sottocutaneo. Ovviamente, l'affidabilità, definibile come ripetibilità delle misure, e l'accuratezza, cioè la conformità alle tecniche specifiche e l'assenza di errori sistematici, devono essere requisiti irrinunciabili di ogni misurazione, affinché gli indici antropometrici calcolati siano poi effettivamente utilizzabili per gli opportuni raffronti. A tal fine, è di fondamentale importanza che i punti antropometrici di riferimento siano definiti con esattezza: anche una piccola variazione del punto in cui si esegue la misura può spesso dar luogo a un errore di notevoli dimensioni. Il protocollo ideale prevede che per ciascun parametro siano effettuate tre misurazioni, tra le quali poi scegliere il valore medio. In generale, la validità di un dato è definita dall''errore standard', cioè dalla varianza della corrispondente misura. Normalmente, le misure antropometriche hanno varianze, espresse come percentuale dei valori medi, inferiori all'1%, eccetto che per le pliche cutanee, dove si va dal 5 al 10%. L'uso dei valori medi di tre misurazioni, effettuate in duplicato, riduce l'errore tecnico di almeno il 40%. Le capacità gestionali dei moderni computer consentono di adottare protocolli di rilevazione molto più complessi di una volta, con numerose misurazioni. È oggi possibile elaborare grandi quantità di dati in modo da consentire una valutazione complessiva dello stato fisico e un regolare controllo dei cambiamenti. Un protocollo standard può includere fino a 45 misure di lunghezza, spessore, circonferenza di varie parti del corpo, e consente la messa a punto di standard adeguati per lo studio della costituzione e dei processi di crescita e di sviluppo.
La valutazione dei parametri antropometrici su larga scala costituisce un utile strumento per lo studio della variabilità somatica rilevabile tra individui, a parità di altre variabili, quali il sesso e la popolazione di appartenenza. Un esempio è costituito dai dati raccolti da un gruppo internazionale di ricerca in occasione dei campionati mondiali di nuoto del 1991 (Kinanthropometric acquatic sports project). Dall'analisi dei dati antropometrici emerge che, a parità di gruppo etnico, attività fisica abituale, nutrizione e stato di salute, il coefficiente di variabilità è molto simile nei due sessi. La variabilità è di circa il 12% per il peso corporeo, del 5-6% per la statura e gli indici antropometrici (lunghezze, circonferenze e spessori), mentre varia dal 30 al 50% per lo spessore delle pliche cutanee. La maggiore variabilità si osserva quindi a livello del grasso sottocutaneo, con pliche di maggiori dimensioni nelle femmine rispetto ai maschi.
Il concetto di costituzione, come complesso delle caratteristiche morfologiche, funzionali e comportamentali di un individuo, nasce nella Grecia antica, nel 5° secolo a.C., con la scuola di Ippocrate di Cos. La teoria ippocratica postula che il corpo è formato da quattro elementi, che costituiscono peraltro tutte le cose: terra, acqua, aria e fuoco. Agli elementi sono associate alcune qualità particolari: alla terra il freddo, all'acqua l'umido, all'aria l'asciutto e al fuoco il caldo. Questi elementi e le loro qualità si combinano variamente nel corpo, per costituire gli umori: sangue, bile, atrabile e flemma. Sono questi ultimi che, diversamente rappresentati nei vari individui, caratterizzano i vari tipi costituzionali. Ippocrate utilizzò questi presupposti teorici e il sistema di classificazione che ne derivava come mezzo diagnostico. Identificò quindi due tipi di individui: tarchiati e corpulenti, con un cosiddetto habitus apoplettico, e longilinei ed esili, caratterizzati invece da un habitus tisico, più predisposti alla tubercolosi e alle malattie respiratorie. I principi della scuola ippocratica furono in seguito rielaborati da Galeno, nel 2° secolo d.C. Nella concezione galenica, le caratteristiche che permettono di distinguere tra loro gli esseri umani sono determinate dalla differente proporzione dei quattro umori, o 'temperamento' (da temperamentum, "giusta proporzione di cose mescolate"). Questo può essere equilibrato, nel caso di una miscela perfetta degli umori, ma se si ha prevalenza di un umore sugli altri, come facilmente avviene, si avranno i diversi temperamenti: flemmatico, sanguigno, bilioso, melanconico. Questa dottrina e la classificazione clinica che ne derivava rappresentarono per molti secoli il fondamento della medicina, per poi decadere, dal 16° secolo in poi, con lo sviluppo dell'anatomia, della fisiologia, e più in generale delle scienze.
