PROSSENETICO
. È un contratto col quale taluno si obbliga a prestare, come mediatore, la sua opera per avvicinare due persone al fine di far concludere tra loro un matrimonio. Sembrerebbe che si potessero qui applicare le norme relative alla mediazione, sia per quanto attiene alla valutazione dell'attività svolta da chi assume l'obbligo di far conchiudere il matrimonio, sia per quanto attiene al suo diritto alla retribuzione convenuta e nella forma in cui essa si convenne (v. mediazione). Ma la validità del contratto di prossenetico è stata vivamente contestata nella dottrina e, talvolta, negata dalla giurisprudenza, anche delle maggiori corti.
Chi ha contestato l'efficacia del contratto argomentò dalla illiceità della causa, poiché disse turpe l'agire di chi eserciti funzioni di mediatore allo scopo di favorire l'unione coniugale di due persone: conseguentemente respingeva la fondatezza di ogni pretesa alla provvigione. È da ritenere però più aderente alla realtà sociale l'opinione di quegli scrittori e più equo lo spirito di quei giudicati che, secondo una recente tendenza, non vedono in tale contratto una causa illecita, ai sensi dell'art. 1122 cod. civ. Dovrebbe, nella specie, trattarsi di una causa illecita, in quanto contraria al buon costume; ora, il buon costume non si offende provocando una unione matrimoniale: si potrebbe parlare di attività diretta a ledere norme del buon costume, qualora si trattasse di favorire unioni voluttuarie o, comunque, passeggere; ma il buon costume è salvo, anzi protetto, favorendo il formarsi del vincolo indissolubile del matrimonio.
Bibl.: G. P. Chironi, Questioni di diritto civile, Torino 1890; F. Ferrara, Teoria del negozio illecito nel codice civile italiano, Milano 1902, n. 82; G. Venzi, Note aggiunte alle Istituzioni di diritto civile di E. Pacifici-Mazzoni, Firenze 1926, IV, p. 315 (qui, altre indicazioni di dottrina e giurisprudenza).