proprio (propio; per l'alternanza, cfr. l'ediz. Simonelli del Convivio, p. XXIV)
Il vocabolo appartiene prevalentemente al lessico del Convivio pur essendo attestato anche nella Commedia e nella Vita Nuova; un esempio nel Fiore. Ha una gamma di significati e diapplicazioni che non si differenziano notevolmente dall'uso moderno.
Nella sua accezione più comune indica che una cosa appartiene a una determinata persona, fa parte del suo essere fisico o è in relazione di parentela con lei: Cv III XIV 8 Democrito, de la propria persona non curando, né barba né capelli... si togliea; Pd IV 104 Almeone... / la propria madre spense; Cv IV V 18 (due volte); Pg XX 84. Quando si riferisce a qualità, doti, facoltà che una persona, un corpo, una cosa ha per sua natura e per cui si distingue dagli altri, il valore possessivo si precisa in quello di " caratteristico ": Vn XXV 2 Dico... di lui che ridea, e anche che parlava; le quali cose paiono essere proprie de l'uomo (cfr. per il concetto VE I II 1 soli homini datum est loqui; Ep XIII 74 Si homo est, est risibile); Cv I I 1 ciascuna cosa [è] da providenza di propria [di prima nella '21] natura impinta; II VII 4 lo pensiero è propio atto de la ragione; Pd XXVI 87 la fronda... flette la cima / nel transito del vento, e poi si leva / per la propria virtù che la soblima. Altri esempi: Cv I XII 8, 9 e 12 (due volte), II XIII 3 e 9, III VII 8, VIII 10, IV VIII 1, IX 11, XI 6, XXX 6.
In entrambe le accezioni già illustrate, unito a un aggettivo possessivo, serve a rafforzarlo: Cv I XII 1 amore a la mia loquela propria è in me; Vn Il 1 Nove fiate... era tornato lo cielo de la luce quasi a uno medesimo punto, quanto a la sua propria girazione (dove il rafforzamento sottolinea il fatto che il sole, come gli altri pianeti, oltre alla girazione sua propria, ne ha un'altra, comunicatagli dal Primo Mobile; cfr. Pd XXVII 106 ss.); Cv I I 1 ciascuna cosa... è inclinabile a la sua propria perfezione; IV XVI 7 Ciascuna cosa è massimamente perfetta quando tocca e aggiugne la sua virtute propria (che traduce Arist. Physic. VII 6 " Virtus enim quaedam perfetio est: unumquodque enim tunc maxime perfectum est, cum attingit propriae virtuti "); Pd XVII 36 quello amor paterno, / chiuso e parvente del suo proprio riso; e ancora Cv I X 8 e 9, II III 13, III II 3, XI 6 (due volte), XIV 9, IV V 13, XI 5, XVI 7, XXI 9, Vn XIII 4; Fiore CLXXXII 10 molt'è folle que' che crede avere / nessuna femina che sia sua propia, " che gli appartenga completamente rimanendogli sempre fedele ". E ancora: Cv IV XXVIII 4 avemo da la nostra propria natura grande ammaestramento di soavitade; XVII 2 è da sapere che propiissimi nostri frutti sono le morali vertudi (è questo l'unico esempio di superlativo); IX 7 e 9, III III 5 Li uomini hanno loro proprio amore a le perfette e oneste cose; I XI 1.