La medicina costituzionale è riapparsa in epoca moderna, tra il 19° e il 20° secolo, con la scuola di antropologia di A. De Giovanni presso l'Università di Padova. De Giovanni modificò il concetto di costituzione individuale, che concepì come una miscela di varie tipologie, asserendo di non pretendere di catalogare gli individui in base a categorie morfologiche rigidamente determinate, ma di concepire un modello che potesse spiegare e rappresentare la variabilità interindividuale nella sua continuità. Questa teoria ebbe un'ulteriore evoluzione a opera di un allievo di De Giovanni, G. Viola, che delineò tre tipi morfologici: la corporatura pesante e tarchiata, con gambe relativamente corte (tipo macrosplancnico: letteralmente, "con grandi viscere"), quella con tronco esile e gambe relativamente lunghe (microsplancnico) e quella intermedia (normosplancnico). Viola fu il primo a utilizzare le tecniche dell'antropometria nello studio della costituzione, individuando, attraverso otto misure del tronco e le lunghezze degli arti, tre diversi tipi costituzionali: il brachitipo, corrispondente al macrosplancnico e caratterizzato dalla prevalenza della lunghezza del tronco su quella degli arti e del volume dell'addome su quello del torace; il longitipo, corrispondente al microsplancnico e caratterizzato dalla prevalenza della lunghezza degli arti su quella del tronco e del volume del torace su quello dell'addome; e il normotipo, corrispondente al normosplancnico e in cui non vi è prevalenza, ma armonia tra le parti. Nell'insieme, la dottrina della costituzione ha svolto un ruolo di grande rilievo nella clinica, e più in generale nella medicina, nella prima metà del 20° secolo, particolarmente in Italia e in Germania, per poi nuovamente decadere a partire dagli anni Cinquanta. Essa è tuttavia ricomparsa attraverso il concetto di 'somatotipo', elaborato dallo psicologo americano W.H. Sheldon e dalla sua scuola, e tuttora diffuso in alcuni ambiti specialistici.
Nel suo libro The varieties of human physique (1940), Sheldon definisce le linee guida della sua dottrina, identificando tre componenti, l'endomorfismo, il mesomorfismo e l'ectomorfismo, che variamente combinate tra loro costituiscono ogni individuo e lo caratterizzano come appartenente a un determinato somatotipo. L'endomorfismo è in relazione soprattutto con lo sviluppo del tessuto adiposo e con un aspetto rotondeggiante in tutte le regioni del corpo; il mesomorfismo è in rapporto con lo sviluppo del sistema muscolare, delle ossa e del tessuto connettivo; l'ectomorfismo si riferisce alle caratteristiche di fragilità e di esilità del corpo. Quando prevale l'endomorfismo, vi è una predominanza di tessuto adiposo e, al tempo stesso, gli organi della digestione sono dominanti rispetto agli altri organi. Quando prevale il mesomorfismo, si ha invece un predominio dei sistemi muscolare e scheletrico. Se, infine, prevale l'ectomorfismo, sono scarsi i tessuti muscolare e adiposo e si ha una maggiore superficie corporea relativamente al peso, e quindi una maggiore esposizione del sistema sensoriale al mondo esterno. La variabilità tipologica è espressa attraverso la combinazione di tre numeri: assegnando a ciascuna componente un punteggio da 1 a 7, servendosi per la valutazione di un atlante fotografico e di alcune misure, si dà una valutazione di tipo morfologico, o somatotipo, del soggetto. Per la rappresentazione grafica di tali distribuzioni, Sheldon propose di servirsi del cosiddetto 'triangolo curvo' di Reuleaux, sul cui apice si colloca il somatotipo 1-7-1 (corrispondente al massimo di mesomorfismo con il minimo delle altre due componenti), mentre a sud-ovest si colloca il somatotipo con endomorfismo estremo (7-1-1) e a sud-est quello con ectomorfismo estremo (1-1-7). Nell'interno del triangolo si individuano sei aree, in ciascuna delle quali si collocano i somatotipi presenti nella popolazione generale raggruppati a seconda delle componenti prevalenti.
