PROSPEZIONE MINERARIA (XXVIII, p. 360; App. II, 11, p. 618)
MINERARIA Si dà conto qui di seguito dei principali progressi conseguiti in questi ultimi anni nel campo della p. mineraria, a seconda dei varî metodi usati: metodi gravimetrici, geofisici, magnetometrici, elettrici, ecc.
Metodi geofisici. - Più che l'applicazione di nuovi metodi di p. (ad es. "messa a massa" e correnti telluriche), i principali progressi conseguiti in questi ultimi anni dalla p. geofisica riguardano il miglioramento delle apposite apparecchiature e l'affinamento dei sistemi d'interpretazione dei valori misurati.
Metodi gravimetrici. - Si riassumono qui di seguito le caratteristiche di qualche gravimetro di costruzione recente.
Gravimetro Western (fig. 1). - È un gravimetro astatico, costituito da una massa compensata per la spinta aerostatica, sostenuta da tre molle metalliche; una, "principale", che sostiene la massima parte del peso della massa, una, "di misura", la cui tensione può essere variata dall'operatore entro un certo intervallo; la terza, "di campo", che consente di variare la posizione di detto intervallo. L'apparecchio è termostatico.
Gravimetri Worden e Atlas (fig. 2). - Sono gravimetri astatici, con equipaggio di misura in quarzo. Hanno il pregio di essere relativamente leggeri (qualche kg) e compensati termicamente. In entrambi la misura viene effettuata, come già detto per il gravimetro Western, variando la tensione di una molla "di misura", entro un intervallo (circa 100 mgal) fissato mediante la regolazione di una molla "di campo". Il gravimetro Worden, a differenza di quello Atlas, permette, con l'impiego della molla di campo, determinazioni dirette delle differenze di gravità, fino a 3000 mgal, utili a scopo geodetico.
Misure di gravità sul mare e in volo (v. XVII, p. 764: tripendolo di Vening Meinesz; App. II, 11, p. 618: gravimetro di Haalck). - L'impiego di gravimetri a molle per tali misure è ancora in fase sperimentale. Per risalire dai valori osservati a quelli di g è necessario apportare ai primi anche le correzioni per tener conto del moto relativo fra gravimetro e terra e degli effetti sull'equipaggio gravimetrico delle accelerazioni del moto del supporto. Con un'apparecchiatura sperimentale, nella quale è stato impiegato un gravimetro del tipo La Coste, si sono ottenuti valori approssimati entro ± 10 mgal.
Interpretazione. - I criterî generali dell'interpretazione delle anomalie gravimetriche non hanno subìto negli ultimi anni sostanziali variazioni. Il sistema più usuale consiste nel confronto tra anomalie riscontrate e anomalie calcolate su schemi teorici, geologicamente verosimili, di distribuzioni nel sottosuolo di masse a densità diversa.
Un progresso è stato realizzato con la messa a punto di metodi per l'eliminazione preventiva dalle anomalie di Bouguer degli effetti di cause lontane o profonde (anomalie regionali). Tali anomalie regionali debbono avere, di regola, un andamento molto regolare, rappresentabile, con sufficiente approssimazione, su aree non molto vaste, con superfici semplici (del I o II ordine) ricavabili mediante interpolazione dei valori delle anomalie di Bouguer. Da queste ultime si possono quindi sottrarre i valori forniti dalla superficie calcolata. Un altro metodo per eliminare le "anomalie regionali" consiste nel calcolo, a partire dalle anomalie di Bouguer, dei valori delle derivate seconde delle anomalie stesse rispetto alla profondità. Si mettono in questo modo in risalto le variazioni locali che intervengono nell'andamento delle anomalie per cause relativamente prossime alla superficie.
Metodi magnetometrici (v. App. II, 11, p. 619 e XXI, p. 934). - Fra gli apparecchi di misura di costruzione recente si ricorda il magnetometro a torsione di F. Haalck per la misura della componente verticale Z (fig. 3). Esso consta essenzialmente di un ago magnetico sostenuto da due fili orizzontali la cui torsione equilibra il momento magnetico dovuto all'azione del campo magnetico terrestre sull'ago. Si esegue la misura dell'angolo di cui si debbono rotare i fili perché l'ago possa riportarsi in posizione orizzontale; l'approssimazione è di 2-3 γ (1 γ = 10-5 oersted); il campo di misura, negli strumenti più correntemente usati, si aggira intorno a 60.000 γ.
