PROSPEZIONE mineraria
Significa ricerca di giacimenti di sostanze minerali, economicamente coltivabili. Deriva dalla parola prospector generalizzatasi nell'America Settentrionale per designare i ricercatori di miniere, formata da prospect = prospettiva nel senso figurato di speranza; l'uso ne è passato in molte lingue. Tuttavia nella Spagna, paese che fra i mediterranei ha le più antiche tradizioni minerarie, la prospezione mineraria è detta cateo; ricercare catear e cateador il ricercatore, vocaboli tutti consacrati nella legislazione tanto della Spagna quanto dell'America Meridionale. Così pure in Germania hanno sanzione giuridica i termini schürfen "ricercare", Schürfer "ricercatore", e Schurf "ricerca".
Tanto la Spagna quanto la Germania ammettono la ricerca libera a chiunque (derecho de cateo, Schurfrecht) per i minerali metallici e combustibili. In altri paesi, fra cui l'Italia, la ricerca è per lo più subordinata ad una autorizzazione e limitata a determinati minerali rimanendo esclusa per altri, riservati allo stato o al sovrano (per es., sale) o abbandonati al proprietario della superficie (v. miniera: Diritto).
La prospezione mineraria dalle sue origini si è ispirata sempre alla sana norma fondamentale di "seguire il minerale dal luogo dove per caso ne è stato trovato il primo segno, fino a rintracciarne il giacimento, facendo a tal uopo tesoro di ogni indizio atto a facilitare l'esito finale. Dalle rozze regole empiriche primitive, i modi di applicazione della detta norma, col progredire delle scienze e della tecnica, divennero sempre più svariati, ingegnosi e razionali, e con l'immenso corredo di esperienza, così accumulato nei secoli, furono create in tempo più antico l'arte mineraria e più tardi le discipline scientifiche della mineralogia e della geologia, ora guide del prospettore.
Il lavoro di prospezione si svolge in due fasi: 1. la ricerca e identificazione del giacimento nella sua posizione, forma e caratteri; 2. la verifica della sua coltivabilità economica.
Il minerale ricercato si può trovare in prima o in seconda giacitura: vale a dire o dove si è formato e deposto fino dall'origine oppure invece come "trovante" strappato alla sua matrice e trasportato più o meno lontano da uno o più agenti geologici. Da ciò una prima divisione fra minerali coltivabili soltanto nei giacimenti originarî e minerali coltivabili anche in sede secondaria, come, ad esempio, l'oro, il platino, la cassiterite (stagno), l'ambra e talune pietre preziose.
I metodi di prospezione si dividono in diretti e indiretti. Entrambi sono preceduti da una ricognizione geologica approfondita fin dove le cognizioni e i mezzi del ricercatore lo consentono. L'opera è facilitata molto dall'esistenza di carte geologiche. Dove queste mancano, ha dato qualche volta buoni risultati l'ispezione sommaria dall'aeroplano.
Metodi diretti. - In essi l'avanzamento del lavoro rimane sempre sotto il controllo immediato dei sensi del ricercatore. Con tale metodo i giacimenti primitivi si scoprono dai loro affioramenti, reperibili con maggiore facilità se appartengono alla categoria di quelli regolari (strati, filoni, necks) a causa della loro continuità rivelata da prominenze nel terreno (spuntoni, ingl. outcrops, spagn. asomos), oppure da strisce di colore particolare (brucioni, cappelli di ferro, argille cotte dalla combustione spontanea, ecc.).
I lavori inerenti a questo tipo sono scavi di trincee, cunicoli, pozzi, e modernamente piccole trivellazioni variamente inclinate, ecc., presa di campioni per saggi docimastici, ecc.
Nei giacimenti secondarî, dove il minerale è disperso in piccola quantità dentro altro materiale detritico, la ricerca consiste nel separarlo da questo (sterile) utilizzando qualche sua proprietà specifica, generalmente il peso, mediante lavaggio con acqua, sistema che riunisce a un tempo ricerca e campionatura. Strumento classico di tale prospezione è il primordiale catino, o piatto, o scodella (fr. sébile; sp. batea; ingl. pan) di legno o di lamiera (v. oro, fig. 2).
Una varietà del metodo diretto è il metodo archeologico, nel quale l'indizio, anziché dal minerale, è dato dal rinvenimento di tracce di antiche lavorazioni minerarie o metallurgiche, quali vecchi lavori, rigetti di laveria, ammassi di scorie (escoriales in spagnolo). Così si riapersero alla coltivazione giacimenti dei quali si era dimenticata l'esistenza (scorie romane in Sardegna; scorie elleniche nel Laurion, nell'Attica).
