ARCO, Prospero d'
Nacque il 14 ag. 1522, probabilmente ad Arco, dal conte Nicolò e da Giulia Gonzaga. Studiò arti a Bologna (prima del 1542) ed a Roma, dove, tramite il suo maestro Antonio Bernardi, vescovo di Caserta, ebbe accesso al circolo che si raccoglieva intorno al nipote di Paolo III, Alessandro Famese. Passato alla corte dell'arciduca Massimiliano (poi Massimiliano II), partecipò probabilmente al seguito di lui alla guerra contro i protestanti tedeschi (1546-47). Combatté contro i Francesi agli ordini di Emanuele Filiberto di Savoia, fu fatto prigioniero nell'inverno 1553-54 a Canibrai e tenuto in custodia a Parigi per quasi quattro anni dal gran maestro dell'artiglieria francese, Jean d'Estrées. Ritornato nell'esercito spagnolo, si distinse nella battaglia ed all'assedio di S. Quintino (agosto 1557) e rimase per alcuni mesi al servizio del duca di Savoia dopo la pace di Cateau Cambrésis (1559). Destinato all'ufficio di ambasciatore cesareo presso la S. Sede nell'aprile 1560 giunse due mesi più tardi a Roma, dove, tranne un breve intervallo nel 1566, dimorò fino alla sua morte.
L'A., che succedeva nella carriera diplomatica al cognato Francesco di Thurn, ebbe l'incarico di trattare con Pio IV sulla continuazione del concilio di Trento e di sostenere di fronte alla curia romana i diritti dell'Impero in Italia. L'iniziale accordo col papa, il quale per motivi familiari (riguardanti il proprio fratello Gian Giacomo Medici, marchese di Musso) nutriva buone disposizioni verso la casa d'Arco, ebbe ben presto termine per motivi diversi: nella "causa concilii" l'A. presentò con insistenza e con durezza, ma invano, la richiesta dell'imperatore circa la convocazione d'un nuovo concilio, contro gli orientamenti del papa e della Spagna che auspicavano una ripresa e una continuazione della prima fase dei lavori conciliari; respinse le pretese del duca di Firenze, Cosimo I, sulla contea di Pitigliano e le affermazioni di Pio IV circa i diritti del papato su quel territorio. L'A., dopo una ribellione ivi avvenuta nel 1562, fu nominato commissario e giudice per indagare sugli incidenti, donde nuovi conflitti con la S. Sede. Con intima persuasione sostenne le richieste del governo imperiale circa la comunione sub utraque specie (concessa da Pio IV nel 1564) e il matrimonio degli ecclesiastici di contro al "partito" spagnolo e alla maggior parte dei cardinali. A differenza del fratello Scipione mostrò grande risolutezza nella discussione, analoga a quella del 1560, sopra il formulario del giuramento che Massimiliano, figlio dell'imperatore, fu obbligato a prestare per esser riconosciuto dal pontefice come re dei Romani (1563). A queste e ad altre vertenze, specialmente di carattere cerimoniale, si aggiunsero urti causati dagli intrighi del nunzio apostolico a Vienna, Zaccaria Dolfin, col quale l'A. tuttavia ebbe buone relazioni.
Più spinosa divenne la situazione dell'A. dopo il conclave del 1565-66, sul quale egli non poté esercitare alcuna influenza nonostante la cooperazione del Delfino e dei partito fiorentino. Il nuovo papa, Pio V, che già aveva avuto tanta parte nel potenziamento dell'Inquisizione romana, con la quale l'A. aveva avuto a che fare allorché aveva tentato di far porre in libertà alcuni mercanti tedeschi imprigionati a Roma, era rigido assertore dei principl della Controriforma, e come tale in antitesi aspra con l'imperatore Massimiliano II, la cui dubbiosa religiosità da tempo era vista a Roma con sospetto. Rimasta infruttuosa la sua opera di mediazione, l'A. tentò ripetutamente di ritirarsi dal suo ufficio e si recò, con l'autorizzazione imperiale, nell'ottobre 1566 alla guerra d'Ungheria e poi, come specialista per le macchine di guerra, alla corte di Vienna. Nel gennaio 1567, però, per desiderio espresso del papa, fu inviato nuovamente a Roma come oratore. La crescente diffidenza di Pio V contro l'imperatore costrinse l'A. a trovare continue scuse per le misure che venivano adottate da Massimiliano sul piano religioso, specialmente dopo la grande concessione ai protestanti del 1568.
L'A. si preoccupava di migliorare le relazioni fra Papato ed Impero anche perché contemporaneamente dovette sollecitare al pontefice promesse di sussidi destinati alla guerra d'Ungheria contro il Turco : questione che provocò un conflitto con l'autorevole Dolfin che accusò l'A. presso l'imperatore di ostinazione, timidezza e gusto dell'intrigo, senza però ottenere, come sperava, il suo richiamo (1568). Al contrario, l'A. prese a godere di maggior confidenza presso Massimiliano e poté cooperare negli affari politici anche con gli oratori spagnoli soprattutto dopo la inaspettata nomina granducale di Cosimo de, Medici, effettuata da Pio V a conclusione di lunghe segretissime trattative con i confidenti fiorentini (1569).
