PROPULSIONE
(App. III, 11, p. 502; v. reazione: Propulsione a reazione, App. II, 11, p. 671; turbina: Propulsione aerea e navale, App. II, 11, p. 1045).
Propulsione aerea.
In quest'ultimo ventennio, a seguito di nuove soluzioni realizzative, la turbina a gas ha conseguito, oltre a un miglioramento dei livelli delle proprie prestazioni, una più vasta capacità d'impiego in più di un settore applicativo tra cui quello delle piccole potenze che era incontrastato dominio, fino a qualche anno fa, del motore a combustione interna alternativo (motoelica).
Rispetto a quest'ultimo, infatti, la turbina a gas si presenta oggi, grazie allo sviluppo tecnologico dei materiali e della tecnica (aumento della temperatura d'ingresso dei gas in turbina, rapporto di compressione del ciclo, ecc.), notevolmente competitiva anche sotto l'aspetto del consumo del combustibile, mentre riafferma la sua netta superiorità in quanto a leggerezza, potenza specifica e regolarità di funzionamento.
Turboreattore semplice. - L'evoluzione tecnica delle principali caratteristiche in questi ultimi anni è stata la seguente:
Spinta: si è assistito a un sensibile incremento della spinta unitaria, che ha raggiunto il limite massimo di 31.000 daN (tab.1) realizzati con l'impiego della postcombustione dal SST della General-Electric per il trasporto civile supersonico. Nello stesso arco di tempo, però, la spinta unitaria ha anche raggiunto livelli minimi davvero impensabili fino a qualche anno fa (25 daN) con la realizzazione dei cosiddetti mini-jets destinati a particolari impieghi per il volo senza pilota.
Consumo specifico di combustibile: in condizioni di crociera dei turboreattori grandi e medi (tab. 1), si è stabilizzato intorno a valori prossimi a 1 kg/(daN•h), mentre un notevole miglioramento si è riscontrato nell'ordine di grandezza del consumo specifico al punto fisso dei reattori molto piccoli, che ha raggiunto il valore di 1,2 kg/(daN•h), niente affatto trascurabile per questa categoria di motori.
Rapporto peso-spinta: non si è assistito a miglioramenti di tale caratteristica del motore, che si è stabilizzata (tab.1) intorno a valori compresi tra o, 15 e 0,25.
Turboelica. - Le principali evoluzioni tecniche negli ultimi anni sono state le seguenti:
Potenza: non vi sono state variazioni del limite massimo della potenza all'asse, che si è mantenuto intorno a valori di 4500 kW (Tyne 20 della Rolls-Royce).
Consumo specifico: si è osservato un moderato decremento del consumo specifico di combustibile che ha raggiunto al giorno d'oggi il valore di circa 0,3 kg/kWh.
Rapporto peso-potenza: gli attuali pesi specifici del turboelica mostrano un ampio campo di variazione a partire dai 0,15 daN/kW.
Turboreattori a doppio flusso. - Un'imponente affermazione del turboreattore a doppio flusso nel campo della p. civile e militare si è verificata in questi ultimi venti anni. Le cause alle quali si deve attribuire il sempre crescente sviluppo di tali propulsori sono essenzialmente le seguenti: a) nel campo delle velocità subsoniche il rendimento globale η di un turboreattore semplice risulta in genere assai modesto per i bassi valori che assume il rendimento propulsivo ηp (App. III, 11, p. 505) a causa della rilevante entità della perdita allo scarico (w − u)2/2, rapidamente crescente al ridursi della velocità u di avanzamento del velivolo; b) l'impiego del turboelica, particolarmente conveniente ai bassi e medi valori subsonici della velocità di volo, rimane in pratica circoscritto al di sotto del limite dei 550 ÷ 600 km/h, poiché al di sopra di tale velocità il rendimento propulsivo dell'elica (e quindi il rendimento globale) subisce un brusco decadimento per l'insorgere di rilevanti disturbi fluodinamici (onde d'urto).
Una tale concomitanza di cause ha consigliato la messa a punto e lo sviluppo di una nuova categoria di propulsori capaci di assicurare elevati rendimenti propulsivi (e quindi globali) anche nel campo delle alte velocità subsoniche, quali sono i turboreattori a doppio flusso (ingl.: turbofans). In questi ultimi, infatti, in virtù della compressione, a parità di condizioni termodinamiche, di una maggiore quantità di aria, rispetto al turbogetto semplice, aumenta il lavoro di espansione in turbina e quindi diminuisce, con l'energia disponibile nell'ugello, la velocità di efflusso. Cioè, in definitiva, si viene a operare su una maggiore quantità di fluido a velocità mediamente più bassa; il che, come noto, è particolarmente conveniente ai fini del rendimento propulsivo (e quindi del rendimento globale).
