propranololo
Farmaco appartenente alla famiglia dei betabloccanti. Si è dimostrato efficace nella terapia acuta e cronica dell’infarto del miocardio, nella terapia dell’ipertensione essenziale, dell’angina pectoris, del tremore essenziale, del feocromocitoma e nella profilassi dell’emicrania. Inoltre, sembra essere efficace anche nel trattamento della tetralogia di Fallot, per il controllo di alcuni sintomi dell’ipertiroidismo. Viene utilizzato anche per la terapia dell’ansia da prestazione e da esibizione in pubblico. Diverse evidenze sperimentali ne mostrano una buona efficacia nel disturbo da stress postraumatico.
Il p. è utilizzato normalmente come racemo (miscela di isomeri ottici) e l’enantiomero levogiro è circa 100 volte più potente di quello destrogiro. Il p. si lega ai recettori beta-adrenergici e ne impedisce l’attivazione da parte dei neurotrasmettitori endogeni. Si osserva, quindi, una riduzione della frequenza e della forza di contrazione del cuore con conseguente riduzione del lavoro cardiaco. Questo effetto ne giustifica l’uso nell’angina. L’azione antipertensiva è dovuta in parte alle azioni dirette sul cuore, ma anche al blocco della liberazione di renina e a un’azione sui centri vasomotori del sistema nervoso centrale. Il p. riduce il tremore delle estremità provocato dalla massiva stimolazione dei recettori beta-adrenergici da parte di noradrenalina e adrenalina. Studi condotti su animali e nell’uomo hanno mostrato che gli ormoni dello stress attivano recettori adrenergici posti al livello dell’amigdala basolaterale, essenziale per la determinazione della memoria associata a un’esperienza paurosa. Questo ricordo viene periodicamente attivato e riconsolidato e il p. sembra impedire questo riconsolidamento. L’eccessivo rilascio di noradrenalina a livello centrale (specialmente a livello del locus coeruleus) può mediare alcuni sintomi dell’ansia (tremore, tachicardia, sudorazione); il p. riduce tali sintomi. Negli stati ansiosi da prestazione il suo utilizzo, prima dell’esposizione a un evento stressogeno, innesca un meccanismo virtuoso per cui il paziente, non avvertendo più il disagio dovuto ai sintomi somatici, acquista maggiore sicurezza.
Come per altri farmaci della stessa classe, gli effetti indesiderati sono diretta conseguenza della sua azione: può provocare ipotensione, bradicardia ed arresto cardiaco, disturbi della memoria, alterazione dell’omeostasi del glucosio. Nei pazienti affetti da asma può precipitare un attacco asmatico. La sospensione improvvisa della terapia può provocare fenomeni di ‘rimbalzo’ con peggioramento della patologia originaria.