FRERI, Prospero
Nacque a Napoli il 18 marzo 1892 da Sebastiano, funzionario delle ferrovie, e da Maria Rossoni. A causa dei continui trasferimenti del padre, trascorse gli anni dell'infanzia e dell'adolescenza in diverse città d'Italia. Dai quattordici ai diciannove anni soggiornò a Cagliari, dove frequentò l'istituto nautico e svolse un'intensa attività sportiva.
Socio della palestra "Amsicora", prese parte a diversi concorsi ginnici nazionali e internazionali e ottenne buoni risultati nel lancio del giavellotto (nel 1912 vinse il campionato italiano di questa specialità e partecipò alle Olimpiadi di Stoccolma); praticò anche il nuoto nei ranghi della società cagliaritana "Rari nantes".
Nel 1912 il F. decise di arruolarsi nell'esercito per poter accedere al battaglione aviatori. Sergente allievo ufficiale e istruttore di ginnastica presso il 2° bersaglieri di Roma, nel 1913 venne trasferito alla caserma La Marmora di Torino, dove venne ammesso al primo corso per allievi piloti. Il 21 genn. 1914 ricevette il battesimo dell'aria e il 7 aprile superò le prove per il brevetto di primo grado. Il 25 agosto dello stesso anno conseguì il brevetto militare nella 12ª squadriglia di Verona e passò quindi alla 11ª squadriglia "Farman" di Brescia, che all'indomani dell'entrata in guerra dell'Italia venne trasferita in Friuli nei ranghi della 3ª armata. Nel corso del conflitto il F. operò su diversi fronti - nel Carso, in Trentino, in Macedonia e in Albania - prendendo parte a numerosi combattimenti aerei e ottenendo una croce di guerra al valor militare.
Al termine del conflitto venne destinato a Napoli per compiere voli di trasporto della posta e di passeggeri. Qui, nel corso di un volo di prova, fu vittima di un grave incidente: il suo aereo precipitò per un'avaria e mentre il motorista rimase ucciso il F. riportò qualche frattura. Durante la degenza si rafforzò in lui il convincimento della necessità di dotare i piloti di un mezzo di salvataggio. Nel 1921 iniziò a lavorare alla realizzazione di un paracadute in grado di offrire elevate prestazioni di sicurezza. Insieme con il suo socio, Gennaro Maddaluno, aprì un piccolo laboratorio, dal quale agli inizi del 1922 uscì il primo esemplare di "aerodiscensore" italiano.
Si trattava di un paracadute semirigido, composto da sedici spicchi di tela, ciascuno diviso in tre zone, con sedici corde di sospensione, un diametro di 5,25 m e un dispositivo di apertura meccanico. Contenuto in un fodero tronconico con testa ogivale, il paracadute doveva essere attaccato alla fusoliera dell'aereo, mentre una robusta fune lo collegava all'imbracatura del pilota. L'aerodiscensore si apriva mediante un congegno composto di stecche metalliche snodate, in due secondi e mezzo, consentendo perciò lanci anche da quote minime. La velocità di discesa era di circa 5 m al secondo e il peso complessivo del paracadute racchiuso nel fodero era di 15 kg.
Il 23 luglio 1922 all'aeroporto napoletano di Capodichino, dinanzi a una commissione militare, ebbe luogo la prova ufficiale dell'aerodiscensore, al quale era stato appeso un manichino. Dopo l'esito incoraggiante di quella prova il F. si attivò affinché il ministero della Guerra bandisse un concorso internazionale per paracadute. La gara venne indetta per l'8 ottobre di quello stesso anno presso l'aeroporto romano di Centocelle e per l'occasione il F. e il Maddaluno approntarono un secondo modello di aerodiscensore.
Benché la gara non fosse imperniata sulla qualità del mezzo, bensì sull'abilità del paracadutista nell'avvicinarsi il più possibile a un cerchio del diametro di 15 m dipinto sul campo, il Maddaluno, lanciatosi da un aereo pilotato dal F., vinse il primo premio. Sull'onda di questo successo, il F. fu invitato a offrire una nuova dimostrazione della validità del paracadute. La prova ebbe luogo il 12 giugno 1923 a Roma sul campo di Montecelio davanti a una commissione tecnica della regia aeronautica e per l'occasione il F. volle cimentarsi come paracadutista.
In seguito sorsero delle divergenze tra il F. e il Maddaluno. La loro collaborazione si interruppe, ma ben presto il F. trovò un nuovo collaboratore in Giuseppe Furmanik, con il quale realizzò il modello di paracadute Salvator-A.