Alcuni autori, in particolare B. Heath e L. Carter, hanno proposto alcune modifiche metodologiche all'opera di Sheldon; essi, in particolare, hanno ritenuto opportuno: a) estendere la scala di sette valori proposta da Sheldon; b) rifiutare l'idea che il somatotipo non debba cambiare con la variazione della massa corporea; c) introdurre un metodo per derivare l'ectomorfismo dal rapporto tra altezza e peso dell'individuo. Alla determinazione del somatotipo, sono state inoltre applicate le moderne tecniche antropometriche. Secondo questa metodica, l'endomorfismo è stimato direttamente dalla somma delle misure delle pieghe cutanee del tricipite, sottoscapolare e subspinale, mentre il mesomorfismo si ricava dalla combinazione di questi dati con altri diametri e lunghezze (larghezza dell'omero e del femore ecc.). Infine, la valutazione della componente ectomorfica si effettua, prescindendo dall'età, mediante il rapporto altezza-peso. Il metodo di Heath-Carter utilizza anche l'osservazione degli standard somatotipici fotografici e le tecniche con cui si misurano sui fotogrammi i diametri e le lunghezze dei segmenti degli arti. In aggiunta ai dati antropometrici, gli standard fotografici sono infatti al primo posto tra gli elementi da prendere in considerazione ai fini della classificazione. Il loro impiego, inoltre, consente la verifica dei dati antropometrici e li completa, specialmente mediante l'uso di metodi che permettono di stimare la lunghezza e la larghezza di segmenti degli arti superiori e inferiori. Utilizzata con le moderne tecniche di computer-imaging, la fotografia dei somatotipi si rivela anche di grande utilità nel controllo periodico delle diverse fasi dello sviluppo corporeo. Tra gli autori che hanno contribuito all'evoluzione del metodo di Sheldon, va ricordato R.W. Parnell, il quale ha concepito un metodo, chiamato M4-deviation chart, che ha reso più obiettiva la determinazione del somatotipo. Egli ha proposto un somatotipo rilevato interamente su base antropometrica, sostituendo all'endomorfismo, mesomorfismo ed ectomorfismo, le componenti denominate: F (fat, grassa), M (muscolare) e L (longilinea). Per conoscere la componente F, si sommano gli indici delle pliche cutanee rilevate ai bicipiti e di quelle sottoscapolari e soprailiache. Questi dati, combinati con altri relativi a lunghezze e diametri degli arti, consentono di stimare la componente M, che viene poi valutata rispetto all'età e alla componente F. La quota di L, invece, deriva dal rapporto tra altezza e peso.
La moderna disciplina che valuta la costituzione fisica del singolo soggetto al fine di svilupparne in modo ottimale le capacità motorie è detta kinantropometria. Definendo il somatotipo, essa rende relativi gli aspetti legati alle dimensioni delle singole parti del corpo e alla sua taglia complessiva e può essere usata per seguire i cambiamenti che intervengono nella crescita, durante l'allenamento, nel corso di regimi dietetici o in particolari condizioni di salute. La kinantropometria è quindi una disciplina che, correttamente applicata, dovrebbe avere importanti implicazioni pratiche per molti operatori nel campo della salute. Uno degli aspetti più interessanti di questa moderna branca dell'antropometria è che essa consente di giungere a una definizione individuale e personalizzata dello stato fisico. Alla luce di quanto detto, appare ovvio che le tre componenti individuate da Sheldon, endomorfismo, mesomorfismo ed ectomorfismo, debbano sempre essere considerate in modo integrato e senza mai perdere la prospettiva complessiva dell'individuo di cui sono i descrittori morfologici. La funzione primaria del somatotipo, cioè, è quella di mostrare la dominanza relativa delle varie componenti. Consideriamo, per es., i somatotipi 4-2-4 e 4-6-2: il primo può essere definito mesopenico, cioè con scarsa componente mesomorfica (2); mentre il secondo è chiamato endomesomorfico, in quanto ha ben sviluppata sia la componente mesomorfica (6) sia, in misura minore, quella endomorfica (4). Il dato interessante è che, pur avendo la componente endomorfica lo stesso punteggio (4) nei due somatotipi, se si considerano nel loro insieme i relativi individui, il significato di questa componente, che si riferisce al grasso corporeo, è molto diverso nei due casi. La differenza è quella che c'è tra il modesto sovrappeso di un individuo sedentario con scarsa componente muscolare, e il sovrappeso, pur identico in termini assoluti, che si può spesso osservare in un atleta che pratichi sollevamento pesi o giochi in difesa in una squadra di football. Con un esempio preso dal mondo animale, è come la differenza esistente tra l'essere 'grasso' di un opossum (somatotipo 4-2-4) e quello di un orso polare (somatotipo 4-6-2).
Sheldon riteneva che il somatotipo fosse stabile e rappresentasse la migliore proiezione esterna del genotipo. Altri autori hanno in parte modificato questa concezione, dimostrando come il somatotipo possa variare con lo sviluppo. Nell'età adulta, infatti, può accadere che il somatotipo si modifichi nel senso di un aumento della componente endomorfica, a scapito soprattutto di quella mesomorfica. Più in generale, si può affermare che l'esame del somatotipo può essere utilmente associato all'analisi delle altre variabili antropometriche per ottenere un quadro esauriente delle modalità di crescita e delle successive modifiche delle caratteristiche fisiche nell'età adulta e in quella avanzata. Per quanto riguarda le differenze legate al sesso, le donne, sia in età adulta sia durante lo sviluppo, tendono ad avere una maggiore componente endomorfica rispetto agli uomini, mentre sono generalmente meno mesomorfiche (con valori medi di 3). Tipicamente, gli uomini hanno in media un somatotipo di 2,8-4,9-2,8, e le donne di 4-3,5-2,9.
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