Secondo un uso tuttora vivo, se riferito a un soggetto di III persona, può essere usato da solo invece del possessivo: Cv II V 18 Questi movitori muovono, solo intendendo, la circulazione in quello subietto propio che ciascuno move: queste intelligenze motrici, con la sola intelligenza, imprimono il moto circolare al cielo " cui sono preposte "; IV IV 5 ciascuno officiale ordina la propria operazione nel proprio fine. Questa costruzione ricorre in particolare in frasi enunciate senza soggetto, in forma impersonale: Cv IV XXVII 4 appresso la propria perfezione, la quale s'acquista ne la gioventute, conviene venir quella che alluma non pur sé ma li altri; talora p. è contrapposto ad ‛ altrui ': i beati che morirono bambini non godono della beatitudine per... proprio merito... / ma per l'altrui, cioè per la fede dei loro genitori (Pd XXXII 42); e così Cv III IV 8, IV III 1. In alcune locuzioni brachilogiche, è riferito a sostantivi sottintesi ma facilmente ricavabili dal contesto: Cv I XII 5 lo volgare... è congiunto con le più prossime persone, sì come con li parenti e con li propri cittadini e con la propria gente, cioè " con i concittadini e con la gente del parlante "; così, in Pg XXXI 40 la propria gota, da cui scoppia, " esce " (Buti), l'accusa del peccato, è la bocca del peccatore; altro esempio in Pd XVII 125, dove si ha un altro caso di contrapposizione tra p. e ‛ altrui '.
Può sostituire anche un possessivo di II persona, e in questo caso ha più forza di ‛ tuo ' o di ‛ vostro ': Pg XII 40 O Saùl, come in su la propria spada / quivi parevi morto in Gelboè (per l'episodio biblico, cfr. I Reg. 31,4); Pd V 125 tu t'annidi / nel proprio lume, e... de li occhi il traggi (per la lezione, v. Petrocchi, ad l.); Cv IV VI 19 Oh miseri che al presente reggete! ... nulla filosofica autoritade si congiunge con li vostri reggimenti né per propio studio né per consiglio, " né per una vostra personale aspirazione, né per suggerimento che vi provenga da altri ". In due esempi sostituisce il possessivo di I persona: Pd XXXIII 139 veder voleva come si convenne / l'imago al cerchio e come vi s'indova; / ma non eran da ciò le proprie penne, " le mie ali ", " le mie forze intellettive ". A Cv IV XXIV 3 lasciando ciò che ne scrivono li filosofi e li medici, e tornando a la ragione propria, dico che ne li più la giovinezza dura venti anni, B. Cordero spiega: " alla vera e propria legge che guida questa scelta "; ma è interpretazione non convincente, giacché il seguito del testo (E la ragione che ciò mi dà si è che) suggerisce d'interpretare " affidandosi al personale giudizio ", dove ragione propria è la ratio naturalis di ciascun uomo rispetto alla auctoritas di filosofi e medici.
In alcuni esempi è usato come attributo di loquela o di volgare. A prescindere dai due casi già citati (Cv I XI 1, XII 1), nei quali rafforza l'aggettivo possessivo che l'accompagna, acquista il valore di " mio " (X 5 a ciò mi mossi per lo naturale amore de la propria loquela) o di " loro " (XI 20 molti... dispregiano lo proprio volgare, e l'altrui pregiano; altro esempio al § 12), a seconda che il soggetto della proposizione sia di I o di III persona; in altri casi, invece, il valore possessivo è meno evidente, tanto che le locuzioni volgare proprio e propria loquela diventano sinonimi di " lingua materna " (V 2, XII 6, XIII 3); e vada qui anche l'esempio di XIII 1 ne la propria loquela sono quelle due cose per le quali io sono fatto a lei amico, cioè prossimitade a me e bontà propria, nel quale p. compare con l'accezione ora illustrata la prima volta, e con quella di " intrinseca ", " caratteristica ", " peculiare " la, seconda.
In alcuni casi corrisponde sostanzialmente a un genitivo oggettivo o, meglio, esercita la stessa funzione che ha nella locuzione tuttora viva ‛ amor proprio '; di questo uso si hanno esempi in Cv I II 8 la propria loda [cioè " il lodar sé stessi "] e lo proprio biasimo è da fuggire... però che non è uomo che sia di sé vero e giusto misuratore, tanto la propria caritate [cioè " l'amore per sé stessi "] ne 'nganna; III I 5 (rafforzato: lo proprio amore di me medesimo); Pg XVII 108 da l'odio proprio son le cose tute, gli esseri sono immuni " dall'odiar sé stessi ".