Nelle figg. A, B e C sono rappresentate schematicamente le configurazioni fondamentali di turboreattori a doppio flusso che, sebbene realizzati nel corso della loro evoluzione in una molteplicità di configurazioni, sono riducibili a due tipi fondamentali: turboreattori a flussi separati e turboreattori a flussi miscelati.
Turboreattori a flussi separati. - In questo tipo di turboreattore a doppio flusso (figg. A e B) la portata totale di aria che investe il motore viene suddivisa in due correnti distinte; una, detta primaria (o calda), che segue il processo termodinamico del turboreattore semplice, e un'altra, detta secondaria (o fredda), che viene inviata a espandersi in un distinto ugello dopo essere stata accelerata e compressa da una soffiante (ventola) intubata (ingl.: ducted fan) posta anteriormente (fig. A) o posteriormente (fig. B) al motore.
Nel primo caso, nel quale entrambe le correnti di aria (primaria e secondaria) attraversano la ventola sistemata anteriormente al motore stesso, viene attribuita al turboreattore la locuzione di front fan. Quest'ultimo, nella configurazione bialbero, costituisce la versione prevalentemente impiegata al giorno d'oggi. Tra le più recenti varianti costruttive di front fan si possono annoverare: a) il turboreattore con ventola mossa da un riduttore (o geared fan); b) il turboreattore a doppio flusso a triplo asse.
Comune a entrambe queste realizzazioni, notevolmente complesse da un punto di vista costruttivo, è il principio di ridurre la velocità di rotazione della ventola allo scopo di conseguire una minore rumorosità e una maggiore efficienza.
Nel secondo caso (fig. B), nel quale la ventola, sistemata posteriormente al motore, viene attraversata esclusivamente dalla corrente secondaria, si usa parlare di after fan. A tale categoria appartiene la prima generazione di turbofans (App. III, 11, p. 506), nei quali il gruppo ventola-turbina di bassa pressione è costituito da un unico elemento rotante, profilato nella parte interna secondo le esigenze della funzione motrice e nella parte esterna secondo le esigenze della funzione operatrice. C'è da rilevare che la realizzazione di tale tipo di propulsore è stata praticamente abbandonata, sia per le notevoli difficoltà costruttive connesse alla realizzazione delle lunghe palette sia per il rendimento piuttosto basso della ventola dovuto agli eccessivi valori della velocità periferica.
Turboreattori a flussi miscelati. - Questa categoria di turboreattori a doppio flusso (fig. C) differisce da quella dei reattori a flussi separati sostanzialmente per il fatto che la corrente fredda spillata dal compressore viene miscelata con la corrente calda prima dell'espansione nell'ugello, in tal caso necessariamente unico. Di qui anche l'evidente denominazione di turboreattore a diluizione.
Numeri specifici. - Analogamente a quanto si verifica per il turbogetto semplice vengono impiegate, per caratterizzare le prestazioni (tab. 2) dei turboreattori a doppio flusso, alcune grandezze specifiche, e precisamente: a) il rapporto di derivazione o di by-pass x, definito come rapporto tra la portata massica della corrente secondaria e quella della corrente principale; b) il rendimento globale η, rapporto tra la potenza dovuta ai contributi di entrambi i getti (se il turboreattore è a flussi separati) o dell'unico getto (se il turboreattore è a flussi miscelati) e il calore potenzialmente speso nell'unità di tempo; c) il rendimento propulsivo ηp, inteso come rapporto tra la potenza dovuta alla spinta totale e la potenza cinetica resa disponibile; d) il rendimento interno o termico ηi, rapporto tra la potenza cinetica resa disponibile e la potenza termica messa a disposizione; e) il consumo specifico di combustibile, cioè la massa di combustibile consumata per unità di tempo e di spinta; f) l'impulso specifico, espresso dal rapporto tra la spinta e la portata massica di aria entrante nel motore.
