CATERINI, Prospero
Nacque a Onano (Viterbo), diocesi di Acquapendente, il 15 ott. 1791 in nobile famiglia unibra da Francesco e da Maria Domenica Pacelli. Giovanissimo, si trasferì a Roma per intraprendere gli studi e abbracciare la carriera ecclesiastica. Si distinse quale buon giureconsulto e canonista, tanto che nel 1841 Gregorio XVI lo nominò segretario della Congregazione degli studi, eretta nel 1824 da Leone XII con la bolla Quod divina Sapientia. Alla Congregazione era affidata la direzione e la vigilanza nel campo dell'istruzione ed erano ad essa sottoposte tutte le scuole pubbliche e private, laiche ed ecclesiastiche, dello Stato pontificio. Si deve al C. la pubblicazione della raccolta , delle leggi e dei regolamenti riguardanti l'istruzione emanati nello Stato pontificio dal 1824. L'opera è corredata da una prefazione dello stesso C.(Collectio legum et ordinationum de recta studiorum ratione, I-II, Romae 1841-42; il terzo volume, a cura di mons. Capalti, apparve nel 1852). Gregorio XVI conferì al C. altre importanti cariche: nel 1841 lo nominò suo uditore, poi canonico della basilica vaticana, quindi, nel 1843, protonotario apostolico partecipante, e nel 1845 assessore del S. Offizio.
L'attività del C., strettamente legata alla vita di Curia e all'opera svolta in seno alle Congregazioni romane, fu particolarmente intensa e significativa negli anni di Pio IX con l'esclusione del periodo della Repubblica romana. Infatti, dopo la fuga del papa a Gaeta nel novembre 1848, il C. ne seguì l'esempio, rifugiandosi, in un primo tempo, in un terreno di sua proprietà vicino a Grotte di Castro nel Viterbese. Pesanti minacce alla sua persona lo costrinsero ben presto ad allontanarsene, e ad imbarcarsi, assieme a don G. Pacelli, per la Corsica, ove rimase finché lo stesso Pio IX non lo invitò a raggiungerlo a Gaeta. Rientrò a Roma assieme al papa nell'aprile 1850.
Il 7 marzo 1853 Pio IX lo nominò cardinale (ebbe in titolo la diaconia di S. Maria della Scala) e lo destinò visitatore apostolico della Pia casa degli orfani e del monastero de' SS. Quattro. Nel settembre 1860 divenne cardinale prefetto della S. Congregazione del concilio e della Congregazione speciale per la revisione dei concili provinciali e di quelli dell'immunità, che Pio IX aveva istituito nel 1849,sottraendone le competenze alla Congregazione del concilio.
Fondamentale il ruolo del C. tra il 1852 e il 1864 nella raccolta delle proposizioni di condanna dei principali errori del tempo, che ebbero poi nel Sillabo il documento definitivo. Nel 1852 fu membro della commissione speciale, presieduta dal card. R. Fornari e composta, oltre che dal C., dal can. G. Andisio, dai padri M. Spada, G. B. Tonini e C. Passaglia. Gli scopi della commissione erano così fissati: "1. il raccogliere i principali errori dei nostri tempi; 2. l'ordinarli logicamente; 3. il richiamarli ai loro principi; 4. lo stabilire le antitesi ed i veri opposti; 5. il formare un simbolo ortodosso contro l'odierna eterodossia; 6. determinare il modo di connettere siffatto simbolo alla definizione dell'immacolato concepimento".
In sostanza, la commissione avrebbe dovuto redigere un documento nel quale "procedendosi alla definizione dell'immacolato concepimento di Maria SS.ma si condannino in pari tempo gli errori de' nostri tempi". Prevalse però il parere espresso da Veuillot e dal conte Avogadro della Motta, secondo i quali era inopportuno fondere due documenti di per sé diversi. Si procedette quindi alla sola definizione del dogma dell'Immacolata (8 dic. 1854) sulla base di un documento discusso in varie riunioni di cardinali e vescovi, sotto la presidenza dei cardinali C., Brunelli e Santucci.
L'idea della condanna degli errori del tempo venne ripresa più tardi, nel 1860, prendendo le mosse dall'Instruction pastorale di mons. Ph.-O. Gerbet, vescovo di Perpignano (23 luglio 1860), nella quale si elencavano ottantacinque proposizioni di condanna. Il documento venne sottoposto da Pio IX a un commissione presieduta dal C., riunitasi a partire dal 21 maggio 1861 con il compito di condannare le dottrine che attentassero all'integrità della fede, alla purezza della morale e alla verità di quei principi religiosi e sociali sui quali poggiava la società e di scegliere tra le ottantacinque proposizioni erronee di mons. Gerbet quelle che esprimessero maggior carattere di falsità. La commissione (composta da G. Perrone, G. Ferrari, mons. P. Delicato e mons. L. Jacobini) doveva anche formulare le proposizioni nei modi più rispondenti "all'uso universale" e apporvi le opportune censure teologiche.
