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PROSTITUZIONE

di Carlo ERRA - Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961)
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PROSTITUZIONE (XXVIII, p. 365)

Carlo ERRA

Diritto italiano vigente (p. 367). - L'atteggiamento assunto dal legislatore italiano, e ribadito anche nel t. u. delle leggi di pubblica sicurezza approvato con r. d. 18 giugno 1931, n. 773, e nel relativo regolamento approvato con r. d. 6 maggio 1940, n. 635, era in sostanza quello della disciplina, da parte dello stato, dell'esercizio delle case di prostituzione, per evitare pericoli per la sanità, la sicurezza e l'ordine pubblico. Peraltro negli ultimi tempi nella pubblica opinione si era diffuso il convincimento dell'immoralità della disciplina legale delle case di tolleranza, e pertanto, con la legge 20 febbraio 1958, n. 75 (d'iniziativa parlamentare della sen. Angelina Merlin) è intervenuto un radicale mutamento del sistema.

Va subito precisato che la nuova legge non ha inteso rendere penalmente punibile la p.; nel testo legislativo infatti non si trova alcuna norma che espressamente incrimini la p. come tale, onde, nel silenzio della norma, non può che applicarsi il principio della non incriminabilità. Motivo ispiratore della legge è invece la salvaguardia della persona e della libertà della prostituta contro ogni forma di sfruttamento e organizzazione.

In relazione allo scopo della legge, viene quindi vietato l'esercizio delle case di p. nel territorio dello stato e nei territorî sottoposti all'amministrazione di autorità italiane, e viene altresì stabilito che le case, i quartieri e qualsiasi altro luogo chiuso, dove si esercita la p., dichiarati locali di meretricio a sensi dell'art. 190 del t. u. delle leggi di pubblica sicurezza, dovranno essere chiusi entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge (termine scaduto il 19 settembre 1958).

In dipendenza del suddetto divieto e del nuovo sistema adottato, sono stati abrogati gli artt. 531 a 536 cod. pen. ed è stato invece stabilito che è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da L. 100.000 a L. 4.000.000, salvo in ogni caso l'applicazione dell'art. 240 cod. pen.: 1) chiunque abbia la proprietà o l'esercizio, sotto qualsiasi denominazione, di una casa di p. o comunque la controlli, o diriga, o amministri, ovvero partecipi alla proprietà, esercizio, direzione o amministrazione di essa; 2) chiunque, avendo la proprietà o l'amministrazione di una casa o altro locale, li conceda in locazione a scopo di esercizio di una casa di p.; 3) chiunque, essendo proprietario, gerente o preposto ad un albergo, casa mobiliata, pensione, spaccio di bevande, circolo, locale da ballo, o luogo di spettacolo, o loro annessi e dipendenze, o qualunque locale aperto al pubblico o utilizzato dal pubblico, vi tollera abitualmente la presenza di una o più persone che, all'interno del locale stesso, si dànno alla p.; 4) chiunque recluti una persona al fine di farle esercitare la p. o ne agevoli a tal fine la p.; 5) chiunque induca alla p. una donna di età maggiore, o compia atti di lenocinio, sia personalmente in luoghi pubblici o aperti al pubblico, sia a mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità; 6) chiunque induca una persona a recarsi nel territorio di altro stato o comunque in luogo diverso da quello della sua abituale residenza, al fine di esercitarvi la p., ovvero si intrometta per agevolarne la partenza; 7) chiunque esplichi un'attività in associazioni od organizzazioni nazionali o estere dedite al reclutamento di persone da destinare alla p. o allo sfruttamento della p., ovvero in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo agevoli o favorisca l'azione o gli scopi delle predette associazioni od organizzazioni; 8) chiunque in qualsiasi modo favorisca o sfrutti la p. altrui.

La pena sopraindicata è raddoppiata: 1) se il fatto è commesso con violenza, minaccia o inganno; 2) se il fatto è commesso in danno di persona minore degli anni 21 o di persona in stato di infermità o minorazione psichica, naturale o provocata; 3) se il colpevole è un ascendente, un affirne in linea retta ascendente, il marito, il fratello o la sorella, il padre o la madre adottivi, il tutore; 4) se al colpevole la persona è stata affidata per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza, di custodia; 5) se il fatto è commesso ai danni di persone aventi rapporti di servizio domestico o d'impiego; 6) se il fatto è commesso da pubblici ufficiali nell'esercizio delle loro funzioni; 7) se il fatto è commesso ai danni di più persone.

Ma se la legge non vieta di prostituirsi, non consente che si adeschi pubblicamente al libertinaggio. E perciò sono punite con l'arresto fino a giorni otto e con l'ammenda da L. 500 a L. 2000 le persone dell'uno e dell'altro sesso che in luogo pubblico o aperto al pubblico invitano al libertinaggio in modo scandaloso o molesto, oppure seguono per via le persone, invitandole con atti o parole al libertinaggio.

Sempre per salvaguardare la dignità della persona umana, le persone trovate ad adescare non possono essere accompagnate all'ufficio di pubblica sicurezza, qualora siano in possesso di regolari documenti d'identificazione. Inoltre tutte le persone accompagnate in un ufficio di pubblica sicurezza per infrazioni alle disposizioni della legge in esame non possono essere sottoposte a visita sanitaria. Così pure, le autorità di pubblica sicurezza, le autorità sanitarie e qualsiasi altra autorità amministrativa non possono procedere ad alcuna forma diretta o indiretta di registrazione, neanche mediante il rilascio di tessere sanitarie, di donne che esercitano la p., né obbligarle a presentarsi periodicamente ai loro uffici. È del pari vietato di munire dette donne di documenti speciali.

Per favorire il recupero delle persone dedite alla p., il Ministero dell'interno è stato autorizzato a provvedere, promovendo la fondazione di speciali istituti di patronato, nonché assistendo e sussidiando quelli esistenti che efficacemente corrispondano ai fini della legge, alla tutela, all'assistenza e alla rieducazione delle donne uscite, per effetto della legge in esame, dalle case di p., nonché delle altre donne che, già avviate alla p., intendano di ritornare ad onestà di vita.

Bibl.: G. Rosso, I delitti di lenocinio e di sfruttamento della prostituzione, Roma 1959.

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