Nell'esercizio dei metodi diretti di ricerca si è formato nel tempo il tipo del prospettore o cercatore di miniere, vocazione meglio ancora che professione, la quale esige doti d'animo e di carattere tali da imprimere a chi la segue una fisionomia tutta sua propria. Occorre al cercatore, oltre alle cognizioni specifiche, grande tenacia, per affrontare le alee dalle quali mai va disgiunta ogni ricerca mineraria. Però l'opera efficace e spesso di utilità generale compiuta dai prospettori fino da tempi remoti ha loro meritato di essere presi in considerazione dal legislatore, che ha dato figura giuridica allo scopritore o, latinamente, all'inventore di miniera, a cui spetta sempre o la proprietà del bene rinvenuto o almeno un premio da chi lo riceverà in concessione.
Metodi indiretti. - Tali sono le trivellazioni e i metodi geofisici, impiegati quando i metodi diretti diventano troppo costosi e aleatorî per raggiungere un giacimento di cui si sospetta l'esistenza in profondità sotto una coltre più o meno poderosa di terreni sterili o acquiferi.
Impiegata da tempo relativamente antico per ricercare e coltivare i giacimenti salini rivelati da sorgenti salate, incominciò a diffondersi come strumento di prospezione nel sec. XVIII, quando la si usò per trovare la continuazione di strati carboniferi gia conosciuti e coltivati, prima di avventurarsi a praticare i costosi lavori per renderli accessibili in profondità. Così si scoprirono in prosecuzione dei bacini carboniferi del Belgio quelli della Francia Settentrionale e nel sec. XIX i bacini del Passo di Calais, e quelli della Campine nel Belgio.
A renderne universale l'impiego fu decisiva la scoperta, per mezzo della trivella, del petrolio al pozzo Drake presso Titusville negli Stati Uniti, nel 1859. I progressi compiuti da quel tempo sia nel maneggio, sia nella perfezione meccanica dello strumento nei varî tipi escogitati per adattarlo a tutte le varietà di terreno da perforare, hanno permesso di raggiungere profondità mai prima d'ora sperate. Così il 10 maggio 1933, nella regione di Kettlermanhills in California una perforazione per petrolio toccò i 10.927 piedi inglesi (3229 m.); v. petrolio.
Metodi geofisici. - Il costo di 1 m. di foro cresce rapidamente con l'aumentare della profondità, cosicché si è fatta evidente la convenienza, prima d'intraprendere una perforazione importante, di fare scandagli geofisici, allo scopo di riconoscere, a conferma delle presunzioni, qualche particolarità dei terreni da attraversarsi e ubicare il foro dove le probabilità di successo siano maggiori.
La ricerca geofisica non sostituisce gli altri metodi, che debbono sempre essere dopo impiegati, ma diminuisce l'alea alla quale sempre si va incontro. La ricerca geofisica mira a scoprire e misurare le anomalie fisiche o talune proprietà del terreno da esplorare che valgano a mettere sulla traccia del minerale ricercato: non dànno mai, salvo nel caso della magnetite, nessun indizio sicuro sulla natura di questo. I metodi di ricerca si dividono in due gruppi.
I. Determinazione e misure dei campi di forza immanenti, cioè già esistenti sul terreno, gravimetrici, magnetici, elettrici, geotermici e radioattivi.
a) Metodi gravimetrici. - Misurano le anomalie determinate nel valore della gravità (g) e nella direzione della verticale (deviazione del filo a piombo) dalla diversa densità delle masse minerali componenti la crosta terrestre, la cui densità media è all'incirca 2,6. Siccome anomalie analoghe sono determinate dalle montagne, questi metodi non si possono adoperare in terreno accidentato. Le misure si fanno con pendoli o con la bilancia di torsione di Eötvös.
Il pendolo (pendolo di Sterneck) serve a trovare il valore dell'accelerazione della gravità (g), massimo sopra minerali pesanti (metallici), minimo sopra leggieri, oppure sopra cavità (sale oppure caverne): tale metodo è preciso, ma laborioso.
La bilancia di torsione di Eötvös rivela le deviazioni della verticale o come suol dirsi la componente o gradiente orizzontale della gravità, o in altre parole la curvatura della superficie del geoide. L'apparecchio (fig. 1) è formato da un'asta orizzontale di alluminio, terminata ai due capi da due pesi uguali e sospesa nel suo centro a un filo la cui torsione misura il gradiente cercato. Il filo può essere metallico, oppure di quarzo o di wolframio, ecc. Se i due pesi sono all'estremità dell'asta, la bilancia si dice di prima specie, se invece uno di essi è sospeso a un filo lungo da 60 a 70 cm., in modo che i due pesi si trovino sopra superficie di livello di altrettanto differenti, si dice di 2ª specie. Una modifica di quest'ultimo tipo ha l'asta a Z rigida con i pesi alle due estremità. Uno specchio fissato presso il centro di sospensione dell'asta, colpito da un raggio di luce mandato da apposita lampadina, dà la misura della torsione. Siccome per ottenere gli elementi necessarî al calcolo del gradiente si deve far girare la bilancia semplice ponendola in cinque posizioni diverse successive intorno al proprio asse verticale, per ridurre questo numero a 3 si è costruito il tipo bifilare, disponendo due bilance della 2ª specie parallele e vicine ma girate di 180° l'una rispetto all'altra (fig. 2). Il tipo a Z è stato escogitato per ridurre l'altezza dello strumento.
