proprieta
proprietà Nell’ambito giuridico, diritto soggettivo (situazione giuridica di vantaggio attiva) di carattere assoluto (efficace erga omnes) e, in particolare, un diritto reale (su cose, o su beni), o meglio, il diritto reale per eccellenza; infatti, i diritti reali diversi dalla p. (per es. usufrutto, servitù) vengono definiti ‘diritti reali minori’. Nel linguaggio corrente, il termine è utilizzato impropriamente in alternativa ad altri quali ‘possesso’ o ‘disponibilità’, e indica una signoria che, esercitata sulla cosa, ne determina un’appartenenza.
Il contenuto del diritto di p., indicato dall’art. 832 c.c., consiste nella facoltà, per il titolare, di godere e di disporre della cosa oggetto del suo diritto. La facoltà di godere implica il poter utilizzare in qualsiasi modo il bene, trasformandolo, persino distruggendolo, o, al contrario, non utilizzandolo affatto: infatti, il diritto di p. non si estingue in nessun caso per effetto del suo mancato esercizio protratto nel tempo (prescrizione).
La facoltà di disporre implica invece essenzialmente il poter alienare (o non alienare) il bene, ma anche il poter donarlo, lasciarlo per testamento o costituire su di esso diritti reali minori (per es. una servitù).
Caratteristica fondamentale del diritto di p. è anche la sua elasticità: lo stesso bene può essere oggetto di più diritti reali, cioè la p. unitamente a un diritto reale minore. Essa allora si comprime diventando ‘nuda p.’: la facoltà di godimento del nudo proprietario – titolare del diritto di p. su un bene gravato da un diritto reale minore – risulta ridotta proprio per effetto della vigenza di un altro diritto reale sulla stessa cosa. Alla cessazione del diritto reale minore, la p. si riespande, per il carattere di elasticità, tornando alla sua pienezza. Non risulta invece compressa la facoltà di disposizione del nudo proprietario, che può trasferire il bene, gravato da un diritto reale minore: allora il nuovo proprietario è a sua volta nudo proprietario, in quanto il diritto reale minore ‘segue’ il bene nei suoi trasferimenti (jus sequelae).
Di due tipologie si configurano i modi di acquisto del diritto di proprietà. L’acquisto è a ‘titolo derivativo’ quando si realizza un passaggio, un trasferimento (per es. per alienazione o per donazione) del diritto da un precedente a un nuovo titolare; pertanto, l’avente causa (acquirente) acquista la p. del bene solo se e in qual modo il dante causa ne era proprietario. L’acquisto è invece a ‘titolo originario’ (per es. occupazione, usucapione, accessione) quando il diritto di p. che si acquista sulla cosa è indipendente dal diritto di un precedente proprietario; si acquisisce, quindi, una p. libera da ogni diritto altrui che avesse eventualmente gravato il precedente proprietario.
Varie sono le azioni giurisdizionali che l’ordinamento predispone a tutela del diritto di p., cioè le azioni ‘petitorie’ (artt. 948 e segg. c.c.), che il proprietario può esperire per difendere il proprio diritto contro turbative altrui: azione di rivendicazione (esercitabile da chiunque si pretenda proprietario contro chi sia in possesso o nella detenzione attuale del bene); azione negatoria (esercitabile per fare dichiarare l’inesistenza di diritti affermati da altri sul proprio bene, quando possa derivarne pregiudizio); azione di regolamento dei confini (esercitabile per stabilire giudizialmente il confine tra due fondi, quando questo sia incerto); azione per apposizione dei termini (esercitabile per apporre o ristabilire termini di delimitazione del confine divenuti irriconoscibili o mancanti).
Se il c.c. connota la p. come un diritto ‘pieno ed esclusivo’, al contrario l’art. 42 Cost., adottando un’impostazione fortemente (secondo alcuni, eccessivamente) solidaristica, fa riferimento a una ‘funzione sociale’ della p., che autorizza il legislatore a circoscriverla entro precisi limiti. Così, per es., il legislatore può imporre limiti alla facoltà di godimento del proprietario di un bene di particolare valore per la collettività (come un bene culturale), prevedendo che tale facoltà non si estenda fino al poter distruggere il bene stesso.
Altro limite che può essere imposto alla p., a cui fa riferimento lo stesso art. 42 Cost., deriva dalla possibilità di espropriarla da parte della pubblica amministrazione: in presenza di motivi di interesse generale (per es. la necessità di costruire un’opera pubblica, come un ospedale) l’amministrazione competente può, tramite l’adozione di un provvedimento amministrativo, espropriare il proprietario, cioè elidere il suo diritto di p. sul bene (in genere un fondo), dietro il pagamento di un indennizzo.