La libertà sintattica caratteristica dell'uso del tempo consente di riferire p. a parole diverse dal soggetto, cioè o all'oggetto (Cv I X 7 nulla fa tanto grande [una cosa] quanto la grandezza de la propia bontate; III VI 12) o a un complemento indiretto (If XI 25 frode è de l'uom proprio male; Cv IV XVI 4).
Gli usi estensivi sono meno frequenti di quanto non accada nella lingua moderna. Può valere " giusto " (pietà e umiltà sono proprio rimedio a la temenza, Cv II X 5); " vero ", " esatto " (intendo riducer la gente in diritta via sopra la propria conoscenza de la verace nobilitade, IV I 9; e così Pd XXVI 113); " apposito " (per proprio capitolo... intendo ciò mostrare, Cv IV VIII 16; e ancora I I 17); " particolare ", " speciale " (l'amistà sopra la naturale generata... è propria e distinta in singulari persone, III XI 7). Almeno ai tempi di D., tra tutti i fiumi che sgorgano dal versante sinistro dell'Appennino, il Montone era il primo che avesse un corso " autonomo ", che cioè sfociasse direttamente in Adriatico e non nel Po; questa particolarità geografica è indicata dicendo che quel fiume... ha proprio cammino / prima dal Monte Viso 'nver' levante (If XVI 94).
In rapporto alla teoria aristotelica della percezione (cfr. Anima II, III 1), per cui la qualità sensibile che impressiona un senso particolare viene detta sensibile proprium (ἴδιον αἰσθητόν) e quella che viene compresa con più sensi è detta sensibile commune (κοινὸν αἰσδητόν), D. distingue le cose visibili in ‛ proprie ', come il colore e la luce, che sono visibili da un solo senso, cioè la vista, e in ‛ comuni ', come figura, movimento, numero, ecc., che non hanno un senso loro specifico perché con più sensi [le] comprendiamo (Cv III IX 6); in tal senso le cose visibili vengono distinte in proprie e comuni (§ 7; per l'uso tecnico del termine cfr. anche Tommaso Comm. De Anima II 13 " sensibile proprium est, quod ita sentitur uno sensu, quod non potest alio sensu sentiri ", dove appunto proprium vale lo ἴδιον di Aristotele in quanto " pertinente in modo specifico "). Infine, in rapporto alla dottrina aristotelica dei luoghi naturali, p. indica che un luogo o una parte dello spazio sono i più idonei, i più convenienti a una specie vivente, a un elemento, in quanto a loro spettanti ‛ per natura ': III III 2 le corpora simplici hanno amore naturato in sé a lo luogo proprio; quando cade dalla sfera del fuoco, la folgore fugge il proprio sito (Pd I 92); il Paradiso terrestre fu fatto per proprio de l'umana spece (v. 57; è l'unico esempio di uso sostantivato con valore neutro); e così Cv IV XXVIII 7. Anche per quest'accezione il termine è tecnico e proviene da Aristotele, che parla di locus proprius o ἴδιος τόπος (Phys. IV 2, 209a 31 ss.).
Come nell'italiano moderno, ‛ nome p. ' si contrappone a ‛ nome comune ' e designa una determinata persona (Pd XXXII 14); ha diverso valore in Vn VIII 12 ne la prima parte chiamo la Morte per certi suoi nomi propri, cioè con epiteti " appropriati ", " convenienti " (cfr. § 8 1 ss).
Ricorre due volte con funzione di avverbio, con il significato di " propriamente " (v.), " con proprietà di linguaggio ": Pd XI 54 non dica Ascesi, ché direbbe corto, / ma Orïente, se proprio dir vuole; e così Cv IV VIII 12, in parallelo, appunto, a propriamente.