Turboreattori a doppio flusso con postcombustione. - La necessità di disporre per impieghi militari di propulsori idonei al funzionamento, sia con ridotti valori del consumo specifico a velocità subsoniche che con elevati valori della spinta a velocità supersoniche, ha consigliato lo sviluppo e la realizzazione di alcuni particolari tipi di turboreattori a doppio flusso, che fanno uso dell'impiego della postcombustione per limitati intervalli di tempo.
Come risulta dagli schemi delle figg. D ed E i propulsori impiegati a tal fine sono del tipo a flussi separati e del tipo a flussi miscelati.
La postcombustione viene praticata nei primi mediante l'inserimento di una camera di combustione supplementare, sul percorso del getto freddo, prima dell'espansione nell'ugello secondario; nei secondi in un combustore posto a valle della camera di miscelazione e immediatamente a monte dell'ugello.
Getto-sostentazione. - La necessità di disporre di velivoli nei quali gli spazi di decollo e di atterraggio siano ridotti, o addirittura annullati, ha favorito lo studio e lo sviluppo di particolari propulsori che, oltre a soddisfare tale esigenza, sono nello stesso tempo in grado di assicurare elevate prestazioni, nelle condizioni consuete di volo, ai velivoli su cui sono installati.
Questi ultimi, che vanno sotto il nome corrente di VTOL (Vertical Take-Off and Landing) se a decollo verticale e STOL (Short Take-Off and Landing) se a decollo corto, impiegano propulsori (vectored-jets) che utilizzano il principio di poter variare la spinta oltre che in grandezza anche in direzione.
Quest'ultima, infatti, grazie all'impiego di ugelli mobili, può essere orientata secondo la direzione prescelta. Il Pegasus della Rolls Royce è costituito da un turboreattore a flussi separati provvisto di quattro ugelli orientabili, dei quali due anteriori attraversati dalla corrente secondaria e due posteriori attraversati dalla corrente principale. Tutti e quattro gli ugelli possono ruotare di 1800 in modo da poter rendere adatto il motore alternativamente alla sostentazione e alla p., o a entrambe le funzioni, durante le fasi transitorie di funzionamento del velivolo.
Propulsione a razzo.
Sulla base degli eventi verificatisi nell'arco di questi ultimi venti anni si può tracciare un sintetico quadro dell'attuale stato di sviluppo dell'endoreattore (o razzo, v. in questa Appendice).
Razzi chimici. - Gli sforzi diretti al perfezionamento dei razzi chimici si sono articolati secondo due direzioni di sviluppo distinte, in relazione alla diversa natura del loro impiego: militare o per missioni spaziali.
Razzi per impieghi militari. - In tale settore si è assistito a una crescente affermazione dei propulsori a propellente solido per un complesso di ragioni che può essere così sintetizzato: a) i razzi che utilizzano propellenti liquidi si presentano, da un punto di vista costruttivo, molto più complessi di quelli alimentati con propellenti di diverso stato, per l'esigenza di contenere il combustibile e l'ossidante in serbatoi separati e per il complicato sistema di adduzione del propellente nella camera di combustione (a mezzo di turbopompe o di un sistema di pressurizzazione a gas compresso dei serbatoi del combustibile e dell'ossidante); b) i propellenti liquidi a più elevato valore dell'impulso specifico (idrogeno, ossigeno e fluoro) sono criogenici e cioè hanno una bassissima temperatura di ebollizione (alla pressione di una atmosfera assoluta: −253 °C per l'idrogeno, −183 °C per l'ossigeno, e −188 °C per il fluoro): il che, oltre a comportare serie difficoltà d'immagazzinamento e di conservazione nella fase di volo, impone il caricamento immediatamente prima dell'effettivo lancio; c) i razzi a propellente solido presentano una rapidità di avviamento e un'affidabilità di funzionamento che li rende particolarmente adatti all'impiego in qualsiasi emergenza strategica.
Per questi motivi gli studi tendenti allo sviluppo di nuovi tipi di propellenti solidi sono oggi di sempre crescente interesse. Gl'indirizzi attuali di ricerca sono rivolti allo sviluppo, in luogo dei cosiddetti propellenti "doppia fase" adoperati per lungo tempo (e costituiti da una miscela di nitrocellulosa e di nitroglicerina), dei preparati di tipo composito. Questi ultimi sono costituiti da miscele eterogenee di cristalli ossidanti (litio, sodio, perclorato e nitrato di ammonio) tenuti meccanicamente combinati da una matrice legante di materia plastica combustibile a base di resine sintetiche, elastomeri e asfalti, ai quali vengono aggiunte piccole dosi di additivi e di catalizzatori.