Magnetometro Varian. - È basato sul fenomeno della precessione nucleare (v. nucleo, XXV, p. 14). In un fluido contenente idrogeno sottoposto a un forte campo magnetico, generato da un avvolgimento percorso da corrente elettrica, gli assi dei nuclei tendono ad orientarsi come tale campo: quando s'interrompe bruscamente la corrente nell'avvolgimento, gli assi dei nuclei assumouo un moto di precessione intorno al campo magnetico terrestre, durante il quale i nuclei stessi inducono nell'avvolgimento una tensione alternata la cui frequenza risulta funzione del campo magnetico terrestre. L'approssimazione teorica raggiungibile è dell'ordine del γ.
Interpretazione. - Dalle misure magnetometriche è possibile determinare, in genere abbastanza agevolmente, l'ubicazione planimetrica ed in profondità delle masse cui sono legate le anomalie, mentre è normalmente molto difficile la determinazione delle relative grandezze. Ciò in quanto le suscettività delle formazioni geologiche variano entro un intervallo molto più ampio di quello che, in gravimetria, si ha per la densità. Inoltre calcoli teorici possono essere compiuti con semplicità solo nell'ipotesi di corpi magneticamente omogenei, limitati da superfici del secondo ordine e privi di magnetismo residuo. Per un'interpretazione di prima approssimazione si possono schematizzare i varî corpi mediante uno o più dipoli con l'asse orientato come la risultante del magnetismo indotto e di quello residuo. Nell'interpretazione sono anche impiegate analisi su modelli.
Attualmente, nel campo delle ricerche minerarie, la magnetometria è utilmente applicata anche nella ricostruzione della struttura geologica del sottosuolo. Ad es., oggi è impiegata la magnetometria aerea per determinare l'andamento di un substrato cristallino coperto da sedimenti a spessori non troppo forti, per la localizzazione di masse di rocce ignee, formazioni saline, ecc.
Metodi elettrici. - Sono stati di recente messi a punto, fra gli altri, i seguenti metodi.
Metodo della "messa a massa". - Utilizzato per ricostruire la forma approssimativa di un corpo conduttore (per es., un ammasso di minerale) già incontrato da sondaggi o da scavi. Il corpo conduttore viene collegato a una sorgente di potenziale in modo che la superficie limitante il corpo costituisca approssimativamente una superficie equipotenziale. Se le rocce incassanti sono elettricamente omogenee e nettamente più resistive del corpo oggetto dell'indagine, la forma delle superfici equipotenziali nel terreno, in prossimità del corpo, corrisponderà alla forma di esso. Pertanto, dall'andamento delle linee equipotenziali sulla superficie topografica, determinato mediante misure di potenziale, si può risalire alla forma ed ubicazione del corpo.
Correnti telluriche. - Nella crosta terrestre circolano, per molte cause, correnti variabili da istante a istante ed in modo uniforme su aree anche molto vaste. Ogni disuniformità del campo elettrico tra i varî punti in un dato istante costituisce indice o di variazione di resistività nei terreni del sottosuolo o di variazioni degli spessori di questi. Le variazioni nel tempo delle differenze di potenziale su due direzioni ortogonali vengono misurate in ogni stazione e confrontate con le contemporanee variazioni in una stazione base. Le variazioni relative sono funzione della disuniformità del campo elettrico nelle varie stazioni e quindi, per terreni a resistività costante, funzione dei relativi spessori. Il metodo si presta alla determinazione degli spessori di formazioni sedimentarie relativamente conduttrici, sovrapposte ad un substrato più resistivo (per es. calcari o rocce metamorfiche).
Metodi dinamici o sismici. - Notevoli progressi sono stati compiuti soprattutto nelle tecniche di registrazione degli impulsi riflessi (sismica a riflessione) e d'interpretazione delle registrazioni.
Metodi sismici a riflessione. - Gli impulsi dinamici, rilevati mediante apparecchi di ricezione (geofoni) che li trasformano in segnali elettrici, vengono inviati tramite un cavo, separatamente per i varî geofoni, ad una unità mobile di amplificazione e registrazione.
Negli ultimi anni sono stati perfezionati sistemi per rendere selettiva la registrazione in modo tale da esaltare gli impulsi riflessi rispetto ad altri impulsi (disturbi) generati dallo scoppio o casuali, che giungono ai geofoni contemporaneamente. Tali sistemi consistono essenzialmente nell'impiego, anziché di geofoni singoli, di gruppi di geofoni disposti sul terreno in modo tale da ricevere selettivamente i soli impulsi riflessi che provengono in fase dal basso (parte degli altri impulsi o non sono in fase o si propagano orizzontalmente sulla superficie) e nel registrare mediante l'uso di filtri elettrici solo le frequenze per cui è massimo il rapporto impulso riflesso/disturbo.