Alla fine dei lavori vennero scartate tredici proposizioni del Gerbet, perché erano ripetizioni, ne vennero modificate cinque per esprimere il senso scolastico degli errori, altre sei furono condensate in tre e una ne fu aggiunta. In definitiva, la commissione stilò un elenco di settanta proposizioni che intitolò Syllabus propositionum.
Il 20 giugno 1861 il documento fu trasmesso a un gruppo di dodici consultori per la determinazione precisa della censura teologica che concluse i lavori il 15 febbr. 1862, riducendo a sessantuno l'elenco degli errori con le rispettive note teologiche (Theses ad Apostolicam Sedem delatae et censurae a nonnullis theologis propositae).L'elenco fu sottoposto a tutti i vescovi invitati a Roma per la Pentecoste del 1862 in occasione della canonizzazione di ventisei martiri giapponesi e del beato Michele dei Santi. La lettera di invito, stilata dallo stesso C., venne trasmessa nella seconda metà di gennaio 1862; in essa si accennava al desiderio del papa di conoscere l'opinione dei vescovi in un affare di "grande importanza",distinto dalla canonizzazione. Dopo le risposte dei vescovi e la successiva rielaborazione del documento, si giunse alla definitiva stesura delle ottanta proposizioni del Sillabo, la cui promulgazione avvenne l'8 dic. 1864, insieme all'enciclica Quanta cura.
Il nome del C. ricorre in un altro momento di grande rilievo per la storia della Chiesa nel secolo XIX: il concilio Vaticano I. Il C. ebbe parte di primo piano soprattutto nella fase preparatoria del concilio. Lo troviamo infatti membro della commissione direttiva cardinalizia istituite da Pio IX nel marzo 1865, preposta all'organizzazione del futuro concilio. La commissione era presieduta dal card. vicario di Roma e composta, oltre che dal C., dai cardinali Patrizi, Reisach, Panebianco e Bizzarri. Da essa dipendevano sei commissioni preparatorie: per la disciplina ecclesiastica, sotto la presidenza del C., per la dottrina (Bilio), per la disciplina (Capalti), per gli ordini religiosi (Bizzarri), per i riti orientali (Bernabò) e per le questioni politico-ecclesiastiche (Reisach).
Nell'ambito dei lavori preparatori del concilio merita di essere ricordata la lettera che alla metà di luglio 1867 il C.indirizzò ad oltre quaranta vescovi, invitandoli a rispondere su diciassette punti di un questionario ove si chiedevano notizie sul rispetto delle presenzioni canoniche, sul matrimonio civile e i matrimoni misti, sugli studi nei seminari, sulla opportunità di ampliare le congregazioni esistenti, sulla nomina e rimozione dei parroci, sulla potestà giudiziaria dei vescovi, sugli abusi invalsi circa i cimiteri, ecc.
Costituita la commissione conciliare, al C. venne affidata la parte canonica.
All'interno del Sacro Collegio, soprattutto negli anni del pontificato di Pio IX, il C. fu tra i maggiori esponenti del gruppo dei cosiddetti cardinali "neri", di ispirazione ultramontana, fautori di una rigida intransigenza nei confronti del liberalismo e tenaci oppositori dello Stato unitario italiano. Contrario a qualsiasi soluzione concordataria con lo Stato sulle questioni religiose, il C. manifestò la sua ferma intransigenza soprattutto nel 1865, anche in contrasto con alcuni atteggiamenti concilianti manifestati da Pio IX e dal card. Antonelli, in occasione della missione Vegezzi per discutere tra Italia e S. Sede la questione dell'exequatur ai vescovi.
Il 18 dic. 1876, il C. succedette al card. Antonelli nella carica di primo diacono di S. Maria in via Lata. Il 21 dic. 1876 sostituì il card. Patrizi quale cardinale segretario del S. Offizio. Dopol'elezione di Leone XIII, quale primo diacono di S. Maria in via Lata, fu lui ad annunciare dalla loggia della basilica vaticana, il 20 febbr. 1878, l'avvenuta ascesa al soglio pontificio del card. Pecci.
Il C. morì tre anni dopo, a Roma il 28 ott. 1881. Fu sepolto nella cappella dell'Arciconfraternita del prezioso sangue al Campo Verano.
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