Con l'impiego di tali tipi di propellenti si sono potuti realizzare sistemi propulsivi per missili destinati a compiere missioni militari a media e lunga distanza (missili Polaris, Minuteman).
In concomitanza con lo sviluppo dei propellenti solidi sta ricevendo un crescente interesse in campo militare anche l'impiego del cosiddetto razzo ibrido, costituito da un sistema bipropellente bifase nel quale un componente (usualmente il combustibile) è presente nella camera di combustione allo stato solido, mentre il secondo componente (di solito l'ossidante) è introdotto allo stato liquido. Requisito fondamentale di tale sistema propulsivo, ancora oggetto di una costante sperimentazione, sarebbe quello di associare le elevate caratteristiche di spinta dei combustibili liquidi con l'alto grado di risposta e di affidabilità caratteristico dei sistemi a propellente solido.
Non sono però mancate in campo militare recenti realizzazioni anche di razzi a bipropellente liquido, basati sull'impiego di particolari sostanze ossidanti e combustibili, che associano a un elevato valore dell'impulso specifico buone caratteristiche di stabilità nel tempo, in opportune condizioni di conservazione.
Razzi per la propulsione spaziale. - Le difficoltà crescenti delle missioni spaziali, che hanno richiesto la messa in orbita di capsule e di laboratori scientifici sempre più pesanti, hanno imposto, nel corso di questi anni, la realizzazione di razzi con valori sempre più elevati della spinta e del carico utile.
Ciò è stato possibile soprattutto grazie all'impiego combinato delle seguenti tecniche: a) adozione di propellenti liquidi a elevato valore dell'impulso specifico (ossigeno, idrogeno e fluoro liquidi), per i quali sono state superate le principali difficoltà tecniche connesse alla loro manipolazione; b) disposizione in parallelo di due o più propulsori, allo scopo di accrescere il limite massimo della spinta ottenibile con uno solo di essi (tale pratica però non può essere spinta eccessivamente per ovvi motivi di affidabilità dell'intero complesso); c) adozione della tecnica del razzo multistadio (con più propulsori o gruppi di propulsori in serie), onde la velocità finale risulti la somma degl'incrementi di velocità prodotti in sequenza dai vari stadi prima del loro sganciamento; è stata anche proposta la realizzazione del mantello degli stadi in metalli combustibili, che vengono progressivamente consumati durante il volo, con evidente beneficio delle prestazioni; d) diminuzione del peso dei serbatoi del propellente, ottenuta sia attraverso una riduzione del loro spessore sia attraverso l'impiego, per la loro costruzione, di materiali costituiti da leghe superleggere.
L'applicazione di tali criteri ha condotto alla realizzazione di una serie di propulsori spaziali multistadio (Atlas, Thor, Saturno I, Saturno V) di eccellenti caratteristiche, tra i quali spicca (tab. 3) il Saturno V, impiegato quale vettore della capsula Apollo, posatasi con tre uomini sulla Luna (luglio 1969).
Come si può rilevare dalla tab. 3, la spinta al lancio dovuta al primo stadio del razzo Saturno, per effetto della disposizione in parallelo di 5 propulsori a media energia (ossigeno liquido e cherosene) ammonta a ben 3.400.000 daN. È interessante infine notare l'estesa applicazione di propellenti a elevata energia (ossigeno e idrogeno liquido) sia al secondo che al terzo stadio. Vedi tav. f. t.
Bibl.: J. Kruschik, Die Gasturbine, Berlino e Vienna 1960; W. R. Hawthorne, W. T. Olson, Design and performance of gas turbine power plants, Princeton 1960; R. D. Heitchue, Space systems tecnology, New York 1968; Rolls-Royce Ltd, The jet engine publication Ref T.S.D. 1302, Derby 1969; P. G. Hill, C. R. Peterson, Mechanics and thermodynamics of propulsion, Reading, Mass., 1970; N. H. Langton, Rocket propulsion, vol. II, Londra 1971; J. W. Sawyer's, Gas turbine engineering handbook, Stamford 1972; Jane's, All the world's aircraft 1976-77, Londra 1977.
Propulsione terrestre e navale: autoveicolo; motore; nave, in questa Appendice.