Queste frequenze possono non essere le stesse per tutti gli impulsi riflessi ed occorrerebbero perciò più scoppî nello stesso punto e registrazioni con filtri diversi. Per ovviare a tale inconveniente da pochi anni si preferisce, alla registrazione fotografica su carta, la registrazione su nastro magnetico che consente di filtrare il segnale quando il nastro magnetico viene "riascoltato".
Le unità di riascolto, costruttivamente molto complesse, permettono di ottenere da uno stesso scoppio varî sismogrammi, con segnali filtrati e rappresentati in modo che sia possibile riconoscere il maggior numero di impulsi riflessi. Nelle operazioni di campagna vengono registrati anche l'istante di scoppio ed una scala di tempi che permette l'approssimazione del millisecondo nella lettura degli intervalli di tempo tra l'istante di scoppio e l'arrivo degli impulsi. I geofoni (o gruppi di geofoni), in genere in numero da 12 a 24, sono distribuiti su un allineamento a intervalli uguali (dell'ordine di 10-30 m); il punto di scoppio è in genere situato al centro o ad un estremo dell'allineamento. Con la normale tecnica si possono riconoscere riflessioni provenienti da profondità comprese tra 200-300 m ed oltre 10.000 m. Sono allo studio apparecchiature speciali per ottenere impulsi netti da profondità inferiori ai 200 m.
Per la determinazione della posizione di una superficie riflettente nel sottosuolo è necessario conoscere preventivamente la velocità di propagazione dell'onda sismica nei terreni attraversati dall'onda stessa. Tale velocità varia non solo con la natura dei terreni ma anche, in terreni dello stesso tipo, col variare del grado di porosità, contenuto di acqua, ecc. Normalmente la velocità aumenta con la profondità secondo una legge di variazione che deve essere determinata caso per caso. Per determinare le velocità medie alle diverse profondità, si possono misurare i tempi di percorrenza di un'onda sismica da un punto di scoppio in superficie ad un geofono posto a diverse profondità in un foro da sonda. Altrimenti si registrano con continuità, lungo le pareti d'un sondaggio, le velocità locali (carotaggio sismico) a mezzo di un generatore di impulsi meccanici intermittenti e di uno o due geofoni speciali distanti qualche metro da esso. Con quest'ultimo metodo si è in grado di determinare le discontinuità elastiche che possono dar luogo a riflessioni.
Per la determinazione della posizione delle superfici riflettenti viene considerato, in genere, il percorso dell'impulso (raggio sismico) che incide perpendicolarmente sulla superficie riflettente e viene riflesso sullo stesso percorso. Tale impulso può essere registrato ovviamente nelle immediate vicinanze del punto di scoppio.
Le equazioni parametriche di questo percorso (a, in fig. 4) rispetto a due assi x e z sono:
dove V = v(z) è la velocità, funzione della profondità, s l'ascissa curvilinea, t il tempo, i l'angolo che la tangente al raggio in un punto generico forma con l'asse z.
Gli indici o si riferiscono al punto d'incontro del raggio con la superficie del terreno, gli indici r al punto di riflessione. Poiché il raggio è normale alla superficie riflettente (b, in fig. 4), l'angolo α che la superficie forma con l'orizzontale deve risultare pari a ii, angolo che a sua volta è legato (tramite la legge di velocità) all'inclinazione i0 del raggio in superficie. Detta inclinazione può essere ricavata dalla differenza di tempo tra gli impulsi che arrivano ai due geofoni più lontani. La posizione della superficie riflettente, lungo il raggio d'inclinazione iniziale i0, si ricava dal tempo tc relativo al geofono più vicino al punto di scoppio, integrando la ds = V dt tra 0 e tc/2.
I tempi letti sui sismogrammi dovranno essere preventivamente riportati ad un piano di riferimento eliminando gli effetti dovuti alla topografia e allo strato "aerato" costituito dalla parte superficiale di terreno del tutto degradata ad opera degli agenti atmosferici.
La sismica a riflessione permette di ottenere un quadro notevolmente approssimato dell'andamento tettonico degli strati nel sottosuolo e di determinare cosi la posizione planimetrica di strutture geologiche, elemento molto utile nelle ricerche petrolifere.
Gli impulsi riflessi non forniscono però elementi atti all'individuazione della natura degli strati che hanno generato le riflessioni stesse; esse dovranno successivamente essere correlate mediante confronto con la stratigrafia ricavata da sondaggi meccanici.