L'apparecchio sensibilissimo e costruito con registrazione automatica fotografica (fig. 2) permette di raccogliere elementi sufficienti a determinare i valori relativi della componente orizzontale della gravità, misurati in unità speciali dette unità Eötvös. Con i numeri così ottenuti, congiungendo i punti di valori eguali, si tracciano curve, dette isogamme, che rendono sensibili gli andamenti delle anomalie, e permettono di trarre, con gli altri elementi noti, conclusioni geologiche e riconoscere la presenza di masse di peso specifico più elevato di 2,6 oppure più basso (cupole saline, diapire).
b) Metodi magnetici. - Sono stati impiegati fino dal sec. XVIII per ricercare la magnetite in Svezia. La misura si può fare:
col magnetometro a teodolite che fornisce la declinazione, l'inclinazione dell'ago magnetico e la componente orizzontale del campo magnetico terrestre. Si tracciano così le isogone, le isocline e le isodinamiche, e dal loro andamento si traggono le deduzioni del caso.
Con variometri o magnetometri locali si misurano le componenti verticali od orizzontali del campo magnetico. Sopra queste misure può influire la polarità magnetica, per cui si ha sopra un polo magnetico S la massima intensità verticale, e la minima sul polo N.
Con la bussola a induzione di Weber, oppure col magnetometro di M. Grossi, dove invece dell'ago magnetico si adopera un rocchetto di filo metallico, il quale rotando intorno a un suo diametro in una sospensione cardanica, taglia le linee di forza magnetiche e genera una corrente variabile a seconda dell'intensità del campo e della direzione dell'asse di rotazione.
Si scoprono con questo metodo masse di magnetite, cupole saline, intrusioni di rocce, e le parti ricche delle alluvioni aurifere perché l'alto peso specifico della magnetite fa sì che la sua polvere (sp. arenilla) accompagni le pepite d'oro.
c) Metodi elettrici. - Correnti elettriche naturali sono generate dalle alterazioni chimiche di molti minerali, dei sulfuri metallici in specie. Se raccolte con un elettrodo, e misurate con potenziometro o galvanometro, porgono gli elementi per tracciare sul terreno le linee equipotenziali e individuare il luogo dove le correnti si producono.
d) Metodi geotermici. - Tutte le sostanze ossidabili, anche se racchiuse a grande profondità nel terreno, subiscono un processo di ossidazione con sviluppo di calore, il quale, assorbito dalle rocce incassanti, si manifesta con la diminuzione di lunghezza del grado geotermico. Ciò avviene in special modo nei giacimenti di carbone, di olio minerale e di certi solfuri metallici. Necessariamente questo metodo si adopera quando si fa una trivellazione.
e) Metodi radioattivi. - La radioattività si misura mediante l'elettroscopio e la camera di ionizzazione, e la ricerca si fonda sopra l'aumento della radioattività in vicinanza delle fratture, mineralizzate o non, oppure serve a rivelare l'approssimarsi di orizzonti di argilla o anche di olio durante le trivellazioni.
II. Determinazione e misura delle reazioni offerte dal terreno quando in esso si generano dei campi di forze artificiali mediante onde elastiche, correnti o campi elettrici e onde herziane.
a) Il metodo di trasmissione di onde sonore per investigare il suolo è molto antico: ma vale naturalmente per piccole distanze. Applicazioni più vaste sono possibili col metodo sismico. Le onde si provocano mediante esplosioni, e la velocità di trasmissione è misurata con le registrazioni di sismografi opportunamente distribuiti. La velocità di propagazione dell'onda aumenta con la densità del mezzo, e il passaggio da un mezzo all'altro, di densità diversa, dà luogo a riflessione e rifrazione. Raccogliendo i dati lungo una linea retta, corrispondenti alle diverse posizioni del punto di esplosione e del sismografo, e riunendoli, si tracciano delle curve che si dicono cromocroniche, le quali poi vengono interpretate. Con questo mezzo si rivelano le discordanze, le cupole saline, la morfologia superficiale di formazioni antiche sommerse sotto le più recenti o subtopografia, ecc.