L'A., prima ancora che gli giungesse un mandato speciale, come avvenne, si adoperò attivamente a che il papa o il duca rinunziassero alla cerimonia dell'incoronazione granducale, effettuata il 5 marzo 1570 nonostante le formali proteste dell'ambasciatore. L'A., convinto che quest'atto significasse non solo un grave attentato alla superiorità feudale dell'Impero, ma anche una minaccia alla pace in Italia, consigliò all'imperatore di agire in maniera ferma contro Cosimo mediante la reversione del feudo di Siena, la soppressione del nuovo titolo, l'alleanza dell'Impero con la Spagna e persino con la Francia per dare a Firenze una nuova costituzione, ecc. Il granduca tentò di acquistare la mediazione dell'A. presso l'imperatore, dapprima in via diretta, poi servendosi dell'opera dei cardinali Pacheco e Morone; ma a differenza del governo di Vienna, i cui più autorevoli esponenti erano stati guadagnati da Cosimo, l'A. rimase al centro della resistenza contro :il granducato mediceo. Successivi tentativi, da parte fiorentina, di porre l'A. in cattiva luce presso l'imperatore, fallirono. L'A. pur appoggiato dalla Spagna, e soprattutto dagli Estensi, non riuscì però ad ottenere la revoca della nomina granducale di Cosiino, neppure più tardi, da parte del successore di Pio V, Gregorio XIII.
Alle trattative iniziate nel febbraio 1570 per una lega contro il Turco l'A. partecipò soltanto da semplice osservatore e consigliere, in appoggio alla politica imperiale orientata, arora, in senso nettamente pacifista. Nel gennaio 1571 l'A. elaborò un esteso memoriale Sopra la lega che si tratta contro il Turco, nel quale raccomandò due azioni simultanee, una sul mare con la flotta spagnolo-veneziana ed una per via di terra attraverso l'Ungheria con truppe imperiali sostenute dalla lega; colpito l'impero ottomano, e insorti i paesi soggiogati a vantaggio di Venezia, per salvaguardare le conquiste si sarebbero dovute stabilire colonie militari (progetto realizzato poi nel Settecento). I diversi insuccessi, specialmente nella vicenda del titolo granducale a Cosimo I, ed i continui bisogni finanziari indussero l'A. a chiedere più volte, ma invano, il suo richiamo. Incaricato nel 1566 dall'arciduca Carlo, fratello dell'imperatore, di diverse missioni, in particolar modo di quella concernente la posizione del pontefice nei contrasti fra l'arciduca e la Repubblica di Venezia riguardo al patriarcato d'Aquileia, l'A. stesso per iniziativa dell'arciduca nel marzo 1572 fu raccomandato dall'imperatore al cardinale protettore della nazione tedesca come futuro patriarca, ma morì, colpito da apoplessia, il 22 novembre dello stesso anno.
Secondo il giudizio di celebri contemporanei (il cardinale Morone, i fratelli Requesens y Zufiiga, il Bourdaisière) l'A., oratore dell'imperatore, degli arciduchi Carlo e Ferdinando (del Tirolo) e dell'Ordine teutonico (dal 1567 come commendatore di Precenicco), fu ministro integro, onesto ed erudito. Anche dopo il 1560 si sentì più militare che diplomatico, e rifiutò l'occasione offertagli da Pio IV d'entrare nel collegio cardinalizio. Trovò il suo impegno più vivo nella difesa dei diritti dell'impero; più tardi, seppure indirettamente, nella cooperazione con la Spagna e nel mantenimento dell'equilibrio fra gli stati italiani.
Fonti e Bibl.: Trento, Bibl. Com., ms. n. 2546, pp. 129-135 (di G. B. Bemerio, segretario dell'A.); F. Hurter, Geschichte Ferdinands II und seiner Eltern, I, Schaffhausen 1850, pp. 150 ss.; Henry-Loriquet, Correspondance de Philibert Babou de la Bourdaisière, in Travaux de l'Académie de Reims, XXVII (1859), pp. 8 ss., 23, 62 ss., 70; Th. Sickel, Zur Geschichte des Concils von Trient, Wien 1872, passim; O.H. Hopfen, Kaiser Maximilian II und der Kompromisskatholizismus, München 1895, passim; Nuntiaturberichte aus Deutschland, s. 2, I-VII, Wien 1897-1953, passim; J.Susta, Die Römische Curie und das Concil von Trient unter Pius IV., 4 voll., Wien 1904-14, passim; M. G. Constant, Rapport sur une mission scientifique aux archives d'Autriche et d'Espagne, in Nouvelles archives des missions scientifiques et littéraires, XVIII, Paris 1910, pp. 177-182; Id., Concession à l'Allemagne de la communion sous les deux espèces, Paris 1923, passim; V. Bibl., Die Erhebung Herzog Cosimos von Medici zum Grossherzog von Toskana, in Archiv für österreichische Geschichte, CIII(1913), pp. 1-163; Id., Die Korrespondenz Maximilians II., I, Wien 1916, passim; L. Serrano, Correspondencia diplomática entre Espaga y la Santa Sede, 4 voll., Madrid 1914, passim; L. v. Pastor, Geschichte der Päpste, VII, Freiburgi, B. 1920, pp. 151 s., 157, 192 s., 222, 269, 384 s., 428; VIII, ibid. 1920, pp. 9 s., 28, 119, 305, 438 s., 470-484, 610; IX, ibid. 1923, p. 260; L. Carcereri, Cosimo primo Granduca, I-III, Verona 1926-29, passim; E. v.Aretin, Geschichte der Herren und Grafen von Arco, XIV-XV, pp. 795-813 (dattiloscritto del 1936 ss. in possesso del conte Arco Zinneberg); Id., in Neue Deutsche Biographie, I(1953), p. 240; G. Rill, Prosper Graf von Arco, kaiserlicher Orator beim N. Stuhl (1560-1572), in Mitteilungen des österreichischen Staatsarchivs, XIII(1960), pp. 1-106.