Il Salvator-A era molto diverso dall'aerodiscensore: "La calotta, di 7 metri e 30 centimetri di diametro, era in seta giapponese ed era divisa, anziché in sedici, in ventiquattro spicchi, cuciti tra loro in filo di seta e armati ciascuno di un cavetto interno. Le ventiquattro corde di sospensione erano in seta intrecciata tubolare ad alta resistenza. C'era poi una corda centrale, costituita dal proseguimento dei 24 cavi di sospensione, alla quale era attaccata l'imbracatura del paracadutista, corda che resisteva al peso di oltre 2.000 chili. L'apertura del paracadute era automatica, conseguente alla trazione esercitata dal corpo del paracadutista. Lo spiegamento della calotta era agevolato da un dispositivo meccanico costituito da stecche articolate in duralluminio e acciaio. Il tempo necessario per la totale apertura era di un secondo e mezzo, la velocità di discesa di 5 metri il secondo. Il peso complessivo del paracadute, racchiuso in un piccolo involucro di duralluminio da fissarsi alla carlinga dell'aereo, non raggiungeva gli otto chili" (Giorleo, p. 15).
Il Salvator-A fu sperimentato con successo varie volte nel corso del 1924 e l'anno successivo vinse il concorso dell'aeronautica militare per la fornitura di 460 paracadute. Venne quindi costituita la Società anonima brevetti aeronautici Salvator, che avviò la produzione in serie del modello. Il F. e Furmanik lavoravano intanto alla realizzazione di un modello di paracadute sempre più pratico ed efficace e già nel 1926 portarono a termine il Salvator-B, che presentava importanti innovazioni.
Anziché essere sistemato all'esterno della fusoliera (e quindi disponibile per una sola persona) era assicurato alle spalle di ciascun membro dell'equipaggio; inoltre aveva un doppio dispositivo di apertura, automatico e manuale, cioè comandato dal paracadutista per mezzo di una maniglia. Il peso complessivo era stato ridotto a 6 kg, mentre la velocità di discesa era di 5-5,50 m il secondo. Il Salvator-B venne presto affiancato dal Salvator-C, predisposto per gli aerei da caccia.
Tra il 1926 e il 1928 il F. compì un lungo giro di propaganda in diversi paesi europei - dall'Inghilterra alla Scandinavia, dalla Spagna al Portogallo, dall'Ungheria alla Grecia - effettuando lanci che dimostravano l'efficacia del suo paracadute. L'11 maggio 1927 gli venne conferita la medaglia d'oro al valore aeronautico e il 5 luglio fu autorizzato a tenere corsi d'istruzione per i piloti, ai quali era stato fatto obbligo di indossare il paracadute. Quando, il 25 maggio 1928, il dirigibile "Italia" precipitò nel Circolo polare artico il F. collaborò all'organizzazione dei soccorsi, realizzando l'"aerorifornitore", un paracadute con grossi sacchi, nei quali erano contenuti viveri, medicinali e altri generi di conforto per i superstiti.
L'aviolancio sulla banchisa polare anticipò un genere di operazioni che ebbe vasta applicazione nel corso della guerra d'Etiopia nel 1935-36, allorché per mezzo del paracadute e di speciali contenitori a esso applicati fu possibile far giungere rifornimenti alle truppe italiane.
Negli anni successivi, oltre a perfezionare il modello Salvator, il F. realizzò altre applicazioni del paracadute, come il paracadute-freno per aerei veloci e quello per ricondurre in assetto gli aerei caduti in vite, nonché una serie di attrezzature per uso aeronautico e navale - giubbotti di salvataggio, canotti pneumatici, aerostati - e contribuì alla realizzazione della motobomba F.F.F. e della bomba radiocomandata BRCMC. Il 22 marzo 1938, allorché Italo Balbo, governatore della Libia, decise di costituire presso l'aeroporto di Castel Benito, presso Tripoli, una scuola militare per paracadutisti libici, il F. venne chiamato a occuparsi dell'addestramento tecnico.
Andato in congedo nel luglio 1943 con il grado di tenente colonnello, rimase nell'ambiente militare. Nel dopoguerra continuò a lavorare nel settore assumendo la presidenza della società Aerostatica, produttrice di paracadute.
Il F. morì a Roma il 16 ott. 1965.
Fonti e Bibl.: Documentazione è conservata presso la signora Ersilia Freri, che ne ha permesso la consultazione. Necr. in Il Tempo, 17 ott. 1965; Momento sera, 20 ott. 1965. Oltre ai due libri del F., Scendono dal cielo…La storia e la pratica del salvataggio aereo, Milano 1930, e Le meduse del cielo, Roma 1939, si vedano: G. Maisto, Ad astra. Pionieri napoletani del volo, Napoli 1959, p. 67; D. Pariset, Storia del paracadutismo, Roma-Milano 1962, ad Indicem; N. Arena, Aquile senza ali. I paracadutisti ital. nella seconda guerra mondiale, Milano 1970, ad Indicem; R. Abate, Storia della aeronautica ital., Milano 1974, ad Indicem; A. Giorleo, Palestra azzurra. L'aeronautica militare e il paracadutismo. Cronistoria dalle origini ad oggi, Roma 1975, pp. 11-27, 30, 33.