b) Correnti elettriche che si fanno circolare nel suolo. Con tale metodo si può esplorare:
1. la resistività, o la conduttività degli strati successivamente incontrati dalla corrente mediante galvanometri, potenziometri ed elettrodi impolarizzabili per la presa a terra del secondario. Serve a stabilire l'eventuale connessione fra punti mineralizzati già cogniti, discordanza e subtopografia, stimando lo spessore delle formazioni superficiali, così da poter essere qualche volta chiamato uno scandaglio o sondaggio elettrico in senso verticale. Il metodo si applica anche per il cosiddetto carotaggio elettrico, per riconoscere cioè certi caratteri degli strati successivamente attraversati da una perforazione, dando elementi per giudicarne la porosità, i fanghi, la presenza di rocce impermeabili (letti di argilla, ecc.) la pendenza degli strati e anche la temperatura. La fig. 3, con i due schemi (1) e (2), illustra il modo di procedere per tale ricerca. 1, 2 e 3 sono canapi isolati, calati mediante argano W e puleggia nel foro di trivella; A, M, N sono elettrodi, generalmente di piombo, appesi alle estremità dei rispettivi canapi 1, 2 e 3, immersi nell'acqua, nel fango o in quell'altro liquido (olio) che riempie il foro. Le distanze AM e AN sono stabilite così da essere, secondo i casi, da 10 a 20 volte il diametro del foro. Il circuito primario è costituito dal canapo 1 e dall'elettrodo A per cui scende la corrente che attraversa il terreno e ritorna al generatore E mediante il tubo metallico B di rivestimento del foro al disopra della sezione esplorata. Gli elettrodi M ed N costituiscono la presa del circuito secondario che passando per il potenziometro P permette di misurare la differenza di potenziale fra M ed N e con ciò la resistività.
2. La reazione di fronte a campi elettrici, tracciando sul terreno invece che investigare la resistività, le linee equipotenziali e le anomalie che esse mettono in evidenza.
Si può procedere con correnti elettriche continue, introdotte nel terreno con aste metalliche acuminate. Mediante picchetti si ottengonco circuiti secondarî, dai quali col potenziometro si ottengono i dati necessarî a tracciare le linee equipotenziali.
Con correnti alternate varî sono i modi di procedere: il campo primario è ottenuto impiantando nel terreno elettrodi a punta oppure lineari; il secondario è ottenuto con gli stessi mezzi con picchetti e verificato con telefono. Così si tracciano le linee equipotenziali e i profili equipotenziali, allo stesso modo che con le correnti continue. Oppure il secondario è ottenuto con spirale indotta e telefoni, e si determinano così la direzione, l'intensità e lo spostamento di fase del campo magnetico secondario. La spirale è orizzontale al segnale minimo; nel centro del mezzo conduttore si ha il massimo di intensità orizzontale mentre si annulla quella verticale.
Il campo primario è ottenuto per induzione mediante un circuito a spirale isolato, che può essere anche un canapo isolato; il secondario con spirale o rocchetto indotto e telefono. Si determinano la direzione, la intensità e lo spostamento di fase del campo elettromagnetico secondario. In questo caso l'intensità orizzontale è massima sopra le creste topografiche sotterranee; la verticale minima sopra il centro del suolo conduttore.
Questi metodi elettrici sono usati frequentemente per la ricerca dei minerali metallici e per indagini di strutture tettoniche.
c) Onde hertziane. - Per queste si applicano i metodi di assorbimento, interferenza e capacità.
I mezzi sono gli ordinarî: stazione trasmittente e ricevente, e si osservano gli effetti sul modo e sull'intensità di ricezione col variare della lunghezza d'onda; e si notano le variazioni di frequenza e lo smorzamento.
Se il suolo è molto conduttore fra la stazione trasmittente e la ricevente, la trasmissione non si verifica. In altri casi si hanno interferenze fra l'onda secondaria riflessa e la primaria.
Il metodo ha applicazioni molto limitate.
In generale nelle esplorazioni geofisiche si applicano, nei casi importanti, parecchi metodi diversi, l'uno dopo l'altro, non solo per controllo reciproco, ma anche per riconoscere la presenza di cause perturbanti proprie di ciascuno dei metodi, che possano avere influito sui risultati delle operazioni.
Bibl.: A. Belluigi, Norme pratiche da seguire nella gravimetria mineraria, ecc.; C. e M. Schlumberger, Études des courants vagabonds et des phénomènes d'électrolyse; R. Ambronn, Methoden der angewandten Geophysik, Dresda e Lipsia 1926; Ever e Keys, Appl. Geoph. in the search for minerals, Cambridge 1929; W. M. von Bernewitz, Handbook for Prospectors, Londra 1931; C. L. Alexanian, Traité pratique de prospection géophysique, Parigi-Liegi 1932.