Metodi sismici a rifrazione. - La tecnica di registrazione è simile a quella della sismica a riflessione, con la sola differenza che si opera con frequenze più basse (1 ÷ 15 Hz). Negli ultimi anni sono stati proposti i varî sistemi di calcolo per la ricostruzione dettagliata della superficie rifrangente. Gli impulsi rifratti permettono la determinazione delle velocità nel mezzo refrigerante e pertanto danno un'indicazione sulla natura del mezzo stesso. Il metodo si presta per il rilievo del tetto di formazioni con velocità di propagazione nettamente più alta di quella delle formazioni sovrastanti, da piccole profondità (qualche metro) fino a circa 2000÷3000 metri. Per profondità maggiori in genere il metodo è antieconomico per l'alto consumo di esplosivo.
Carotaggi geofisici. - Sotto questa denominazione sono comprese tutte le misure basate sui metodi geofisici ed eseguite in un foro da sonda. Dall'analisi dei valori misurati, registrati con continuità lungo il sondaggio, si può risalire al riconoscimento della natura delle formazioni attraversate dal sondaggio stesso, all'individuazione dei contatti tra terreni di caratteristiche fisiche diverse, e, in molti casi, alla determinazione della porosità delle formazioni e della natura dei fluidi presenti. Il confronto di diagrammi di carotaggio eseguiti in sondaggi vicini permette generalmente la correlazione degli orizzonti attraversati. I carotaggi sono raggruppati secondo i varî metodi geofisici cui si ricollegano: carotaggi elettrici, carotaggi nucleari (o radioattivi), carotaggi sismici. Per questi ultimi vedi sopra, metodi sismici a riflessione.
Carotaggi elettrici. - Si suddividono in due gruppi: carotaggi di polarizzazione spontanea e carotaggi di resistività. Nei carotaggi di polarizzazione spontanea (P. S.) si registrano i potenziali naturali, di natura elettrochimica ed elettrocinetica, che si generano quando il fango di circolazione del sondaggio viene a contatto con l'acqua contenuta nelle formazioni poroso-permeabili. Tali potenziali sono funzione delle attività degli ioni contenuti nel fango di circolazione e nell'acqua di formazione e quindi delle loro resistività. I potenziali spontanei, poiché si originano in corrispondenza a formazioni poroso-permeabili, individuano tali formazioni, sempre che la salinità e quindi la resistività dell'acqua di formazione sia diversa da quella del fango di circolazione. Determinata quest'ultima con misure di laboratorio, è possibile anche risalire alla resistività dell'acqua di formazione.
Nei carotaggi di resistività si misura invece la resistività delle formazioni mediante la misurazione dei potenziali generati da correnti immesse tramite uno o più elettrodi. Sia gli elettrodi di corrente, sia gli elettrodi per la misura del potenziale, sono montati su un unico dispositivo che viene immesso nel foro.
La distanza tra elettrodi di corrente e quelli di potenziale, nei dispositivi attualmente in uso, varia da qualche centimetro a qualche metro. La zona di terreno intorno al foro, interessata dalla misura, è tanto più ampia quanto maggiore è la distanza interelettrodica del dispositivo. Pertanto, i dispositivi a piccola distanza interelettrodica, che in genere sono tenuti, per mezzo di molle, a contatto della parete del foro, danno valori dettagliati delle resistività della zona di terreno immediatamente intorno al foro; da tali valori si può risalire alla porosità delle formazioni porosopermeabili. I dispositivi a distanza interelettrodica maggiore forniscono i valori delle resistività di zone di terreno più lontane dal sondaggio e per le formazioni poroso-permeabili possono indicare la presenza e la eventuale percentuale di petrolio contenuto nelle formazioni stesse. Nel carotaggio ad induzione le resistività sono ricavate dalla misura degli effetti delle correnti di Foucault indotte nel terreno da un avvolgimento immesso nel foro. Tali effetti sono inversamente proporzionali alla resistività.
Carotaggi nucleari. - Sono di due tipi: a radioattività naturale (raggi γ) e a radioattività indotta (o neutronico). Il primo tipo misura, a mezzo di dispositivi usuali (contatori Geiger e Müller, ecc.), la radioattività naturale del terreno attraversato da un sondaggio. Nel secondo tipo si fa scendere lungo il foro una sorgente di neutroni veloci e si misura ad una determinata distanza la radioattività provocata. Tale radioattività può essere messa in relazione con il contenuto in idrogeno delle formazioni e quindi con la percentuale dei fluidi presenti; di qui si risale alla porosità.
Le misure con i carotaggi radioattivi, a differenza dei carotaggi elettrici, possono essere eseguite anche in fori tubati.
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